Gibilterra

Enciclopedia Dantesca (1970)

Gibilterra

Adolfo Cecilia

Promontorio roccioso nella punta meridionale della Spagna.

Ponte naturale tra l'Africa di nord-ovest e la penisola iberica, deve il nome attuale al condottiero arabo Tāriq (Gebel-Tāriq, monte di Tāriq), che sbarcò in Spagna il 30 aprile 711; fu in mano agli Arabi per sei secoli e soltanto nel 1309, ma per poco, fu loro tolto. Infatti nel 1333 essi lo riconquistarono (G. Villani X 222 " Come i saracini presono il forte castello di Giubeltaro in Ispagna ") per tenerlo fino al 1462. Il rilievo (l'antico monte Calpe) fronteggia verso la riva africana il monte Garra (l'anticomonte Abyla); nel mezzo il " Fretum Gaditanum ", uno stretto che mette in comunicazione l'Atlantico e il Mediterraneo.

Abbastanza frequentato dalle navi mercantili del tempo di D. (Davidsohn, Storia IV I 92, II 50, 121, 122), è ricordato, indirettamente, in If XXVI 106 ss., ove Ulisse narra come egli e i suoi compagni giunsero vecchi e tardi a quella foce stretta / dov'Ercule segnò li suoi riguardi, sulla scorta delle narrazioni mitologiche che indicavano nei punti estremi dello stretto i luoghi ove Ercole (v.) avrebbe posto le ‛ colonne ', i limiti oltre i quali i naviganti non dovevano spingersi.

Secondo l'Ottimo e Pietro, Ulisse e i suoi giunsero alle isole di Gade (v.). Strano il toponimo " Safin " che il Lana usa per indicare lo stretto.

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