GINORI LISCI, Carlo Benedetto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 55 (2001)

GINORI LISCI, Carlo Benedetto

Fulvio Conti

Figlio primogenito del marchese Lorenzo e di donna Ottavia dei principi Strozzi, nacque a Firenze il 22 nov. 1851. Studiò materie umanistiche nel collegio Tolomei di Siena, retto dagli scolopi, ma ricevette anche un'educazione di tipo tecnico-scientifico che perfezionò con soggiorni in Germania e con la visita a opifici e stabilimenti industriali. Alla morte del padre, il 13 febbr. 1878, ereditò la parte più cospicua delle sue proprietà, compresa la manifattura di ceramiche che era divenuta una delle più importanti imprese europee del settore. Il testamento paterno prevedeva in realtà che la fabbrica restasse "a comune" fra i quattro fratelli per almeno 15 anni, ma il G. si vide assegnare una quota largamente maggioritaria, ossia 5 degli 8 carati in cui venne divisa la proprietà; ebbe inoltre la carica di gerente dell'azienda e la proprietà di tutti gli edifici a essa appartenenti, fra cui le case degli impiegati e degli operai.

Venutosi improvvisamente a trovare alla guida della manifattura, il G., spirito irrequieto e bohémien, non rivelò grandi capacità imprenditoriali. Assai poco presente in fabbrica, lasciò di fatto la gestione dell'azienda nelle mani del direttore Paolo Lorenzini, fratello di Carlo, il celebre Collodi, che più di ogni altro aveva contribuito e all'ammodernamento tecnologico e all'espansione produttiva dello stabilimento. Tale scelta si rivelò peraltro giusta, se è vero che nell'arco di una dozzina d'anni, fra il 1877 e il 1889, il giro d'affari raddoppiò, gli utili netti oltrepassarono complessivamente i 4,5 milioni di lire e l'occupazione raggiunse le 1300 unità. In questi anni si completò inoltre la trasformazione produttiva degli opifici di Doccia, che, pur continuando ancora a fabbricare modeste quantità di porcellane e di maioliche artistiche, per lo più a scopo pubblicitario, si orientarono quasi esclusivamente verso la produzione di oggetti di uso comune (in specie servizi da tavola) e di uso industriale.

Esponente sui generis del moderatismo toscano, conservatore ma pronto a recepire anche alcune istanze della Sinistra costituzionale, come la politica protezionista di cui fu convinto assertore, il G. fece parte fin dalla nascita, nel 1882, dell'Unione liberale monarchica di Firenze, all'interno della quale ricoprì la carica di consigliere. Nel 1882 tuttavia, quando si ebbero le prime elezioni a scrutinio di lista e con il corpo elettorale allargato, la sua candidatura fu sostenuta da diversi comitati di varia collocazione politica ed egli riuscì eletto nel collegio di Firenze I con 5201 voti. Confermato deputato nel maggio 1886, secondo nelle preferenze alle spalle di U. Peruzzi, e nel novembre 1890, quando risultò il primo degli eletti, il G. sedette alla Camera sui banchi della Destra e si riconobbe nelle posizioni dello schieramento trasformista. Pur non rivelandosi un frequentatore troppo assiduo dell'aula parlamentare, fece sentire più volte la propria voce, anche mediante interrogazioni e interpellanze, su argomenti che ne riflettevano la varietà degli interessi.

Nel 1883 intervenne infatti sul problema delle scuole industriali (all'epoca era membro del Consiglio direttivo delle scuole industriali del Regno), quindi, negli anni successivi, sulla legislazione sugli infortuni sul lavoro, sugli insegnanti di ginnastica, sul rimboschimento, sulla protezione della fauna ittica, sulla questione delle antichità e delle belle arti, sulla stazione di Firenze, sulla tariffa doganale del carbonato di soda e su altro ancora.

