LASCARIS, Giano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 63 (2004)

LASCARIS, Giano

Massimo Ceresa

Nacque nel 1445 a Costantinopoli da Giorgio, di stirpe imperiale. Aggiunse spesso al suo nome l'aggettivoo ῾ΡυνδαϰήνοϚ, che ha fatto pensare provenisse da Rhyndacus, nome di un fiume dell'Asia Minore; il nonno del L., Giovanni, governatore di Samotracia al tempo della sua nascita, usava lo stesso epiteto dopo il nome. Nella breve biografia del L. scritta da Matteo Devarís (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. gr., 1414, c. 97) risulta che proveniva da Eno, città sull'Egeo.

Fino al 1489, la vita del L. sembra avvolta nel mistero. Secondo N.C. Papadopoli (1736, p. 187), prima della caduta di Bisanzio il padre lo avrebbe condotto con sé attraverso il Peloponneso e a Creta; da lì il L. sarebbe giunto a Venezia intorno al 1464, dove sarebbe stato sotto la protezione del cardinale Bessarione, che lo avrebbe inviato a Padova a studiare la lingua latina. A. Pontani (Per la biografia…, p. 394) dubita della fondatezza di tale ricostruzione degli eventi e rileva in un epigramma latino del L. un atteggiamento critico verso la "sconfinata ambizione" del cardinale. Rimane poi da stabilire se il L., principe di stirpe imperiale, avrebbe accettato di buon grado un'eventuale protezione che lo accomunava ai tanti greci della diaspora. A Padova studiò con Demetrio Calcondila, che nello Studio occupava la cattedra di greco.

Sempre il Papadopoli afferma che la morte del Bessarione (1472) lo avrebbe privato di appoggi e di sussidi. Si ignora cosa fece il L. nei successivi diciassette anni. Era a Firenze nel 1489, forse chiamato dal Calcondila, che vi insegnava greco dal 1472.

A Firenze entrò a far parte dell'entourage di Lorenzo de' Medici, che lo incaricò di importanti missioni nel Medio Oriente, in Grecia e a Costantinopoli, con lo scopo palese di procurare manoscritti greci per la biblioteca dei Medici e quello occulto di informarsi sulla situazione militare e politica e sulla possibilità di ricacciare di nuovo i Turchi in Asia. Questa prima missione è emblematica della vita che avrebbe condotto in seguito il L., costantemente errabonda tra Italia e Francia e sempre a cavallo tra missioni diplomatiche e imprese erudite, pervasa dal sogno ricorrente di liberare Bisanzio dal dominio turco.

I viaggi del L. in Oriente su incarico di Lorenzo furono due. Il primo ebbe inizio nel luglio 1490: egli si diresse verso il Nord, passò a Ferrara, a Venezia e a Padova, a Corfù nell'ottobre, poi si recò, probabilmente via mare, a Tessalonica e a Fere in Macedonia e forse nei monasteri del Monte Athos, sempre visitando le biblioteche delle varie località. Il secondo viaggio ebbe inizio nell'aprile 1491, con lettere commendatizie di Lorenzo de' Medici, di cui una al sultano Bajazet II. Il L. partì stavolta dalla Puglia, passando in Grecia, che attraversò via terra per l'Acarnania e la Tessaglia, e giungendo a Costantinopoli, da dove il 10 luglio 1491 scrisse al Calcondila a proposito dei manoscritti acquistati e degli eruditi greci che aveva incontrato. A Costantinopoli incontrò il sultano, probabilmente il 18 dicembre; sarebbe poi tornato ancora al Monte Athos, visitando i monasteri di Chilandari, Esphigmenon, Lavra e Vatopedi, dove acquistò numerosi e importanti codici. Il carattere in parte segreto della sua missione è documentato da alcune lettere da lui scritte in cifra alla Segreteria fiorentina. Nell'aprile 1492 si trovava a Creta per onorare un contratto di acquisto di manoscritti con il medico Niccolò da Siena, quando morì Lorenzo il Magnifico. Il L. riportò dal suo viaggio circa duecento manoscritti che andarono ad arricchire il fondo greco della biblioteca medicea privata, destando grande emozione a Firenze, soprattutto in Marsilio Ficino e in Angelo Poliziano, che ne usufruirono immediatamente.

