LUZZATTO, Gino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LUZZATTO, Gino

Paola Lanaro

Nacque il 9 genn. 1878 a Padova, ultimo dei cinque figli di Giuseppe, goriziano, e di Amalia Salom, veneziana.

Manifestò un precoce interesse per la storia trascorrendo parte del proprio tempo nella biblioteca del padre, a sua volta cultore di studi storici. Ancora studente liceale, fra il 1893 e il 1895, il L. iniziò a frequentare presso l'Università di Padova un ciclo di lezioni a carattere divulgativo (conferenze sulla sociologia in generale e su specifici problemi della società contemporanea), tenute da A. Loria, all'epoca docente di economia politica presso la facoltà di giurisprudenza, dal cui pensiero venne sicuramente influenzato.

La convinzione, espressa da Loria, secondo la quale per intendere esattamente l'evoluzione dei fatti economici si dovesse considerare non tanto la loro manifestazione immediata bensì il riflesso che gettano sulle forme derivate della vita collettiva, venne poi fatta propria dal giovane Luzzatto.

Iscrittosi alla facoltà di lettere, presso l'Università di Padova, nel luglio del 1898 vi si laureò discutendo una tesi sul letterato e storico seicentesco Girolamo Brusoni (Cenni intorno alla vita e alle opere storiche di G. Brusoni, in Ateneo veneto, XXI [1898], pp. 272-306; XXII [1899], pp. 6-26, 226-244).

Intrapresa la carriera di insegnante, fu docente di materie letterarie presso il regio ginnasio di Potenza e di storia e geografia alla scuola normale di Grosseto. Probabilmente non del tutto soddisfatto del cursus patavino, fra il 1901 e 1904 frequentò giurisprudenza nella libera Università di Urbino (era stato trasferito presso la locale scuola normale di questa città): qui conseguì la seconda laurea con una tesi in storia del diritto su "L'organizzazione finanziaria dei Comuni medievali".

In effetti il L. aveva coltivato l'interesse per la storia del diritto fin dagli anni padovani e, mentre frequentava la facoltà di lettere, aveva seguito a giurisprudenza i corsi dello storico del diritto italiano N. Tamassia, del quale, alieno come sempre fu dalle astrazioni teoriche, aveva accolto e condiviso la critica al metodo teorico deduttivo seguito dalla scuola economica angloscozzese e da alcuni sociologi.

Negli anni della formazione il L. volle, dunque, consapevolmente affiancare e innestare sulla sua cultura umanistica di base, approfondite conoscenze delle istituzioni giuridiche pubbliche e private, di filosofia e storia del diritto, di economia politica, politica economica e scienza delle finanze, onde assicurarsi quel concreto aggancio alla realtà socioeconomica che riteneva indispensabile allo svolgimento della ricerca storica, allontanandosi con ciò decisamente, e in termini innovativi, dai percorsi formativi tradizionali.

In quegli stessi anni, grazie alla conoscenza della lingua tedesca, il L. si avvicinò anche alle opere e al metodo di G. von Schmoller, uno fra i protagonisti della scienza economica tedesca, professore a Berlino e capo della "giovane scuola storica", sostenitore degli stretti rapporti tra economia e diritto positivo.

Inoltre, fin dai suoi primi studi, il L. si rivelò particolarmente attento all'ambientazione geografica degli eventi che andava prendendo in esame. Si preoccupò, dunque, costantemente di osservare e ricostruire l'organizzarsi degli uomini nello spazio in uno con le loro attività economiche, tanto che, a partire dal 1910, insegnò geografia economica presso la R. Scuola superiore di commercio di Bari e, a metà degli anni Venti, fu invitato a Milano presso l'Università L. Bocconi, a tenere, per un paio di anni, un corso complementare di geografia dell'Europa orientale.

