RANGONI, Gherardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 86 (2017)

RANGONI, Gherardo

Giancarlo Andenna

– Nacque attorno agli anni Venti del XII secolo, figlio di Guglielmo Rangoni (un vassallo episcopale piacentino, appartenente al ceto capitaneale della città) e di madre ignota.

La prima notizia indiretta che lo concerne è del 1149, quando, dopo uno scontro tra le città di Parma e Piacenza, furono portati prigionieri a Parma i filii Guilielmi Rangonis.

Rangoni iniziò presto una carriera di vertice nelle istituzioni comunali delle città emiliane. Nel 1150 fu console di Piacenza un Rangonus, che potrebbe essere identificato con Gherardo; inoltre, avanti il settembre 1156 – non si sa con precisione da quando – fu eletto podestà a Modena e come tale appare negli accordi di pace con Bologna.

L’assunzione di tale carica fu favorita dal cardinale Ildebrando Grassi, bolognese, che dal 1150 al 1155 (quando fu eletto il vescovo Enrico II) agì come amministratore della diocesi di Modena (privata della sede episcopale nel 1148 da Eugenio III per le continue offese perpetrate contro l’abbazia di Nonantola) e che preparò appunto l’accordo con Bologna e Nonantola. Ludwig giustamente ritiene (1973, p. 121) che il Grassi e i Modenesi abbiano tenuto conto dell’esperienza di Bologna, città in cui a partire dal 1151 agiva già un podestà.

Rangoni  dovette in seguito legarsi al partito imperiale di Federico I, poiché nel 1164 comparve come testimone dinanzi a Cristiano, arcivescovo di Magonza, in un atto rogato nel monastero di Santa Maria della Colomba - detto anche di Chiaravalle - nella diocesi di Piacenza. Nel luglio di due anni più tardi (1166) il duca di Spoleto e marchese di Toscana, Guelfo d’Este, gli infeudò la corte di Gavassa, ubicata tra Reggio Emilia e Correggio, appartenuta in precedenza a Matilde di Canossa; l’infeudazione avvenne come ricompensa per plurima servitia et meram fidem che Gherardo aveva sempre fornito al duca (Muratori, 1717, p. 299).

Il legame con l'Impero divenne più evidente quando Federico I affidò a Rangoni l’incarico di legato nel comitato e nell’episcopato di Modena. Infatti nell’atto del 12 maggio 1167, riportato dal Muratori (1773, I, coll. 477 s.) e dal Vicini (Regesto della Chiesa cattedrale, 1936, p. 42) Gherardo, dopo una solenne concio, si qualificò come imperatorie maiestatis per Mutine episcopatum et comitatum legatus e insieme ai consules Mutine, indicati sulla pergamena dopo di lui, ordinò al massaro della cattedrale di recuperare i marmi presenti in città e nella campagna, anche con opportuni scavi, al fine di costruire la chiesa cattedrale.

Concluso l’ufficio di legato, nel gennaio 1168 Rangoni ricoprì la carica di console del Comune di Modena e anche in questo caso il suo nome appare in prima posizione. È probabilmente in questi mesi del suo consolato che Modena si avvicinò alla Lega lombarda: di conseguenza, nel giugno 1169 Rangoni –  insieme a numerosi discendenti di vassalli matildici, fra cui Gerardo da Carpineta e i nobili del Frignano – si recò a Reggio per giurare il cittadinatico nei confronti di quel Comune.

Il documento è noto come breve capitaneorum; la solenne dichiarazione fu prestata dinanzi al vescovo e ai consoli. Gerardo e i nobili di Modena divennero così cives di due Comuni e a Reggio essi si impegnarono a pagare un tributo di sex Lucenses pro fumante qui parium boum habuerit, ciòè di sei denari di Lucca per ogni famiglia della montagna che possedesse un paio di buoi (mentre per i nuclei familiari della pianura era previsto un versamento di dodici denari milanesi per ogni coppia di buoi) (Muratori, 1773, IV, p. 165). Da questa tassazione erano esclusi i vassalli, i milites, i castellani, e i masnaldi et guastaldiones. Inoltre i domini si impegnavano ad abitare a Reggio per due mesi su dodici, e in caso di guerra per quattro.

La cittadinanza a Reggio gli permise di esercitare in quella città la carica di podestà per il 1172, mentre l’anno successivo fu per la seconda volta console a Modena. Dopo il 1173, tuttavia, Rangoni si avvicinò di nuovo a Federico I e chiese un prestito ai canonici di Santa Maria di Reggio di 126 lire imperiali, che nel dicembre 1176, dopo la sconfitta di Legnano, fu costretto a onorare.

Il 3 dicembre 1176 Rangoni, con il figlio Giacomino, cedette ai canonici quattro iugeri di terre nel villaggio e la metà della corte di Gavassa, che aveva avuto da Guelfo d’Este, con alcuni patti. In primo luogo la donazione era fatta pro remedio animae imperatoris e, per le anime di Gherardo e dei suoi antenati (Tiraboschi, 1794, III, p. 68). Poi, giacché Gherardo desiderava mantenere intatto il feudo di Gavassa, la metà spettante ai canonici sarebbe stata permutata con altre terre del Rangoni di uguale valore e forma di coltivazione, cioè prato contro prato, vigna contro vigna. Infine i canonici si impegnavano a pagare ogni anno per santo Stefano al dominus sei soldi imperiali. Da parte sua Gherardo promise che avrebbe fatto firmare a Federico I il compromesso e affermò che avrebbe restituito ai canonici il pegno che si era fatto consegnare al momento della concessione dei quattro iugeri di terra agli ecclesiastici.

