PALLAVICINO, Gian Luca

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PALLAVICINO, Gian Luca

Cinzia Cremonini

PALLAVICINO (Pallavicini), Gian Luca. – Nacque a Genova il 23 settembre 1697 da Giuseppe (1672-1726), patrizio genovese discendente dalla linea dei marchesi di Favignana e signori di Levanzo e Marettimo, e da Livia Centurione (1676-1758).

Tra 1712 e 1715 fu mandato a Siena a studiare presso il Collegio Tolomei. Nel 1717 entrò nell’Accademia militare di Torino, dove rimase fino al 1718. Il 30 settembre 1720 furono celebrate per procura le sue nozze con Anna Maria Pallavicini (1698-1751), che aveva da poco ottenuto l’annullamento del precedente matrimonio con Gian Giacomo Imperiali. Nel 1723 andò con il padre a Vienna, passando per Milano e Venezia. Tra 1724 e 1728 fu a Genova.

Qui si mise in contatto con i matematici Celestino Galiani e padre Celestino Rolli per fondare un’accademia di orientamento scientifico, e con intellettuali ed eruditi, tra cui Filippo Argelati, Ludovico Antonio Muratori, Giacomo Benedetto Winkler e Scipione Maffei. Contemporaneamente maturò un progressivo distacco dal ceto dirigente della Repubblica, condividendo l’opinione di chi, come Giacomo Filippo Durazzo, riteneva che gli interessi genovesi non fossero ben rappresentati a Vienna dall’inviato Clemente Doria.

L’assenza di prospettive politiche in patria si accompagnava alla delusione per la mancata gravidanza della moglie, così nell’estate del 1728, lasciata a lei la gestione del patrimonio, partì per Vienna, dove ottenne la carica di ciambellano e l’onorificenza della Chiave d’oro, ma soprattutto comprese che per entrare nei servizi della corte era necessario assumere incarichi diplomatico-militari. Nel 1730 fu inviato straordinario della Repubblica di Genova a Vienna e diede ampie manifestazioni di sfarzo e prodigalità, elargendo finanziamenti a privati e organizzando feste per i membri della corte. Lo stesso fece nei successivi e prolungati soggiorni a Vienna e ciò gli assicurò una serie di incarichi sempre più prestigiosi: nel 1733 fu nominato da Carlo VI generale delle Galere e comandante della Marina; nel 1736 arruolò a proprie spese un reggimento; nel 1738 elargì un prestito di 400.000 fiorini all’imperatore e tra 1738 e 1739 combatté contro i turchi sul Danubio.

Dopo la morte di Carlo VI e lo scoppio della guerra di successione austriaca, conseguì nel 1741 il grado di tenente maresciallo e servì nell’armata del conte Otto Ferdinando di Traun, allora governatore di Milano. Tornato nel 1742 a Vienna, ebbe modo di conoscere da vicino la nuova sovrana, Maria Teresa, e dare mostra delle proprie doti: la denuncia delle irregolarità che caratterizzavano l’esercito imperiale in Italia gli guadagnò il grado di delegato all’economia militare e camerale in Lombardia. Il conflitto che si venne a creare tra questa carica e quella del governatore portò Maria Teresa a estendere le prerogative di Pallavicini, che ebbe la facoltà di controllare la stipulazione dei contratti per gli appalti militari, e ciò acuì i contrasti con Traun, che nel 1743 fu destituito. Il programma di risanamento finanziario ed eliminazione degli sprechi varato da Maria Teresa trovò un pronto esecutore in Pallavicini, che il 3 aprile 1745 fu nominato ministro plenipotenziario per la Lombardia.

Gli articolati progetti di riforma di tutto il sistema politico-amministrativo subito avviati subirono un arresto tra il dicembre 1745 e il marzo 1746 quando si verificò l’occupazione spagnola di Milano. Il comportamento di Pallavicino fu ambiguo e può far pensare ad accordi segreti con il comandante spagnolo, marchese di Castellar, in seguito ai quali egli forse accettò una temporanea occupazione straniera (poco onerosa in termini di perdite di uomini e denari per entrambi gli eserciti), in quanto avrebbe permesso a Castellar di sperare nella riconquista di Parma e Piacenza (sognata dalla regina di Spagna e da Maria Teresa) e a Pallavicini di disfarsi degli oppositori delle riforme, accusandoli di connivenza con gli spagnoli: chi non aveva compreso il pericolo di frequentare il governo interinale (nominato da Pallavicini stesso e approvato dagli spagnoli) fu accusato di tradimento, bandito o addirittura condannato a morte.

Terminata l’occupazione, il 25 aprile 1746 Pallavicini fu confermato plenipotenziario della Lombardia austriaca. Alla fine del 1746 inviò a Vienna un ‘piano’ di sfoltimento degli organici di tutte le magistrature caratterizzate da pletoricità e corruzione, ma non ottenne subito l’approvazione della corte e, momentaneamente caduto in disgrazia, fu nominato castellano mentre i suoi detrattori fecero nominare un nuovo governatore di Milano, Ferdinand Bonaventura von Harrach. Per nulla scoraggiato, Pallavicini convinse sia Harrach sia la corte della validità dei propri progetti. Il 4 gennaio 1749 ricevette una delega sul censimento e sui fondi camerali e già il 30 aprile poté pubblicare la ‘nuova pianta’.