Il passaggio dei poteri a Piero de' Medici non alterò in alcun modo la sua situazione. Nel settembre 1492 era a Firenze e il 2 ottobre (ma con nomina il 5 luglio) ottenne la cattedra di greco allo Studio, succedendo al Calcondila.

Qui si trovò a essere collega di Cristoforo Landino e di Angelo Poliziano, ma i suoi rapporti con l'ambiente accademico fiorentino, come era già avvenuto al suo predecessore Demetrio Calcondila, non furono sempre sereni, per pregiudizi nei confronti degli esuli greci e per le critiche alla ripresa degli studi greci in Occidente che adombravano il vivace dibattito sulla questione della lingua. Con il Poliziano, in particolare, i rapporti, già tesi per polemiche universitarie, si guastarono definitivamente dopo che il L. prese le parti di due suoi amici, Alessandra Scala e il marito Michele Marullo Tarcaniota, offesi dal Poliziano. All'inizio del secondo anno di corso, nell'ottobre o novembre 1493, il L. lesse un'orazione latina (Firenze, Biblioteca Riccardiana, Ricc., 3022, cc. 36-63; Biblioteca apost. Vaticana, Vat. gr., 1414, cc. 1-40) a proposito delle polemiche suscitate dalla ripresa degli studi greci in Occidente, e in difesa della cultura ellenica, che definì madre di quella latina.

Nello stesso tempo pubblicò con lo stampatore veneto Lorenzo d'Alopa, stabilitosi a Firenze, la prima edizione dell'Antologia Planudea (15 ag. 1494). In essa mise a punto con l'Alopa una nuova fonte di caratteri, una maiuscola che intendeva riprodurre la scrittura epigrafica degli autori greci classici. Nella dedicatoria a Piero de' Medici il L. spiega le ragioni della sua scelta e fornisce i supporti storici e ideologici al suo progetto di restaurazione grafica, in linea con l'ideale umanistico della renovatio. Negli anni successivi pubblicò anche gli Inni di Callimaco, quattro tragedie di Euripide, gli Erotemata di Manuele Crisolora, gli Argonautica di Apollonio Rodio, i Dialoghi di Luciano di Samosata e alcune opere minori. A parte l'opera del Crisolora, si trattò sempre di editiones principes.

Quando i Francesi invasero l'Italia, nel 1494, e dopo che Piero de' Medici fu bandito dalla Signoria, il L. si mise al servizio di Carlo VIII, nel quale vedeva la possibile guida di una crociata che liberasse Bisanzio dai Turchi; d'altra parte, il re francese aveva l'intenzione, una volta conquistato il Regno di Napoli, di far riconoscere i suoi diritti sull'Impero bizantino, cedutigli dall'ultimo dei Paleologhi, Andrea. Era morto nel frattempo il Poliziano, e la Signoria affidò proprio al L. l'incarico di "sequestratore" dei suoi libri. Dopo la conquista di Napoli, cambiata la situazione politica e militare e con l'esercito francese in ritirata verso il Nord nel 1495, il L. seguì comunque i Francesi. Il 16 febbr. 1496 era a Parigi, dove il governo fiorentino, tramite il suo ambasciatore presso il re, gli chiese la restituzione di alcuni manoscritti della biblioteca medicea rimasti presso di lui. La morte di Carlo VIII non gli fece perdere posizioni nella corte francese, anche per la protezione del potente cardinale di Rouen, George d'Amboise, al quale il L. prestava i propri servizi, forse come segretario e interprete: il nuovo re Luigi XII lo ammise infatti al suo servizio.

