GERUSALEMME

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1995)

GERUSALEMME

M. Piccirillo

(ebraico Yerushalayim; gr. ῾Ιεϱοσόλυμα; lat. Ierusalem, Hierusalem, Aelia Capitolina; arabo Urshilīm, al-Quds, Iliyā; Hierosolyma, Solyma nei docc. medievali)

Città situata nella zona montuosa centrale della Palestina, nell'altopiano di Giudea, a m. 640-770 sul livello del mare.

L'area urbana di G. - difesa naturalmente a E dalla valle del Cedron, che separa G. dal monte degli Ulivi, e, a S e a O, dalla valle della Geenna, mentre il lato settentrionale è privo di difese naturali - dal punto di vista topografico si configura all'incirca come un trapezio (m. 750-875 ca.) che racchiude tre colline separate dalla valle del Tyropeon, da N a S, di cui un braccio più piccolo forma una valle trasversale in direzione O.La collina orientale, il monte Moria, costituì il sito del Tempio ebraico, ampliato al tempo di Erode (40-4 a.C.) con la realizzazione di una spianata artificiale. La città di Davide dell'Antico Testamento si estendeva a S di essa, sul colle sudorientale all'esterno del limite della città romana. Il monte Golgota, a N-O, rimase all'esterno della città fino alla ricostruzione romana, così come larga parte del monte Sion a S-E.Aelia Capitolina, la città romana ricostruita da Adriano nel 130-136, sul sito dell'antica G. ebraica, distrutta da Tito nel 70, fu una città di provincia di scarsa importanza e acquistò prestigio soltanto con il riconoscimento ufficiale del cristianesimo. Prima dell'epoca crociata tuttavia G., che si era sviluppata conservando l'impianto di Aelia Capitolina, non divenne mai un importante centro politico o amministrativo e per tutto il Medioevo rimase sostanzialmente un centro religioso.La città romana era assai più piccola della precedente e soltanto le aree settentrionali sembrano aver avuto un qualche sviluppo. Nella ricostruzione venne adottato l'usuale impianto romano incentrato su due vie colonnate, il cardine e il decumano, che intersecandosi dividevano la città in quartieri, con un tetrapilo a segnare il punto di incrocio nei cui pressi, immediatamente a S dall'od. chiesa del Santo Sepolcro, sorgeva il foro. Aelia Capitolina non dovette avere una cinta muraria prima dell'abbandono della città, nel sec. 3°, da parte della Decima legione; all'estremità settentrionale sorgeva la porta di Neapolis, chiamata nel Medioevo porta di S. Stefano, i cui resti sono venuti alla luce al di sotto dell'od. porta di Damasco.Il decumano partiva dalla porta occidentale, nell'area dell'od. porta di Giaffa, nota durante il Medioevo come porta di Davide, per giungere nella valle del Tyropeon, al di sotto della spianata del Tempio (Ḥaram). Una strada che lo intersecava immediatamente a N della spianata conduceva alla porta orientale, detta di Gerico o di Beniamino.La storia medievale di G. può essere suddivisa in quattro grandi fasi: periodo paleocristiano e bizantino (312-638); prima età islamica (638-1099); età crociata (1099-1244); età mamelucca e prima età ottomana (1244-1566).