Erano previste la riduzione dei componenti del Senato, della Cancelleria segreta, del Collegio fiscale, e la concentrazione in unica magistratura (Magistrato camerale) delle competenze prima svolte dai due Magistrati delle entrate, con conseguente riduzione dell’organico. Anche gli uffici subalterni venivano dimezzati, ma alla riduzione numerica non corrispose una differente connotazione funzionale, né una chiara indicazione delle specifiche competenze dei vari uffici, né una diversa estrazione sociale dei cooptati. Rimase inoltre aperto uno spiraglio per quanti avevano avuto un incarico: o la giubilazione (con relativa pensione) o la permanenza nella ‘pianta attuale’ accanto alla ‘nuova pianta’.

Non era una vera rivoluzione, ma comunque un passo avanti nella trasformazione dell’assetto politico-istituzionale della Lombardia austriaca. Oltre a queste misure, Pallavicini propose la concentrazione di tutti gli appalti pubblici in una sola grande impresa. Nel dicembre 1749 a Vienna ottenne l’approvazione della sovrana e la nomina a governatore al posto di Harrach: fu così costituita la Ferma generale di tutti gli appalti, sovrintesa dal commerciante bergamasco Antonio Greppi, e fu istituita una Giunta per studiare l’estinzione dei debiti dello Stato e della città di Milano. I lavori furono approvati il 29 gennaio 1753 e portarono alla costituzione di una banca pubblica (Monte di S. Teresa) nella quale i creditori vedevano convertiti i loro crediti in titoli non tassati.

Non trovarono invece soluzione altri progetti di Pallavicini (la ripresa del censimento, la riforma del sistema annonario, l’istituzione di un albergo per i poveri, il rilancio del commercio e la riforma giudiziaria) anche per l’opposizione del ceto decurionale milanese e per l’ostruzionismo del gran cancelliere Beltrame Cristiani che stava cercando di prendere il suo posto. Pallavicini si era attirato le antipatie di molti: straniero in una città che aveva sempre accolto benevolmente i liguri anche in virtù della loro ricchezza, non si era risparmiato nelle spese per arredare il palazzo regio ducale sede del governatore e per intrattenere con cene, balli e musica l’élite locale e i visitatori della corte, ma il suo protagonismo e il tentativo di scardinare equilibri in vigore da secoli avevano scatenato invidia e rancore.

Si allontanò da Milano nell’autunno del 1753 a compimento del triennio di governo. Dopo essere stato al centro di importanti incarichi si trovava ora senza un adeguato impiego.

La moglie Anna Maria era morta due anni prima (16 novembre 1751): con lei aveva condiviso poco del suo tempo, ma intrattenuto un fitto carteggio dal quale emerge la devozione di lei e un apparente attaccamento di lui. Nel 1753 sottoscrisse un contratto matrimoniale con la vedova bolognese Maria Caterina Fava Ghislieri (1714-1786). Nel 1754 ricevette la nomina a feldmaresciallo e poi l’onorificenza di cavaliere del Toson d’Oro che gli sarebbe stata conferita dal duca di Modena. Ulteriore riconoscimento per i servigi prestati gli venne dall’assegnazione nel 1755 di una pensione di 5000 fiorini annui. Il 24 gennaio 1756 nacque l’erede, Giuseppe (1756-1818)

Sembrava che la sua vita, ormai chiusa nel palazzo di Bologna, fosse destinata a essere circoscritta nell’ambito dell’amministrazione dei beni liguri e nell’acquisto di nuovi beni nel ferrarese. Invece giunse ancora un incarico di rappresentanza: nel 1768 fu inviato da Maria Teresa alla corte di Napoli per accompagnare Maria Carolina che andava in sposa al re Ferdinando IV di Borbone.

Morì a Bologna il 27 settembre 1773.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Uffici e Tribunali Regi, p.a, cart. 1 Dispacci reali, cart. 212, 218-219, 225; Arch. di Stato di Bologna, Archivio Pallavicini, s. I, bb. 4-5; III, b. 30; IV, b. 28; XI, b. 33; Ibid.,Lettere Pallavicini, s. I; III, bb. 212-214, 217-218, 223-231, 257, 287; IV, bb. 40-41; XI, b. 69; Wien, Haus-Hof-und Staatsarchiv, Lombardei Collectanea, fasz. 43, 46; Milano, Biblioteca Ambrosiana, Giovan Battista Borrani, Diario, ms. 14 suss.; A. Annoni, Gli inizi della dominazione austriaca, in Storia di Milano. L’età delle riforme, XII, Milano 1959, pp. 215 s.; C. Capra, Il Settecento, in D. Sella - C. Capra, Il Ducato di Milano dal 1535 al 1796, Torino 1984, pp. 272-300; C. Mozzarelli, Per la storia dello stato di Milano in età moderna. Ipotesi di lettura, in Id., Antico regime e modernità, Roma 2008, p. 378; C. Cremonini, Tra complotti e vendette: Clelia Grillo, Maria Teresa d’Austria e l’occupazione spagnola di Milano nell’inverno 1745-46, inClelia Grillo Borromeo Arese. Un salotto letterario settecentesco tra arte, scienza e politica. II, a cura di A. Spiriti, Firenze 2011, pp. 94 s., 100, 103-109.

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