FOLENA, Gianfranco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997)

FOLENA, Gianfranco

Lorenzo Renzi

Nacque a Savigliano (Cuneo) il 9 apr. 1920 da Umberto e da Nora Alberti. Di famiglia toscana, si formò alla Scuola normale superiore di Pisa e all'università di Firenze. Interrotti gli studi, prese parte alla seconda guerra mondiale. Tornato da una lunga prigionia in India nel 1946, si laureò nello stesso anno con B. Migliorini con una tesi poi edita con il titolo La crisi linguistica del Quattrocento e l'Arcadia del Sannazaro, Firenze 1952. Tra i suoi maestri alla Normale ci furono L. Russo e G. Pasquali, a Firenze B. Migliorini e G. Devoto. Professore nei licei a Grosseto e Lucca, dal 1950 venne comandato all'Accademia della Crusca. Assistente all'università di Firenze, divenne libero docente di storia della lingua italiana nel 1954. Fu professore incaricato, sempre nel 1954, di storia della lingua italiana all'università di Padova; vincitore di concorso, diventò ordinario della stessa materia dal 1956. Dal 1957 al 1978 insegnò inoltre, sempre a Padova, filologia romanza.

Direttore dal 1959 della collana "Scrittori d'Italia" della casa editrice Laterza, membro di numerose istituzioni culturali e accademie, tra cui la Crusca e i Lincei, direttore della sezione di musica e teatro della Fondazione Cini a Venezia, fondò e diresse fino alla morte il Circolo filologico-linguistico padovano, seminario universitario per il dibattito culturale e la formazione di giovani filologi. Ideò e diresse dal 1970 il premio Città di Monselice per la traduzione letteraria. Diresse, da solo o con altri, le riviste Lingua nostra, Giornale storico della letteratura italiana, Medioevo romanzo, Filologia veneta.

La produzione del F. copre un ambito molto vasto: dalle origini della lingua italiana al Novecento. Fin dall'inizio, accanto a quello per il fiorentino e il toscano letterari, appare l'interesse per i grandi dialetti italiani: milanese, veneto, siciliano e altri, prima che fossero messi in ombra dal fiorentino. Mostrò inoltre un acuta curiosità per le manifestazioni di plurilinguismo letterario, a partire dal latino maccheronico. Sempre più, con il passare del tempo e l'avanzare della sua ricchissima produzione, i lavori del F. appaiono studi di storia della cultura visti sub specie linguistica.

Questo vale anche per i lavori più tecnici, come quelli dedicati all'onomastica storica fiorentina (1950 e 1956) e veneziana (1971), ambedue raccolti in Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, o alla terminologia della pittura del Rinascimento (1953 sul "chiaroscuro" leonardesco; 1983 su Tiziano), ai nomi dei pesci dall'umanesimo alla zoologia moderna (1963-64), al primo lessico americano in Colombo (1971-73), poi tutti ristampati in Il linguaggio del caos. Studi sul plurilinguismo rinascimentale (Torino 1991), alla lingua della pubblicità come aspetto essenziale della civiltà contemporanea.

Esperto lessicografo, il F. dedicò le sue fatiche ai lessici del Ruzzante (ancora in corso di elaborazione da parte della sua allieva Marisa Milani) e di C. Goldoni (Vocabolario del veneziano del Goldoni, a cura di D. Sacco - P. Borghesan, Roma 1993), nonché alla revisione e all'allestimento di vocabolari della lingua moderna (con C. Margueron, Dizionario francese-italiano italiano-francese, Firenze-Parigi 1987; con E. Uso, Il dizionario dei sinonimi e dei contrari della lingua italiana, Milano 1990; la revisione del Dizionario della lingua italiana di A. Palazzi, Torino 1992). Ha diretto con M. Deanovic i lavori dell'Atlante linguistico mediterraneo, opera innovatrice di geografia linguistica che copre un enorme spazio plurilingue, i cui materiali inediti si trovano presso la Fondazione Cini di Venezia.