Gerusalemme cristiana

I documenti più importanti sulla G. cristiana sono le relazioni di viaggio dei numerosi pellegrini in visita ai luoghi santi della città (Baldi, 1935; Wilkinson, 1971; 1977; Stewart, Wilkinson, 1988) e le cronache dei crociati (Itinera Hierosolymitana Crucesignatorum, 1978-1984). Testimonianze iconografiche sono la c.d. carta di Madaba, un mosaico pavimentale del sec. 6° della chiesa di S. Giorgio nel villaggio di Madaba, in Giordania (Avi-Yonah, 1954), e le numerose carte di età crociata, che però quasi tutte idealizzano G., raffigurata come una città di pianta circolare.Con il riconoscimento del cristianesimo come religione dell'Impero romano e il trasferimento della capitale da Roma a Costantinopoli (324-330), l'interesse degli imperatori si rivolse al Mediterraneo orientale e alla Terra Santa. Secondo la tradizione, Elena, madre dell'imperatore Costantino, recatasi in pellegrinaggio in Palestina, ritrovò i luoghi in cui Cristo era stato crocifisso e sepolto e rinvenne la reliquia della Vera Croce. A seguito di ciò Costantino promosse un programma architettonico volto a glorificare i luoghi santi, che procedette a ritmo serrato nei due secoli e mezzo successivi.L'impresa architettonica più importante fu la chiesa del Santo Sepolcro, iniziata da Costantino nel 326 e dedicata dieci anni dopo. Eusebio di Cesarea (Vita Const., III, 29-40) narra in modo vivido, sebbene per certi aspetti confuso, della scoperta della tomba e della conseguente costruzione dell'edificio; egli, guardandola dalla collina occidentale, descrive la chiesa come la nuova G. che miracolosamente era venuta a contrapporsi alle rovine del Tempio sulla spianata situata a E (Ousterhout, 1990). Il vasto complesso di edifici del Santo Sepolcro comprendeva un atrio che si collegava al cardine colonnato, una basilica a cinque navate con abside a O, una corte porticata, con la Roccia del Calvario e le reliquie della Vera Croce in una cappella posta all'angolo sudorientale, e la grande rotonda dell'Anastasi con l'edicola della tomba di Cristo. Alla basilica erano legati numerosi edifici, tra cui la residenza del patriarca a N della rotonda e un battistero di cui non è accertata la posizione (Tindelli, 1973; Wharton, 1992). È possibile che la rotonda, non menzionata da Eusebio, non sia stata portata a termine fino a ca. la metà del 4° secolo. Gli elementi più importanti del complesso mostrano una singolare assenza di allineamento dovuta al riuso di muri e di fondazioni già esistenti, come è stato chiarito piuttosto bene dagli scavi (Corbo, 1981-1982). Nel mosaico di Madaba il complesso sembra costituire il fulcro della città.Un'altra fondazione costantiniana fu la chiesa sul monte degli Ulivi, nota come Eleona, una semplice basilica a tre navate con atrio. Al di sotto del santuario si trova la grotta in cui, secondo la tradizione, Cristo aveva ammaestrato i suoi discepoli. Il luogo era stato in origine associato all'ascensione, che in seguito si riconobbe come avvenuta in un altro sito del monte degli Ulivi, noto come Inbomon, dove la tradizione vuole si conservino le impronte dei piedi di Cristo nella pietra; nel 392 la matrona Poemenia vi fece costruire una chiesa a pianta circolare, in apparenza priva di copertura, le cui vestigia sono state oggetto di scavo (Corbo, 1965).Alla metà del sec. 4° una basilica sostituì sul monte Sion la domus ecclesia che era servita come centro della comunità cristiana nei primi secoli. Questo edificio, del quale mancano quasi completamente testimonianze archeologiche, è raffigurato nel mosaico di Madaba come una grande basilica.La basilica dell'Agonia al Getsemani, che segnava il luogo in cui Cristo era stato tradito, venne eretta nel 380 circa. Già dal 375 comunità di asceti si erano stabilite sul monte degli Ulivi e nobili immigrati con tendenze ascetiche, come Melania la giovane, vi avevano fondato chiese, ospizi e monasteri. Agli inizi del sec. 6° i pellegrini segnalavano come presenti sul monte degli Ulivi ventiquattro chiese, oltre a un gran numero di monaci e monache, e in effetti nel corso di scavi sono stati ritrovati i resti di numerose chiese. All'inizio del sec. 7° può risalire il piccolo monastero del Dominus flevit, costruito su un antico cimitero, mentre a Betania, il luogo della risurrezione di Lazzaro, sono stati scavati resti di chiese risalenti ai secc. 4° e 5°, che conservano ampi pavimenti musivi con motivi geometrici (Saller, 1957).Nel sec. 5° la committente di maggior rilievo fu l'imperatrice Eudocia, che giunse a G. in pellegrinaggio nel 438-439 e poi vi risiedette in esilio dal 442 al 455. Nel quartiere di Siloe ella fece edificare una chiesa adiacente alla piscina di Siloe; gli scavi hanno dimostrato che la basilica era splendidamente ornata; a essa si accedeva da N scendendo delle scale e la piscina si trovava sotto la navatella meridionale. Nel secolo successivo al di sopra della navata venne eretta una cupola.Eudocia fu forse committente anche di un'altra chiesa presso la Piscina probatica, sul luogo associato alla nascita della Vergine; sempre alla stessa imperatrice si deve inoltre la grande basilica eretta nel 460 ca. sulla tomba di s. Stefano (le cui reliquie erano state rinvenute nel 415), fuori la porta di Neapolis. Alla stessa epoca può risalire anche il triconco dedicato a s. Giovanni Battista. Eudocia inoltre avrebbe fatto ampliare le mura della città verso S per includervi il monte Sion e il quartiere di Siloe.Oltre a questi luoghi, i pellegrini dei primi secoli cristiani visitavano anche le rovine della casa di Caifa, presso il monte Sion. Qui si era svolta parte del processo a Cristo; qui Pietro lo aveva rinnegato e in origine vi era stata localizzata la colonna della passione. Per il sec. 6° è testimoniata in quest'area la presenza di una chiesa dedicata a s. Pietro. La fortezza di Erode sul luogo dell'attuale cittadella era nota nel Medioevo come torre di Davide e si pensava fosse il luogo dove il re biblico aveva composto i Salmi.Nel 500 ca. è menzionata una chiesa presso la tomba della Vergine nella valle del Cedron sotto il Getsemani. Secondo le descrizioni era a pianta circolare, a due piani e coperta a volte (Vincent, Abel, 1914-1926); essa fu forse ricostruita dall'imperatore Maurizio (582-602). Nel sec. 6° Giustiniano fece erigere lungo l'estensione meridionale del cardine la chiesa nota come Nea Ekklesia o Nea S. Maria, anch'essa riprodotta nel mosaico di Madaba. L'ampio edificio a tre navate, già iniziato dal patriarca Elia, fu completato da Giustiniano nel 543. Diversamente dalle costruzioni precedenti, la Nea Ekklesia non segnalava la presenza di un luogo santo, ma era parte di un progetto di ampliamento della città. Le sue fondazioni, come pure le cisterne sotterranee adiacenti all'edificio e dotate di un'iscrizione dedicatoria che menziona esplicitamente Giustiniano, sono state portate alla luce di recente; Avigad (1980) ipotizza che anche il prolungamento meridionale del cardine possa essere opera di Giustiniano.Dell'inizio dell'età cristiana si è conservato un buon numero di mosaici pavimentali, la cui decorazione più consueta consiste in un intreccio di motivi geometrici e tralci di vite. All'esterno della porta di Damasco gli scavi hanno individuato un bel mosaico di tradizione armena con uccelli all'interno di un tralcio di vite. Della medesima tradizione è anche il mosaico ornato da uccelli e pesci su un fondo di intrecci geometrici facente parte della tomba, di una non meglio identificata Susanna, rinvenuta nell'area del monastero russo; nella stessa area ne è stato trovato un altro appartenente alla cappella di S. Giovanni Battista: entrambi possono essere datati al tardo sec. 6° o all'inizio del 7° (Narkiss, 19802).Per quanto riguarda le arti suntuarie di questo periodo, la produzione più significativa è quella di ampullae o eulogiae in peltro con le immagini dei luoghi santi, che i pellegrini portavano con sé tornando in Occidente. Tali oggetti - conservati in numero consistente a Monza (Mus. del Duomo) e a Bobbio (Mus. dell'Abbazia di S. Colombano; Grabar, 1958) - presentano spesso raffigurazioni tratte dalle Sacre Scritture ma ambientate nella G. contemporanea, come avviene per es. nella scena con le Pie donne al sepolcro, in cui appare riprodotta la rotonda dell'Anastasi.Nel 614 i Persiani saccheggiarono la città, incendiando numerose chiese - tra cui il Santo Sepolcro, S. Stefano e le basiliche dell'Eleona, dell'Ascensione, di Siloe e del Sion - e trafugando la reliquia della Vera Croce, ricondotta trionfalmente a G. quindici anni più tardi.Il patriarca Modesto promosse la ricostruzione del Santo Sepolcro e della chiesa del Sion. La vittoria cristiana fu tuttavia di breve durata, poiché nel 638 la città si dovette arrendere al califfo ῾Umar.Durante l'epoca della dominazione musulmana G. conservò una popolazione sostanzialmente cristiana e continuò a essere meta di pellegrinaggio. In questo