BROGNOLO, Giorgio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)

BROGNOLO, Giorgio

Roberto Zapperi

Nato a Mantova in data imprecisata nella prima metà del sec. XV, entrò al servizio dei Gonzaga poco dopo l'ascesa al trono del giovanissimo marchese Francesco II, dal quale fu impiegato inizialmente in brevi missioni diplomatiche, presso la corte di Milano nel 1485, di Urbino nel 1486, ancora di Milano nel 1487. Questa sorta di tirocinio diplomatico dovette svolgersi con la massima soddisfazione del suo signore, che il 22 apr. 1489 lo nominò suo oratore residente presso la Repubblica di Venezia.

Si trattava di un incarico di grande responsabilità, dato che il marchese aveva abbandonato poco prima il soldo delpotente vicino, il duca di Milano, per assumere la condotta dell'altra potenza confinante, destinata a condizionare, non meno del ducato di Milano, la vita e gli orientamenti politici del piccolo marchesato gonzaghesco. Il B. restò a Venezia per tre anni, fino al 1492, e non sempre fu facile il compito assegnatogli di conservare al suo signore il favore e l'alta protezione della Serenissima. La condotta assunta da Francesco Gonzaga, dopo che si erano guastati i suoi rapporti con gli Sforza, offriva infatti alla vicina Repubblica la possibilità di esercitare sul giovane marchese una tutela politica che poteva risultare anche troppo pesante.

Ci volle, ad esempio, molta abilità per superare la crisi del 1491 culminata, con la defenestrazione del potente ministro gonzaghesco Francesco Secco, inviso al marchese Francesco che desiderava uscire definitivamente da ogni forma di minorità politica. In questa circostanza il B. seppe coadiuvare efficacemente il suo signore, individuando tempestivamente il pericolo costituito per la sua indipendenza dal tentativo di mediazione intrapreso dal governo della Repubblica con il proposito di salvare il Secco e di mantenere per suo tramite il controllo sulla corte mantovana. La delicata operazione fu portata a compimento con molta abilità e senza turbare i buoni rapporti con la Serenissima. La solenne accoglienza tributata al Gonzaga in visita a Venezia nel settembre del 1491 sottolineò la perfetta riuscita dell'azione diplomatica del Brognolo. Il Senato della Repubblica arrivò in questa occasione fino a cancellare il nome del Secco dalla lista degli stipendiati della Serenissima.

Verso la fine del 1492 il B. fu richiamato in patria, per essere utilizzato in una nuova missione diplomatica solo nel febbraio del 1494, quando fu inviato a Roma per portare il contributo della sua esperienza alla difficile trattativa, in corso già da anni, per il cardinalato del protonotario Sigismondo Gonzaga, fratello del marchese Francesco.

Da Roma egli non si stancò di sollecitare denaro e regali di ogni sorta, ma senza riuscire a strappare ad Alessandro VI l'impegno tanto lungamente sospirato. Una volta distribuì a tutti i maggiori dignitari della corte pontificia carpioni, formaggi e gioielli appena giunti da Mantova. Nella primavera del 1494 la nomina sembrava imminente. Il B. aveva offerto la cospicua somma di quindicimila ducati che non mancò di allettare l'avido pontefice. Il 4 maggio egli scrisse alla marchesa Isabella di avere avuto dal papa questa dichiarazione: "per hora non mandasse gli denari ma li tenesse cusì, che sempre in sei zorni si poteriano mandare". L'affare sembrava concluso e invece ritornò ben presto in alto mare, senza che gli sforzi congiunti del B. e degli altri agenti mantovani a Roma approdassero ad alcun risultato.