Il peregrinare in varie sedi, corollario all'epoca del mestiere di insegnante, si rivelò utile al L. che aveva iniziato a frequentare gli archivi locali di piccoli e medi centri, soprattutto marchigiani, quali Urbino, Fabriano, Pesaro, Matelica, Fermo, da cui trasse interessanti elementi per le sue prime ricerche. Dal 1902 divenne collaboratore della rivista Le Marche (1901-12), fondata da G. Grimaldi, che lo volle in seguito come condirettore e con cui pubblicò vari lavori.

L'apporto del L. alla rivista - che in quel periodo, dopo varie difficoltà redazionali e finanziarie, venne rifondata e che ebbe negli ultimi anni il L. come direttore - fu particolarmente importante sotto il profilo sia dei contributi scientifici sia dell'arricchimento delle collaborazioni, aperte, tra gli altri, a G.C. Abba, F. Hermanin, A. Mabellini, G. Natali, A. Vernarecci, G. Volpe. Negli stessi anni il L. pubblicò anche in altre riviste come Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le province delle Marche, Rivista italiana di sociologia, Nuovo Archivio veneto.

Risalgono a questo periodo il saggio metodologico Storia individuale e storia sociale. A proposito di alcune recenti discussioni sul metodo storico (in La Scienza sociale, IV [1901], pp. 198-212) e gli studi su L'origine economica dei Comuni italiani (ibid., V [1902], pp. 92-98), sul rapporto tra città e contado (Per la storia delle relazioni fra città e contado nel Medioevo, in Le Marche, II [1902], pp. 52-55), su Il censimento della popolazione nel Ducato di Urbino nel secolo XVI (ibid., pp. 197-205), su Prezzi e salari nel secolo XIII (ibid., VII [1907], pp. 77-86); più tardi pubblicò Le finanze di un castello nel secolo XIII (in Vierteljahrschrift für Sozial- und Wirtschaftgeschichte, XI [1913], pp. 45-128), dedicata al Comune di Matelica, con la quale si può dire conclusa la parentesi di studi marchigiani. Questi scritti, che possiamo definire minori, permisero tuttavia al L. di elaborare elementi e informazioni basilari per le sue successive ricerche, di ben altro respiro.

Trasferito dapprima a Perugia, nel 1906 raggiunse Pisa, ove si iscrisse alla Federazione nazionale insegnanti scuola media e, sempre nello stesso anno, al Partito socialista italiano (PSI), cui si era avvicinato sin dagli anni universitari padovani: da allora i suoi interessi storici e culturali coincisero con un impegno politico e pubblico che non sarebbe mai venuto meno.

Passato a Padova, nel dicembre 1910 - come già detto - venne chiamato all'insegnamento universitario quale straordinario di storia del commercio presso la R. Scuola superiore di commercio di Bari. Nel 1914 venne pubblicata a Firenze la Storia del commercio, pensata come inaugurazione di una collana dedicata a diversi periodi storici; ma a questo primo volume, che andava Dall'Antichità al Rinascimento, non ne seguirono altri.

L'opera si presentava estremamente innovativa, proponendo, e realizzando, il passaggio da un insegnamento specifico e "settoriale", la storia del commercio appunto, a una vera e propria storia economica, concepita quale disciplina scientifica autonoma volta a studiare e interpretare globalmente l'evoluzione storica dei fenomeni socioeconomici.

Proprio a Bari il L. dette inizio alla sua attività di pubblicista politico: nel 1911 collaborò con G. Salvemini alla fondazione de L'Unità, su cui scrisse fino alla cessazione del periodico, nel 1920, e dalle cui pagine partecipò al dibattito politico ed economico nazionale.

La nuova realtà ambientale in cui si trovò a operare, ben diversa da quella veneta, e il rapporto con la redazione del settimanale lo portarono a maturare un atteggiamento non solo da liberista, quale il L. era per formazione e inclinazione (Salvemini lo esortava a essere in provincia di Bari "professore di liberismo"), ma anche da meridionalista. Basandosi su argomentazioni e dati economici, attaccò la politica protezionistica, si mostrò contrario all'impresa libica e segnalò i pericoli dell'irredentismo, combattendo le posizioni del blocco protezionista agrario e manifatturiero.