periodo vennero costruite anche alcune chiese, sia pure di modesta entità, messe in ombra dallo splendore degli edifici di committenza musulmana (Pringle, 1982). Alla costruzione e al restauro degli edifici contribuirono anche i Carolingi, che, tra l'altro, eressero la chiesa di S. Maria dei Latini. Intorno all'808 il Commemoratorium de casis Dei vel monasteriis registra l'esistenza di ventotto chiese e santuari a G. e di altri ventisei fuori della città.Nel corso del sec. 10°, tuttavia, i rapporti tra cristiani e musulmani divennero sempre più tesi: nel 966 il patriarca venne ucciso e furono bruciati le porte e i tetti del Santo Sepolcro. Pochi decenni più tardi il califfo fatimide al-Ḥākim (996-1021) ordinò arresti ed esecuzioni arbitrarie e anche la distruzione delle chiese. Per sua volontà venne demolito nel 1009 il Santo Sepolcro (Canard, 1965) e tale evento, unito ad altri, determinò l'organizzazione della prima crociata.La ricostruzione del Santo Sepolcro (ca. 1042-1048) costituisce la più importante opera cristiana di quest'epoca. Benché dovuto alla committenza dell'imperatore bizantino Costantino IX Monomaco (1042-1055), il progetto era considerevolmente più modesto di quello costantiniano. L'edificio appare opera di un maestro bizantino e di maestranze sia locali sia costantinopolitane (Ousterhout, 1989). Non fu effettuato alcun tentativo per ricostruire la basilica precedente, sicché la rotonda, con l'aggiunta di un'abside alla sua estremità orientale, divenne il fulcro del complesso. Il portico centrale venne circondato da cappelle che commemoravano gli eventi della passione di Cristo e custodivano le reliquie provenienti dai dintorni della città. Delle scale permettevano di scendere a una cappella sotterranea, che ricordava la scoperta della Vera Croce, mentre a un livello superiore, al di sopra del Calvario, furono aggiunte alcune cappelle; altre ne furono costruite a N e a S della rotonda. Per la costruzione fu usato materiale di spoglio, compresi mattoni e marmi; colonne e capitelli non sono né omogenei né distribuiti con equilibrio. L'interno venne decorato da mosaici, descritti dai pellegrini del tardo sec. 11° e degli inizi del 12°, tra i quali una raffigurazione dell'Anastasi nell'abside principale. Nella galleria della rotonda si conservano insoliti mosaici pavimentali.Nel sec. 11° il quartiere nordoccidentale intorno al Santo Sepolcro, abbandonato dagli abitanti musulmani, divenne il quartiere cristiano. Dagli inizi del secolo era protetto da opere di difesa proprie, rinforzate nel 1063 dall'imperatore bizantino Costantino X (1059-1067); nella stessa epoca vennero costruiti anche ospizi per i pellegrini. Alla metà del sec. 11° mercanti amalfitani restaurarono S. Maria dei Latini, il cui monastero si assunse la cura dei pellegrini; alla fine del secolo quest'istituzione non era però più sufficiente per l'aumentato afflusso dei visitatori e furono quindi eretti, prima dell'arrivo dei crociati, gli ospizi di S. Maria Maddalena, in seguito nota come S. Maria Maiora, e un altro dedicato a s. Giovanni Battista.Pressappoco alla stessa epoca vennero edificate altre chiese ortodosse, in particolare il monastero georgiano della Croce e la chiesa di S. Giovanni Battista ad 'Ayn Karīm, entrambi appena fuori G. (Pringle, 1982). I due edifici, la cui pianta costituisce una variante di quella bizantina a croce greca inscritta con copertura a cupole, sono conservati nei loro tratti essenziali.La dominazione musulmana fu bruscamente interrotta dall'esito positivo della prima crociata, nel 1099, e G. divenne capitale dell'omonimo regno latino. Questo è anche il periodo meglio documentato della storia della città, un'epoca di fioritura artistica di cui si conservano numerosi edifici franchi, durante il quale l'antico reticolo stradale romano venne integrato dall'intersecarsi di vicoli tortuosi.Le mura di G., costruite in età fatimide e conservatesi quasi intatte anche in seguito alla conquista crociata, restarono in uso - con interventi di restauro e di consolidamento avvenuti nel 1116 e nel 1177 - per tutto il 12° secolo. A N-O e S-O furono scavati fossati, non necessari in corrispondenza degli altri lati per la ripidezza dei pendii. Dopo la riconquista musulmana del 1187 le mura vennero consolidate da Saladino (Ṣalāḥ al-Dīn), che avrebbe riutilizzato pietre provenienti dai monasteri di S. Lazzaro e di S. Stefano; furono quindi smantellate da al-Mu'aẓẓam nel 1219. La ricostruzione progettata da Federico II di Svevia non fu mai realizzata (Benvenisti, 1970); le mura attuali risalgono al 16° secolo. Nel 1229-1230 venne rinforzata la torre di Davide e furono restaurate le torri delle porte di S. Stefano e di Sion. Gli scavi archeologici condotti nel 1965 in un'area posta pochi metri a N della porta di Damasco (Hennessy, 1970) hanno portato alla luce la porta di S. Stefano di età crociata e alcuni interessanti affreschi provenienti da una cappella adiacente.Della fortezza di Erode rimaneva un'unica torre, la cui costruzione in epoca bizantina e musulmana era stata attribuita a Davide; in epoca crociata venne usata come cittadella e circondata su tutti i lati da un profondo fossato: al suo interno si trovavano alcune cisterne e un deposito per il grano. Baldovino I vi risiedette nel 1101-1104, prima di trasferirsi nella moschea di al-Aqṣā; dopo il 1118 invece stabilì la sua corte in un nuovo palazzo costruito a S della torre di Davide. Conquistata, perduta e riconquistata, danneggiata e nuovamente fortificata durante la dominazione crociata, la torre fu completamente distrutta da al-Nāṣir Dāwūd nel 1239.La città crociata era costituita da quattro quartieri definiti dall'impianto romano. Quello del Patriarca, l'od. quartiere cristiano, che aveva il suo fulcro nel Santo Sepolcro, godeva di autonomia giudiziaria; esso comprendeva il priorato del Santo Sepolcro, il palazzo del Patriarca, l'ospedale, ostelli, chiese, mercati e botteghe. All'estremità meridionale del quartiere si trovava la cisterna del Patriarca, una delle principali riserve idriche della città. Il quartiere armeno a S-O aveva il proprio centro nella basilica di S. Giacomo. Gli armeni abitavano l'area meridionale del quartiere, mentre nelle restanti parti vivevano i greci e i tintori ebrei. Durante il primo periodo musulmano, il quartiere ebraico si trovava nell'area nordorientale di G.; abbandonato nel 1099 dagli ebrei e occupato nel 1115 dai cristiani siriani, che utilizzavano le numerose chiese, esso continuò comunque a essere chiamato quartiere ebraico. A S-E, l'od. quartiere ebraico era abitato dai musulmani. Rimasto vuoto in seguito alla conquista, esso si ripopolò lentamente con i coloni franchi, tra i quali un'alta percentuale di immigrati di lingua tedesca.Teodorico (Libellus de locis sanctis, 3) afferma che quasi tutte le strade di G. erano pavimentate con grandi pietre; molte vie erano inoltre coperte da volte di pietra nelle quali si aprivano numerose finestre per l'illuminazione. Le case, in genere raccolte intorno a una corte interna, erano in pietra e avevano una copertura piana. Il mercato del bestiame, a S-O, presso la porta dei Tintori o 'del letame', e il mercato dei cereali, nelle vicinanze della torre di Davide, erano entrambi in piazze aperte. Si conserva ancora, sulla via di Davide, il mercato del pollame, un edificio coperto a volte. Il mercato principale si trovava al centro di G., a N del punto di intersezione tra cardine e decumano, dove erano situati in precedenza anche il mercato romano e quello bizantino; si estendeva lungo tre strade coperte da volte a crociera su archi acuti, sulle quali si aprivano piccole botteghe precedute da un portichetto in pietra leggermente sopraelevato. Il mercato occidentale era detto delle erbe, quello centrale, fatto costruire dalla regina Melisenda nel 1152, era conosciuto dai pellegrini come strada della cattiva cucina, quello orientale come strada coperta. Le iscrizioni conservate testimoniano che alcune botteghe appartenevano al monastero di S. Anna e ai Templari. Il c.d. cambio siriano, a Khān al-Zayt, era un edificio a cinque navate di epoca bizantina o crociata; il c.d. cambio latino, con coperture a volte, si trovava all'incrocio delle strade principali.Sempre secondo Teodorico (Libellus de locis sanctis, 3) le case di G. erano munite di cisterne private alimentate dall'acqua piovana, ma vi erano anche molte grandi riserve pubbliche sub divo.Importanti per lo sviluppo di G. in quest'epoca furono gli ordini militari che vi si stabilirono in seguito alla prima crociata. Gli edifici degli Ospedalieri erano situati a S del Santo Sepolcro, nell'area attualmente denominata Maristān, dove un tempo sorgeva il foro e dove già nel sec. 11° si trovava un complesso di chiese e ospizi che, dopo la liberazione, divennero indipendenti con il sostegno dei re di Gerusalemme. Nel 1113 gli Ospedalieri divennero un ordine cavalleresco indipendente che godeva