Richiamato da Roma, dove ormai non c'erano più speranze in una sollecita definizione dell'annoso negoziato, nel luglio del 1495 il B. fu rimandato a Venezia. I rapporti del marchese con la Repubblica sembravano i migliori, dopo la battaglia di Fornovo nella quale il giovane condottiero aveva dato ottima prova contro il potente esercito francese. Ma erano destinati a guastarsi: il Gonzaga non era uomo da attenersi rigorosamente alle istruzioni del governo veneziano e le sue ambizioni di indipendenza l'avrebbero costretto fatalmente ad abbandonare il soldo della Serenissima. Intanto subito dopo la battaglia si lasciò irretire con facilità nel gioco dei Francesi interessati come il duca di Milano a concludere una sollecita pace, niente affatto desiderata da Venezia. Il 7 ott. 1495 il B. l'avvertì che il Consiglio dei pregadi aveva avanzato pesanti riserve sulla sua linea di condotta, giudicata avventata e scorretta. Erano le prime avvisaglie di un contrasto che ormai tendeva ad allargarsi inesorabilmente. La pace conclusa da Carlo VIII con il Moro non ottenne l'adesione di Venezia, decisa invece a proseguire la lotta contro il contingente francese lasciato da Carlo VIII nell'Italia meridionale. Il comando della spedizione allestita per soccorrere i Napoletani fu affidato al marchese di Mantova, che si lasciò pregare però a lungo prima di partire. Al B. toccò l'ingrato compito di giustificarlo a Venezia. Un compito che diveniva sempre più difficile, visto che il Gonzaga si mostrava sempre meno disposto a seguire le direttive della Repubblica. Condusse fiaccamente la campagna nel Regno di Napoli ed accordò ai Francesi una resa che ai Veneziani sembrò troppo vantaggiosa. A Venezia lo scontento e la diffidenza verso il Gonzaga crescevano ogni giorno di più insieme con l'imbarazzo del B. che trovava sempre meno argomenti in suo favore. Il suo signore gli aveva confidato la ferma intenzione di abbandonare la partita alla prima notizia di una seconda discesa di Carlo VIII, ma la sua impazienza di ritornare a Mantova acuiva invece di, placare i sospetti dei Veneziani: solo nell'ottobre del 1496 accedettero alle insistenti richieste del B. e gli permisero di abbandonare il Regno.

L'ostilità verso il Gonzaga era ormai divenuta aperta e i suoi tentativi di neutralizzarla, con l'invio a Venezia di due agenti mantovani di rincalzo al B., risultarono vani. Nel giugno del 1497 la Signoria notificò agli agenti mantovani la decisione di togliere il soldo al marchese, con la scusa che risultava già passato segretamente al servizio francese. Le proteste del B. e dei suoi colleghi a nulla valsero. né miglior risultato ebbero i loro ripetuti tentativi di riottenere al loro signore il favore della Serenissima. Ancora nel dicembre del 1497 la Signoria ostentava la più assoluta indifferenza per gli agenti mantovani e per il B. in particolare, non più, invitato alle cerimonie ufficiali "come prima si solleva far et era il primo chiamato".