In questi anni del resto, non essendo troppo assorbito dalla gestione dell'azienda familiare, il G. ampliò e diversificò i suoi interessi occupando un posto di rilievo nella vita sociale e nelle cronache mondane della città e della stessa penisola. Nel 1888 fu fra i promotori di un comitato per la partecipazione di produzioni toscane all'Esposizione di Londra e nel 1889 venne nominato regio commissario per le Antichità e le Belle Arti della Toscana (gli uffici di questa prima sovrintendenza furono ospitati in alcuni locali del suo palazzo fiorentino). Nello stesso periodo risultava patrono di asili infantili, presidente di società di mutuo soccorso e del Comitato per le case per uso degli indigenti, una delle tante strutture in cui si articolava la beneficenza cittadina, nonché, più tardi, presidente della Società fiorentina per le corse al trotto e componente del comitato fiorentino della Società nazionale Dante Alighieri. Fu membro del circolo culturale Leonardo da Vinci e mecenate e animatore di altre brillanti iniziative intellettuali, come le Conversazioni fiorentine, che si svolsero a partire dal 1890 in palazzo Ginori. Amante dello sport e dell'avventura, fu abile spadaccino e partecipò a gare di scherma in molte località europee, mentre invece la passione per il mare, che lo indusse nel 1889 ad affittare dal Demanio l'isola di Montecristo e farne il punto di ritrovo di nobili e yachtsmen di tutto il continente, gli valse fin dal 1882 la nomina regia a presidente del Royal Yachting Club d'Italia.

Nel 1889, dopo il varo della nuova legge comunale e provinciale, il G. guidò la lista moderata nelle votazioni per il Consiglio municipale di Sesto Fiorentino, nel cui territorio sorgeva la manifattura di Doccia. Il fronte monarchico e conservatore prevalse nettamente sulla lista presentata dall'opposizione democratico-popolare, che pure conseguì un'affermazione significativa dimostrando di volersi affrancare dall'egida paternalistica dei Ginori e porre le basi per il rovesciamento di posizioni che si sarebbe realizzato in anni non troppo lontani. Nel luglio 1889 il G., succedendo a G. Niccolini, fu eletto alla presidenza dell'Associazione industriale e commerciale di Firenze, che gestì nella fase tumultuosa dei fallimenti bancari, in cui con il Banco Fenzi fu coinvolta anche la banca dell'Associazione commerciale.

Nel novembre 1892, dopo il ripristino del sistema maggioritario uninominale, il G. si candidò nel collegio di Firenze III (S. Maria Novella), che comprendeva il territorio del comune di Sesto. Sostenuto dal comitato filoministeriale "Re, patria, libertà e progresso", ebbe facilmente la meglio sul suo avversario, G. Del Greco, con 907 voti contro 166. Iniziò allora una legislatura che lo vide più attivo e partecipe nei lavori parlamentari, anche perché nel 1893 venne in discussione il progetto governativo di assorbimento per fusione nella costituenda Banca d'Italia di due istituti di credito fiorentini, la Banca nazionale toscana e la Banca toscana di credito per le industrie, che fino a quel momento avevano esercitato il diritto di emissione. Il G. intervenne a più riprese, nel corso del 1893, per opporsi a un progetto che riteneva profondamente lesivo degli interessi economici del sistema produttivo e commerciale toscano: un suo emendamento con il quale chiedeva la conservazione delle due banche venne respinto con 107 voti a favore e 189 contrari; né ebbero miglior sorte le petizioni promosse, sotto la sua guida, dall'Associazione industriale e commerciale di Firenze o la richiesta, di cui si fece portavoce una commissione da lui presieduta, di ottenere dal governo una proroga all'applicazione della legge.