della protezione papale. Gli edifici vennero adibiti a residenza dell'Ordine e a ostelloinfermeria per i pellegrini. Questi ultimi ambienti vennero ampliati e restaurati nel 12° secolo. In pianta, il complesso aveva una forma a L che si sviluppava lungo i lati ovest e sud di una piazza, con l'ospedale disposto sul lato occidentale, che secondo Giovanni di Würzburg poteva ospitare duemila pazienti (Descriptio Terrae Sanctae, 15). Gli scavi del sec. 19° hanno individuato un edificio a quattro navate (m. 8040). Il triconco di S. Giovanni divenne chiesa conventuale dell'Ordine; a E dell'edificio erano disposti gli ambienti per i conversi (Benvenisti, 1970).L'Ordine Teutonico di s. Maria possedeva un ospizio e una chiesa che nel 1143 venivano definiti 'nuovi' (Regesta Regni Hierosolymitani); situata nel quartiere sudorientale di G., la chiesa era un semplice edificio a tre navate con copertura a crociera (Ancient Churches, 1993).L'Ordine dei Cavalieri Templari, che era stato fondato nel 1118 per difendere i pellegrini, ricevette la protezione del re Baldovino, il quale concesse loro un'ala del palazzo reale, la moschea di al-Aqṣā, in seguito chiamata Templum Solomonis. Essi ampliarono tale struttura verso O e costruirono un refettorio a tre navate, due delle quali si conservano a ridosso del muro meridionale della spianata del Tempio. Sempre in epoca crociata vennero aggiunte altre strutture a E e le sostruzioni, note come scuderie di Salomone, vennero utilizzate appunto come stalle. La moschea fu divisa mediante un diaframma in due grandi ambienti e nella parte orientale fu almeno iniziata, se non portata a termine, una chiesa, in seguito distrutta da Saladino. Le superfetazioni di epoca crociata all'impianto originario della moschea vennero distrutte nel 1187.L'infermeria legata all'Ordine di s. Lazzaro (maladeria) era situata nella zona settentrionale della città, al centro della colonia dei lebbrosi, ma di essa non rimane alcuna traccia.Tra le numerose chiese che vennero costruite dai crociati, il progetto più importante fu quello relativo all'ampliamento del Santo Sepolcro. All'arrivo dei crociati il clero locale venne espulso e sostituito dai Canonici secolari; nel 1101 si permise al clero di ritornare; nel 1114 i Canonici furono a loro volta sostituiti dai Canonici regolari di s. Agostino.Non è ben chiaro quando vennero iniziati i lavori al Santo Sepolcro: la consacrazione avvenne nel 1149, con l'edificio probabilmente non ancora completato. L'ampliamento crociato appare di forme puramente occidentali: l'abside bizantina venne eliminata e al suo posto fu aggiunto alla rotonda un transetto con cupola al di sopra dell'incrocio. L'ingresso principale, in corrispondenza del transetto meridionale, era fiancheggiato a O da una torre campanaria a quattro piani (ora troncata) e a E da un ingresso rialzato al Calvario.Le cappelle sorte a ridosso dell'atrio bizantino furono sostituite da un coro - le cui forme riprendevano quelle delle chiese di pellegrinaggio, con ambulacro a cappelle radiali - che aveva la funzione di unificare i diversi luoghi santi con il Calvario posto a un livello rialzato. La cappella ipogea dell'Invenzione della Croce fu ricavata nell'area della cripta di S. Elena, la cui cupola arrivava alla metà del chiostro crociato aggiunto a E del complesso.L'insieme mostra, sebbene in modo confuso, una certa inventiva nei dettagli (le volte a crociera costolonate non corrispondono perfettamente al profilo dei pilastri compositi) e il sistema strutturale appare legato agli sviluppi dell'architettura occidentale europea intorno alla metà del secolo, tuttavia con una singolare pesantezza di esecuzione. La straordinaria decorazione plastica della facciata meridionale unisce motivi derivati dall'arte bizantina locale, per es. i capitelli 'a foglie mosse dal vento', ad altri desunti dall'Europa occidentale, per es. le bugne a guancialetto degli archi, a elementi architettonici di derivazione islamica, per es. le bordure degli archi, e forse anche a elementi di spoglio tardoromani (A History of the Crusades, 1977).I crociati trasformarono la Cupola della Roccia in una chiesa nota come Templum Domini, erigendo a N un chiostro per il monastero dei Canonici agostiniani e arricchendo l'edificio con un pavimento di marmo, transenne di metallo e una ricca decorazione a mosaico. Sulla spianata del Tempio vennero aggiunte alcune piccole edicole e in quest'area sembra potersi localizzare l'attività di una bottega di scultori in pietra. La maggior parte delle aggiunte cristiane venne rimossa dopo la conquista di Saladino, ma nella moschea di al-Aqṣā, nella Cupola della Roccia e altrove sulla spianata del Tempio rimangono molte sculture di epoca crociata.La chiesa di quest'epoca che meglio si conserva è quella di S. Anna alla Piscina probatica, che sostituì l'antica chiesa dedicata alla Vergine. Edificata nel 1140 con l'aiuto della famiglia reale, come parte di un monastero femminile, presenta una semplice pianta a tre navate con transetto e tre absidi; la copertura prevede volte a crociera su tutti gli ambienti e cupola all'incrocio. L'articolazione e la decorazione plastica della facciata si distinguono per il loro carattere semplice e severo.Nell'antico quartiere ebraico vennero edificate numerose chiese per la popolazione siriana, tra cui quella di S. Agnese, presso la porta di Damasco (od. moschea di al-Mawlawiyya), e quella di S. Elia (od. moschea di Dayr al-῾Adas). Altre cappelle minori vennero aggiunte a segnare le stazioni della via Dolorosa che dal quartiere ebraico conduceva al Santo Sepolcro. Nel quartiere armeno l'impresa più importante fu la ricostruzione della basilica di S. Giacomo, che seguiva modelli crociati ma aveva una cupola costolonata secondo la tradizione araba.Fuori dalle mura, la chiesa di S. Maria sul Sion fu ricostruita e ampliata rispetto alla basilica bizantina; all'angolo sudorientale era posto l'edificio a due piani, del quale l'unica parte che si sia conservata è il Cenacolo al piano superiore, coperto da due serie di volte a crociera elegantemente costolonate al di sopra di un colonnato centrale; nelle sue forme attuali la chiesa può risalire a un'epoca di poco anteriore al 1187.La fondazione benedettina di S. Maria di Giosafatte conteneva la ricostruita chiesa della Tomba della Vergine, che conserva parte della facciata romanica e la cripta cruciforme. La tomba della regina Melisenda (m. nel 1161) si trova sulla scala che conduce alla tomba della Vergine.Il monastero sul monte degli Ulivi, sul luogo dell'Ascensione, fu restaurato nel 1152 per i Canonici agostiniani; in seguito venne distrutto da Saladino. L'edicola attuale è in gran parte del sec. 12°, ma sembra essere stata restaurata in seguito; i capitelli appaiono particolarmente eleganti. Il monastero di Betania, ricostruito nel 1144 da Melisenda, è noto dagli scavi.Come avviene per la scultura, ricca e varia, anche la pittura di quest'epoca ha un carattere innovativo ed eterogeneo. Al centro di ogni dibattito critico è il salterio della regina Melisenda, che risale al 1131-1143, prodotto in uno scriptorium del Santo Sepolcro. Il manoscritto, conservato a Londra (BL, Egert. 1139), mostra una decisa influenza bizantina, unita a elementi provenienti dall'Inghilterra e dall'Italia meridionale. Le coperte del salterio costituiscono l'unico esempio di intaglio in avorio di epoca crociata.Caratteristiche analoghe si ritrovano nelle raffigurazioni di un sacramentario del sec. 12°, conservato in parte a Cambridge (Fitzwilliam Mus., McClean 49) e in parte a Roma (Bibl. Angelica, D.7.3), e di un messale di Parigi (BN, lat. 12056), che devono aver avuto origine nello stesso scriptorium.Quasi nulla resta della pittura monumentale dell'epoca, sebbene a numerose opere facciano riferimento le testimonianze dei pellegrini. L'estesa decorazione del Santo Sepolcro venne descritta da Teodorico intorno al 1172 (Libellus de locis sanctis, 5-12). L'abside di epoca crociata conteneva una rappresentazione dell'Anastasi, probabilmente secondo il modello del suo antecedente bizantino. L'unico elemento conservato di tale decorazione è il mosaico rappresentante l'Ascensione di Cristo al Calvario.Alcuni affreschi sono stati scoperti nella piccola chiesa di pellegrinaggio di Bethphage, nella quale è dipinta una Risurrezione di Lazzaro che presenta un singolare connubio tra iconografia bizantina e stile occidentale.Dopo la conquista della città da parte di Saladino, avvenuta nel 1187, G. non riguadagnò più la sua posizione di centro politico e artistico. All'epoca di Federico II, tra il 1235 e il 1237, fu comunque prodotto a G. il lussuoso salterio commissionato dall'imperatore stesso per la sposa Isabella d'Inghilterra, in stile siciliano con elementi iconografici bizantini (Firenze, Bibl. Riccardiana, 323). Caduta nelle mani degli Khwārazmshāh nel 1244, G. fu sostituita da Acri come maggiore centro artistico della regione.

