MALASPINA, Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MALASPINA, Giacomo (Iacopo)

Patrizia Meli

Figlio primogenito di Antonio Alberico, marchese di Fosdinovo e Massa, e di Giovanna Malaspina di Verrucola, nacque nel terzo decennio del Quattrocento. All'indomani della morte del padre, avvenuta nell'aprile 1445, prese in mano il governo del marchesato insieme col fratello Lazzaro, essendo gli altri fratelli troppo giovani: uno dei primi atti dei due fu il rinnovo dell'accomandigia con la Repubblica fiorentina nel maggio 1449. Morto anche Lazzaro nel luglio 1451, il M. divenne il tutore dei due figli di costui e l'unico indiscusso signore del marchesato.

Nel dicembre 1457 partecipò all'ambasciata veronese che doveva congratularsi col nuovo doge di Venezia, Pasquale Malipiero: era quasi tradizione che un Malaspina partecipasse a simili iniziative, in quanto la famiglia deteneva ingenti beni a Verona e nel suo territorio.

Nell'autunno 1450 il M. aveva tentato di ingrandire il proprio dominio a spese di altri appartenenti alla famiglia Malaspina. Infatti egli aveva momentaneamente conquistato gran parte delle terre appartenenti allo zio materno, il marchese Spinetta di Verrucola: ciò aveva provocato l'intervento della Repubblica fiorentina, a cui entrambi i Malaspina erano accomandati. Il 25 settembre venne inviato in Lunigiana un commissario, Giuliano Ridolfi, col compito di convincere il M. a restituire quanto aveva indebitamente occupato. Di fronte alla sua risposta negativa, da Firenze giunse l'ordine di ottenere la riconsegna anche di Massa e di Castiglione del Terziere: quest'ultima località era stata infatti affidata al M. poco prima della morte dell'ultimo marchese ivi residente. Il M. pervenne a più miti consigli dopo che gli abitanti di Bagnone si furono recati a Castiglione del Terziere impadronendosene e dopo che il marchese Spinetta era tornato in Lunigiana insieme con Alessandro Sforza, al comando di un esercito di 5000 soldati (18-20 novembre): restituì così allo zio le sue terre e cedette a Firenze Castiglione del Terziere, che pochi mesi dopo divenne la sede del capitanato fiorentino di Lunigiana.

In questa occasione Firenze cercò inutilmente di rientrare in possesso di Castel dell'Aquila, approfittando anche della presenza in Lunigiana delle truppe milanesi. Nel frattempo alcuni luoghi sottoposti al M. avevano cercato di tornare sotto il dominio lucchese: quest'ultima Repubblica cercò quindi di recuperare anche le altre terre in mano ai Malaspina di Fosdinovo da una ventina di anni. Sempre in questo frangente il M. si era impadronito della località di Bibola: sembra che fossero stati gli stessi abitanti a sottomettersi spontaneamente a lui, forse già nel luglio dell'anno precedente. Ne aveva sicuramente il governo nell'ottobre 1450 quando Firenze pensò di farsela cedere; nel settembre 1451 ne perfezionò poi il possesso, acquistandone dai legittimi proprietari, i marchesi di Lusuolo, i diritti di proprietà per 100 ducati.

I rapporti fra il M. e lo zio materno rimasero tesi anche in seguito: nel 1456 Spinetta si lamentò con il duca di Milano che il nipote avesse tentato di impadronirsi di un suo castello lombardo; dieci anni dopo accusò il M. e i fratelli di aver aiutato Niccolò Soderini, implicato in una congiura antimedicea. In quegli stessi anni il M. aveva problemi di confini con i Fregoso, signori di Sarzana: nel maggio 1450 si giunse allo scontro aperto presso "Segalara", che si concluse con la vittoria dei Sarzanesi sui Fosdinovesi.

A causa di questi contrasti, la Repubblica fiorentina si vide costretta a inviare a più riprese in Lunigiana suoi commissari: nel maggio 1459 fu la volta di Giovanni Lorini, mentre nel 1462 ricevette questo incarico per ben due volte Antonio Ridolfi. Nel 1454 e nel 1466 il M., anche a nome dei fratelli, aveva provveduto a rinnovare l'accomandigia.

Nel 1467 si aprì una crisi tra il M. e i fratelli: il maggiore, Gabriele, lo aveva a più riprese affiancato nel governo, in particolare sostituendolo quando si trovava fuori dalla Lunigiana, e ora premeva per dividere l'eredità paterna. Dopo un anno di contrasti, acuiti dalla diversa inclinazione politica fra il M., più vicino agli Sforza, e Gabriele, decisamente filofiorentino, si addivenne a una pacifica suddivisione dei beni familiari. Il 17 novembre gli arbitri eletti cinque giorni prima dagli abitanti della vicaria di Fosdinovo emisero il loro lodo, in base al quale vennero spartiti i beni e i territori appartenenti al M. e ai suoi fratelli: il minore, Spinetta, ottenne i beni veronesi, mentre a Gabriele andò l'ex marchesato di Olivola e Bibola, in parte come erede del fratello Francesco, morto nel corso di quell'anno; al nipote Leonardo, unico sopravvissuto dei due figli del defunto Lazzaro, toccò l'ex marchesato di Castel dell'Aquila; le vicarie di Massa e di Fosdinovo rimasero però indivise fra il M. e Gabriele. Il giorno dopo i due completarono la spartizione: il M. ottenne così la vicaria di Massa, mentre il fratello ottenne quella fosdinovese insieme con i possessi posti nel Pisano.