Inizialmente contrario all'intervento, nei mesi immediatamente precedenti lo scoppio della guerra, come molti altri, il L. mutò orientamento e si schierò a favore, nella convinzione che fosse necessario fermare "la marcia trionfale del militarismo germanico", arruolandosi dopo poco nell'esercito dove, con il grado di tenente, trascorse tre anni in zona di guerra.

Al termine del conflitto, dalle colonne dell'Unità ma anche in molti altri giornali e riviste (Critica sociale, Il Resto del carlino, La Critica politica, Il Secolo, La Rivoluzione liberale), il L. riprese a trattare di economia e in particolare riprendendo la sua campagna antiprotezionista e denunciando come, dietro la bandiera della difesa della dignità nazionale, ingenti profitti si accumulassero nelle mani di poche categorie privilegiate.

Parallelamente proseguiva la carriera accademica: nel 1919 venne chiamato come ordinario di geografia commerciale e storia del commercio all'Istituto superiore di studi commerciali di Trieste, del quale di lì a poco assunse la direzione. Nel gennaio del 1922 ottenne la nomina a ordinario della prima cattedra italiana di storia economica presso l'Istituto superiore di scienze economiche e sociali di Ca' Foscari, a Venezia.

Qui, nella città natale della madre, egli si trovò non solo a svolgere attività di studioso e di docente, ma anche a partecipare attivamente, da protagonista, alle vicende che interessarono la città e l'Italia tutta.

Fin dal suo arrivo a Venezia il L. aveva apertamente manifestato avversione per il fascismo; a Ca' Foscari si legò a uomini, come l'anglista E.C. Longobardi e il giurista S. Trentin, palesemente ostili al nascente regime. Insieme con alcuni colleghi veneziani, nel maggio del 1925 firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da B. Croce e, in quanto direttore dell'Istituto - eletto a tale incarico nel marzo 1925 - e nel contempo noto oppositore del regime, nel giro di pochi mesi incorse in pesanti vessazioni; nel novembre dello stesso anno, dopo molte intimidazioni a lui e ai suoi colleghi e amici, venne infine destituito dalla direzione. Nel 1928, durante la repressione seguita all'attentato a Vittorio Emanuele III, il L., accusato di fare parte dell'associazione clandestina Giovane Italia, fu arrestato e tradotto nelle carceri milanesi, dove rimase per circa un mese. Benché costretto, in seguito a questi eventi, a rallentare l'attività pubblicistica fu comunque, a partire dal 1930, direttore di fatto della Nuova Rivista storica, nominalmente ancora sotto la direzione di C. Barbagallo.

In questo periodico, cui collaborava comunque da tempo, tenne una rubrica di recensioni e segnalazioni di studi di carattere storico-economico, dando spazio tanto alla letteratura italiana sull'argomento quanto a quella europea e americana. Alla sua guida è stato riconosciuto il merito di averne fatto un centro di raccolta di forze di differente estrazione ma non coinvolte negli istituti di cultura fascisti e soprattutto un rifugio per perseguitati politici e religiosi.

A partire dal 1937, su invito del direttore L. Einaudi, collaborò regolarmente anche alla Rivista di storia economica con articoli di fondo, recensioni e segnalazioni, contribuendo con analisi illuminanti al dibattito sui rapporti tra economia e storia.

L'impegno fondamentale del L. si concentrò, comunque, sull'insegnamento - per poter proseguire il quale, nel 1931, firmò il giuramento di fedeltà al re e al regime richiesto ai professori universitari - e soprattutto sull'attività di ricerca. Al suo corso fondamentale di storia economica aveva affiancato, fino all'anno accademico 1926-27, l'insegnamento di geografia economica; dal 1931 al 1934 ricoprì anche quello di storia delle istituzioni giuridiche.

La sua frequentazione degli archivi e delle biblioteche veneziane fu assidua e, date le difficoltà di spostamento insorte a causa delle posizioni politiche, i documenti dell'Archivio di Stato dei Frari, di quello del Museo Correr, i codici della Biblioteca Marciana erano destinati a rimanere, in questi anni, la fonte prima della riflessione del Luzzatto.