Bibl.:

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Gerusalemme islamica

G. fu conquistata dai Musulmani nel 636 o, più probabilmente, nel 638. Dopo la Mecca e Medina essa divenne la terza tra le città sante dell'Islam, anche se i tempi e i modi del processo che la trasformò in simbolo sacro sono ben lontani dall'essere noti. Eccetto che per il periodo della dominazione crociata, tra il 1099 e il 1187, e poi tra il 1229 e il 1239 e tra il 1243 e il 1244, G. rimase islamica fino al 1917. Le crociate crearono una netta frattura tra le due grandi fasi di vita della città islamica: l'Alto Medioevo e il Tardo Medioevo.La presenza, su un'area relativamente limitata, di settantacinque edifici ca. di epoca mamelucca (tra il 1300 e il 1500 ca.) ha trasformato G. in un grande museo dell'architettura islamica tardomedievale della regione orientale del Mediterraneo. Non si conservano oggetti, manoscritti o altre opere di arte decorativa di età medievale che possano essere posti in relazione con G., la cui importanza è quindi soprattutto legata all'architettura e all'urbanistica oltre che al complesso problema degli spazi sacri che passano da un culto all'altro.La G. che nel 638 cadeva nelle mani dei musulmani era la città romana cristianizzata il cui sviluppo era stato promosso da Costantino e dai suoi successori e il cui aspetto è noto da fonti scritte e figurative, quali, per es., il mosaico pavimentale detto carta di Madaba. Di forma pressoché quadrata, recinta di spesse mura in cui si aprivano non più di sette porte, presentava verso S un'estensione, circondata da un semplice muro di cinta, in cui si trovavano chiese e istituzioni destinate ai pellegrini. Gli edifici principali erano la chiesa del Santo Sepolcro e la Nea Ekklesia di Giustiniano, costruita nella metà occidentale di G., cui si aggiungevano, sparse ovunque nella città, altre sedici chiese. A S-E l'imponente area trapezoidale del tempio di Erode, trasformato in un santuario imperiale romano, era in rovina. A quanto attestano le descrizioni del sito, che riflettono nella maggior parte dei casi intenti ideologici piuttosto che non illustrativi, queste rovine erano lasciate perire e venivano coperte da rifiuti per ordine delle autorità cristiane, a dimostrazione visiva della vittoria del Nuovo Testamento sull'Antico. La città di pellegrinaggio cristiana era stata gravemente danneggiata dall'invasione persiana del 614, ma non sono stati individuati in modo soddisfacente né l'entità delle distruzioni, né il carattere dei restauri che a esse seguirono.Le effettive modalità della conquista del 638 furono argomento di tarde leggende che narrano l'arrivo del califfo ῾Umar e gli accordi presi con Sofronio, il santo e dotto patriarca di Gerusalemme. Qualsiasi cosa sia accaduta, due furono i risultati: le chiese e le proprietà dei cristiani rimasero nelle loro mani e - mentre il pellegrinaggio diminuiva di importanza e l'autorità della Chiesa greca si indeboliva - la vita cristiana continuò all'interno della città e nei dintorni. Il secondo risultato si rivelò per la storia dell'arte di importanza ben maggiore: la spianata del Tempio ebraico venne usata dai vincitori musulmani come luogo sacro.I più antichi nomi attribuiti alla spianata del Tempio furono: al-Masjid al-Aqṣā ('moschea più lontana'), da un passo del Corano (XVII, 1) riferito al viaggio notturno che aveva condotto il Profeta dalla Mecca a G.; Masjid Iliyā ('moschea di Iliyā', antico nome di G. derivato dal toponimo romano di Aelia Capitolina); Masjid Bayt al-Maqdis ('moschea della città santa'). È comunque preferibile far riferimento a quest'area con il nome che ricevette in seguito (sec. 14°), al-Ḥaram al-Sharīf ('nobile santuario') o più semplicemente Ḥaram.Dal punto di vista urbanistico la trasformazione di uno spazio vuoto e sconsacrato in uno spazio sacro ebbe come principale conseguenza lo sviluppo di due poli di attrazione visiva ed emotiva o sacra. Sul lato occidentale della città, il Santo Sepolcro sul Golgota individuava la metà cristiana di G. con i suoi quasi seicento anni di memorie attentamente custodite, mentre sul lato orientale, sul monte Moria, la nuova religione stava modificando in modo irreversibile uno spazio vuoto denso di memorie ebraiche, più antiche (oltre un millennio), ma meno focalizzate.Tale trasformazione è illustrata da quattro eventi che ebbero significative conseguenze per l'architettura: il sorgere di nuovi agglomerati e insediamenti musulmani, la costruzione della Cupola della Roccia (Qubbat al-Ṣakhra), lo sviluppo di ciò che divenne in seguito la moschea al-Aqṣā, l'organizzazione di un'area sacra.La posizione geografica di G. costituì il primo punto di riferimento (qibla) utilizzato dai Musulmani per la preghiera. Il miḥrāb di Davide e quello usato da Zaccaria erano luoghi esplicitamente menzionati nel Corano (XXXVIII, 21; III, 37) e si riteneva fossero a Gerusalemme. Due altre allusioni coraniche alla città acquistarono importanza durante il Medioevo: la prima, già citata, fa riferimento al luogo visto dal Profeta durante il suo mistico viaggio notturno verso il santuario più lontano identificato con G. (Corano, XVII, 1); a un certo punto questo viaggio notturno venne collegato a un altro evento mistico della vita del Profeta, la sua Ascensione (mi'rāj) al cielo, durante la quale egli incontrò tutti i profeti che lo avevano preceduto e vide il paradiso e la dannazione eterna. Il secondo riferimento è a Salomone che costruì il Tempio e soprattuto il meraviglioso palazzo per accogliere la regina di Saba. Un ulteriore motivo, già associato alla G. giudaica e cristiana, aveva ugualmente grande valore per i musulmani: si tratta del tema escatologico della fine dei tempi con la conseguente risurrezione, il giudizio, la ricompensa e il castigo, eventi tutti che dovevano aver luogo a Gerusalemme. All'importanza di G. per i musulmani contribuirono infine le versioni islamiche della vita di Gesù e delle figure bibliche interpretate come profeti, quali per es. Giacobbe, Abramo, Giuseppe, le quali trovavano una nuova collocazione a G., specialmente sullo Ḥaram.In ambito islamico si ebbero quindi a G. due processi paralleli: la localizzazione di avvenimenti della storia sacra e la sacralizzazione di luoghi specifici. La storia di tali processi deve essere ancora scritta, ma è ragionevole ritenere che intorno agli inizi del sec. 12° tutti questi temi fossero presenti sia nell'interpretazione ufficiale dei monumenti della città sia in una forma di devozione più popolare che si esprimeva nelle credenze e nell'atteggiamento dei fedeli.Scavi recenti, effettuati nelle aree meridionale e sudorientale dello Ḥaram, hanno portato alla luce le fondazioni di numerosi grandi edifici che costituiscono probabilmente i quartieri amministrativi e di abitazione dei primi musulmani emigrati a Gerusalemme. Due passaggi sotterranei conducevano al soprastante santuario. All'inizio del sec. 11°, dopo un disastroso terremoto e probabilmente dopo un periodo di generale abbandono, l'area a S delle antiche mura romane venne abbandonata e le zone periferiche dell'impianto romano della città vennero riorganizzate più o meno nella loro forma attuale. A quell'epoca la popolazione musulmana era insediata soprattutto sullo Ḥaram.La Cupola della Roccia fu completata (o, secondo alcuni studiosi, iniziata) nel 692 per ordine di 'Abd al- Malik (685-705), il califfo omayyade cui si devono, tra l'altro, l'arabizzazione dell'amministrazione e l'islamizzazione della monetazione.Posto su di un'ampia collina rocciosa, l'edificio è costituito da un corpo cilindrico centrale (diametro m. 20; altezza m. 30 ca.), sormontato da una cupola e circondato da due ottagoni concentrici posti alla distanza di m. 14 uno dall'altro e rispetto al corpo centrale e alti m. 11 all'interno e m. 13 all'esterno; il diametro totale dell'edificio raggiunge così quasi m. 50. Le quattro porte