Quando Luigi XII partì per conquistare il Milanese, il L. lo accompagnò. Il 17 apr. 1500 pronunziò a Milano due discorsi, il primo per implorare la clemenza del re verso la popolazione che si era ribellata contro i Francesi e il secondo per rimproverare i Milanesi della ribellione. Il L. stesso, nel suo discorso a Carlo V del 1525, ricorda di avere intrattenuto a Trento l'imperatore Massimiliano I sui progetti di crociata; dato che nell'ottobre 1501 il cardinale d'Amboise era a Trento come ambasciatore presso l'imperatore, è lecito supporre che il L. fosse al suo seguito.

Il 24 dic. 1501, da Blois, sempre al seguito della corte di Luigi XII, scrisse in volgare ad Aldo Manuzio a proposito dei progetti editoriali di classici greci e latini di Aldo, che prevedevano l'estensione delle edizioni in ottavo agli autori greci, soprattutto a Omero, mentre il L. avrebbe puntato piuttosto sull'edizione di autori inediti, confermando che era alla ricerca di manoscritti per lo stampatore veneziano e accennando in una frase alla sua condizione esistenziale: "andando vagabundo nel modo che faccio". Ancora tra il 1502 e il 1504 il L., in collaborazione con Iacopo Sannazaro e fra Giovanni Giocondo da Verona, era alla ricerca di testi classici per Aldo. A Blois e a Parigi, al seguito della corte, entrò in contatto con Guillaume Budé, che introdusse alla letteratura greca e con il quale avrebbe corrisposto fino alla morte, con Claude de Seyssel, che aiutò nella traduzione francese dell'Anabasi di Senofonte fornendogli una versione latina, e con il gruppo che faceva capo a Germain de Ganay, nel quale conobbe lo svizzero Guillaume Cop, medico reale.

Il 22 febbr. 1503 scrisse dalla Francia ad Alessandro VI, per difendersi dalle accuse di avere voluto facilitare contatti con Luigi XII al cardinale Giovanni Battista Orsini, nemico dei Borgia, che era stato arrestato il 3 genn. 1503. Il 6 giugno 1503 tornò in Italia, inviato da Luigi XII in una missione diplomatica allo scopo di stringere maggiormente i rapporti con la Repubblica di Venezia, e vi rimase fino alla fine di agosto. Alla morte di Alessandro VI (18 ag. 1503) si recò a Roma, al servizio del cardinale d'Amboise, per partecipare al conclave, tentando di favorire il suo protettore nell'elezione. Dopo l'elezione e la morte poco dopo (17 ottobre) di Pio III, il L. partecipò al nuovo conclave. Seguì poi il cardinale d'Amboise nel suo ritorno in Francia. Il 13 genn. 1504 era a Lione, dove l'Amboise si era recato per rendere conto al re del conclave di Roma; qui incontrò più volte l'ambasciatore veneziano Marco Dandolo. Dopo aver trascorso un mese ad Avignone, tornò a Lione il 27 marzo.

Verso il settembre 1504 il L. fu nominato ambasciatore francese a Venezia sempre per l'interessamento dell'Amboise, ma anche per la sua conoscenza della Repubblica. In novembre partì per l'Italia, fermandosi a Milano (16 novembre), Vicenza (21 novembre) e giungendo il giorno seguente a Venezia, dove fu accolto dal patriziato e dove avrebbe alloggiato "a San Pollo sul campo in cha' Morexini". Rimase in quella carica sino al 1509, alternando i suoi doveri di diplomatico a quelli di erudito e promotore di iniziative culturali, ed entrando sempre più in amicizia e collaborazione con Aldo Manuzio e con gli eruditi italiani (tra i quali Scipione Forteguerri e Aulo Giano Parrasio) e quelli greci della sua cerchia. Non mancò inoltre di aiutare in ogni modo i fuorusciti greci e le loro famiglie.