In questo specifico campo, la sua attenzione andò non solo ai fondi relativi alle magistrature più rilevanti della Serenissima come il Maggior Consiglio, il Senato, il Consiglio dei dieci o i Cinque savi alla mercanzia, tradizionalmente battuti dagli studiosi, ma anche a quelli relativi a uffici minori come la Camera del Fondaco dei Tedeschi, i giudici di petizion, la Cancelleria inferiore, i procuratori de ultra, de citra e de supra, spesso affatto o male inventariati, e comunque poco frequentati dai ricercatori; in questa direzione svolse un faticosissimo lavoro, schedando "a tappeto" una infinità di notizie e informazioni. Fondamentali i suoi studi sul debito pubblico, sui cantieri e le costruzioni, sui banchi pubblici, sui mercanti veneziani e sull'avvio del capitalismo tra Due e Trecento (tutti questi scritti, dispersi in riviste e atti accademici, sono stati poi raccolti in Studi di storia economica veneziana, Padova 1954). Attraverso figure come il doge Giustiniano Partecipazio, Roberto da Mairano e Guglielmo Querini il L. ritrae mirabilmente l'avvio dello sviluppo del capitalismo commerciale, l'età dei pionieri, il suo giungere a maturazione e il processo di lenta modificazione che vide la figura del mercante veneziano trasformarsi da imprenditore audacemente attivo sui mercati italiani ed esteri a figura statica, stanziale, legata a Venezia, poco incline al rischio di nuove imprese. Ciò che principalmente attirava l'interesse del L. era, poi, il piccolo e medio imprenditore, e quanto egli sembra volere portare alla luce è il significato, il senso sociale ed economico delle singole piccole imprese le quali, pur nella visione liberista alla base del pensiero del L., si muovono in stretto connubio con lo Stato che promuove attraverso incentivi l'imprenditore, l'occupazione, il lavoro.

Le lezioni tenute per i corsi universitari a Ca' Foscari, via via pubblicate, a partire dalle prime di storia del commercio e di geografia economica (Lezioni di storia del commercio. Il commercio nell'età contemporanea, Padova 1923; Geografia economica: le piante industriali, ibid. 1926; Lezioni di geografia economica, ibid. 1927) alle successive Lezioni di storia economica (Il commercio nell'economia dell'Europa medievale, ed in particolare a Venezia, ibid. 1927; L'Età moderna e gli inizi dell'Età contemporanea, ibid. 1929; L'economia contemporanea, ibid. 1930), rielaborate e accresciute, costituirono la base per il suo fondamentale manuale di Storia economica dell'età moderna e contemporanea - ideale prosieguo della Storia del commercio del 1914 - edito in due parti tra il 1934 (L'Età moderna, ibid. [la data 1932 in copertina è falsa, mentre la data vera è stampata nella sovracoperta]) e il 1948 (L'Età contemporanea dal 1700 al 1894, ibid.), ambedue i volumi oggetto di numerose nuove edizioni e ristampe.

Noto e stimato in Italia come all'estero, nonostante l'ostracismo politico cui era sottoposto, il L. partecipò negli anni tra le due guerre, sia pure da posizioni di grande autonomia, al rinnovamento della storiografia europea e i suoi lavori incontrarono l'attento interesse di storici quali M. Bloch e L. Febvre i quali, dalle pagine delle Annales d'histoire économique et sociale li seguivano e li segnalavano con puntualità e lodi (nel 1937 la rivista pubblicò il suo articolo Les activités économiques du patriciat vénitien, IX, pp. 25-27).

Nel corso degli anni Trenta, il L. fu prezioso collaboratore dell'Enciclopedia Italiana (il rapporto sarebbe ripreso nel dopoguerra con la stesura di nove voci per le Appendici del 1948 e del 1961).