Nel successivo 1177 il Comune di Reggio Emilia gli attribuì la carica di rector, mentre nella primavera del 1178 fu al seguito dell’esercito imperiale a Casale Monferrato: nell’occasione Federico I lo ricordò come un fidelis de domo commitisse Matildis e come uno dei suoi consiglieri per la decisione di riconfermare i patti un tempo stabiliti tra il cenobio di Polirone e gli uomini di Pegognaga. Transitando con disinvoltura tra due schieramenti che solo vetusti schemi storiografici mostrano contrapposti, nel biennio 1179-80 Rangoni fu di nuovo podestà di Modena: il 14 novembre 1179 a Ferrara, nella chiesa di S. Stefano, ascoltò il lodo che Isnardo Contrario pronunziò nella causa vertente tra le due città a proposito dei pedaggi sul Po.

La decisione di Isnardo fu in larga misura vantaggiosa per il Comune di Ferrara, poiché tutte le navi con merci che transitavano dalla città, sia scendendo il corso del fiume sia risalendolo, avrebbero dovuto pagare tre soldi imperiali, escluso quanto era dovuto per il sale e per il pesce. Al contrario le navi dei marinai ferraresi, per le quali le testimonianze concordemente asserivano che non si era mai pagato alcunché al Comune di Modena, sarebbero transitate senza alcuna richiesta di dazio. Ai Modenesi invece era assicurato il libero transito da Bondeno, ove da qualche tempo si cercava di imporre un dazio. Il lodo fu accettato da entrambe le parti, in cui agivano i due podestà sostenuti da rappresentanti dei consoli dei rispettivi Comuni.

Nell’estate del 1180 Rangoni era ancora attivo come podestà di Modena, come mostrano due importanti atti. Con i consoli della città impose agli uomini di Bazzano di costruire – pena una multa di 40 lire imperiali – due torri nel loro castello, la prima entro due anni e la seconda entro quattro, dell’altezza e dello spessore murario stabiliti da podestà e consoli di Modena: il punto di riferimento doveva essere la torre di Passavanzo di Carandolo, e il rispetto di queste clausole avrebbe comportato un’esenzione decennale da collette e altre imposizioni. Inoltre Rangoni fu presente il 22 luglio 1180 (ancora una volta insieme con consoli e officiali del Comune, fra cui il massarius, Alberto Ribaldo) al giuramento di cittadinatico emesso da Guidotto de filiis Manfredi che si impegnò ad abitare in Modena per sei mesi all’anno, a pagare le tasse al Comune e a partecipare alle azioni di guerra qualora si fosse presentata l’occasione.

Dopo trent’anni di intensa attività politica nel 1181 Gherardo dettò il suo testamento, nel quale dispose che eredi dei suoi beni fossero i figli Giacomo e Guglielmo. Non sappiamo quando morì, ma l’ipotesi più accreditata è che sia scomparso poco prima del 1188, quando il figlio Guglielmo rinunciò nelle mani del vescovo di Modena ad alcuni beni feudali un tempo goduti dal defunto padre.

Fonti e Bibl.: Annali Bolognesi, a cura di L.V. Savioli, I/2, Bassano 1784, p. 245, n. 160; Alberti Milioli notarii Regini Liber de temporibus et aetatibus et Cronica imperatorum, ed. O. Holder-Egger, in MGH, Scriptores, XXXI, Hannoverae 1903, p. 449, n. CLXXVIIII; Liber memorialis familiae Rangoniae compilato dal notaio Rota di Modena l’anno 1366 [...], a cura di L. Rangoni-Machiavelli, Città di Castello 1913, p. 57; Regesto della Chiesa cattedrale di Modena, a cura di E.P. Vicini, II, Roma 1936, p. 42, n. 579; Registrum Privilegiorum Comunis Mutinae, a cura di L. Simeoni - E.P. Vicini, I, Reggio Emilia 1940, pp. 18, 34 s., 40, 65-67; Liber Grossus Antiquus Comunis Regii, a cura di F.S. Gatta, I, Reggio Emilia 1944, pp. 241-243; Le carte degli archivi parmensi dei sec. X-XII, III: sec. XII, a cura di G. Drei, Parma 1950, p. 165;  D. Hägermann, Die Urkunden Erzbischof Christians I. von Mainz als Reichslegat Friedrich Barbarossas in Italien, in Archiv für Diplomatik, XIV (1968), pp. 219, 250-253; Friderici I diplomata, X/3, in MGH, Diplomata, Hannoverae 1985, p. 272, n. 732. [4]

L.A. Muratori, Delle Antichità estensi e italiane, I, Modena 1717, p. 299; Id., Antiquitates italicae medii aevi, sive Dissertationes de moribus, ritibus, religione, I, Arezzo 1773, coll. 477 s.: II, coll. 33, 497; IV, col. 165; G. Tiraboschi, Memorie storiche modenesi col Codice diplomatico illustrato, III, Modena 1794, pp. 68, n. 481, 113, n. 568; J. Ficker, Forschungen zur Reichs-und Rechtsgeschichte Italiens, IV, Innsbruck 1874, p. 162; E.P. Vicini, I podestà di Modena (1156-1796), Roma 1913, pp. 33 s., 36 s.; C. Ludwig, Untersuchungen über die frühesten “Podestaten” italienischer Städte, Wien 1973, pp. 120 s.; R. Rölker, Nobiltà e comune a Modena. Potere e amministrazione nei secoli XII e XIII, trad. it., Modena 1997, pp. 114-118, 147-159,177-187, 209.

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