MAURUZZI, Gianfrancesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MAURUZZI, Gianfrancesco

Elvira Vittozzi

MAURUZZI (Mauruzi), Gianfrancesco. – Nacque verosimilmente a Tolentino nel secondo quarto del sec. XV, da Giambattista e da Laura di Napoleone Sinibaldi. Fu pronipote del condottiero Niccolò.

Nelle fila dell’esercito aragonese a Napoli nel 1467 dopo la stipulazione della lega tra Milano, Firenze e Napoli, fu inviato con Francesco Zurlo in Romagna contro l’esercito veneziano guidato da Bartolomeo Colleoni. Nel 1472 era a Tolentino a capo degli uomini d’arme che il 5 settembre riportarono una vittoria contro Sanseverino Marche.

La contesa, nata per motivi di confini, aveva suscitato l’ira del papa Sisto IV, che condannò Tolentino al pagamento di un’ammenda; fu per questo inviata a Roma un’ambasceria di cui facevano parte il M. e Giovanni Mario Filelfo.

Dalla fine degli anni Settanta militò al soldo di Sisto IV e dei suoi nipoti Riario, che, amici di Francesco de’ Pazzi, lo inviarono in Romagna, dove fu fatto governatore di Imola, una decisione presa nel quadro del già ordito attentato a Lorenzo de’ Medici. Dopo il fallimento della congiura dei Pazzi (26 apr. 1478), Lorenzo mise una taglia su di lui. I Riario, e in particolare il conte Girolamo, continuarono ad agire in funzione antimedicea come testimonia il fatto che nell’ottobre 1479 il M. fu mandato a Milano insieme con Francesco Petrucci per discutere segretamente della cacciata di Lorenzo de’ Medici da Firenze e indurre il duca di Milano a lasciare la Lega con Lorenzo per unirsi al papa e al re di Napoli, Ferdinando I d’Aragona. La missione ebbe esito sfavorevole e nel novembre il M. si mise in marcia verso Fiorenzuola con 13 squadre di uomini d’arme e 1000 fanti per bloccare i rifornimenti diretti in Toscana sulla via delle Alpi tra Piancaldoli, Palazzuolo e Caprenno. Con le truppe di Roberto da Sanseverino giunte a Imola, attaccò Piancaldoli, ma, invece di proseguire e andare a conquistare il Mugello, come era nei piani, abbandonò con gli altri l’impresa, troppo rischiosa visto che si approssimava l’inverno, e tornò a Imola.

Nel 1480 Sisto IV lo inviò a Forlì contro gli Ordelaffi, che erano stati spodestati. Il M. fu nominato governatore pro tempore fino all’arrivo di Girolamo Riario. Si trattenne a Forlì per circa due anni a guardia della città, dove, tra ottobre e novembre 1481, dovette affrontare la «congiura degli artigiani», il complotto organizzato da Galeotto Manfredi per cacciare il Riario, che si trovava temporaneamente a Venezia, e richiamare gli Ordelaffi; trovò poi il sostegno degli uomini armati di Faenza, Castrocaro e del Ferrarese. Solo l’intervento di Roberto Malatesta riuscì a disperdere i rivoltosi.

Nel 1482 allo scoppio della guerra di Ferrara il papa appoggiò Venezia contro Ferdinando I d’Aragona, Federico da Montefeltro e Federico Gonzaga. Quando Alfonso d’Aragona, duca di Calabria, al comando delle truppe napoletane si avvicinò minacciosamente allo Stato della Chiesa, accampandosi nelle vicine Grottaferrata, Borghetto e Marino, Sisto IV richiamò dalla Romagna il M.; questi si riunì con le 23 squadre pontificie che, guidate da Girolamo Riario, il 6 giugno, provenendo da Quinto sulla via Flaminia, entrarono in città per accamparsi presso S. Giovanni in Laterano. Si arrivò allo scontro due mesi dopo, quando l’esercito pontificio, benedetto dal papa, si recò il 15 agosto nel campo delle Forme, al termine del primo miglio della via Appia, dove il M. era a capo delle 10 squadre di Girolamo Riario. Il 18 agosto si mosse con tutto l’esercito alla conquista di Albano, Castelgandolfo e Savelli e il 21 partecipò al fatto d’armi contro le truppe del duca di Calabria nella località di San Pietro in Forma detta Campomorto, presso Velletri. I Pontifici ebbero la meglio, catturarono circa 300 prigionieri e l’esercito del duca di Calabria ne uscì sconfitto. Nel novembre il papa, impensierito dalla forza e dalla potenza che Venezia poteva assumere dal controllo di Ferrara, decise di stipulare la pace. Poi, preoccupato dall’esultanza dei Romani che, manifestando la loro gioia, erano andati in corteo verso la S. Sede, pose il M. e il camerlengo Guglielmo d’Estouteville e 50 fanti in piazza S. Celso.