In totale compilò sessantaquattro voci, dedicate alla storia del commercio in età medievale, moderna e contemporanea e alla storia del pensiero economico, nonché a biografie di banchieri, uomini politici, economisti, storici; consistente fu anche il contributo alle numerose partizioni storiche di lemmi relativi a città europee come Londra, Amburgo, Bruges, Montpellier, Amsterdam, Anversa, Lipsia, Danzica e altre ancora. Nel complesso le voci da lui redatte privilegiano una prospettiva attenta a cogliere l'evoluzione di lungo periodo delle dottrine e dei fenomeni economici a livello soprattutto europeo, forse nell'intenzione di evidenziare i momenti significativi di una comune esperienza europea come reazione ai condizionamenti del regime e alla sua progressiva chiusura autarchica; pur se il L. non poté evitare alcune concessioni al linguaggio di regime nei lemmi politicamente più impegnativi, come, per esempio, Pauperismo e Lira italiana.

Dopo l'emanazione delle leggi razziali del 1938, venne dispensato dal servizio e allontanato dall'insegnamento universitario a Ca' Foscari, dove fu sostituito, per sua espressa segnalazione, da A. Fanfani. Il L. fu anche espulso dall'Ateneo veneto. Continuò, tuttavia, a vivere a Venezia e, soprattutto negli anni di guerra, egli, che fino ad allora aveva dimostrato un tiepido attaccamento alla religione dei suoi padri, entrò attivamente nella vita della Comunità israelitica veneziana, di cui fu, a partire dal 1942, vicepresidente e di cui avrebbe continuato a occuparsi anche nel dopoguerra.

In tale contesto, si impegnò nell'organizzazione della scuola per gli alunni ebrei allontanati dalla scuola pubblica italiana e, come esponente del Comitato veneziano della Delasem (Delegazione assistenza emigranti ebrei), collaborò ad assicurare l'esodo verso la Palestina o le Americhe di quanti, confluiti da varie parti in Italia, intendevano emigrare.

Continuò a dirigere, insieme con A. Tursi, la Nuova Rivista storica: in questa sede e in altri periodici pubblicò i suoi lavori con lo pseudonimo di G. Padovan. Nel 1942 aderì all'erigendo Partito d'azione (Pd'A), mettendo a disposizione la sua casa per gli incontri che portarono all'effettiva fondazione del partito. Dopo l'8 sett. 1943 e la nascita della Repubblica di Salò il L. fu costretto a lasciare Venezia, rifugiandosi a Roma, nella casa dell'amico e collega R. Ciasca, dove rimase fino al 1945.

Il 6 luglio di quell'anno il Comitato di liberazione nazionale del Veneto affidò al L. la carica di rettore dell'Istituto universitario di Ca' Foscari; egli inaugurò, pertanto, l'anno accademico 1945-46, ricoprendo poi lo stesso ruolo fino al 1953, anno del suo pensionamento.

In quest'ultima vivacissima fase della sua attività volle che, accanto a economia e commercio, nascesse la nuova facoltà di lingue e letterature straniere, la prima di tal genere in Italia; fu commissario straordinario della Deputazione di storia patria per le Venezie, presidente, dal 1950, del consiglio di amministrazione della Fondazione Querini Stampalia, presidente della Commissione di inchiesta per le indagini relative alla riabilitazione ufficiale di V. Cini. Il L. aveva ripreso anche l'impegno politico: fu assessore alle Finanze, dal 1946 al 1951, nella giunta di sinistra di G. Gianquinto e consigliere comunale fino al 1958. Dopo lo scioglimento del Pd'A fu eletto, nel 1951, per il Partito socialista unitario da cui passò nel Partito socialdemocratico, rientrando, infine, nel 1959, in occasione della confluenza in esso del Movimento unitario d'iniziativa socialista, nelle file del PSI.

L'ultimo ventennio della sua vita fu denso e vivace anche dal punto di vista della ricerca e della pubblicistica storica.

