Contini, Gianfranco

Enciclopedia Dantesca (1970)

Contini, Gianfranco

Dante Della Terza

Dopo alcuni scritti minori, il C. dà un primo fondamentale contributo agli studi danteschi con l'edizione delle Rime (1939). Al di là dell'analisi delle costanti o delle opzioni stilistiche (con fitti richiami alla tradizione poetica preesistente) vi emergono alcuni temi fondamentali di un'interpretazione globale della lirica dantesca. Tali il rifiuto della nozione unitaria di ‛ canzoniere '; l'attenzione volta alla poetica ‛ in re ' di D., cioè al " perpetuo sopraggiungere della riflessione tecnica accanto alla poesia " e quindi alla possibilità di ravvisare nelle rime di D. " le tracce di una cronologia ideale ", anzi una serie aperta di tentativi e sperimentazioni su vari fronti, secondo l'uso dei suoi maestri e amici ma con tutt'altro animo, scevro di scetticismo.

Nasce la formula critica di un sistema " plastico di rapporti tra cose " come solo modo d'esprimersi dello stilnovista; e d'altra parte il rifiuto di ogni deduzione grettamente realistica, non disgiunto dalla " possibilità germinale " di una ‛ ironia ' dantesca; o l'asserzione della mancanza di ‛ lirismo ', denotante " un processo d'inquietudine permanente ". In quest'ambito si collocano la riscoperta di Guittone in D.; il riconoscimento di una prima e decisiva svolta nelle poesie della ‛ loda '; e di una seconda nel passaggio dalla poesia amorosa alla morale, dalle nove rime al bello stile, dalla poetica oggettiva all'allegorica. In tali anni, all'entusiasmo scientifico-morale s'unisce quello dell'occitanista che riscopre direttamente i grandi testi provenzali: in primo piano Arnaut Daniel per le ‛ petrose ', esperienza perpetuata nella Commedia " come presa di possesso del reale non pacifico ". Viceversa la tenzone con Forese " offre la deformazione violenta della caricatura ". Così " la poetica del risentimento s'innesta singolarmente sulla poetica della vita morale ", che acquista a sua volta una " realtà figurativa " (Tre donne), con qualche segno però d'involuzione (Doglia mi reca e la ‛ montanina '). Cioè, " il conflitto delle cronologie si fa indizio perentorio della crisi fondamentale delle Rime, quand'esse stanno (non indarno) per cessare ". Nei Poeti del Duecento (1960) D. è il polo di confronto obbligato e mai evaso.

Col saggio sul XXX dell'Inferno (1953) ha inizio l'approccio del C. con la Commedia, caratterizzato da alcune direttive che rimarranno costanti: la strenua ricerca delle " immagini patologiche ", del vocabolo raro o unico, insomma dello ‛ stil comico ' di D.; l'analisi delle procedure di ‛ contaminatio ' nell'uso dell'‛ exemplum '; la consapevolezza " che si sta trattando un'epoca teologale dove la storia è universale e indistinta rappresentazione, e i suoi dati tutti equidistanti dallo spettatore "; l'insistenza sul nesso ‛ funzionale ' tra invenzione lirica e linea strutturale; infine la ricerca di ‛ fonti ' che alla funzionalità aggiunga " l'intensa storicità linguistica dell'invenzione ".

Tali interessi culminano nel saggio del 1958 su Dante come personaggio-poeta della " Commedia ", il cui canone del personaggio-poeta si fa " criterio esegetico e insieme scandaglio euristico ": in Adamo, Francesca, Cavalcanti, Forese, Bonagiunta, Guinizzelli, Arnaut Daniel.

Altri approdi negli Appunti su Purgatorio XXVII (1959): verifica strutturale della dialettica personaggio-poeta; prevalenza data al poeta-retore sul filosofo-teologo; recupero delle ascendenze occitaniche attraverso Guinizzelli; ricerca delle peculiarità lessicali e stilistiche o topiche, che stanno insieme a indicare la presenza del ‛ trobar clus ' nei suoi istituti più tipici. Lettore restio di canti isolati (commento al XXVIII del Paradiso, del 1965), il C. nutre però la fiducia che " sulla costruzione e lo sviluppo narrativo " predomini " l'esecuzione verbale, da verificare con meraviglia e sgomento ad ogni apertura di pagina ".