d'accesso sono precedute da portici coperti nei quali non si evidenziano elementi distintivi. Allo stesso modo l'interno non ha altro punto focale che la roccia al centro, ma l'edificio è progettato in modo tale che la roccia è quasi invisibile quando si entra, mentre è quasi impossibile vedere la cupola dall'interno.Due erano i messaggi che l'edificio intendeva trasmettere: uno, espresso tramite l'alta cupola, si rivolgeva all'esterno, alla città e al Santo Sepolcro; l'altro, rivolto invece all'interno, sottolineava il carattere di edificio-reliquiario, posto a protezione di un luogo santo e che non esigeva o induceva nel fedele alcun comportamento particolare. In questo senso la Cupola della Roccia si differenzia formalmente dalle serie tipologiche di edifici cui si avvicina: i battisteri, molto più piccoli, e le chiese a pianta ottagona, come S. Vitale a Ravenna, la chiesa dell'Ascensione a G., la cattedrale di Bosra e la più tarda Cappella Palatina ad Aquisgrana. Esso ha la purezza geometrica di un edificio progettato per uno scopo che resta tuttora sconosciuto.I numerosi restauri subìti non hanno alterato il carattere di originalità e la qualità della decorazione interna dell'edificio: rivestimenti in marmo, placche di bronzo dorato con decorazione fitomorfa e m2 1200 ca. di mosaici, il cui vocabolario e la cui tecnica sono riconducibili per intero ai modi della tradizione tardoantica e bizantina. Nelle grandi composizioni domina una decorazione fitomorfa che è costituita dalle variazioni di un numero relativamente piccolo di motivi di base. Dal punto di vista iconografico due categorie di elementi possono risultare significative: le corone e i gioielli cerimoniali, in gran parte tipici dei sovrani e delle principesse bizantine e romane, che, presenti in gran numero e rivolti verso il centro dell'edificio, sono stati interpretati come raccolta delle insegne regali dei principi sconfitti dall'Islam e presentati come un'offerta in uno scrigno, gli alberi, alcuni resi in maniera realistica, altri del tutto immaginari. Quest'ultimo motivo, insieme al generale predominare dei motivi vegetali, ha permesso di ipotizzare che si tratti di una rappresentazione (o evocazione) del paradiso, oppure di un riferimento al bel palazzo costruito da Salomone. I mosaici rivestivano anche l'esterno del monumento, ma furono ricoperti nel sec. 16° da maioliche, probabilmente ispirate dai tessuti multicolori che coprivano la Ka'ba della Mecca.All'estremità meridionale dello Ḥaram si trova la moschea congregazionale di G., tradizionalmente detta al-Aqṣā. Il primissimo edificio musulmano, menzionato intorno al 675 dal pellegrino occidentale Arculfo, era una semplice e larga tettoia poggiante su colonne di reimpiego. All'epoca di 'Abd al-Malik e di al-Walīd I (705-715) venne costruita una nuova moschea, poi riparata e restaurata nel corso dei secoli. Sebbene siano controverse le date dei diversi restauri della moschea, individuati archeologicamente, la successione delle fasi costruttive può essere così sintetizzata: una prima moschea ipostila con undici navate perpendicolari alla qibla, con ingressi a N e a E e con una navata centrale più ampia e alta che includeva forse già dall'inizio una cupola davanti al miḥrāb; l'aggiunta di un portico nel tardo sec. 8°; un ridimensionamento dell'edificio all'inizio del sec. 11° con la chiusura degli ingressi orientali non più necessari (quelli meridionali verso lo Ḥaram vennero invece decorati) e con la messa in opera di un imponente arco trionfale dotato di una splendida decorazione musiva che culminava in un'iscrizione che proclamava - per la prima volta a G. - il viaggio notturno del Profeta e la gloria del califfo fatimide che aveva restaurato la moschea. Di epoca fatimide sono probabilmente anche i mosaici dei pennacchi, mentre qualche incertezza rimane a proposito di quelli del tamburo della cupola, che se di epoca fatimide riflettono tuttavia modelli omayyadi. Della prima moschea al-Aqṣā si conserva anche una significativa serie di intagli lignei che coprivano le travi della navata centrale. Essi costituiscono una straordinaria dimostrazione della ricchezza decorativa dell'arte tardoantica.La Cupola della Roccia e la moschea al-Aqṣā dominano lo Ḥaram e costituiscono la risposta musulmana, a un tempo politica e religiosa, al Santo Sepolcro e alla Nea Ekklesia nella metà occidentale di G.; ai due edifici si aggiunsero diverse attività edilizie che trasformarono l'aspetto della città. Per costruire questi due grandi monumenti, l'antica area del Tempio dovette essere liberata dalle sue rovine e spianata; quindi furono costruite le porte d'accesso al luogo santo, presso il quale era attiva una bottega - di cui facevano parte artisti locali o stranieri - adibita alla manutenzione del luogo. La porta d'Oro, a E dell'area, e le porte Doppia e Triplice a S furono tutte ricostruite sulla scorta dell'impianto di epoca erodiana e con l'uso di elementi di spoglio e di altri forse appositamente realizzati in epoca omayyade. Anche per il piccolo passaggio sotterraneo nel settore sudoccidentale dello Ḥaram (la c.d. porta di Barclay) vennero riutilizzati architravi di spoglio. La trasformazione del sito erodiano fu completata solo in epoca fatimide (969-1099), quando l'area sacra musulmana venne racchiusa all'interno di un portico. Una splendida porta nota soltanto da un'accurata descrizione del viaggiatore persiano Nāṣir-i Khusraw e posta sul lato occidentale (più o meno corrispondente all'od. porta della Catena) conferma il trasferimento dell'ingresso principale da S a O.Sullo Ḥaram vennero costruiti anche piccoli edifici che avevano la funzione di segnalare i luoghi santi, specialmente quelli associati al viaggio mistico del Profeta (cupola dell'Ascensione, cupola del Profeta, ecc.) o legati a personaggi che la religione musulmana aveva in comune con quella ebraica o quella cristiana (Giacobbe, Zaccaria, Maria, Gesù). Alcuni di questi siti erano segnalati da piccoli edifici a cupola su quattro od otto colonne oppure da un'iscrizione, da una piattaforma o da un miḥrāb, come la c.d. culla di Gesù, nell'angolo sudorientale. Altri edifici invece servivano a ricordare vari aspetti del messaggio escatologico del Corano, per es. la porta d'Oro, che divenne porta della Misericordia e del Perdono. Tali edifici, insieme alle piccole costruzioni destinate alle assemblee, alla preghiera o alla meditazione e note soltanto dalle fonti, definiscono un'architettura 'popolare' di G. in contrapposizione alle grandi costruzioni commissionate dai principi e dalle dinastie regnanti. Questi ultimi edifici rispondevano tuttavia anch'essi alla funzione 'escatologica' per cui erano state realizzate alcune costruzioni minori sullo Ḥaram. Si tratta di nuove scalinate che conducevano alla piattaforma della Cupola della Roccia e di arcate poste alla sommità di ogni rampa, che, commissionate da principi, costituivano una sorta di ex voto architettonico nell'area della spianata.Una di queste piccole costruzioni, la Cupola della Catena, immediatamente a E della Cupola della Roccia, merita una speciale menzione. Completamente aperto, a eccezione di un piccolo miḥrāb aggiunto in seguito, l'edificio è di dimensioni maggiori rispetto a quelli circostanti ed è ritenuto omayyade o della prima età islamica. È posto al centro esatto dello Ḥaram, in un luogo paragonabile all'omphalós nel complesso del Santo Sepolcro, ma mancano esplicite fonti musulmane che ne possano chiarire il significato in un contesto islamico; nella devozione popolare la Cupola della Catena aveva assunto tuttavia un significato escatologico. Misterioso nelle sue funzioni, l'edificio risulta singolare anche per la forma; si tratta infatti dell'unica costruzione a undici lati nella storia dell'architettura islamica.Per quanto concerne l'urbanistica, l'epoca altomedievale è segnata dalla ridefinizione dell'antico Tempio