Giansenismo

Dizionario di filosofia (2009)

giansenismo


Movimento teologico, religioso e politico il cui nome deriva da quello del teologo olandese Giansenio (➔), il cui trattato Augustinus, pubblicato postumo a Lovanio nel 1640, fu condannato con un decreto dell’Inquisizione nel 1641, quindi da Urbano VIII (con la bolla In eminenti del 1642) e da Innocenzo X, la cui bolla Cum occasione (31 maggio 1653) condannava come eretiche cinque proposizioni nelle quali la facoltà di teologia di Parigi individuava il nucleo della dottrina di Giansenio. Esse riguardavano la grazia e il libero arbitrio, il peccato e la redenzione: i problemi più discussi dalla Riforma protestante in poi e oggetto di nuove e accese controversie anche nella Chiesa cattolica dopo Baio (➔) e Luis de Molina. La moderna storiografia riconosce nel g. un fenomeno complesso che è insieme movimento di riforma del dogma, della teologia morale, della spiritualità – intesa sullo sfondo di una riforma, anche cattolica, sub specie interioris – della disciplina ecclesiastica (con un forte richiamo alla prassi della Chiesa antica), nonché di reazione a un certo tipo di «umanesimo» ravvisato soprattutto nelle dottrine sulla grazia dei gesuiti.

La dottrina

Al di là della presenza o meno nell’Augustinus delle tesi condannate nella bolla Cum occasione – presenza negata risolutamente dai cosiddetti solitari di Port-Royal, da Arnauld in due scritti del 1655, e ribadita nella bolla Ad Sanctam di Alessandro VII del 1656 – la dottrina di Giansenio radicalizzava, sulla scia di Baio, la posizione di Agostino secondo cui l’uomo, dopo il peccato originale, non sarebbe più in grado di volere o compiere il bene con le sole sue forze. L’intervento della grazia come dono gratuito di Dio, concesso da questi – nella sua volontà imperscrutabile – ai soli predestinati, rappresenta per l’uomo l’unica possibilità di salvarsi, indipendentemente e prima di ogni previsione dei meriti. Tale dottrina della grazia aveva alcuni punti di contatto con quella protestante, dalla quale si distingueva però in virtù di una forte insistenza sul valore delle opere; l’uomo infatti sarebbe capace di opere buone solo in virtù della fede, mentre le virtù umane – per es. quelle pagane – senza la fede si rivelerebbero necessariamente peccaminose. Questo è uno degli aspetti che maggiormente distanziano il g. da un certo umanesimo sostenuto e rivendicato anche dai gesuiti, di cui i giansenisti condannavano la morale eccessivamente lassista, sostenuta dalla tesi che la salvezza sarebbe sempre alla portata dell’uomo che vive nel seno della Chiesa e che in virtù di ciò possiede una «grazia sufficiente» alla salvezza, se solo supportata da una buona volontà. Questa era sostanzialmente la posizione di Molina, che i gesuiti avevano posto alla base della loro opera di evangelizzazione e proselitismo, volta a mantenere all’interno della Chiesa il più alto numero di fedeli. Altri aspetti centrali del g. sono il rigorismo morale, l’episcopalismo e l’importanza fondamentale attribuita alla Bibbia e agli scritti dei padri della Chiesa.

La diffusione

Il g., sviluppatosi inizialmente in Belgio e in Olanda, ebbe il suo centro nell’abbazia francese di Port-Royal, dove operarono Arnauld e Pascal (che intervenì nel dibattito sulle dottrine gianseniste con le Les provinciales del 1656) e di lì si diffuse in Francia, entrando in contrasto, oltre che con il papato, anche con la monarchia francese. Tuttavia il g. rimase vitale per tutto il 18° sec. come movimento politico e culturale, oltre che religioso, contestando il primato papale in favore dell’autorità dei vescovi e contrastando l’assolutismo monarchico, in accordo con un certo gallicanesimo parlamentare. In Italia influenzò alcune correnti religiose, soprattutto in Toscana e in Lombardia, promuovendo una riforma che assume talvolta sfumature anticuriali e rivela simpatie giusnaturalistiche in diversi suoi esponenti.