Severini, Gino

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Pittore (Cortona 1883 - Parigi 1966). A Roma dal 1899, conobbe U. Boccioni e G. Balla che lo introdusse alla tecnica divisionista. Stabilitosi nel 1906 a Parigi (dove trascorse, con intervalli, la maggior parte della sua vita), S. entrò in contatto con i circoli dell'avanguardia artistica e letteraria legandosi, in particolare, a P. Picasso, A. Modigliani, M. Jacob e P. Fort. Orientatosi inizialmente allo studio di G. Seurat in paesaggi e vedute di Parigi di grande sensibilità cromatica, si volse poi, sollecitato dalle istanze futuriste e dalla poetica unanimista di J. Romains, verso soluzioni formali che tendono a rendere il senso del movimento cosmico (Danza del Pan Pan al Monico, 1909-11; dispersa durante la prima guerra mondiale, l'opera fu ridipinta da S. nel 1960 in base a documenti fotografici, Parigi, Musée national d'art moderne). Tra i firmatarî del primo Manifesto della pittura futurista (1910), S. svolse un importante ruolo di collegamento tra l'ambiente parigino e il gruppo futurista (nel 1912 collaborò con F. Fénéon all'allestimento della mostra Les peintres futuristes italiens). Dopo un soggiorno in Italia (1913-14), tornato a Parigi, S. portò avanti, accanto a dipinti che interpretano in modi cubo-futuristi la guerra (Cannone in azione, 1914-15, Francoforte, Städelschen Kunstinstitut), una serie di opere ispirate all'orfismo (Mare=Ballerina, 1913-14, Venezia, Fondazione Guggenheim) e al cubismo sintetico (Zingaro che suona la fisarmonica, 1919, Milano, Galleria d'arte moderna). Nel 1921 pubblicò il saggio Du cubisme au classicisme che sancì la sua adesione a una figuratività piena e cristallina, preannunciata da opere quali Maternità (1916, Cortona, Museo dell'Accademia etrusca). Con un intenso lavoro di elaborazione teorica, in sintonia con le posizioni espresse dal gruppo di Valori plastici, al quale aveva aderito nel 1919, S. giunse alla definizione di calibrati ritmi compositivi nei quali temi desunti dalla commedia dell'arte, ritratti e nature morte con frammenti dell'antico, appaiono immersi in atmosfere metafisiche di luce mediterranea. Dagli anni Venti, segnati anche da una crisi religiosa culminata nel 1923 con la piena adesione al cattolicesimo, S. tese ad abbandonare la pittura di cavalletto per dedicarsi alla decorazione murale, trattando con grande talento decorativo l'affresco e il mosaico (cicli decorativi per il castello di Montefugoni, Firenze, 1922; per la chiesa di Semsales, Friburgo, 1924-26; per la chiesa di Notre-Dame du Valentin di Losanna e per il palazzo della Triennale di Milano, nel 1933; per l'Università di Padova e per il Foro Mussolini a Roma, nel 1937). Stabilitosi dal 1946 a Meudon, S. tornò all'astrazione geometrica, recuperando con grande equilibrio decorativo tematiche e modi d'ispirazione cubista (decorazioni per il Palazzo dei congressi a Roma, 1953). Oltre a scritti sull'arte contemporanea, pubblicò i volumi autobiografici Tutta la vita di un pittore (1946) e Temps de l'effort moderne. La vita di un pittore (post., 1968).

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