DRAGAZZO, Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DRAGAZZO, Giacomo

Silvano Cavazza

Nacque nel 1451 a Traù in Dalmazia, da Dragazzo (o Dragoslavo) de' Dragazzi e da Margherita Matagnon (ma il cognome della madre nei documenti vaticani è di incerta lettura). La famiglia era di modeste origini: il nonno Veselko si era però arricchito con l'attività commerciale, facendosi accogliere all'inizio del sec. XV nel patriziato cittadino.

Il D. studiò diritto a Padova, dove si laureò in utroque iure intorno al 1480: dopo aver sostenuto gli esami di dottorato, per alcuni anni vi tenne corsi di diritto civile. Nonostante si fosse guadagnato una buona reputazione come docente (chi lo conobbe nella città universitaria lo definiva "homo integer et bonae famae" e "doctor famosus"), non proseguì nella carriera accademica, ma ritornò in patria dove, abbracciato lo stato ecclesiastico, fu eletto canonico della cattedrale. Nel 1487 venne mandato dai concittadini a Venezia, per chiedere alla Signoria di rafforzare il castello e le altre opere difensive di Traù. Fu quindi canonico di Sebenico; di questa diocesi fu anche vicario, sostituendo il vescovo Luca De Tollentis (1470-1491), quasi sempre impegnato negli uffici della Curia papale.

Fu certamente al seguito del vescovo di Sebenico che lasciò definitivamente la Dalmazia per cercare una più ambiziosa carriera a Roma. In un primo tempo fu al servizio di Nicola Bucciardo (Bucciardo Cibo), presidente della Camera apostolica, arcivescovo di Arles dal 1489 e governatore di Fano, oltreché titolare di altre cariche e benefici ecclesiastici. Dal Bucciardo egli fu nominato vicario generale dell'arcidiocesi di Arles (1492) e per qualche tempo si trasferì effettivamente in Provenza. Conservò formalmente il titolo fino al 1497; ma già nell'autunno del 1493 era nuovamente a Roma, dove papa Alessandro VI lo teneva in gran considerazione: infatti i documenti definiscono il D. "familiarem et continuum cornmensalem papae", nonché segretario dei di lui figlio Cesare Borgia, allora cardinale diacono del titolo di S. Maria Nuova. Fin d'allora probabilmente egli rivestì nella Curia qualche ufficio assai remunerativo, tanto da esser ritenuto ben provvisto di mezzi.

A metà del 1494 il D. fu in predicato di ritornare in Francia, come ambasciatore presso Carlo VIII: ma la missione non ebbe luogo, forse per la discesa in Italia del re francese. In autunno Alessandro VI lo nominò uditore della Sacra Rota, in luogo del defunto Matteo da Porta: la sua ammissione al Collegio fu tuttavia ritardata da motivi procedurali e probabilmente anche dalla difficile situazione politica, causata dall'arrivo a Roma dell'esercito di Carlo VIII. Il 6 marzo 1495 il pontefice dovette rinnovare il motu proprio di nomina e il D. finalmente poté perfezionare l'assunzione del nuovo incarico. Il 20 giugno seguente ebbe luogo il previsto processo informativo, per il quale furono ascoltati nove testimoni: cinque dalmati, tre provenzali e un compagno di studi a Padova.

Si conosce molto poco dell'opera svolta dal D. quale uditore di Rota, in anni nei quali il tribunale aveva tra i propri membri figure come il canonista Domenico Giacobazzi, futuro cardinale. Tra i Manualia actorum et citationum di quel periodo non ne è pervenuto nessuno a nome del giurista dalmata: la sua attività è tuttavia menzionata nei manuali 28 e 30. L'unica testimonianza diretta del suo operato che ci sia conservata è un instrumentum citationis datato 8 settembre 1497, emesso contro la città di Colonia per una controversia tra il governo e il clero locale sul pagamento della tassa sulla birra: si tratta di un foglio di grande formato, per complessive 114 righe in caratteri gotici, verisimilmente stampato nella stessa città di Colonia cui era indirizzato.

Di altre funzioni svolte dal D. presso la Curia negli anni dal 1495 al 1499 si è informati attraverso il Liber notarum del cerimoniere pontificio Giovanni Burckard. Dal 1496 è annoverato tra i sollecitatori delle lettere apostoliche, con quattro notai alle sue dipendenze: ma è probabile che già negli anni precedenti rivestisse tale ufficio. Solo occasionale fu invece la sua partecipazione a solenni funzioni religiose: nel 1495 assistette il pontefice nei riti della vigilia di Natale; per la Pentecoste del 1498 predicò in S. Pietro, nel corso della messa papale.

Nel concistoro del 12 apr. 1499 Alessandro VI nominò il D. vescovo di Corbavia (Krbava) e Modrussa, nella Croazia ungherese, quale successore del defunto Cristoforo di Ragusa.