Con un audace ribaltamento delle alleanze, Sisto IV dichiarò guerra alla Repubblica di Venezia e inviò a Ferrara il M. a capo di 30 elmetti a sostegno di Ercole d’Este. Come ricompensa per l’impegno profuso al suo servizio, il papa gli affidò in vicariato, col titolo di conte, Valdoppio e Civitella negli Appennini e il governo di Città di Castello, dove il M. si stabilì. Il 1° genn. 1484 col vescovo della città, Bartolomeo Maraschi, Paolo Orsini e Giorgio Santacroce saccheggiò Albano come segno di intimidazione nei confronti dei Savelli, che avevano ucciso Giovanni Grassello, bargello del papa.

A testimonianza della stima che si era guadagnato presso Sisto IV, il M. fu l’inviato della Chiesa per trattare la pace di Bagnolo (7 ag. 1484) con Ferdinando d’Aragona duca di Calabria, il duca di Milano e i rappresentanti della Repubblica di Venezia. Alla morte di Sisto IV (12 ag. 1484), che non era stato soddisfatto dei risultati ottenuti dalla stipula della pace, il nipote Girolamo Riario, dello stesso avviso, incolpò il M. di non aver tutelato debitamente gli interessi della Chiesa. Il M. lasciò il governatorato di Forlì e si ritirò a Civitella, dove godeva delle esenzioni e dei privilegi che gli aveva donato il defunto papa e che gli erano stati confermati dal successore Innocenzo VIII. Si allontanò da Civitella nel 1486, quando Agostino Barbarigo doge di Venezia gli scrisse per richiederne l’aiuto a sostegno delle truppe di Roberto da Sanseverino in Tirolo contro Sigismondo, arciduca d’Austria, che aveva minacciato la Repubblica nella zona del Cadore. Gli Austriaci presero Rovereto e sconfissero l’esercito della Repubblica presso Trento. Il 10 ag. 1487 nella battaglia di Calliano il M. fu catturato e ucciso.

Sua moglie fu Paola degli Uberti, figlia del conte di Montedoglio, da cui ebbe Ascanio, Giambattista; questi, con Nicola, figlio naturale, che si videro riconosciuti da papa Paolo III i privilegi che già erano stati del padre.

Fonti e Bibl.: G. Pontani, Diario romano, a cura di D. Toni, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., III, 2, pp. 7, 9, 14, 22, 27, 30, 51, 62; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, a cura di A. Sorbelli, ibid., XXXIII, 1, p. 229; N. Machiavelli, Istorie fiorentine, in Id., Tutte le opere, a cura di M. Martelli, Firenze 1971, ad ind. (VIII, capp. 4, 9); L. de’ Medici, Lettere, III, a cura di N. Rubinstein, Firenze 1977, p. 179; IV, a cura di N. Rubinstein, ibid. 1981, pp. 227, 235, 246 s., 385, 391-394; VI, a cura di M. Mallett, ibid. 1990, pp. 33, 70-72; Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca, XI, a cura di M. Simonetta, Roma 2001, ad ind.; C. Santini, Saggio di memorie sulla città di Tolentino, Macerata 1789, pp. 221 s.; G. Benadduci, Della signoria di Francesco Sforza nella Marca e peculiarmente in Tolentino, Tolentino 1892, pp. 169 s.; P. Vigo, Due documenti relativi a G. da Tolentino, in Arch. stor. italiano, s. 5, 1901, t. 28, pp. 105-110; F. Storti, L’esercito napoletano nella seconda metà del Quattrocento, Salerno 2007, pp. 144 s.; Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, II, p. 242; P. Litta, Le famiglie celebri italianes.v. Mauruzi di Tolentino, tav. III.