MAINO, Giasone del

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MAINO (Majno, Mayno), Giasone del

Flavio Santi

Nacque nel 1435 a Pesaro o Milano, probabilmente figlio illegittimo del consigliere ducale Andrea, o Andreotto, e di una tale Annetta.

Dall'esame delle opere del M., che cita spesso i propri maestri, e da altri documenti appare credibile la seguente cronologia degli studi universitari: a parte il primo anno, il 1450, in cui, come avrebbe ammesso egli stesso, "duriore cervice aliquandiu recalcitrasse" (Oratio exhortatoria pro felici initio Gymnasii Ticinensis, Pavia, A. de Carcano, 1478, c. 7r), dal 1451 al 1453 ascoltò a Pavia Giacomo Dal Pozzo e dal 1454 Girolamo Torti; nel 1456 si recò a Bologna e fu scolaro di Alessandro Tartagna fino al 1457. Tra il 1458 e il 1460 tornò a Pavia, dove forse ottenne la licenza; quindi seguì di nuovo a Bologna le lezioni del Tartagna, probabilmente dal 1461 al 1466. In quel periodo ascoltò forse anche Francesco Accolti (come ricorda M.A. Natta, In Iasonem Mainum supremo eius die, in Orationes, Pavia 1552, c. 29v) e Catone Sacco, di cui scrisse un epitaffio. Da questi lectores apprese il diritto civile, mentre non è dato sapere con chi studiò il diritto canonico. Nel 1467 è registrato nell'ateneo pavese come professore straordinario di diritto civile, insegnamento che si poteva tenere anche senza la laurea, che ottenne in utroque iure il 5 maggio 1472.

Ottenuta la lectura ordinaria delle Institutiones, il M. cominciò a occuparsi del commento al titolo De actionibus; nel 1474 fu chiamato alla cattedra di ius civile; l'anno dopo discusse quaestiones sull'enfiteusi, edite presumibilmente a Pavia nel 1477. Il 4 nov. 1478 lesse la citata Oratio exhortatoria pro felici initio Gymnasii Ticinensis. L'11 ag. 1484 recitò l'orazione funebre per il Torti, stampata a Pavia quell'anno presso F. Girardengo e presso G.A. Bosco e B. Garaldi. Nel 1485 pubblicò un commentario alla legge Admonendi del titolo De iure iurando del Digestum (Pavia, C. de Cane e S. Giorgi).

Con un decreto del 23 ag. 1485 il Senato veneto sancì l'assunzione del M. alla cattedra di diritto civile dell'Università di Padova, dove commentò parti del Digestum Vetus e del Codex. Il 22 ag. 1487 lesse l'Oratio, seu Epistola potius Ianuensium nomine ad Barchinonienses quod iusta arma, tamquam lacessiti, contra regem Aragonae susceperant, nata dalle sollecitazioni dei Genovesi in favore dei Catalani che si erano opposti all'introduzione del tribunale dell'Inquisizione. Nonostante fosse già stato confermato per l'anno 1488-89, con un incarico annuale e uno stipendio di 1000 o 1350 fiorini, il M. passò all'Università di Pisa, rinata per opera di Lorenzo de' Medici, dove ebbe come competitore Francesco Pepi. Con Bartolomeo Socini tenne, secondo una lettera del bidello pisano Antonio Minatore, una disputa alla presenza del Magnifico e di Angelo Poliziano.

Su pressione di Ludovico Sforza, il Moro, reggente del Ducato milanese per il nipote Gian Galeazzo Sforza, il M. tornò a Pavia nel novembre 1489 e tenne l'insegnamento un anno e lo abbandonò per nove anni, come dice in un passo dei Consilia, datato Pavia 26 giugno 1500 (Consilia sive Responsa, Venezia, F. Ziletti, 1581, III, c. 153r).

Uno dei motivi fu una fastidiosa infezione agli occhi, cui si accenna nel prosieguo del consulto, "tetra quadam lippientium oculorum, et quasi caecutientium caligine" e in una lettera del 6 ott. 1497: "per la infirmità mia deli ochi non posso non che studiare per lezere ma ne anche discernere le lettere" (Arch. di Stato di Milano, Autografi, cart. 139, f. 20).