Gli inizi della produzione del F. sono caratterizzati da una serie di edizioni di testi italiani antichi. Quella dedicata al Piovano Arlotto mette a fuoco il fiorentino del Quattrocento, in un registro particolarmente vivo per non dir popolare (Motti e facezie del Piovano Arlotto, Milano-Napoli 1953). Le raccolte di testi documentari non toscani, condotte con il Migliorini (Testi non toscani del Trecento, Modena 1952; Testi non toscani del Quattrocento, ibid. 1953) costituiscono il primo banco di prova di un allargamento prospettico alla varietà linguistica italiana colta nelle sue prime documentazioni. Segue l'Eneas siciliano (Istoria di Eneas volgarizzataper Angilu di Capua, Palermo 1956). Infine, quasi una sintesi degli interessi del F., ecco lo studio dedicato al dialetto milanese documentato nel Quattrocento dal fiorentino Benedetto Dei, studio corredato dall'edizione in appendice di quattro sonetti e di un glossario del milanese (1952; ripubblicato in Linguaggio del caos). Temporalmente il centro è il Quattrocento, secolo di "crisi linguistica" (crisi salutare che sfocerà nella nuova norma del Cinquecento), periodo prediletto dal F. nelle sue esplorazioni, come l'altro secolo di grande crisi linguistica, il Settecento, a cui dedicherà più tardi numerosi contributi (poi raccolti nel volume L'italiano in Europa. Esperienze linguistiche del Settecento, Torino 1983, opera cui fu assegnato il premio Viareggio). Partito dal fiorentino, il F. spaziò nei suoi lavori successivi su tutta l'Italia dialettale.

Per completare la rassegna dei suoi lavori testuali ricordiamo che nel 1964 dette uno schizzo completo della tradizione manoscritta della letteratura italiana antica, con connessi problemi di edizione critica (Überlieferung der altitalienischen Literatur, in G. Ineichen - A. Schindler - D. Bodmer, Geschichte der Texffiberliefqung der antiken und mittelalterlichen Literatur, II, Ubedieferungsgeschichte der mittelaltedichen Literatur, Zürich 1964, pp. 319-537). Affrontò ancora temi danteschi negli studi fondamentali La tradizione delle opere di Dante Alighieri, in Atti del Congresso internazionale di studi danteschi, I, Firenze 1965, pp. 1-78, e La fiologia dantesca di Carlo Witte (1967), ora nella raccolta postuma Filologia e umanità, Vicenza 1993.

Negli anni successivi il F. ritornò all'edizione di testi. Particolannente importante è, in tal senso, la Bibbia istoriata padovana, Venezia 1963. Infine con F. Pagliai e M. Scotti, pubblicò, nell'edizione nazionale delle Opere di U. Foscolo, le Poesie e carmi, I, Firenze 1985.

Brevi, spesso ardui, saggi di edizione si trovano all'interno di articoli, come per esempio per gli antichi testi dalmatici (in realtà mistilingui, data la corposa presenza del veneziano), in Introduzione al veneziano "de là da mar" (1968-70), poi in Culture e lingue..., grande affresco della presenza veneziana in Oriente documentata, come di consueto, attraverso la presenza del veneziano (accanto al greco, al francese e a lingue orientali). E rimasta inedita, un'Omelia padovana della prima metà del Duecento, all'edizione della quale il F. aveva dedicato più di vent'anni, e che aveva presentato come ultimata in una lezione del giugno 1990. In sedi rare, per i "Cento amici del libro", sono apparse le edizioni della Novella del grasso legnaiuolo e delle Rime amorose e morali di L.B. Alberti (Verona, rispettivamente 1965 e 1971).