Il 16 ott. 1467 il M. fu nominato dal duca di Milano luogotenente generale nel confinante vicariato di Carrara: egli cercò poi di ottenerne il pieno possesso. I suoi sforzi andarono a buon fine: il 22 febbr. 1473 si giunse a una permuta col legittimo signore di Carrara, Antoniotto Fregoso, in base alla quale quest'ultimo cedette al M. il vicariato di Carrara, comprensivo delle terre di Avenza e Moneta, in cambio del feudo di Sannazzaro in Lomellina. Il M. aveva acquistato questo feudo insieme con la moglie Taddea (figlia di Francesco Pico della Mirandola e di Pietra Pio di Carpi) che il 27 sett. 1466 aveva ereditato dal padre la confinante Scaldasole; la consorte acquistò anche i diritti sulle entrate della vicina Alagna (27 giugno 1467) nella prospettiva di crearsi una grossa tenuta in quella zona.

Gli anni successivi si caratterizzarono per la fedeltà mostrata dal M. agli Sforza, nonostante il 20 febbr. 1470 avesse confermato l'accomandigia quinquennale con Firenze per la sola Massa: a questa politica egli dovette essere spinto dalla moglie, che era da anni legata alla famiglia ducale e in particolare a Bianca Maria Visconti. Questa sua inclinazione potrebbe spiegare l'adozione da parte del M. di uno stemma in cui campeggiava uno spino secco invece che fiorito: tradizionalmente, infatti, i rami malaspiniani dello "spino secco" erano filomilanesi mentre quelli dello "spino fiorito" erano filofiorentini. Gli Sforza mostrarono la propria riconoscenza al M. concedendogli a più riprese segni del loro favore: il 13 ott. 1468 il M. venne nominato consigliere segreto. Nel corso del 1477 il M. si segnalò per la sua fedeltà durante la rivolta genovese contro gli Sforza e il 12 aprile fu nominato capitano di La Spezia e commissario di Lunigiana da Bona di Savoia, reggente del Ducato milanese. Durante la guerra successiva alla congiura dei Pazzi dovette respingere l'assalto contro Massa portato dai ribelli milanesi (febbraio 1479) e difendersi da congiure miranti alla conquista di alcune sue terre, come quella scoperta a Carrara nel successivo mese di aprile. Nonostante tutto, egli riuscì a superare indenne i circa due anni di guerra e soprattutto le frequenti razzie e scorrerie operate dagli eserciti in lotta o in transito nella zona. Più in generale il M. svolse per gran parte della sua vita la funzione di informatore delle vicende lunigianesi per gli Sforza, oltre a garantire il proprio aiuto armato in caso di necessità.

Il M. morì, probabilmente a Massa, il 18 maggio 1481.

Dalla moglie ebbe due figli: Alberico e Francesco. Negli anni Sessanta il M. aveva fondato insieme con la moglie il monastero di S. Francesco a Massa.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Signori, Legazioni e commissarie, XII, cc. 168r-189v; XV, cc. 21v-25r, 66v-68r; XVI, cc. 128r-135v; Arch. di Stato di Milano, Arch. Sforzesco, Potenze estere, Lunigiana, 315-317, 1000-1004; Arch. di Stato di Genova, Banco di S. Giorgio. Primi cancellieri, 84, nn. 133-134; I capitoli del Comune di Firenze. Inventario e regesti, a cura di C. Guasti, I, Firenze 1866, pp. 673-676, 678 s.; G.A. Faie, Cronaca, a cura di J. Bicchierai, in Atti della Soc. ligure di storia patria, X (1874), pp. 563 s.; Arch. di Stato di Lucca, Regesti, IV, Carteggio degli Anziani (1430-1472), Lucca 1907, ad ind.; V, Carteggio degli Anziani (1473-1490), Pescia 1943, ad ind.; Cronaca di anonimo veronese. 1446-1488, a cura di G. Soranzo, Venezia 1915, pp. 98 s.; E. Lasinio, Regesto delle pergamene del R. Archivio di Stato in Massa, Pistoia 1916, pp. 115-148, passim; L. de' Medici, Lettere, II, a cura di R. Fubini, Firenze 1977, p. 193; IV, a cura di N. Rubinstein, ibid. 1981, p. 217; E. Gerini, Memorie storiche della Lunigiana, II, Massa 1829, pp. 361 s.; E. Branchi, Storia della Lunigiana feudale, III, Pistoia 1898, pp. 127-130, 501 s., 554-561, 761-769; A. Ivaldi, La signoria dei Campofregoso a Sarzana (1421-1484), in Atti della Soc. ligure di storia patria, LXXXI (1967), pp. 127-136; A. Aromando, Alcuni stemmi della famiglia Malaspina di Lunigiana, in Cronaca e storia di Val di Magra, VI (1977), pp. 78-81; F. Bonatti, Vicende storiche del feudo di Fosdinovo-Olivola nel secolo XV, in Id., La Lunigiana nel secolo XV attraverso i protocolli del notaio Baldassarre Nobili, I, Pisa 1977, pp. 13-81; M.G. Tamborini, Ricerche sulla politica sforzesca in Lunigiana nel secondo Quattrocento, in Annuario della Biblioteca civica di Massa, 1981, pp. 74-94; G. Caciagli, Storia della Lunigiana, Pontedera 1992, pp. 132, 136, 141 s., 144-148; G. Chittolini, Alienazioni d'entrate e concessioni feudali nel Ducato sforzesco, in Id., Città, Comunità e feudi negli Stati dell'Italia centro-settentrionale (secoli XIV-XVI), Milano 1996, p. 159; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Malaspina, tav. XX; Enc. Italiana, XXII, p. 508.

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