Il C. dunque eredita dalla più recente esegesi dantesca il gusto per la problematica del ‛ personaggio ' che dice " io " nella Commedia ma orienta la ricerca verso il tessuto formale e i valori linguistici del poema. L'elemento di mediazione fra continuità narrativa o contenuto ideologico del viaggio e il contrappunto di ritmo e poesia è fornito dal richiamo all'azione del protagonista come personaggio-poeta, che opera cioè secondo schemi che lo qualificano anzitutto come poeta. Tale sintesi dinamica consente di attenuare un'altra antinomia tradizionale, quella fra allegoria e simbolo: se l'una infatti rimanda il lettore alla linea sistematica della Commedia per il rispetto che essa impone per i principi che regolano gli eventi, e invece l'altro alla forza espressiva centrifuga che sottrae parole e ritmi allo schema teologico e li perpetua nella memoria, il livello artistico appare raggiungibile solo quando la carica simbolica si è neutralizzata nella grezza trama. Adesione dunque alla problematica del doppio registro e insieme ripresa della dicotomia crociana, qualora ai rapporti spaziali si sostituiscano metafore temporali, come ‛ durata ' d'immagini liriche nella memoria del lettore. La varietà di quel mondo potrà così riportarsi a talune costanti della ‛ memoria ' di D.: volta ora alle proprie letture, recuperate in una coesistenza simultanea; ora all'acquisizione della realtà in tutte le sue accezioni, anche topiche; ora infine verso sé stesso, in echi o anticipi, e per tramiti più musicali o analogici che semantici o narrativi. Se le preferenze del C. vanno all'interpretazione di rilievi tecnici o di astrazioni ritmiche, proprio in quanto egli intenda recuperarne i nessi mnemonici ove si cela embrionalmente tanta sapienza artistica, ciò tuttavia non significa rinuncia a definire il macrocosmo poetico o l'ideologia dantesca. Nel C., certo, l'allusione alla totalità del mondo dantesco sopraggiunge, discretamente, per un atto d'interiore vigilanza, solo quando chiaro si avverte il pericolo - implicito nella tendenza a porre in rilievo prevalente la componente letteraria dell'ispirazione dantesca - di far scadere la rettifica dell'univoca interpretazione romantica di D. in un'altrettanto ambigua limitazione della sua personalità entro un profilo di ‛ chierico ' o ‛ retore '.

Non sorprende invece che il C. si sia spinto ultimamente a una rischiosa operazione di recupero del testo più illustre della: ‛ appendix ' dantesca, riproponendone una lettura in chiave stilistica e rinnovando con eleganza una questione che sembrava sopita: " Il Fiore... s'inserisce assai razionalmente nella contrastata carriera di Dante, di cui perfino le opere più indiscutibili smentiscono la monumentale invariabilità e sanciscono vitali contraddizioni. Il poemetto non è un aneddoto di gioventù, è un anello della grande catena ".

Scritti danteschi del C.: recens. a D.A., De vulgari Eloq., a c. di A. Marigo (Firenze 1938), in " Giorn. stor. " CXIII (1939) 283-293; D.A., Rime, a c. di G.C., Torino 1939 (19462); Esercizi d'interpretazione sopra un sonetto di D., in " Immagine " I (1947) 288-295; Sul XXX dell'Inferno, in " Paragone " XLIV (agosto 1953) 3-13, poi in Lett. dant. 585-594; rec. a M. Marti, Cultura e stile nei poeti giocosi del tempo di D. (Pisa 1953), in " Giorn. stor. " CXXXI (1954) 220-226; Postilla dantesca, in Freundesgabe für Ernst R. Curtius, Berna 1956, 95-102; rec. a C.S. Singleton, Dante Studies, I (Cambridge 1954), in " Romance Philology " IX (1956) 463-467; D. come personaggio-poeta della " Commedia ", in " L'Approdo letterario " IV (1958) 19-46, poi in Secoli vari ('300-'400-'500), Firenze 1958, 21-48; Alcuni appunti su Purgatorio XXVII, in Studi in onore di A. Monteverdi, I, Modena 1959, 142- 157; Postilla celestiniana, in " Studi d. " XXXVIII (1961) 128-130; Un esempio di poesia dantesca..., in " L'Approdo letterario " XI (1965) 3-18, e col titolo Il canto XXVIII del Paradiso, in Lect. Scaligera III 5-34; Filologia ed esegesi dantesca, in " Atti Acc. Naz. Lincei " CCCLXII (1965) VII 1 18-37; La questione del " Fiore ", in " Cultura e Scuola " 13-14 (1965) 768-773; D. oggi, in " Corriere della sera " 30 luglio 1965; Un'interpretazione di D., in " Paragone " CLXXXVIII (ottobre 1965) 3-42; Manoscritti meridionali della " Commedia ", in D. e l'Italia meridionale, Firenze 1966, 336-341; Cavalcanti in D., in Le Rime di G. Cavalcanti, a c. di G.C., Verona 1966, 3-25; Stilemi siciliani nel " Detto d'Amore ", in Convegno di studi su D. e la Magna Curia, Palermo 1967, 83-88. Si vedano inoltre note, introduzioni e indici generali dei Poeti del Duecento da lui curati, Milano-Napoli 1960; Esperienze d'un antologista del Duecento poetico italiano, in Studi e problemi di critica testuale, Bologna 1961, 241-272.

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