Nella prima fase della sua attività il F. fu soprattutto uno studioso di scriptae e di problemi lessicali ed etimologici. Ma non solo: fondamentale, anche per il metodo, fu lo studio Testimonianze grafiche della gorgia toscana, in Studi di filologia italiana, XIV (1956), pp. 501-513, dedicato al tema del ritardo nella resa grafica della cosiddetta gorgia, ritardo che il F. spiega giustamente con il fatto che la gorgia non cambiava il repertorio fonologico, ma solo la realizzazione di alcuni fonemi. Con il passare del tempo, invece, la forma più caratteristica e frequente degli studi del F. divenne quella dedicata alla lingua di singoli autori. Questi sono considerati in genere non nella loro globalità, ma per qualche loro singola opera o complesso di opere, spesso non quelle più importanti e note. Raccogliendo questi contributi si potrebbe ottenere una storia della lingua italiana letteraria, che quasi sempre sarebbe di fatto anche una storia della letteratura sui generis, di scuola in scuola e di autore in autore da Dante fino ad alcuni contemporanei. Punti di gravità in questo percorso sarebbero autori o correnti sui quali il F. tornò più volte: la scuola poetica siciliana (Cultura e poesia dei Siciliani, in Storia della letteratura italiana [Garzanti], a cura di E. Cecchi - N. Sapegno, I, Milano 1965, pp. 271-347), Guinizelli, Dante, i suoi imitatori veneti (in particolare il Quirini), Petrarca, la cultura padovana del Trecento, le novelle toscane del Quattrocento, Ruzzante, Sannazaro, Goldoni, Cesarotti, P. Giovio, Foscolo, Manzoni, Carducci e, tra i contemporanei, l'amico e collega all'università di Padova D. Valeri, e A. Pierro (il volumetto Com'a nu frète, a cura di F. Zambon, riunisce due saggi del F. e alcune sue lettere al poeta lucano). Particolarmente importanti, tra tutti, i lavori sul Goldoni (Il linguaggio del Goldoni dall'improvviso al concertato, in Paragone, VIII 1195-71, 94, pp. 4-28; L'esperienza linguistica di Carlo Goldoni, in Lettere italiane, X [1958], pp. 21-54) e i saggi raccolti nel volume L'italiano in Europa, che hanno rinnovato a fondo il panorama critico sull'autore.

A questi saggi vanno aggiunte le numerose schede editoriali inserite nei volumi degli "Scrittori d'Italia", schede spesso lievitate a dimensioni insolite, tanto da costituire veri e propri saggi (in corso di pubblicazione presso Il Mulino, Bologna). Con esse il F. ha coperto quasi tutta la storia della letteratura italiana. Va precisato anche che il concetto di letteratura era per il F. molto ampio. Negli "Scrittori d'Italia" e nella sua produzione occupano vasto spazio i trattatisti della lingua, della scienza e dell'arte, i memorialisti, i viaggiatori.

Storico della lingua come istituzione sociale, il F., benché restio alle sintesi eccessive, tentò anche panoramiche più ampie, come per esempio nel saggio Alla vigilia della rivoluzione francese. L'italiano due secoli fa tra riforme e rivoluzioni, in Lettere italiane, XXXVIII (1986), 2, pp. 193-216.

Anche gli interessi metodologici e le riflessioni sullo status della storia della lingua italiana e della discipline vicine furono molti vivi in lui. Ricordiamo i saggi Metodi e problemi della linguistica romanza, in Lettere italiane, XII (1960)., 1 pp. 296-315; Filologia testuale e storia linguistica, in Studi e problemi di critica testuale, Bologna 1961, pp. 17-34; Geografia linguistica e testi medievali, in Gli atlanti linguistici: problemi e risultati, Roma 1969, pp. 197-222; La storia della lingua, oggi, in Lingua, sistemi letterari, comunicazione sociale, Padova 1977, pp. 109-136; U.A. Canello e i primordi della storia della lingua italiana, in U. A. Canello e gli inizi della filologia romanza in Italia, a cura di A. Daniele - L. Renzi, Firenze 1987, pp. 15-70.