Negli anni 1504-05 si ha notizia di suoi periodici ritorni in Francia, ai quali è legata l'amicizia con Mario Equicola, cui lo univano i medesimi progetti di crociata contro i Turchi. L'Equicola gli dedicò la seconda redazione della sua Apologia pro Gallis (s.l. 1509), convinto della sua influenza politica alla corte francese. Nell'agosto 1505 era a Venezia, da dove scrisse a George d'Amboise (10 agosto) e inviò un dispaccio d'ambasciata (20 agosto). Nel marzo 1507 si recò a Milano per incontrare Luigi XII e l'Amboise, e rimase assente da Venezia due mesi, forse incontrando a Savona Ferdinando il Cattolico nel giugno. Il 3 luglio 1507 fu nominato di nuovo ambasciatore francese a Venezia, e il 20 dello stesso mese vi fu ricevuto con pompa straordinaria. Nel 1508 conobbe a Venezia Erasmo, che sovrintendeva all'edizione latina dei suoi Adagia; i due rimasero a lungo in amichevole corrispondenza.

Sembra che il L., secondo un uso non infrequente della corte francese nei riguardi dei suoi ambasciatori, sia stato tenuto all'oscuro da Luigi XII, dei suoi progetti politici, che nel 1508 prevedevano una lega contro Venezia, siglata poi nel trattato di Cambrai. Peraltro il L., nella seconda metà del 1508, aveva steso una relazione informativa su un'eventuale spedizione contro i Turchi, per conto di un personaggio ignoto, nella quale rivelava sentimenti contrastanti nei confronti della Repubblica: vi si trovava bene, perché era trattato con onore e aveva buoni guadagni, ma si rendeva conto, da vecchio bizantino, che Venezia era pronta a sfruttare economicamente e politicamente anche la rovina dei paesi vicini pur di salvaguardare il proprio interesse (Vecce, 1990, p. 57).

Il 31 dicembre il L. fu incaricato di consegnare al Consiglio dei dieci una lettera perentoria nella quale Luigi XII notificava la sua nuova alleanza con l'imperatore. Il 28 genn. 1509 si presentò al doge per accomiatarsi, protestando la sua buona fede verso la Repubblica. Prima di partire i Dieci gli imposero di bruciare tutte le sue lettere e registri, per cui non rimane quasi documentazione della sua attività diplomatica come ambasciatore presso la Repubblica. Il L. lasciò Venezia il 30 genn. 1509.

Forse il L. era stato calunniato presso il re, perché intorno al 1509 si trovava in una situazione di semidisgrazia, come si desume da una lettera al Budé, del 13 genn. 1510 da Milano, dove era ospite del Calcondila. Continuava nel frattempo a godere del favore del cardinale d'Amboise, che morì il 25 maggio 1510. Nella primavera del 1510 il L. ripartì per la Francia, al seguito del re. Il 9 sett. 1511 era di nuovo a Roma, come oratore francese presso Giulio II.

L'elezione di Giovanni de' Medici (Leone X), che il L. aveva conosciuto a Firenze, segnò una nuova svolta nella sua vita. Pochi giorni dopo l'elezione, il 20 marzo 1513, Luigi XII ordinò al L., che si trovava a Casale, di trasferirsi a Roma per trattare della lega tra Francia e Spagna. Il L. vi giunse il 18 aprile. Il 6 ag. 1513, in una lettera a Marco Musuro, antico allievo del L. a Firenze, Leone X comunicò l'intenzione di fondare a Roma un Collegio di studi per giovani greci.

A Roma il L. iniziò a gravitare nell'orbita di Angelo Colocci e strinse grande amicizia con Gian Giorgio Trissino. Come suggerisce A. Pontani (Per la biografia…, p. 421), lo studio dei rapporti tra il L. e l'umanista vicentino, ancora poco indagati, potrebbe risultare fecondo. Il Trissino, come il L., faceva risalire le origini linguistiche del latino dal greco, e propose nella sua ipotesi di riforma ortografica l'immissione di lettere greche nell'alfabeto latino; è possibile che i lunghi anni di frequentazione con il L. abbiano influenzato le sue concezioni linguistiche. Una ulteriore prova della sua partecipazione alla questione della lingua è la scelta del L. come interlocutore nel Dialogo delle lingue di Sperone Speroni: il L., dialogando con Pietro Pomponazzi (Pietro Peretti nel dialogo), sostiene l'impossibilità di fare filosofia senza conoscere il greco.