ebraico, trasformato, come si è detto, in un singolare santuario panislamico incentrato sui temi del viaggio mistico del Profeta e su quelli relativi agli altri profeti riconosciuti dall'Islam, su temi escatologici e sul Giudizio universale. Esso fu coscientemente inteso come polo posto a fronteggiare da un lato la G. cristiana e dall'altro le valli che conducono all'inferno o al paradiso e al monte degli Ulivi, da dove verrà fatta l'ultima chiamata. Tale monumento illustra inoltre due diversi aspetti dell'Islam, quello militante e proclamatorio degli Omayyadi e quello introspettivo e devoto dei Fatimidi. Per quanto riguarda l'aspetto religioso, esso dimostra come gli spazi sacri non perdessero mai la loro santità, ma assumessero, per esprimerla, linguaggi pertinenti a rivelazioni diverse; nel contesto di questi linguaggi, le espressioni si modificavano, interagendo con processi evolutivi di altro genere, politici e sociali.Dal punto di vista storico artistico, i monumenti della G. del primo periodo islamico sono sufficientemente numerosi e di generi tra loro abbastanza diversi da mostrare allo stesso tempo quanto i temi architettonici e decorativi tardoantichi potessero essere utilizzati per una nuova espressione culturale e come la nuova cultura imparasse a utilizzare un vocabolario già esistente per rendere tangibili la propria devozione e il proprio potere.Nel corso delle quattro generazioni della loro dominazione, i crociati edificarono un numero enorme di chiese e di altre costruzioni e trasformarono praticamente tutti gli edifici preesistenti. I principi musulmani ayyubidi (1187-1250), i cui interessi erano fondamentalmente di carattere politico, si limitarono al ripristino degli edifici trasformati dai crociati, al restauro delle mura e della cittadella, nonché alla costruzione di un piccolo numero di cupole a carattere commemorativo sullo Ḥaram e all'introduzione di spazi adibiti al culto islamico in chiese e altri edifici propriamente cristiani.Un chiaro esempio degli interessi degli Ayyubidi è dato dalla costruzione di due piccoli edifici, una khānaqāh (edificio per una comunità religiosa) commissionata da Saladino nel 1189 e posta sul sito del Patriarcato latino, e la moschea al`Umariyya, fondata nel 1193 quasi di fronte all'ingresso del Santo Sepolcro. Questi due edifici sorgevano quindi nelle immediate vicinanze del Santo Sepolcro ed è possibile che in epoca mamelucca venisse aggiunto un minareto a ciascuno di essi e che quindi il luogo santo cristiano fosse visivamente racchiuso all'interno delle torri, segno della presenza e dell'autorità musulmana.Dopo il 1250 e in particolare dopo il 1300, scomparsi quasi del tutto i legami con l'Occidente, i Mamelucchi d'Egitto e i loro viceré di Siria trasformarono G. in una sorta di grande museo di architettura. L'aspetto complessivo della città fu profondamente trasformato da uno sviluppo senza precedenti dell'edilizia monumentale e l'effetto di tale concentrazione architettonica venne esaltato dalla limitata estensione del nucleo urbano racchiuso da potenti mura. G. venne anche ad avere un ruolo particolare nell'impero mamelucco: spesso vi si ritiravano infatti ufficiali e soldati, o le loro vedove, e la città fu talvolta utilizzata anche come luogo d'esilio per gli oppositori.Priva delle tentazioni politiche e culturali offerte dal Cairo, da Damasco e da Aleppo, G. divenne un centro di insegnamento religioso. In questa stessa epoca la storia dell'ascensione del profeta Maometto si arricchì di tutti i suoi particolari e le virtù di G. vennero esaltate in opere letterarie e in particolare nel genere relativamente nuovo delle guide devozionali destinate ai pellegrini che visitavano i monumenti e i luoghi significativi della città.L'architettura destinata a rispondere al nuovo ruolo svolto da G. comprendeva tutti gli edifici caratteristici dell'epoca mamelucca: la moschea, la madrasa, la khānaqāh, il ribāṭ, il mausoleo, le fontane, i minareti, le porte, i mercati e così via. Gli edifici sono interamente realizzati in pietra, seguendo la consolidata tradizione siropalestinese: corsi accuratamente apparecchiati con alcune peculiarità decorative quali l'intaglio degli archivolti e l'alternanza di pietra nera e scura (tecnica ablaq). Le volte potevano essere a botte, a crociera oppure, secondo una tipologia sviluppatasi nel sec. 14°, a crociera su archi spezzati. I complessi sono per lo più impostati su cortili centrali sia con īwān (ampie sale aperte sulla corte) sia con sale suddivise da singoli sostegni. Per l'esiguità dello spazio a disposizione, solo quegli edifici che si aprivano sullo Ḥaram mostrano talvolta una qualche forma di espansione. Le cupole erano impostate per lo più su pennacchi, spesso con muqarnas a funzione strutturale o semplicemente decorativa. Quasi tutti gli edifici hanno un portale decorato, sebbene la decorazione tenda per lo più alla sobrietà, con poche eccezioni tarde quali la madrasa Ashrafiyya (1482) e la fontana di Qā'it Bāy (1482), entrambe sullo Ḥaram, decorate nella maniera sontuosa dell'architettura cairota del 15° secolo.Dei sessanta monumenti ca. conservati, alcuni meritano particolare attenzione. Tra questi il complesso (madrasa e khānaqāh) di Tankiz al-Nāṣirī, portato a termine nel 1328-1329, adiacente all'ingresso principale dello Ḥaram, notevole per la sua pianta a quattro īwān con una 'corte' coperta da una volta a crociera sfaccettata e per la bella facciata. L'edificio, che si apre su di una strada con lo Ḥaram a fianco, domina l'area sottostante, attualmente di fronte al Muro del Pianto, dove in epoca medievale si trovava il quartiere riservato agli immigrati e ai pellegrini provenienti dall'Africa settentrionale.Un secondo esempio è il sūq al-Qaṭṭānīn o mercato dei mercanti di cotone, completato nel 1336-1337 per volontà di Tankiz, poi governatore della Siria, e da al-Nāṣir, uno dei più attivi committenti di architettura al Cairo. La sua unicità è data dall'ingresso monumentale sormontato da una superba semicupola su muqarnas aperta sullo Ḥaram, una sorta di invito all'acquisto dopo la preghiera. Fornito di una serie di botteghe e di due bagni, esso costituisce, dal punto di vista architettonico, il più bell'esempio conservato di struttura commerciale nel Vicino Oriente. La madrasa Ashrafiyya e la fontana di Qā'it Bāy sulla spianata dello Ḥaram (entrambe del 1482) si distinguono per il carattere raffinato dei loro programmi decorativi e per la complessa geometria delle piante e degli alzati. Ma l'aspetto più interessante di questi monumenti visti nel loro insieme è dato dalla loro grande qualità tecnica e artistica. Più di ogni altra città mamelucca, G. fu utilizzata dalla classe dominante del regno come espressione delle tecniche più avanzate e delle forme più raffinate. Gli edifici monumentali costituiscono una rassegna dell'arte mamelucca, in cui si ritrovano l'uno accanto all'altro elementi di derivazione aleppina, damascena e cairota, ed è possibile immaginare una competizione tra i gruppi dominanti della regione nel lasciare i propri monumenti nella città santa di Gerusalemme. Al tempo stesso tali monumenti costituiscono anche una sorta di 'offerta' al luogo santo, poiché circondavano l'area del Tempio a N e a O allineandosi lungo le strade che conducono a ciascuno degli ingressi al santuario.L'ultima impresa architettonica mamelucca è costituita proprio dalla creazione delle facciate settentrionale e meridionale dell'area sacra, che avevano sia lo scopo di isolare il mondo del sacro dalla vita della città sia quello di evidenziare la dipendenza del mondo sacro dall'autorità e dalla ricchezza della città o di ciò che era dietro di essa. Secondo il linguaggio consueto ai momenti qualitativamente alti della storia dell'architettura, i costruttori della G. tardomedievale islamica riuscirono a integrarla superbamente nel tessuto della città antica e nelle memorie del sacro.