La rottura con Venezia, dimostratasi ormai insanabile, indusse il Gonzaga a giocare la carta sforzesca. I contatti con la corte di Milano, favoriti e caldeggiati dalla marchesa Isabella, sempre tesa nel desiderio di collegare stabilmente il marito con la politica del cognato Ludovico il Moro, furono avviati rapidamente, ma arrivarono in porto solo nel giugno del 1498. con la stipula di un accordo che impegnava il Gonzaga per tre anni al servizio sforzesco per la somma di 40.000 ducati annui. La maggiore difficoltà della trattativa, costituita dal titolo di capitano dell'esercito ducale ambito dal marchese ma già detenuto da un altro condottiero sforzesco, Galeazzo di Sanseverino, al quale il Moro non voleva levarlo, non fu superata ma solo rinviata di quattro mesi, con la condizione che, ove non fosse risolta alla scadenza del termine, restava al Gonzaga la facoltà di denunciare l'accordo. Una clausola che scopriva la sostanziale incertezza del marchese, ancora desideroso di ritornare al servizio veneziano, e comunque deciso a giocare di volta in volta la carta milanese o quella veneziana per avere le migliori condizioni possibili. La riserva implicita nell'accordo concluso nel giugno spiega forse la decisione di spostare a Milano il B., diplomatico di sicura esperienza e certamente capace di destreggiarsi con la necessaria abilità nella delicata operazione di disimpegno dallo Sforza, possibile anche a breve scadenza. Un mese dopo la conclusione dell'accordo, il Gonzaga annunciò così al Moro l'invio a Milano del B. che vi giunse il 10 agosto. Nel settembre, ancor prima che scadesse il termine di quattro mesi fissato nell'accordo del giugno, il marchese iniziò a sondare il governo veneziano che trovò ora disposto a riassumerlo al proprio soldo per comandare un corpo di spedizione da inviare alla difesa di Pisa. Tanto bastò per dare l'avvio alle prime avvisaglie dello sganciamento dal Moro: il 5 ottobre il B. fu incaricato di protestare per il mancato conferimento del titolo di capitano dell'esercito sforzesco e il 9 dello stesso mese di denunciare l'accordo. Non fu difficile per il Moro scoprire il gioco del Gonzaga che accusò apertamente di malafede e minacciò di punire, chiedendo al re dei Romani di privarlo del feudo. Il 15 ottobre infine ruppe le relazioni diplomatiche con Mantova e congedò il B., senza tralasciare però di attestargli tutta la sua personale stima e simpatia.

Un riguardo che non era certo di mera circostanza, visto che il B., legato sin dagli anni del primo soggiorno veneziano da un rapporto di forte devozione personale alla marchesa Isabella che soleva servire come una sorta di agente artistico provvedendola di stoffe pregiate, di gioielli e di opere d'arte, non era insensibile alla tenace pressione politica da lei esercitata in direzione dichiaratamente filosforzesca. In effetti, quando di lì a poco l'accordo con Venezia, apparentemente sicuro, naufragò invece per le eccessive pretese del Gonzaga, il B. sembrò l'uomo più adatto per riannodare, auspice la marchesa, i rapporti con Milano. Già il 23 ottobre egli fu così incaricato di riprendere contatto" per nome di la marchesana" con il Moro, che il 24 dello stesso mese lo ricevette segretamente a Pavia, e quindi lo invitò a seguirlo a Milano, dove la sua presenza in incognito fu segnalata il 30 ottobre ai Veneziani. La sua missione ebbe il successo facilmente prevedibile, dato il desiderio dello Sforza di assicurarsi il servizio e l'alleanza del giovane ma già famoso condottiero. Il 1º novembre un inviato milanese incontrò segretamente a Cremona il B. che l'accompagnò a Borgoforte dove li aspettava il marchese per stabilire e concludere quello che messer Georgio Brugnolo havea tractato" con il Moro. Il 3 novembre il trattato di alleanzae l'accordo per il soldo furono rinnovatia Mantova, negli stessi termini del mese precedente. Il 20 novembre il B. fu accreditato di nuovo come ambasciatore a Milano insieme con Giampietro Gonzaga eil 26 furono ricevuti dal Moro.