Sempre nel 1893 balzò agli onori delle cronache per un'intervista rilasciata al Figaro di Parigi, nella quale, dimostrando di far sue certe posizioni che andavano diffondendosi nel nascente movimento pacifista internazionale, si dichiarava favorevole al disarmo generalizzato. Al giornale fiorentino Fieramosca preannunciò che avrebbe profuso un forte impegno in tale battaglia, anche nella sua nuova qualità di presidente della Federazione delle società degli industriali e commercianti d'Italia. Durante quell'anno infine trascorse alcuni mesi a Torre del Lago per seguire personalmente i lavori di estrazione della torba dal lago di Massaciuccoli, un'impresa che egli aveva promosso nella convinzione di poter utilizzare il fossile come combustibile per le fornaci della fabbrica di ceramica. Il progetto, nel quale furono impegnati capitali, tecnici e mezzi sottratti alla Manifattura, fallì. Analoga sorte del resto subirono altre iniziative in campo minerario nelle quali il G. fu coinvolto in questi anni. È il caso per esempio della società allestita per tentare di estrarre petrolio a Pietramala, dove la sua famiglia possedeva alcune terre; oppure della società costituita a Londra nel 1895 insieme col marchese G. Fossi, la Santa Fiora Mercury Mines per lo sfruttamento della miniera di mercurio di Cortevecchia, nel comune di Semproniano (Grosseto): dopo un inizio brillante l'azienda andò infatti incontro a perdite consistenti e nel 1905 venne rilevata dalla società Monte Amiata, nel cui consiglio di amministrazione entrò il figlio del G., Lorenzo.

Nel frattempo anche la Manifattura di Doccia, interrottasi la lunga fase di espansione iniziata negli anni Sessanta, conobbe le prime gravi difficoltà. I nuovi direttori, subentrati a P. Lorenzini dopo la sua scomparsa (1891), rivelarono scarse capacità organizzative e gestionali. Nel 1893 i fratelli del G. rinnovarono il patto per la gestione comune dell'azienda voluto dal padre Lorenzo, ma continuarono di fatto a disinteressarsi dei problemi legati all'andamento produttivo e commerciale, che rivelò in quegli anni preoccupanti flessioni. Quasi ineluttabile apparve dunque la decisione, concretizzatasi l'11 ott. 1896, di cedere la fabbrica e altri immobili, fra cui i magazzini di vendita esistenti in alcune città italiane, alla milanese Società ceramica Richard, che ottenne inoltre il diritto di poter aggiungere nella sua ragione di commercio il nome Ginori.

Con questo atto la famiglia Ginori uscì definitivamente dalla proprietà della manifattura di Doccia che aveva fondato nel 1737 e gestito per 160 anni. Per il G. ciò significò entrare in possesso di un'ingente somma di denaro, che gli consentì non solo di mantenere l'elevatissimo tenore di vita condotto fino a quel momento (il 28 febbr. 1894, per esempio, esibì per le vie di Firenze la prima automobile che si vedesse in città: una Panhard-Levassor del costo di 5000 franchi), ma anche di avviare altre iniziative imprenditoriali degne di nota. Fu infatti tra i pionieri, insieme con altri esponenti dell'aristocrazia fiorentina, di una attività produttiva d'avanguardia, la fabbricazione di automobili, che ebbe però scarsa fortuna. Fece parte del consiglio di amministrazione di un'azienda, La Rondine, che nel 1902 riuscì a costruire la prima automobile, una 16 hp. E proprio tale passione lo indusse a promuovere, nel febbraio 1900, il Club automobilisti d'Italia che nel 1905 prese il nome di Automobile Club di Firenze.

Immediata fu invece la ricaduta negativa della cessione della fabbrica sulla sua carriera politica. Il G., che ancora nel 1895 aveva dominato le elezioni nel collegio di Firenze III sconfiggendo il candidato socialista, l'avvocato G. Pescetti, con 1436 voti contro 677, nel 1897 fu da questo clamorosamente battuto con 1036 voti contro 1011. Sulla scelta degli elettori influì probabilmente anche la difesa ostinata che della politica crispina il G. aveva compiuto così in Parlamento come nel collegio. Ma all'origine della sconfitta, oltre alla crescita organizzativa del movimento socialista che il G. aveva duramente contrastato, vi fu senza dubbio il venir meno della capacità di controllo dell'elettorato locale che la proprietà della manifattura aveva fino ad allora garantito.