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Musei e collezioni

G. ospita numerosi musei che custodiscono reperti del periodo tardoromano e medievale.Nel Rockefeller Mus., aperto nel 1938 all'esterno delle mura a N della città, sono esposti reperti degli scavi archeologici condotti in Palestina prima del 1948; nei depositi sono conservate le tipologie ceramiche degli stessi scavi dal Neolitico all'epoca ottomana. Tra le opere d'arte, notevoli gli stucchi e i frammenti di affreschi del palazzo omayyade di Khirbat al-Mafjar, presso Gerico, nella valle del Giordano (sec. 8°), e i legni di cedro intarsiati della moschea al-Aqṣā. Del periodo crociato il museo conserva i due architravi in marmo del portale della facciata sud della basilica del Santo Sepolcro; su quello di sinistra sono scolpite scene della Vita di Cristo (la Risurrezione di Lazzaro, l'Ingresso a G., l'Ultima Cena). Sono inoltre esposte sculture provenienti dal castello di Belvoir.Tra le collezioni archeologiche dell'Israel Mus., aperto nel 1965, che comprendono tutti i periodi preistorici e storici, con i reperti degli scavi condotti dopo la spartizione della Palestina nel 1948, vanno ricordati un capitello della basilica dell'Annunciazione a Nazareth e alcune bolle dei re latini della città. Va inoltre segnalata la ricca collezione di arte giudaica, con oggetti provenienti dalle comunità della diaspora. Nella collezione numismatica si trova la serie quasi completa delle emissioni coniate dalle diverse autorità politiche succedutesi nella regione dal periodo persiano all'epoca moderna.Nel Mus. of the Studium Biblicum Franciscanum sono raccolti i reperti degli scavi condotti dagli archeologi dello Studium nei santuari cristiani, dal 1342 affidati dalla Santa Sede alla Custodia di Terra Santa. Nella sala di Nazareth sono conservati due capitelli scolpiti e diversi frammenti delle sculture crociate della basilica dell'Annunciazione a Nazareth; altri cinque capitelli con la Vita degli apostoli, una statua acefala di S. Pietro, un'Annunciazione e altri elementi sono conservati a Nazareth (Mus. della basilica). Inoltre nel museo si trovano i frammenti di sculture della chiesa di S. Lazzaro a Betania, un fastigio di edicola in marmo della chiesa della Trasfigurazione sul monte Tabor, frammenti della cornice che chiudeva la decorazione dell'edicola del Santo Sepolcro, una scultura in marmo con l'Agnello portacroce di S. Maria dei Latini e un concio in pietra con due figure del portale dell'Ospedale di S. Giovanni, oltre a capitelli provenienti da altri santuari crociati. Dalla basilica della Natività a Betlemme proviene il tesoro liturgico ritrovato nel 1869 e agli inizi del secolo durante la costruzione della casa Nova, cioè l'ospizio per i pellegrini annesso al convento dei Frati Minori. Il tesoro comprende trecento canne d'organo (uno dei più antichi tra quelli finora noti nel mondo), tredici campane di un carillon, che venivano percosse per accompagnare il suono dell'organo, due piccoli candelieri, un pastorale con smalti, un lungo candeliere di bronzo dorato ageminato e due candelieri di argento massiccio ageminato che recano l'iscrizione latina: "Maledictus qui me aufert de loco Sanctae Nativitatis Bethlehem". Nel museo sono conservati anche numerosi codici liturgici latini (secc. 13°-17°) provenienti dalla biblioteca del convento del monte Sion, presso il Cenacolo, primo convento francescano dopo le crociate, e dal convento di S. Salvatore, od. sede del Custode di Terra Santa, superiore della missione. Nella collezione spiccano gli antifonari (5, 6, 7), per la qualità della scrittura e per le diciotto iniziali istoriate (cinque delle quali ritagliate). Notevole è infine un lacerto di affresco con una testa d'angelo, proveniente dalla basilica dell'Agonia al Getsemani.Nel Greek Orthodox Patriarchate, inaugurato nel 1984, si conservano diversi frammenti di sculture crociate del Santo Sepolcro e di S. Maria dei Latini. Notevoli sono un capitello con una scena di caccia (un arciere che scocca una freccia seguito dal cane), un concio di portale con figura nimbata in piedi e braccia alzate (forse la Vergine annunciata) e due splendide teste provenienti dalla basilica dell'Annunciazione a Nazareth. La Greek Orthodox Patriarchate Lib. conserva una collezione piuttosto ricca di codici miniati di epoca medievale provenienti da diversi monasteri della regione.Nell'Edward and Helen Mardigian Mus., posto all'interno del monastero armeno nei pressi della basilica di S. Giacomo, si conservano tra l'altro una lastra di marmo con scena di caccia e un capitello con figure di santi. Nell'Armenian Patriarchate Lib. of St Thoros è custodita una ricca collezione di codici liturgici armeni della Cilicia e dell'Armenia del 12°-14° secolo.A S della moschea al-Aqṣā, nell'Islamic Mus. al-Ḥaram al-Sharif, aperto nel 1923, si conservano i capitelli provenienti dal settore occidentale distrutto della moschea, alcuni legni di cedro intagliati che completano quelli del Rockefeller Mus., codici liturgici e libri religiosi (tra i quali un Corano del sec. 8°-9°) e documenti relativi al santuario islamico. Insieme con un piccolo capitello scolpito proveniente dalla cappella crociata del Riposo (Gesù seduto ossequiato da angeli), nel museo è conservata la cancellata in ferro battuto posta dai crociati a protezione della Roccia venerata all'interno della Cupola della Roccia, insieme alle porte in legno e bronzo donate da Solimano il Magnifico (1403-1421) alla moschea.Nel 1973, nel settore occidentale della città nuova è stato aperto il L.A. Mayer Memorial Inst. for Islamic Art, le cui collezioni esemplificano didatticamente lo sviluppo dell'arte islamica dall'epoca omayyade ai periodi più recenti. Gli oggetti provengono in gran parte dall'Iran e dalla Turchia.

Bibl.: B. Bagatti, Studio Biblico Francescano. Guida al museo, Jerusalem 1939; M.M. Gauthier, Emaux limousins champlevés des XIIe, XIIIe et XIVe siècles, Paris 1950; A. Lehr, Het Middeleeuwse klokkenspel van Bethlehem [Il carillon medievale di Betlemme], Klok en Klepel 1981; M. Piccirillo, Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem. Museum, Jerusalem 1983; V. Tzaferis, Museum of the Greek-Orthodox Patriarchate in Jerusalem, Jerusalem 1985; J. Wilkinson, Column Capitals in Al Haram al Sharif (from 138 A.D. to 1118 A.D.), Jerusalem 1987.M. Piccirillo

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