FRANCIOLINI, Gianni

Enciclopedia del Cinema (2003)

Franciolini, Gianni

Simone Emiliani

Regista cinematografico, nato a Firenze il 1° giugno 1910 e morto a Roma il 1° gennaio 1960. Influenzato dal cinema francese degli anni Trenta e dalle atmosfere del poliziesco statunitense, diresse film di genere con solido mestiere, avvalendosi della collaborazione dei migliori sceneggiatori italiani degli anni Quaranta e Cinquanta (Sergio Amidei, Cesare Zavattini, Suso Cecchi d'Amico, Age e Furio Scarpelli). Pressoché dimenticato nel corso degli anni, nei suoi film mostra invece fine sensibilità nella costruzione di ritratti femminili che, per certi versi, risultano anticipare il cinema di Antonio Pietrangeli, mentre appare ben riconoscibile un particolare stile visivo, evidente nell'alternanza delle luci e delle ombre, di derivazione quasi espressionista, in Fari nella nebbia (1942), Amanti senza amore (1948), Ultimo incontro (1951), e nella dimensione favolistica di Buongiorno, elefante! (1952). Nel 1956 ottenne il David di Donatello come miglior regista per Racconti romani (1955), film corale tratto da Alberto Moravia. Si trasferì a Parigi alla fine degli anni Venti dove fu seguace del movimento d'avanguardia di Eugène Deslaw. Dopo essere stato aiuto regista di Georges Lacombe, rientrò in Italia nel 1940 e l'anno successivo diresse il suo primo film da regista, L'ispettore Vargas. Ma fu con Fari nella nebbia, torbida e disperata storia d'amore che vede protagonista un camionista abbandonato dalla moglie e sedotto da un'ambigua dark lady, che mise in luce il suo stile secco ed essenziale, debitore da una parte di quel fatalismo del realismo poetico francese e anticipatore dall'altro di certi elementi propri del Neorealismo (l'uso degli esterni). Realizzò nello stesso anno Giorni felici, interpretato da Amedeo Nazzari e Lilia Silvi e tratto dall'omonima commedia di C.A. Puget, seguito da Addio, amore! (1943), dal romanzo di M. Serao, e dal fosco melodramma Notte di tempesta (1946), tratto da I pescatori di R. Viviani, in cui un pescatore, dopo aver violentato la figliastra, viene ucciso dal fidanzato di lei. Con Amanti senza amore, ancora una drammatica storia ambientata in un microcosmo familiare e incentrata sulla gelosia del direttore di una clinica nei confronti della particolare amicizia instauratasi tra la moglie e un celebre musicista, F. recuperò una tensione quasi hitchcockiana in una vicenda raccontata in un lungo flashback e caratterizzata dall'uso di una colonna sonora che anticipa il tragico epilogo. Dopo la 'commedia degli equivoci' Anselmo ha fretta (1949), noto anche come La sposa non può attendere, basato su un soggetto di Zavattini, rese la coppia Amedeo Nazzari-Alida Valli protagonista di Ultimo incontro e di Il mondo le condanna (1953). Il primo film, tratto da La biondina di M. Praga e sceneggiato, tra gli altri, da A. Moravia e A. Pietrangeli, è un riuscito e moderno melodramma capace di materializzare con forza le pulsioni sentimentali e la disperazione dei protagonisti (una donna, ricattata dal meccanico del suo amante, un automobilista morto durante le prove di un Gran premio, si prostituisce per pagarlo). Nel secondo, prevalentemente ambientato a Firenze, F. utilizzò spesso il flashback per disegnare un altro 'diario di una donna perduta' e ricorse spesso a primi piani ravvicinatissimi e al suono come elemento drammatico (il rumore dei treni recepito in maniera amplificata dalla protagonista). Buongiorno, elefante!, storia di un maestro con famiglia a carico che, dopo aver ricevuto minaccia di sfratto, risolve i suoi problemi economici grazie a un elefante regalatogli da un sultano indiano, unì alle istanze del Neorealismo la dimensione favolistica che aveva già percorso Miracolo a Milano (1951) di Vittorio De Sica, interprete dell'opera di F.; non a caso il film fu scritto da Zavattini con S. Cecchi d'Amico. Fu poi autore di un episodio (quello interpretato da Alida Valli) del film collettivo Siamo donne e del film a episodi Villa Borghese (entrambi del 1953) prima di intraprendere in maniera decisa la strada della 'commedia leg-gera', tra 'neorealismo rosa' e 'commedia all'italiana', in opere sempre garbate ma meno ispirate delle precedenti come Le signorine dello 04 (1955), Racconti romani, Peccato di castità (1956) e Racconti d'estate (1958). Prima della prematura scomparsa, diresse il film in costume Ferdinando I re di Napoli (1959), interpretato dai tre fratelli De Filippo.

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