Continuò a tenere fino al 1964 nella Nuova Rivista storica la sua tradizionale rubrica di recensioni e segnalazioni "Studi di storia economica", collaborando nel contempo regolarmente anche per l'Archivio veneto. Nel 1949 vide la luce a Roma il primo volume (L'Antichità e il Medioevo) di una Storia economica d'Italia, che ebbe varie successive revisioni e traduzioni, con editori diversi, ma non fu mai completata. Ormai ottantenne, in pochi mesi, tra il 1959 e il 1960, stese la Storia economica di Venezia dall'XI al XVI secolo (Venezia 1961), sintesi e punto di arrivo di un percorso di ricerca iniziato nel lontano 1924, in cui ricostruisce il periodo della grande fioritura economica veneziana, dall'età delle crociate alla Lega di Cambrai: lasciata in ombra la lunga fase del decollo ciò che interessa il L. è il senso della crescita graduale e della continuità di sviluppo dell'economia veneziana attraverso l'attività del cittadino mercante, processo che egli coglie sempre flessibile e incline, quale risposta alle diverse congiunture, al recupero di posizioni minacciate dall'evoluzione dei mercati internazionali durante l'Età moderna. La trasformazione di Venezia da grande potenza marittima a potenza anche continentale rimane ai margini della sua analisi: pur riconoscendo che all'inizio del Cinquecento lo Stato veneziano si trovava in una situazione di iniziale decadenza, non approfondisce tale situazione considerata frutto del nuovo assetto politico e istituzionale della Repubblica e non più della sola città di Venezia.

Nel 1963 uscì a Milano il primo volume (1861-1894) del saggio L'economia italiana dal 1861 al 1914; la stesura del secondo, dedicato agli anni 1895-1914, fu interrotta dalla morte avvenuta a Venezia il 30 marzo 1964.

Fonti e Bibl.: Venezia, Biblioteca della Facoltà di economia, Arch. privato Gino Luzzatto (ivi sono pure conservati i volumi della biblioteca privata del L.); per quanto concerne la bibliografia del L. si rimanda a A. Caracausi Bibliografia di G. L., in G. L. storico dell'economia, tra impegno civile e rigore scientifico. Atti del Convegno(, Venezia( 2006, a cura di P. Lanaro (di prossima pubblicazione in Ateneo veneto).

Vedi ancora: M. Berengo, Profilo di G. L., in Riv. stor. italiana, LXXVI (1964), pp. 879-925; C.M. Cipolla, Tre maestri, ibid., pp. 875-878; B. Caizzi, Scienza economica e storia economica nell'opera di G. L., in Nuova Riv. storica, XLIX (1965), pp. 81-112; R. Vivarelli, G. L. uomo politico, in Ricerche economiche, XXXIII (1979), pp. 10-25; M. Costantini, Introduzione a G. Luzzatto, Il rinnovamento dell'economia e della politica in Italia. Scritti politici 1904-1926, Venezia 1980; G. Paladini, G. L. (1878-1964), Venezia 1987; M. Berengo, La fondazione della Scuola superiore di commercio di Venezia, Venezia 1989, passim; G. Zalin, Lettere di L. Einaudi nell'epistolario di G. L. (1937-1964), in Nuova Riv. storica, LXXVIII (1994), pp. 415-438; S. Bellinato, La figura di G. L. e il R. Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Venezia, tesi di laurea, Università di Venezia Ca' Foscari, facoltà di economia, a.a. 1994-95; M. Berengo, Introd. a G. Luzzatto, Storia economica di Venezia dall'XI al XVI secolo, Venezia 1995; S. Levis Sullam, Una comunità immaginata. Gli ebrei a Venezia, 1900-1938, Milano 2001, pp. 172-187. Si vedano ancora i contributi, rispettivamente di: M. Cattini, Lo storico L. e gli economisti del suo tempo. G. L. dall'economia induttiva alla storia economica e sociale; P. Lanaro, G. L. storico dell'economia veneziana; G. Favero, G. L. e l'Enciclopedia Italiana, in G. L. storico dell'economia. Atti del Convegno, cit. (di prossima pubblicazione in Ateneo veneto).

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