Il L. frequentava assiduamente la Biblioteca Vaticana, i cui registri documentano prestiti di manoscritti da lui avuti dal 1513 al 1517. La sua influenza su Leone X lo rese una figura di primaria importanza nella corte romana. Fece sentire il suo peso anche nell'organizzazione dell'Università, imponendo il suo giovane allievo Basilio Calcondila, figlio di Demetrio, come professore di lingua greca.

Nel 1515, dopo la battaglia di Marignano (14-15 settembre), Leone X lo incaricò di consegnare una lettera personale al nuovo re di Francia, Francesco I, allora in Italia. Il 14 ott. 1515 il papa Medici lo raccomandava di nuovo a Francesco I, che il L. incontrò a Vigevano. Il 10 giugno 1516 era a Roma, da dove rispondeva a Guillaume Budé, che gli aveva scritto una lunga lettera, lamentandosi di essere trascurato dall'amico da cui non aveva ricevuto corrispondenza da quando era giunto a Roma e raccomandandogli Cristophe Longueil, con la preghiera di ammetterlo al Collegio greco del Quirinale. Il 20 sett. 1516 il L. scriveva da Roma all'ambasciatore francese a Venezia, Jean du Pin, per raccomandare Gian Giorgio Trissino e facilitare il suo rientro a Venezia, da cui era stato bandito. Il 6 ott. 1516 ancora Leone X, da Viterbo, raccomandava il L. al procuratore del cardinale di Sion, Mattheus Schinner, perché lo ospitasse nelle sue case fresche ed elevate dell'Esquilino, per sfuggire alla calura romana.

Nel 1516 il Collegio greco del Quirinale prese forma: lo stesso L. e Marco Musuro insegnavano il greco, mentre per il latino fu chiamato Lampridio da Cremona. Il Musuro fu incaricato di reclutare gli allievi, ma la direzione del Collegio fu affidata al Lascaris. Oltre ai giovani greci, tra gli allievi erano i francesi Lazare de Baïf, Christophe Longueil, Jean de la Forest. Il L. scrisse gli statuti e supervisionò le sue edizioni di testi greci inediti, particolarmente gli antichi scoli a Omero (Iliade, 1517) e Sofocle (1518), usciti dalla stamperia eretta presso il Collegio, dove figurano suoi epigrammi composti per l'occasione. Chiamato ad altri impegni da Leone X, affidò le edizioni successive (1519-20) alla cura di Arsenios Apostolios, vescovo di Malvasia (Monembasia), insegnante del Collegio.

Il 24 apr. 1518 il L. era ancora a Roma e vi rimase per l'estate. Nello stesso anno lasciò il servizio papale per fondare un'istituzione simile al Collegio greco di Roma sotto auspici francesi. Partì in settembre, il 1° ott. 1518 era in Francia, chiamato forse a questo scopo. Risulta in Francia per un anno circa, al servizio del re: fu a Parigi e al seguito della corte nei suoi spostamenti. In questo periodo si manifestarono seriamente problemi di gotta, mentre riprese i contatti con i suoi amici eruditi francesi (Guillaume Budé, Guillaume Cop, Jacques Toussain, lo stampatore Josse Bade). Nel febbraio 1520 era ancora presso la corte. Nella primavera del 1520, con i finanziamenti ricevuti da Francesco I, affittò un locale per il Collegio a Milano. Alla metà del 1521 era a Venezia, dove reclutava studenti greci per il Collegio, che avrebbe dovuto essere composto da dodici allievi e due maestri, uno per il greco e uno per il latino, uno dei quali sarebbe stato Antonio Eparco. Nel marzo 1521, però, era ricominciata la guerra nel Milanese, e Francesco I, preso da quei problemi, sospese i finanziamenti. Il L., rimasto a Venezia, mantenne a proprie spese gli studenti finché divenne chiaro che Francesco I non avrebbe continuato a sborsare denaro.

