FRESCHI, Gherardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FRESCHI, Gherardo

Claudio Zanier

Nacque a Ronchis di Faedis, poco distante da Udine, il 13 dic. 1804 dal conte Antonio e da Catterina d'Attimis. Rimasto orfano di padre in giovanissima età venne allevato dallo zio materno, il conte Alessandro d'Attimis, trasferendosi insieme con la madre, il fratello Carlo e le sorelle Antonia e Teresa nei possedimenti di famiglia a Ramuscello, nei pressi di San Vito al Tagliamento. Entrato nel collegio di S. Giustina a nove anni, il F. si laureò a Padova in legge e scienze naturali.

Con la scomparsa, nel 1817, dello zio Alessandro, morto senza eredi diretti, i Freschi vennero in possesso di una rilevante quota del patrimonio d'Attimis che il F., raggiunta la maggiore età, gestì con eccellenti capacità imprenditoriali, mentre già nel 1826 era stato inserito nella locale delegazione censuaria incaricata degli atti preparatori per il catasto austriaco. In breve tempo, le attività che facevano capo alla villa di Ramuscello diedero rinomanza d'agronomo d'avanguardia al F. e nei decenni successivi l'azienda fu considerata un modello di riferimento per l'agricoltura della regione.

Nel 1835 sposò Fosca Zen, dalla quale ebbe un unico figlio, Gustavo (1836-1906), deputato al Parlamento italiano dal 1895 al 1904.

Di formazione rigorosamente cattolica, il F. manifestò costantemente una forte spinta verso la solidarietà sociale, certo paternalistica, ma profondamente sincera e che andava ben oltre la comune carità cristiana per approdare a impegnative opere di assistenza sociale e ad altrettanto impegnative iniziative culturali ed educative, tutte improntate a un'entusiastica fiducia nelle virtù liberatorie del progresso scientifico. Da questa matrice, in cui si rifletteva anche l'eredità di esempi vicini come quello di Alvisopoli, e utilizzando le risorse delle tipografia-libreria di cui era proprietario in San Vito, nacque prima il periodico L'Educazione della donna - che ebbe vita breve (due fascicoli, 1838-39), ma che rappresentò allora una rilevante novità - e poi quella che sarà una delle principali pubblicazioni italiane dedicate alla divulgazione delle moderne pratiche agronomiche e all'elevazione delle condizioni morali e materiali dei coltivatori attraverso l'istruzione e la scienza applicata: L'Amico del contadino (che egli aveva in progetto sin dal 1839 con il significativo titolo de Il Socrate del villaggio), edito dal 1842 al 1848. Sul settimanale apparvero decine di suoi interventi, spesso nella forma didascalica del dialogo.

Nel 1841 il F. aveva presentato alle autorità austriache una memoria sull'introduzione dell'insegnamento agricolo nelle scuole pubbliche. Le benemerenze acquisite nel campo della divulgazione tecnica e scientifica agli agricoltori spinsero l'Istituto veneto di scienze lettere ed arti a inviarlo in Germania e in Svizzera per studiare e riferire sulle esperienze di quei paesi nel campo delle scuole d'agricoltura e dei poderi modello. Su questo tema il F. lesse all'Istituto, tra il 1844 e il 1845, tre relazioni.

Egli viaggiò molto, sia per approfondire la conoscenza delle lingue - aveva un'ottima padronanza dell'inglese - ma soprattutto per i suoi interessi agronomici. Fu così alle riunioni agrarie di Meleto organizzate da Cosimo Ridolfi e partecipò, con ruoli di spicco, ai Congressi degli scienziati italiani della cui principale sezione, quella di agronomia e tecnologia, fu presidente a Lucca (1843) e a Napoli (1845), vicepresidente a Milano (1844) e segretario a Padova (1842) e a Venezia (1847), partecipando attivamente ai lavori con relazioni, progetti, interventi critici, ma suscitando anche qualche non infondato sospetto di attività antigovernativa presso la polizia austriaca.

Nel 1846 promosse, insieme con il fratello Carlo e con Alvise Mocenigo, la fondazione della Associazione agraria friulana, entrando nella direzione.