Gli studi del F. nel campo del francese antico e soprattutto dei provenzale, coltivati a lungo all'intemo dell'insegnamento di filologia romanza, furono sempre collegati all'Italia: così la premessa all'antologia "Vulgares eloquentes": Vite e poesie dei trovatori di Dante, Padova 1961; Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete, in Storia della cultura veneta, I, Vicenza 1976, pp. 452-562. Lo studio "Textus testis": caso e necessità nelle origini romanze (in Concetto, storia, miti e immagini nel Medio Evo, Firenze 1973, pp. 487-507) è tra i più illuminanti tra quelli che cercano di individuare il complesso di cause che, paese per paese, ha favorito la nascita delle lingue romanze scritte e la loro fuoruscita dalla tutela del latino.

Il F. fu un sostenitore della rinascita della retorica, intesa soprattutto come strumento per l'esegesi letteraria (ma anche dei linguaggi speciali, dalla politica alla pubblicità). A questo tema aveva dedicato i Colloqui annuali di Bressanone, da lui diretti dal 1973 in poi, come appendici estive al Circolo filologicolinguistico padovano.

Infine sul tema prediletto della traduzione, sul quale si possono trovare osservazioni sparse in moltissimi suoi saggi di diverso argomento, il F. ha sintetizzato le sue vedute in "Volgarizzare" e "tradurre": idea e terminologia della traduzione dal Medioevo italiano e romanzo all'Umanesimo europeo, in La traduzione, saggi e studi, Trieste 1973, pp. 57-120, poi ampliato e arricchito di osservazioni teoriche nel libretto Volgarizzare e tradurre, Torino 1991.

Il F. si oppose ai tentativi, legati in genere allo strutturalismo, di fondare "teorie" (nel senso forte) della traduzione. Per lui la traduzione è una pratica che ha funzioni e ha assunto forme diverse in tempi e contesti diversi: il Medioevo e l'Umanesimo offrono abbondante esemplificazione alla sua tesi.

Il F. è stato anche uno storico della filologia e della critica. Passi sulla storia delle discipline e, in particolare su autori trascurati o dimenticati, si trovano quasi in ogni suo saggio. Lavori puntuali sono stati dedicati dal F. a G. Lisio, (1969), a E.G. Parodi (1962, 1965, 1969), a E. Lovarini e, tra suoi contemporanei e maestri, in particolare a G. Devoto. Inoltre il F. rimise in circolazione, con opportune cure editoriali, le opere di Parodi (Vicenza 1957 e, con P.V. Mengaldo, ibid. 1965), di E. Lovarini (Padova 1965), oltre agli scritti minori di G. Pasquali (Lingua nuova e antica, Firenze 1964). Con G.B. Pellegrini pubblicò le inedite Etimologie venete di Angelico Prati, Venezia-Roma 1968.

Il F. morì a Padova il 14 febbr. 1992.

Inquadrata nel proprio tempo, l'opera del F. appare inserita in quel movimento di rinnovamento filologico che si era già annunciato in Italia prima nel dominio classico con G. Pasquali, e si sviluppò soprattutto nel dominio moderno, dove è stato rappresentato in modo paradiginatico da G. Contini. Nel gruppo di filologi e critici di quest'area, che oltre a svolgere pratica filologica e linguistica, sono stati storici e critici letterari e teorici della letteratura, il F. si è distinto per un suo atteggiamento particolare: egli è stato meno sensibile ai richiami del formalismo, dello strutturalismo, della semiologia letteraria. Nel suo insegnamento il F. ebbe sì un atteggiamento di massima apertura, tale da favorire nella pratica universitaria lo svilupparsi di orientamenti nuovi, tanto che dalla sua scuola sono usciti allievi di indirizzi molto diversi. Ma per quello che riguarda la sua opera, essa è caratterizzata non tanto da acquisizioni dall'esterno, ma dal tentativo di approfondire le proprie premesse originarie. Nel corso della sua opera il F. ha portato a fondo quell'ampliamento della rete dei rapporti interdisciplinari che era visibile già negli inizi. Ha fatto cadere, o almeno ha operato un assottigliamento delle paratie che dividono varie discipline: filologia, storia, storia della letteratura, linguistica (e, all'interno di questo approccio sincronico e storico, lessicologia, geografia linguistica, ecc.). Ricordiamo d'altra parte che il suo storicismo non era mai stato, nemmeno agli inizi, quello del neoidealismo gentiliano o crociano, ma era nutrito di ricerca empirica. Un atteggiamento pragmatico, privo di apriorismi e prudente nelle generalizzazioni, era presente in generale nel suo modo di affrontare i problemi. Gli interessava la ricerca del particolare, dell'idiosincratico. Era pronto a servirsi per questo sia delle tecniche e dei risultati delle teorie in voga, sia di quelle desuete. In gioventù l'esempio di L. Spitzer aveva esercitato su di lui una grande influenza in questo senso.