Il 14 ag. 1522 il L., da Vicenza, lamentò in un memoriale al gran maestro Anne de Montmorency la storia di questa sfortunata impresa: ricorda lo stanziamento iniziale di 10.000 franchi per l'istituzione e di 2000 franchi l'anno per ciascuno studente, racconta come non fosse giunta alcuna somma dal 1520 al 1522 e dice di non poter mantenere ulteriormente gli studenti di tasca sua, implorando il re di inviare le somme pendenti o di ospitare gli studenti in Francia. Qualche mese dopo, il 21 ottobre, in una lettera da Vicenza a Teodora Rhalletia, conferma le sue difficoltà e la sua volontà di non abbandonare i giovani che aveva raccolto, ma il Collegio greco di Milano non entrò mai in funzione.

Il L. corrispondeva nel frattempo con Giovanni Rucellai, nunzio del papa in Francia (lettera da Venezia, 8 ag. 1521). Nel giugno 1523 era ancora in Veneto, da dove scriveva ad Arsenio Apostolios. Nel 1523 uscì a stampa la sua versione di Polibio VI, 19-42, Opusculum de castrametatione Romanorum: De militia Romanorum et castrorum metatione, liber ex Polybii Historiis excerptus (Parrhisiis, apud Petrum Gromorsum, in aedibus domini de Albret [1523 o 1524]). L'opera fu ripubblicata con modifiche nel 1529 (Liber ex Polybii Historiis excerptus de militia Romanorum et castrorum metatione inventu…, Venezia, G.A. da Sabio, edizione nella quale ebbe parte il figlio del L., Angelo), e poi a Basilea nel 1537 (con gli epigrammi greci), ad Anversa nel 1585, a Leida nel 1592 (con altri trattati di arte militare), a Ginevra nel 1596.

Nell'aprile 1524 il cronista veneto Marino Sanuto menziona la presenza del L. a una cerimonia pubblica a Venezia. Il 2 ag. 1524 scrisse da Venezia a Guillaume Budé per raccomandargli Jean de la Forest. Tornò a Roma, tra il 1524, dopo l'agosto, e il 1525; nel giugno 1525 l'ormai ottantenne L. fu inviato per nave da papa Clemente VII in Spagna (la lettera d'incarico è datata 19 giugno), in missione diplomatica presso Carlo V, dopo la battaglia di Pavia, per spingerlo, con un discorso, a mostrare clemenza verso Francesco I, prigioniero a Madrid, e a condurre una crociata contro i Turchi. La missione fallì nonostante l'impressionante discorso pronunciato dal L., che si trattenne qualche tempo in Spagna, dove era ancora il 28 nov. 1525, quando vi ricevette una lettera di Lazare de Baïf, suo ex allievo a Roma.

Il L. riceveva ancora una pensione francese nel 1525. Tornò a Parigi nel 1526, dove aveva tanti amici (Budé in primo luogo, ma anche Jacques Toussain); vi trascorse tre anni e nel 1527 tentò infruttuosamente di convincere Francesco I a fondare letture reali (il progetto avrebbe preso forma nel 1530). A Parigi abitò inizialmente presso Germain de Brie, come testimonia una lettera del 1526 di Erasmo al de Brie.

Da alcune affermazioni di Jacques Toussain e di Salmon Macrin, si ricava che Francesco I aveva ripreso l'idea di fondare un Collegio greco, stavolta a Parigi e per studenti francesi, affidandolo nuovamente al Lascaris. L'idea non prese mai forma, forse perché il L. si sentiva ormai troppo vecchio per intraprendere un'impresa del genere, o per altri motivi. Il 1° luglio 1527 Josse Bade pubblicò gli Epigrammata del L., composti per le più varie occasioni nel corso della sua vita, con una dedicatoria del Toussain al figlio del L., Angelo, nella quale lo ringrazia di avergli trasmesso gli epigrammi del padre. L'opera sarà riproposta nell'edizione Basilea, R. Winter, 1537 del De Romanorum militia, e, de Sala, Parigi, J. Bogard, 1544 (ed. mod. Epigrammi greci, a cura di A. Meschini, Padova 1976).