In questa fase il F. pose l'accento su quegli elementi che più potevano contribuire a migliorare produzioni e redditi delle terre friulane: foraggi e rotazioni, allevamento razionale del bestiame (sua una Guida per migliorare la razza vaccina del 1840 che introduceva agli innovativi metodi del francese F. Guénon), drenaggio integrale, miglioramenti nella potatura delle viti, ma, in primo luogo, analisi dei suoli e concimazioni scientifiche sulla base dei principî della neonata chimica agraria e perfezionamento costante della gelsi-bachicoltura, su cui aveva pubblicato, sin dal 1839, una Guida per allevare i bachi da seta, che ebbe cinque riedizioni entro il 1858 e nella quale si recepivano alcune delle più avanzate indicazioni in tema di organizzazione tecnica delle bigattiere provenienti dalle esperienze pilota del francese Camille Beauvais a Senart. Con la sua opera di stimolo e di incoraggiamento il F. contribuì all'emergere di una nuova classe di tecnici indispensabili per il rinnovamento delle aziende agricole italiane; tra questi il pordenonese Domenico Rizzi, autore di alcuni dei migliori trattati di gelsicoltura del tempo e attivo nel campo dell'istruzione agraria.

Il '48 portò anche il F. nel pieno della battaglia politica. Nel marzo di quell'anno egli istituì a San Vito al Tagliamento la guardia civica e si adoperò in seguito per mettere in piedi un corpo militare-territoriale con compiti di fiancheggiamento alle truppe regolari. La tipografia di San Vito venne ampiamente utilizzata per volantini e proclami, mentre L'Amico del contadino presentava editoriali sempre più arditi, fino a dover sospendere le pubblicazioni ai primi di maggio. In quel periodo il F. sarà attivissimo anche a Venezia (dove era stato inviato in qualità di consultore per la provincia del Friuli), collaborando con D. Manin e N. Tommaseo e vagheggiando una Repubblica Lombardo-veneta. Con decreto del governo provvisorio del 31 ag. 1848 fu nominato - insieme con G. Giovanelli, G.B. Giustinian ed E. Todros (e con C. Correnti come delegato e garante per la Lombardia) - commissario per il prestito nazionale italiano a favore di Venezia. Mise al servizio della causa le sue capacità organizzative e la fitta rete di influenti conoscenze che si era creato negli anni precedenti, recandosi in varie località, tra cui Firenze, Torino e Genova, e partecipando a numerosi raduni pubblici per Venezia. In una di queste occasioni fu al centro di un tentativo di mediazione, nella prospettiva di una monarchia democratica nazionale, tra Carlo Alberto e lo stesso Manin, cui si offriva un portafoglio ministeriale a Torino.

Nel 1849 espatriò in Francia e lì seppe di essere stato incluso tra i proscritti e che tutti i suoi beni venivano posti sotto sequestro. Le condizioni che il governo austriaco - sollecitato da una petizione in suo favore sottoscritta da importanti personalità - pose, nel 1850, per la cancellazione del suo nome dal bando vennero considerate profondamente umilianti dal F. che preferì rimanere in esilio.

Staccato per forza di cose dagli interessi agronomici, dedicò tutte le sue energie all'omeopatia. A Parigi entrò, infatti, in contatto con Jules-Benoît Mure, seguace delle teorie di Hahnemann che egli interpretava in una chiave populistico-radicaleggiante di strumento progressista alla portata di tutti e in grado di liberare le masse dei miserabili dalle devastazioni fisiche e morali delle malattie. Il F. si unì con grande entusiasmo alla missione redentrice di Mure e della consorte Rosina e mentre non pare si recasse in Brasile, come affermato da alcuni biografi, è certo che si associò ai coniugi Mure alla fine del 1851 per una spedizione in Egitto, dove soggiornò, con alterne vicende, sino al 1853, fondandovi e dirigendovi i dispensari omeopatici di Alessandria e del Cairo. Dall'Egitto il F. rientrò a Parigi con Rosina Mure (che resterà compagna della sua vita sino alla morte di lei nel 1888) continuando a dedicarsi con fervore all'omeopatia e pubblicando una riedizione da lui stesso ampliata de Le médicin du peuple del Mure (Paris 1853).

Egli non abbandonò la passione per l'omeopatia, mantenendo rapporti di corrispondenza con tutta Europa e venendo nominato vicepresidente dell'Accademia omeopatica di Torino, ma fu proprio a Ramuscello che le sue aspirazioni filantropiche meglio si realizzarono: stimolato dallo zelo di Rosina Mure, vi aprì infatti un dispensario omeopatico gratuito, dove in oltre trent'anni di attività vennero curati migliaia di malati poveri del contado. Il F. fu inoltre tra i più assidui collaboratori della Rivista omiopatica, fondata nel 1855 da G. Pompili, curando in particolare la traduzione di testi e articoli apparsi negli USA. Nel 1882 parteciperà, assieme a un ristretto gruppo di medici e di protettori aristocratici (tra i quali l'ex duca di Parma) alla costituzione della Società Hahnemanniana italiana, in una fase tuttavia in cui l'interesse per l'omeopatia in Italia si era molto ridotto.