Era una diocesi estremamente difficile, travagliata com'era dalla guerra: la stessa sede episcopale nel 1493 era stata distrutta dai Turchi e abbandonata dalle autorità ecclesiastiche che si erano trasferite a Novigrad, in posizione più sicura. Il re Ladislao II d'Ungheria aveva in ogni modo cercato di far cadere la scelta su un suo protetto, il prete Vitale Nicolich di Fiume, la cui candidatura fu sostenuta in concistoro dal cardinal Giovanni Lopez. Prevalse tuttavia il D., che ottenne di conservare l'ufficio di uditore di Rota e gli altri incarichi di Curia. Certamente non aveva molta propensione a trasferirsi nella pericolosa località croata: del resto a Roma si era fatto raggiungere da alcuni familiari, di cui aveva curato la sistemazione nel clero e nella milizia cittadina.

Per il momento tuttavia il nuovo vescovo non venne consacrato. Il 13 luglio 1499 morì l'arcivescovo di Arles: il D. prese parte alle solenni esequie del defunto, che ebbero luogo nella chiesa di S. Agostino. Per la diocesi di Modrussa s'era intanto fatto avanti un nuovo pretendente, Vito, figlio del conte Bernardino Frangipane, appartenente ad una delle più potenti famiglie della Croazia, che si presentava come suffraganeo del defunto vescovo Cristoforo. Le autorità veneziane scrissero in agosto a Roma a favore del Frangipane, anche perché il conte Bernardino si era dichiarato disposto a opporsi fin colle armi a chiunque altro fosse stato designato a quella sede.

La controversia tuttavia non ebbe seguito per la morte improvvisa del D., avvenuta il 7 sett. 1499, all'età di quarantotto anni: a detta del Burckard era stata provocata dal dolore per la perdita di due nipoti che risiedevano a Roma.

Nonostante le voci circolanti sulla sua ricchezza, il D. morì senza aver fatto testamento e senza lasciare beni. L'8 settembre il suo corpo fu sepolto in S. Agostino, accanto al sacello di s. Monica, nell'abito di cappellano papale, non essendo stata ancora celebrata la consacrazione episcopale. Il collega di Rota Antonio da Monte, che provvide alle esequie, ebbe però cura di farlo effigiare sulla lapide coi paramenti vescovili.

Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, S. Romana Rota, Processus I, n. 2; Miscellanea 2, ff. 117-125; Arch. Nunziatura di Vienna, busta 148, cc. 1-10; M. Sanuto, Diarii, II, Venezia 1879, p. IIII; I. Burckardus, Diarium sive rerum urbanarum commentarii, a cura di P. L. Thuasne, II, Paris 1884, pp. 286, 349, 525, 560 s.; Gallia christiana novissima: Arles, Valence 1900, p. 1420; I. Burckardus, Liber notarum, a cura di E. Celani, I, Città di Castello 1906, p. 589; II, ibid. 1911, ad Indicem; P. Andreis, Storia della città di Traù, a cura di M. Perojevič, Spljet 1908, pp. 179, 327, 361. G. B. Cantalmaggi, Syntaxis sacrae Rotae Romanae auditorum, Romae 1640, p. 23; D. Farlati, Illyricum sacrum, IV, Venetiis 1769, pp. 110, 305 s.; P. G. Coleti, Accessiones et correctiones all'"Illyricum sacrum" del P. D. Farlati [1820 circa], a cura di I. Bulič, Spalato 1910, p. 171; D. F. Karaman, Castel Dragazzo, in Bull. di archeol. e storia dalmata, XV (1892), pp. 71-74; N. Hilling, Die römische Rota und das Bistum Hildesheim am Ausgang des Mittelalters (1464-1513), Münster in W., p. 22; W. von Hofmann, Forschungen zur Geschichte der kurialen Behörden vom Schisma bis zur Reformation, II, Rom 1914, p. 184; E. Cerchiari, Capellani papae et apostolicae sedis auditores causarum, II, Romae 1920, pp. 77 s. (con ulteriori indicaz. archiv.); H. Hoberg, Die Protokollbücher der Rotanotare von 1464 bis 1517, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte. Kanonistische Abteilung, XXXIX (1953), pp. 187 s., 198; Id., Die "Admissiones" des Archivs der Rota, in Archivalische Zeitschrift, L-LI (1955), p. 406; Id., Die ältesten Informativprocesse über die Qualifikation neuernannten Rotarrichter (1492-1547), in Reformata reformanda. Festgabe für H. Jedin, Münster in W. 1965, p. 129, 131-136, 138 s.; Š. Jurič, Tri kodeksa značajna za kulturnu povijest Trogira (Tre documenti significativi per la storia culturale di Traù), in Mogućnosti, XXVII (1980), pp. 1113 s.; S. Gliubich, Diz. biogr. degli uomini illustri della Dalmazia, Vienna 1856, p. 121; C. Eubel, Hierarchia catholica Medii Aevi, II, Monasteri, 1914, p. 136; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, VII, pp. 689 s., n. 9057.

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