In quel periodo il M. si mise a disposizione di Ludovico Sforza e frequentò, fra l'altro, la sua corte di scrittori e artisti, in modo particolare l'amico Matteo Bandello, che chiamò il M. "mio onorato precettore" (Le novelle, parte I, nov. 25) e "gran monarca de le leggi" (ibid., parte III, nov. 15). Nel 1492 fu inviato a Roma per salutare il nuovo papa, Alessandro VI; il discorso tenuto in quell'occasione, l'Oratio gratulatoria ad Alexandrum VI, fu stampato nel dicembre dello stesso anno per i tipi romani di Stephan Plannck, e ristampato cinque volte nel 1493.

Con i ricchi stipendi degli anni universitari acquistò terreni nel Pavese e nel Piacentino, e provvide alla costruzione di un palazzo a Pavia, in porta Palacense, con la famosa torre del "Pizzo all'ingiù", terminata nel 1494, come dimostrava l'iscrizione ("MCCCCXCIIII Iason Mainus eques Caesareus ducalisque senator inclita virtus"), e demolita nel 1715.

Il 6 maggio 1494 lesse l'Oratio in matrimonium Maximiliani regis et Blancae Mariae reginae Romanorum, in occasione delle feste celebrate a Innsbruck per la conferma delle nozze tra l'Asburgo e la nipote dello Sforza, finalizzate, attraverso l'intervento equilibratore di Ludovico il Moro, a evitare ulteriori inimicizie tra gli Asburgo e Carlo VIII, che aveva rifiutato la figlia dell'imperatore. Sollecitato dal vescovo di Gurk Raimondo Perauld, il M. pubblicò l'orazione lo stesso anno a Pavia presso L. Pachel, ristampandola a Basilea e l'anno seguente a Parigi.

In occasione dell'ambasciata di sedici genovesi che venivano a prestare giuramento al nuovo duca milanese, il 7 genn. 1495 il M. lesse la Responsio orationi Ianuensium, a nome del Moro, il quale progettava di inimicare la città ligure a Piero de' Medici, in favore di Carlo VIII. Intanto il M. continuava a curare le edizioni dei propri commenti alle diverse parti del Corpus. Qualche storico (Panciroli; Dalla Santa) sostiene che nel 1496 il M. insegnò a Padova con Antonio Orsati, ma è stato dimostrato (Veronese) che tale notizia non è attendibile. Nonostante gli inviti del duca a riprendere le lezioni, il triennio 1497-99 trascorse in consulti, frequentazioni di amici, stampe e ristampe di opere. Marin Sanuto riferisce di un nuovo interessamento da parte di Padova nel 1500 e nel 1501 fu l'ateneo bolognese a prendere, inutilmente, contatti. Nel frattempo, nel 1500, il M. riprese a insegnare a Pavia, su sollecitazione del re Luigi XII, come ricorda egli stesso ("ubi rex ipse propriis affatibus rem istam desiderare expressit [(] statim obtemperavi regiis verbis", in Consilia, cit., III, c. 153r): commentò la prima parte del Digestum Novum (un'edizione era stata pubblicata il 19 nov. 1499, un'altra uscì il 12 dicembre; infine si ebbe una stampa il 29 dic. 1500).

Negli anni successivi il M. si divise fra l'insegnamento e la cura delle numerose edizioni dei propri commentari, nati sempre in seguito a corsi universitari. Dal 1507 ebbe tra i suoi allievi il futuro massimo esponente della scuola umanistica, Andrea Alciato. Nel 1512 passò dalla lettura ordinaria di diritto civile a una straordinaria.

Il M. morì a Pavia, molto probabilmente tra il 20 e il 25 apr. 1519.