La situazione internazionale tolse però di lì a poco ogni valore a questi accordi: il 9 febbr. 1499 fu firmato ad Angers un trattato di alleanza tra la Francia e Venezia che preludeva chiaramente a una spedizione antisforzesca e imponeva al marchese di Mantova di mutare - rotta precipitosamente. La politica filosforzesca diIsabella d'Este rischiava di coinvolgere Mantova nella inevitabile rovina di Ludovico il Moro. Francesco Gonzaga siaffrettò così ad offrire la sua amicizia a Luigi XII, avviando contemporaneamente una nuova operazione di sganciamento dal Moro. Il B. veniva a trovarsi nuovamente nella situazione particolarmenteodiosa di dovere accreditare i sotterfugi del suo signore, delle cui intenzioni politiche non è chiaro fino a che punto fosse a conoscenza. Lo stillicidio di misure e contromisure dirette a sottrarre il Gonzaga agli impegni sottoscritti senza scoprire apertamente il nuovo voltafaccia ebbero inizio nello stesso mese di febbraio e si protrassero fino alla piena estate. Il B. vi spese tutte le sue energie nell'impossibile tentativo di riportare l'accordo fra le due corti. Nel maggio il Moro era venuto nella determinazione di sospendere il pagamento del soldo al marchese, minacciando per giunta violente rappresaglie, senza che il B. desistesse dall'insistere sulla buona fede del Gonzaga e sulla necessità di riprendere i pagamenti. Al suo signore del resto egli non mancò di consigliare di restare fedele allo Sforza, mentre quello invece riprendeva contatto con Venezia per riassumeme la condotta. Il doppio gioco del marchese aveva le sue esigenze alle quali fu sacrificata la buona fede del B., attestata dall'atteggiamento del duca, sempre molto riguardoso verso di lui, e dai commenti degli agenti fiorentini a Milano che lo definivano "uomo bono e dabbene" e "in buona opinione di affetto". Fedele alla sua linea di condotta filosforzesca che copriva molto bene la manovra del Gonzaga, il B. perseverò nella sua opera di mediazione, contribuendo a mantenere viva nel Moro l'illusione di potere costringere il marchese a rispettare i patti fino quasi alla occupazione francese di Milano. Tra il luglio e l'agosto, mentre l'invasione francese era già in pieno svolgimento, egli condusse con lo stesso instancabile impegno l'ultima convulsa fase della inutile trattativa con il Moro, che, ormai alle strette, promise anche concessioni territoriali pur di avere l'aiuto del Gonzaga. Il 2 settembre però Milano fu occupata senza che un solo soldato fosse giunto in aiuto. Pochi giorni dopo la fuga dello Sforza da Milano, il B. fu significativamente sostituito nella carica di ambasciatore.

Egli poteva rendere ancora buoni servizi al suo signore continuando a intrattenere buoni rapporti con il duca esule alla corte del re dei Romani, dal quale il marchese dipendeva come feudatario. Nel gennaio del 1500furono intercettate dai Veneziani alcune sue lettere indirizzate al Moro per informarlo degli avvenimenti milanesi e incoraggiarlo a ritornare in forze per riprendersi lo Stato. Questa iniziativa, come sospettarono i Veneziani, rientrava nel complicato gioco politico del Gonzaga che non intendeva chiudere definitivamente la porta per il caso di una restaurazione sforzesca.

Utilizzato per un'ultima missione a Senigallia, della quale non si hanno notizie precise, il B. morì, a quanto pare, nello stesso 1500.

Fonti e Bibl.: Idispacci del B. si conservano nell'Archivio di Stato di Mantova, Gonzaga, buste 847, 850, 854, 1432-1433, 1435-1438, 1629, 1632-1633. Vedi ancora M. Sanuto, Diarii, Venezia 1879, I, coll. 665 s., 682, 832; II, ad Indicem;L. G. Pélissier, Documents sur les relations de Louis XII,de Ludovic Sforza et du marquis de Mantoue de 1498 à 1500tirées des archives de Mantoue,Modène,Milan et Venise, in Bull. des travaux histor. et scientif., 1894 (estratto); Id., La Politique du marquis de Mantoue pendant la lutte de Louis XII et de Ludovic Sforza 1498-1500, in Annales de la faculté des lettres de Bordeaux, 1892 (estr.); Id., Louis XII et Ludovic Sforza (8 avril 1498-23 juillet 1500), I-II, Paris 1896-1897, ad Indicem;A. Luzio, Isabella d'Este e i Borgia, in Archivio stor. lombardo, XLI (1914), p. 483; L. v. Pastor, Storia dei papi, III, Roma 1925, pp. 315, 851-854; F. Secco d'Aragona, Francesco Secco,i Gonzaga e Paolo Erba, in Arch. stor. lombardo, LXXXIII (1956), pp. 210 ss.; L. Mazzoldi, Da Ludovico I marchese a Francesco II duca, in Mantova. La storia, II, Mantova 1961, ad Indicem.

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