Nel 1528 si guastarono i rapporti del L. con Erasmo, di nuovo, come era avvenuto con il Poliziano a Firenze, per aver preso le difese dei suoi amici francesi (Budé soprattutto) in una polemica contro l'olandese. Il 29 giugno 1529 il L. chiese congedo al gran maestro di Francia Anne de Montmorency per tornare a Roma, domandando soltanto una pensione per i tanti anni prestati al servizio della Francia e un impiego onorevole per il figlio Angelo. Questi non volle seguire il padre a Roma, ma rimase deluso nelle sue speranze di ottenere un impiego alla corte francese e condusse una vita di stenti.

Il L. tornò a Roma tra il 1529 e il 1530, da dove dopo l'8 giugno 1530 scrisse a un Guillaume du Maine, che Mercati (1937, III, p. 138) ipotizza sia Guglielmo Cop, il medico del re, dando notizie del viaggio per terra e per mare funestato da un furto, avvenuto alle porte della città e da lui imputato alla fazione degli Orsini, nel quale gli furono tolti tutti gli averi e persino le vesti. Gli amici eruditi romani lo ospitarono e lo confortarono, e il L. cessò la sua vita costantemente errabonda e le attività diplomatiche, mantenendo un'intensa corrispondenza soprattutto con la Francia. A Roma tra le sue relazioni più strette fu quella con il cardinale Niccolò Ridolfi, che acquistò la maggior parte della biblioteca del L. dopo la sua morte, e di nuovo Angelo Colocci. In una sua lettera senza data, ma scritta tra l'aprile e la fine del 1531, a un personaggio della corte di Francia (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. gr., 1413, c. 5v), probabilmente ancora Guillaume Cop, il L. accenna di avere fatto parte del gruppo di coloro che cercarono di rimettere ordine nella Biblioteca Vaticana dopo i danni procurati dal Sacco.

Nel 1531 scrisse ancora un lungo parere su una possibile guerra contro i Turchi, in un momento delicato per l'Europa per l'incombere di Solimano II sugli Stati asburgici. Nel 1532 ricevette la visita dell'antico allievo Lazare de Baïf, ora ambasciatore francese a Venezia, che lo trovò, malgrado i mali dovuti alla vecchiaia e la gotta che lo affliggeva, ben disposto ad accogliere gli eruditi e a conversare.

A Roma il L. morì, quasi nonagenario, il 7 dic. 1534 e fu sepolto nella chiesa di S. Agata, alla Suburra.

Un'epigrafe in greco da lui stesso compilata fu posta sulla sua tomba. La biblioteca del L., che annotò numerosi manoscritti, ma la cui mano è di difficile riconoscimento, dopo la morte di Niccolò Ridolfi giunse alla Bibliothèque nationale di Parigi attraverso Caterina de' Medici, che la ereditò dal cugino Pietro Strozzi.

Fonti e Bibl.: L'attività del L. come copista e i manoscritti da lui postillati o contenenti suoi autografi sono documentati in A. Pontani, Per la biografia, le lettere, i codici, le versioni di G. L., in Dotti bizantini e libri greci nell'Italia del secolo XV, Napoli 1992, pp. 425-433 (alle pp. 432 s. l'elenco delle traduzioni del L. dal greco al latino); P. Giovio, Elogia veris clarorum virorum imaginibus apposita, Venetiis 1546, c. 21; N.C. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, II, Venetiis 1736, pp. 187 s.; G. Campori, Lettere di scrittori italiani del secolo XVI, Bologna 1877, pp. 237-240; H. Vast, De vita et operibus Iani L., Parisiis 1878; K.K. Müller, Neue Mitteilungen über J. L. und die Mediceische Bibliothek, in Centralblatt für Bibliothekswesen, I (1884), pp. 333-412; E. Legrand, Bibliographie hellénique… des ouvrages publiés par des grecs au XVe et XVIe siècles, I, Paris 1885, pp. CXXXI-CLXII; P. de Nolhac, Inventaire des manuscrits grecs de J. 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