Fu seppellito nella chiesa pavese di S. Giacomo fuori le Mura: attualmente l'iscrizione funeraria, sovrastata da un bassorilievo del M., si trova nel cortile Volta dell'Università pavese. Nel testamento, redatto il 3 dic. 1518 dal notaio Giovanni Alberto Zacagni, il M. nominava erede principale Tommaso del Maino, figlio del fratello Ambrogio, cui lasciava il castello di Rottofreno, il feudo di Bassignana e la casa di Porta Palacense, dove disponeva che si fondasse un collegio di dodici stanze per altrettanti studenti (che non fu mai realizzato); inoltre lasciava al figlio naturale Polidamante 50 scudi e una casa.

Il M. fu uno degli ultimi e più maturi rappresentanti della scuola dei commentatori o postglossatori, di cui adottò la tipica procedura, che consisteva nell'introdurre la materia, dividerla in varie parti configurandole in seno al caso specifico, proporre quindi una nuova lettura, indicare le cause determinanti il provvedimento, segnalare gli elementi più interessanti del testo, e infine prospettare tesi e antitesi per sviluppare la discussione. Il procedimento teneva presente il nuovo metodo dialettico di derivazione logico-scolastica ed era nato dalla crescente esigenza di una sistematica aggiornata. A tutto ciò il M. aggiunse una sensibilità spiccatamente umanistica, quasi filologica, sorretta dall'attento studio del diritto romano. In ciò anticipava le posizioni del cosiddetto "umanesimo giuridico" o "giurisprudenza culta", che avrebbe annoverato, tra le figure più eminenti, quella dell'allievo Andrea Alciato. Tutte le opere del M., e in modo particolare le orazioni, sono intessute di citazioni dai classici latini e greci, a dimostrazione dell'ampiezza delle sue conoscenze letterarie e del valore attribuito loro (affermava, per esempio: "Optima est ergo negotiatio et mercatura eorum qui [(] studia litterarum complectuntur", Oratio exhortatoria, c. 5r). La più rilevante testimonianza documentaria della cultura letteraria del M., da mettere in rapporto anche con la frequentazione della famosa biblioteca visconteo-sforzesca, è lo schedario inedito contenuto nel ms. G.I.10 della Biblioteca nazionale universitaria di Torino: si tratta, a tutt'oggi, del più ampio zibaldone umanistico conosciuto (436 carte, più due di guardia anteriore e una di guardia posteriore), infarcito di estratti da opere principalmente dell'antichità classica. Inoltre, alle cc. 412-413, si legge l'abbozzo di un'opera squisitamente letteraria, intitolata Liber facetiarum, che raccoglie, secondo la tradizione satirica dell'epoca, una serie di episodi arguti.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Atti ducali, reg. 32, f. 87; Autografi, cart. 139, f. 20; Pavia, Arch. stor. civico, Legato Bonetta, cart. 361.XI.29, 1 giugno 1714; M. Sanuto, I diarii, III, Venezia 1880, col. 1005; G. Panciroli, De claris legum interpretibus, Lipsiae 1721, pp. 225-231; A. Fabroni, Historia Academiae Pisanae, Pisis 1791, I, pp. 208 s., 255; F. Gabotto, Saggio di bibliografia giasoniana, in Il Bibliofilo, VIII (1887), pp. 97-105; Id., Giason del M. e gli scandali universitari nel Quattrocento, Torino 1888; Id., Nuove notizie e documenti su Giason del M., Torino 1888; E. Bertanza, G. del M. e l'Università di Padova, in Riv. storica italiana, V (1888), pp. 195 s.; M. Mariani, La laurea in legge di G. del M., in Boll. della Soc. pavese di storia patria, III (1903), pp. 238-246; G. Dalla Santa, Un episodio della vita universitaria di G. del M., in Nuovo Arch. veneto, n.s., IV (1904), pp. 258 s.; E. Veronese, Note su Marco Antonio Baviera, bolognese, professore di leggi a Padova (1493-1498), in Quaderni per la storia dell'Università di Padova, IV (1971), pp. 38-48; A. Belloni, Professori giuristi a Padova nel secolo XV, Frankfurt a.M. 1986, pp. 221-227; F. Santi, Un'orazione di G. del M., in Boll. della Soc. pavese di storia patria, XCVII (1997), pp. 173-204; Id., G. del M. giurista umanista, ibid., CIII (2003), pp. 11-69.

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