In questa luce, il F., che pure ha occupato una posizione centrale nella cultura linguistica italiana del Novecento, appare quasi come una figura controcorrente in uno scenario caratterizzato frequentemente da una ricerca, spesso affannosa, di modelli forti.

La bibliografia degli scritti del F., a cura di A. Daniele, si trova in Omaggio a G. F., Padova 1993, I, pp. XXV-XLVII. Va integrata con alcune opere apparse postume, in particolare la raccolta di saggi editi e inediti Filologia e umanità, Vicenza 1993.

Bibl.: A. Stussi, rec. a Culture e lingue nel Veneto medievale, in Critica storica, XXVIII (1991), pp. 153-157; F. Fortini, Illinguaggio di F., in La Rivista dei libri, luglio 1991, pp. 15-16; G.L. Beccaria - G.P. Brunetta - C. Cases - W. Meliga, in L'Indice dei libri del mese, IX (1992), 3, pp. 16 s. (recensioni e interviste); L. Renzi, La linguistica di G. F., in Lingua e stile, XXVII (1992), pp. 461-482; P.V. Mengaldo, Ricordo di G. F., in Giornale storico della letteratura italiana, CIX (1992), pp. 321-333; G. De Vari, in Les langues néolatines, 1992, 282, pp. 57-63; A. Noyer-Weidner, G. F. 9.4.1920-14.2.1992, in Jahrbuch der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, 1992, estratio pp. 1-5; G. Lachin, G. F. (1920-1992), in Bulletin bibliographique de la Société Rencesvals, 1992-1993, 24, pp. 11-16; A. Arès Arès, rec. a Volgarizzare e tradurre, in Revista de filologia española, LXXIII (1993), 1-2, pp. 135 ss.; G.B. Pellegrini, G. F. (1920-1992), in Atti dell'Accademia patavina di lettere scienze e arti, CV (1992-1993), 1, pp. 58-63; K. Uitti, rec. a Volgarizzare e tradurre, in Speculum, LXIX (1994), 1, pp. 139-142; A. Daniele, G. F., in Belfagor, XLIX (1994), pp. 535-560; I. Paccagnella, La filologia di G. F., in Lettera dall'Italia, 1995, pp. 64 s.; P. Petrobelli, Ilnostro amico F., in Le parole della musica, II, Studi sul lessico della letteratura critica del teatro musicale in onore di G. F., Firenze 1995, pp. 315-320; G. Lucchini, rec. a Filologia e umanità, in Intersezioni, XV (1995), pp. 498 ss.; G. Ineichen, In memoriam G. F. (9 April 1920-14 Februar 1992), in Zeitschrift für romanische Philologie, CXI (1995), pp. 790 s.; Per ricordare G. F., in Lingua nostra, LVI (1995), 1, pp. 19-30 (contiene: R. Melis, In margine a "Filologia e umanità" di G. F., pp. 19-26; P. Bongrani, "Il linguaggio del caos" e gli studi rinascimentali di G. F., pp. 26-30, e una breve nota di Gh[ino] Gh[inassi] sul Vocabolario goldoniano, p. 30).

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