ALBERTOLLI, Giocondo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

ALBERTOLLI, Giocondo

Paolo Mezzanotte

Architetto, il più eminente dell'illustre famiglia ticinese, nacque a Bedano (Canton Ticino) il 24 luglio 1742, da Francesco Saverio, architetto, e da Margherita De Giorgi.

Considerato ai suoi tempi come il restauratore del "buon gusto", ossia del gusto classico, nell'ornato architettonico, fu tra gli artisti maggiori che, alla fine del Settecento e nei primi decenni dell'Ottocento, fecero di Milano la cittadella dell'arte neoclassica.

Inviato nel 1753 dal padre a Parma, la "piccola Atene", dove prosperava fiorentissima dal 1742 l'Accademia delle Belle Arti istituita da Ferdinando di Borbone, rivolse i suoi primi studi alla figura e alla scultura in plastica, sotto la disciplina dell'abate Giuseppe Peroni. Più importanti devono ritenersi, tuttavia, i contatti che egli ebbe con il francese E.-A. Petitot, dal 1753 architetto delle fabbriche ducali, di gusto classicheggiante. Accanto ad alcuni lavori di minor peso (altare della cappella Baiardi nel duomo; decorazione a stucchi dei soffitti di palazzo Grillo, 1769-70), l'A. ebbe inoltre l'incarico di eseguire varie figure in stucco per l'Arco di trionfo elevato in onore dei duchi Ferdinando e Maria Amalia d'Austria su disegno del Petitot (l'Arco venne demolito nel 1859).

Nel 1770 l'A. è in Toscana, a decorare di stucchi i soffitti della villa di Poggio Imperiale: ma, lasciati quei lavori al fratello Grato (morto nel 1812), nel 1772 torna a Parma ed esegue per il duomo di Casalmaggiore due grandi statue in stucco (S. Pietro e S. Paolo). Alla fine dello stesso anno si reca a Roma per studiare sull'antico, poi a Napoli, dove lavora nella chiesa dell'Annunziata, che Carlo Vanvitelli edifica su disegno del padre. Infine, invitato (22 marzo 1774) dal Piermarini a Milano, dopo una breve sosta a Bedano, inizia con soddisfazione dell'arciduca Ferdinando la decorazione delle sale del Palazzo reale (eseguite su disegno suo dal fratello Grato). Di qui innanzi il suo nome è associato alla storia di tutti gli edifici monumentali eretti a Milano sul declinare del secolo.

Nel 1774-75 fa una breve riapparizione alla corte di Toscana, dove ancora lavora a palazzo Pitti (soffitti della sala degli Stucchi e dell'appartamento della Meridiana) e agli Uffizi (sala della Niobe), associato a Grato. Queste decorazioni segnano ormai il raggiungimento da parte dell'A. di una sua originale personalità. È poi di nuovo, nel 1775, a Milano, dove sorge, sotto gli auspici di Maria Teresa e sull'esempio di Parma e di Verona, un'Accademia di Belle arti, che presto assurge a grande importanza. L'A. fece parte del primo gruppo di insegnanti, fondando una scuola d'ornato, che tu detta la prima d'Europa e ch'egli diresse autorevolmente fino al 1812. I suoi insegnamenti si diffusero soprattutto per mezzo delle varie e ben conosciute opere ch'egli pubblicò fra il 1782 e il 1805, giovandosi per l'intaglio delle tavole dei migliori incisori del suo tempo: fra questi suo figlio Raffaele, Domenico Aspari, Giacomo e Michelangelo Mercoli ticinesi, Giuseppe Longhi ed altri.

Nel 1782 uscì la prima parte degli Ornamenti diversi...,dedicati al Piermarini. Incoraggiato dal successo e dall'appoggio del principe di Kaunitz, l'A. ne pubblicò la seconda parte nel 1787, e la terza, col titolo di Miscellanea per i giovani studiosi del disegno...,nel 1796. Pure assai diffuso fu il Corso elementare di ornamenti architettonici (Milano 1805).

Morì onoratissimo, a novantasette anni, a Milano, il 15 nov. 1839: durante la sua vita, si può dire che avesse vissuto l'arte di un secolo.

Fra le sue opere nel Milanese, particolarmente notevoli quelle ch'egli eseguì per il Palazzo reale di Milano (tra l'altro, il soffitto della sala delle Cariatidi, distrutto durante la seconda guerra mondiale) e la Villa reale di Monza (1775-79); poi la decorazione di varie sale dei palazzi Belgioioso, Busca-Arconati, Melzi, Greppi e della casa Casnedi in via S. Tommaso a Milano e della villa Melzi di Bellagio. Suoi ottimi saggi di architettura, il rifacimento del palazzo Melzi a Porta Nuova, l'altare maggiore di S. Marco (1816) a Milano, la villa Melzi di Bellagio (1810-15), la sua abitazione a Lugano (ora sede del Banco Nazionale della Svizzera). Merita anche menzione la ricomposizione ch'egli fece a Moncucco, nella villa dei conti Andreani, di una cappella di carattere bramantesco scomposta a Lugano, e il progetto del monumento napoleonico di Lodi (eretto nel 1808-09, distrutto dagli Austriaci nel 1814).

Nell'ornato, le fonti dell'A. sono costantemente l'antico e il più corretto Cinquecento: ma dell'antico, in grazia fors'anche della sua educazione compiutasi principalmente nel campo della plastica, gli piacquero e gli parvero degni di imitazione quasi soltanto gli ornamenti dei cinque ordini: sconsigliava dalle imitazioni "dell'inverosimile e secco stile delle pitture che si veggono nelle grotte delle antiche terme di Roma, nelle rovine di Ercolano e altrove". Una sorgente d'ispirazione così limitata poteva facilmente generare nelle sue opere un senso di monotonia: ma gli venne in soccorso una gagliarda e ferace fantasia, che gli permise di variare all'infinito i non numerosi elementi dell'arte sua, ed un'attenta osservazione del vero, che egli seppe stilizzare superbamente (si vedano fra isuoi saggi le tavole del III volume degli Ornati,riproducenti aquile acutamente osservate). Ricordava ai giovani il precetto di Vitruvio: "neque enim picturae probari debent, quae non sunt similes veritati ".

La sua opera va spesso confusa con quella dei suoi parenti, ch'egli portò con sé dal Ticinese.

Bibl.: A. Kauffmann, G. A. der Ornamentiker des Italienischen Klassizismus,Strassburg 1911 (fondamentale, con ampia bibl. ed elenco delle fonti documentarie); M. Guidi, Gli Albertolli,in Zeitschrift für Schweizerische Archeaologie und Kunstgeschichte,1946, pp. 243-251; E. Lavagnino, L'Arte moderna,Torino 1956, pp. 51 ss.; C. Brun, Schweizerisches Künstler-Lexikon,I, Frauenfeld 1905, p. 20; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler I, pp. 221 s. (con bibl.); Enciclopedia Italiana,II, pp. 198 s.

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