Con il rientro in patria dall'esilio, avvenuto dopo l'amnistia decretata nel 1854, fu preso nuovamente dagli interessi agronomici, pratici e teorici. Fu obbligato in primo luogo a una durissima opera di recupero - coronata da successo - delle proprietà di famiglia dissequestrate nell'aprile del 1854 e danneggiate dai cinque anni di gestione commissariale. Dal gennaio 1855 aveva ripreso a frequentare le riunioni della Associazione agraria friulana, rimasta in stato di quasi totale inattività durante la sua assenza, e ne divenne presidente dal 1856 (negli ultimi anni fu nominato presidente onorario). Nel 1855 era apparso il Bullettino dell'Associazione agraria friulana, alla cui redazione e al cui prestigio il F. contribuì in maniera decisiva.

Nei suoi numerosi interventi egli riprese l'intento divulgativo già perseguito su L'Amico del contadino, ampliando considerevolmente l'attenzione rivolta alla viticoltura, alla teoria della concimazione e all'istruzione professionale e morale degli agricoltori. Ma l'interesse fondamentale del F. rimase nel settore sericolo dove la pebrina, che aveva messo da tempo in grave crisi la bachicoltura francese, iniziava proprio in quegli anni a distruggere la produzione del Lombardo-Veneto. Su questo tema, il F. concordò con quanti - ad esempio F.-E. Guérin de Méneville, Ridolfi e lo stesso C. Cavour - ritenevano che la pebrina fosse causata o facilitata dalla progressiva degenerazione delle razze bachicole europee (molti anni più tardi il Pasteur dimostrerà che la degenerazione, se mai esisteva, era irrilevante e che la pebrina poteva essere prevenuta, se non curata).

Conquistato dall'idea che fosse necessario rigenerare le razze europee con altre provenienti dalle zone di origine del baco (le regioni interne dell'Asia orientale), il F. accettò con entusiasmo, nel giugno del 1858, la proposta di G.B. Castellani di compiere una grande spedizione scientifico-commerciale in Asia e si recò a Torino, a Parigi e a Londra per sollecitare appoggi a favore dell'impresa. Istituzioni scientifiche e personalità di rilievo, come Napoleone III, Cavour e, soprattutto, Massimiliano d'Asburgo, concessero la loro protezione. La spedizione, una delle maggiori intraprese commerciali europee sino ad allora organizzate in quel settore, partì osannata dalla stampa come salvatrice dell'industria serica europea. Il F., accompagnato da Rosina Mure, si recò prima in India, sulle condizioni della cui bachicoltura scrisse pagine durissime; poi raggiunse il Castellani in Cina e, dopo una breve puntata in Giappone, rientrò alla fine del 1859 in patria. Il seme-bachi portato dai due soci in Europa diede però pessima prova e il F., che si era tempestivamente ritirato dall'impresa troppo disinvoltamente gestita dal Castellani, riuscì a non essere travolto dalle virulente polemiche commerciali, scientifiche e politiche. Egli fu anzi uno dei pochi che applicando rigorosamente metodiche di allevamento cinesi al seme-bachi importato riuscì a ottenere buoni risultati.

Negli anni successivi difese e propagandò quella sua scelta, contribuendo anche attraverso questa via a migliorare le tecniche di allevamento in uso in Italia. I principî di rigore, cura, razionalità e igiene nell'allevamento dei bachi che egli aveva propugnato nella sua Guida sin dal 1839, vennero messi a dura prova nel corso degli anni '60, fin tanto che la pebrina continuò a imperversare, ma egli risultò sempre uno degli allevatori più produttivi della regione. Fece in seguito anche prove sistematiche con il serigeno selvatico dell'ailanto e curò, assieme a G. Haberlandt, la preparazione dei congressi bacologici di Gorizia (1870), di Udine (1872) e di Rovereto (1874), rappresentando l'Italia a quello internazionale di Montpellier (1874) e intervenendo a quello di Parigi (1878). Diede alle stampe Il testamento di un vecchio bacologo (1874) già apparso su alcuni numeri del Bullettino dell'Associazione agraria friulana e fu tra i primi, in Friuli - se escludiamo i rari pionieri degli anni '40 e '50 - a convertire a vapore la propria filanda cui fece applicare un sistema di estrazione della fumana che riduceva considerevolmente l'insalubrità dell'ambiente di lavoro. Su questo piano egli difese, insieme con G.B. Bellati e altri, le piccole filande padronali rurali, da modernizzare e aggiornare di continuo, ma da mantenere inserite in un tessuto sociale compatto, protetto da quel paternalismo umanitario, di cui era assertore in principio, e che garantiva, in questo caso, la competenza professionale e la collaborazione degli addetti. Sarà questo un modello di piccola imprenditoria locale che pur profondamente modificato e adattato al mutare delle tecniche e della società manterrà nel tempo in Friuli una vitalità maggiore che in altre parti d'Italia.