Nominato senatore il 14 giugno 1900, trascorse gli ultimi anni di vita con lo stesso stile "mondano" e "svagato" (Ragionieri, p. 58) dei precedenti, frequentando fra l'altro con una certa assiduità il Circolo della bohème di Torre del Lago e coltivando l'amicizia con G. Puccini. L'8 ott. 1902, adducendo a pretesto la scarsa concordia che regnava nel Partito liberale monarchico di Firenze, rinunciò anche a ricoprire la carica di sindaco della città a cui era stato eletto dal Consiglio comunale nella seduta del 22 sett. 1902.

Morì a Monaco di Baviera il 22 ag. 1905.

Il G. ha lasciato pochi scritti, fra i quali: Idee sulle rappresentanze municipali e considerazioni generali diverse che si sottopongono alla Accademia dei Georgofili e alla Associazione per lo studio della rappresentanza proporzionale, Firenze 1872; Il R. Commissariato delle Antichità e Belle Arti della Toscana nel suo primo anno di vita. Relazione, ibid. 1891; Discorso inaugurale pronunziato al Congresso della Federazione delle associazioni industriali e commerciali italiane, ibid. 1894.

Fonti e Bibl.: L'Archivio Ginori-Lisci si conserva a Firenze presso la famiglia. L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Ginori, Firenze 1876, ad nomen; L. Randi, Una gita a Montecristo sull'yacht Urania, Firenze 1892; Id., Urania. Una crociera in Oriente, Firenze 1895; Id., Alla cara memoria del senatore marchese C. G.: cenno necrologico, Firenze 1905; E. Ragionieri, Un Comune socialista. Sesto Fiorentino, Roma 1953, pp. 58 s., 67, 73, 79 s., 172; L. Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, Milano 1963, pp. 123 ss.; N. Capitini Maccabruni, La Camera del lavoro nella vita politica e amministrativa fiorentina. Dalle origini al 1900, Firenze 1965, pp. 22, 40, 58, 77, 104, 123, 166 ss., 187, 207 s., 247; L. Ginori Lisci, Storia dell'automobilismo toscano,1893-1906, Firenze 1976, pp. 15 ss.; Id., A settant'anni sonati, Firenze 1979, pp. 113-118; Id., I palazzi di Firenze nella storia e nell'arte, I, Firenze 1985, pp. 352 s.; G. Mori, Dall'Unità alla guerra: aggregazione e disgregazione di un'area regionale, in Storia d'Italia (Einaudi), Le regioni, La Toscana, a cura di G. Mori, Torino 1986, pp. 236, 257; Storia delle città italiane (Laterza), G. Spini - A. Casali, Firenze, Roma-Bari 1986, pp. 74 s., 78, 80, 98, 234; R. Melchionda, Firenze industriale nei suoi incerti albori. Le origini dell'associazionismo imprenditoriale cento anni fa, Firenze 1988, pp. 362-389 e passim; La manifattura Richard-Ginori di Doccia, a cura di R. Monti, Firenze 1988, pp. 97-106; S. Buti, La manifattura Ginori.Trasformazioni produttive e condizione operaia (1860- 1915), Firenze 1990, passim; L. Segreto, Monte Amiata. Il mercurio italiano. Strategie internazionali e vincoli extraeuropei, Milano 1991, pp. 43 s.; R. Romanelli, Il casino, l'accademia e il circolo. Forme e tendenze dell'associazionismo d'élite nella Firenze dell'Ottocento, in Fra storia e storiografia. Scritti in onore di Pasquale Villani, a cura di P. Macry - A. Massafra, II, Bologna 1994, pp. 841 s.; A. Nesti, Vita di palazzo. Vita quotidiana, riti e passioni nell'aristocrazia fiorentina tra Otto e Novecento, Firenze 1994, pp. 55, 88, 138, 146, 164; M. Mannini, La manifattura ceramica di Doccia. I Ginori e Sesto Fiorentino. Un esempio di collaborazione europea, 1737-1896, Firenze 1998, p. 71.

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