Tra le maggiori sperimentazioni del F. a Ramuscello negli anni '60 e '70 vi fu quella della piantagione delle viti in terreni fortemente ghiaiosi e gli eccellenti risultati da lui raggiunti contribuirono alla conversione produttiva di vaste zone della regione ritenute sino ad allora quasi completamente sterili. Molto attivo sino all'ultimo, nonostante una grave forma di sordità, scrisse ancora di statistica agraria, riprese il tema dei concimi chimici e affrontò la questione della crisi agraria dei primi anni '80, analizzando, tra le altre cose, il possibile ruolo delle casse cooperative in agricoltura. Fu membro e socio corrispondente di numerose istituzioni accademiche italiane e straniere e assunse svariate cariche in organismi tecnici e scientifici locali, promuovendo ad esempio la nascita della Scuola di agricoltura di Conegliano nel 1864, entrando nel comitato di vigilanza dell'Istituto Tecnico di Udine, una delle migliori scuole di quel genere in Italia, e partecipando alla commissione ampelografica della provincia di Udine, di cui fu presidente.

Dopo le esperienze del '48, si mantenne distante dalla politica attiva se si esclude l'elezione a sindaco di Cordovado nel 1871.

Morì a Ramuscello il 9 giugno 1893.

Fonti e Bibl.: L'archivio di casa Freschi a Ramuscello è andato disperso per gli eventi bellici della prima guerra mondiale. Il poco rimasto della corrispondenza del F. riguarda essenzialmente il periodo del 1848-49 ed è sparso in vari fondi archivistici, tra cui le Carte Manin del Museo civico Correr di Venezia e il Fondo Vieusseux della Biblioteca nazionale di Firenze. Per la vita e le opere del F.: Il conte G. F., Atti del Convegno: Cordovado ricorda il conte G. F., primo sindaco di Cordovado (1871-1981), Cordovado 1981 (in cui sono di particolare interesse le pagine di M. Lucchetta sul ruolo del F. nei moti del '48 e quelle di G. Paniek sul F. e l'agricoltura friulana). Maggiori approfondimenti in Una figura di statura europea tra ricerca scientifica ed operare concreto. G. F. 1804-1893 (atti del Convegno), Sesto al Reghena 1998 (con contributi di M. Ambrosoli, P. Brunello, R. Pazzagli, R. Tolaini, C. Zanier).

Per gli scritti del F. vi è un'ottima bibliografia (escluse le opere omeopatiche) negli Atti del convegno di Cordovado, cit., che va completata con gli scritti e gli interventi del F. apparsi nei vari Atti dei Congressi degli scienziati italiani e su altri periodici e quotidiani, tra i quali, in primo luogo, L'Annotatore friulano, Il Bacofilo italiano, La Gazzetta ufficiale di Venezia.

Riferimenti all'operato del F., ma anche suoi scritti, nella Raccolta…di tutti gli Atti… del Governo provvisorio di Venezia, Venezia 1948, ad Indicem. Al ruolo del F. nella teoria e nella pratica omeopatica ha dedicato qualche attenzione A. Lodispoto, Storia dell'omeopatia in Italia, Roma, 1961, pp. 137, 164, 294, 327 ss., 332, 392, 421. Dati interessanti e qualche inedito di sicura mano del F. in G. Zoccoletto, L'agricoltura di Sesto e Bagnarola nel primoOttocento, Sesto al Reghena 1995, ad Indicem.

Sul ruolo del F. nei progetti d'istruzione agraria negli anni '40, con inediti dell'Arch. di Stato di Venezia, si veda R. Pazzagli, Scuole d'agricoltura e fattorie sperimentali - Agronomia, istruzione e sviluppo economico nell'Italia dell'800, tesi di dottorato, Istituto universitario europeo, Firenze 1989. Utili informazioni sulle attività imprenditoriali del F. emergono da: Nuovo stabilimento di piantonaje, semenzai e serre calde per agricoltura e giardinaggio in Ramuscello, San Vito 1846; G. Ricca-Rosellini, Bonificazione Freschi a Ramoscello, in Giornale agrario italiano, VII (1873); G.B. Bellati, Chiacchiere allabuona di Nane Castaldo ai suoi amici sericultori del Feltrino, Feltre 1877; C. Kechler, Monografia delle filande a vapore e filatoi nel Friuli e cenni sulla sericultura, Udine 1878. Sulla spedizione in Asia si veda ora C. Zanier, Alla ricerca del seme perduto - Sulla via della seta tra scienza e speculazione, Milano 1993 (con ulter. indicaz. bibliogr.).

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