ZARLINO, Gioseffo

Enciclopedia Italiana (1937)

ZARLINO, Gioseffo

Alfredo Bonaccorsi

Teorico della musica e compositore, nato a Chioggia nel 1517, morto il 4 febbraio 1590 a Venezia. Votato alla vita ecclesiastica, ebbe la prima tonsura il 4 aprile 1532 e l'ordine di sacerdote forse nel 1540. Nel 1541 lo troviamo a Venezia, alla scuola di A. Willaert. Conobbe il Tintoretto e il Tiziano; condusse vita austera; divenne presto famoso con le sue opere. Dapprima cantore, sagrista, organista, fu chiamato alla direzione della cappella di San Marco con decreto del 5 luglio 1565, e vi rimase fino alla morte, avendo al primo organo, in successione di tempo, fra gli altri, C. Merulo, A. Gabrieli, G. Guami, e, al secondo organo, G. Gabrieli

Scrisse, secondo G. Caffi, 25 libri in lingua latina, che andarono purtroppo smarriti. Un Prologus in musica, appartenente forse a quest'opera, incomincia con le parole: Musica est liberalis scientia perite cantandi... Nel 1558 pubblicò le Institutioni harmoniche (la sua prima opera teorica) nel 1571 le Dimostrationi harmoniche, nel 1588 i Sopplimenti musicali. Le Institutioni furono tradotte in francese da J. Lefort, in olandese da J. P. Sweelinck, in tedesco da J. K. Trost. In De tutte l'opere del R. M. Gioseffo Z. da Chioggia, ecc., stampate nel 1589, si trovano altre dissertazioni, apparse anche separatamente, non aventi attinenza con la musica e cioè: un trattato della Patienza, ecc.; un Discorso fatto sopra il uero Anno et Giorno della morte di Giesu Christo nostro Signore; un'Informatione della Origine de i R. P. Capuccini; le Risolutioni d'alcuni Dubij mossi sopra la correttione dell'Anno di Giulio Cesare. Nei Sopplimenti "si dichiarano molte cose contenute nei due primi volumi delle Institutioni et Dimostrationi, per essere state mal intese da molti, et si risponde insieme alle loro calonnie". Da rilevare sono gli spunti polemici, e anche umoristici, di cui è ricca l'opera sua. Lo Z. si dedicò agli studî di diverse discipline (la teologia, la filosofia, la matematica, la chimica, l'astronomia) e delle lingue: il greco (l'ebraico). Egli cita i suoi autori anche nella lingua originale. La maggior parte delle sue opere musicali, fra cui musica scenica, sono andate perdute. S. Molmenti asserisce che lo Z. è autore di un "Orfeo, il primo dramma musicale". Fra quelle rimaste si ricordano: 1 Madrigale, a 5 voci, Lauro gentil, nel Terzo libro dei Madrigali di Cyprien de Rore, stampato a Venezia nel 1548; 2 Mottetti a 5 voci editi a Venezia nel 1549 in una raccolta di autori diversi, di cui la biblioteca del liceo musicale G. B. Martini di Bologna possiede la sola parte di basso; Josephi Zarlini Musici quinque vocum Moduli, Motecta uulgo Noncupata, Opus, ecc., libro primo impresso a Venezia nel 1549, di cui la stessa biblioteca possiede le sole parti di soprano e tenore; 21 Modulationes a 6 voci, pubblicate a Venezia nel 1566; 3 Lectiones pro mortuis, stampate a Venezia nel 1563 in una raccolta di Mottetti a 4 voci di C. de Rore e di altri. La Raccolta di Cornelio Antenelli impressa a Venezia nel 1570, che si trova nel liceo musicale di Bologna, contiene, fra l'altro, una canzone in 11 stanze, la terza delle quali è dello Z., composta in occasione di una vittoria dei Veneti; 3 Mottetti manoscritti a 6 voci si conservano inoltre nella raccolta musicale estense di Modena. M. Pesenti, nella prefazione al Libro quarto delle sue Correnti, Gagliarde, ecc. (oggi alla biblioteca del liceo musicale di Bologna, ove non esiste peraltro la Messa dello Z., di cui storie e dizionarî fanno menzione, ivi indicandola) parla di un clavicembalo inventato dallo Z. e fabbricato da Domenico da Pesaro l'anno 1548, "il quale fu il primo Clauicembalo che fosse mai fabricato col Diatonico, Cromatico et Henarmonico". Lo Z. fu onorato da uomini come Francesco Sansovino, che lo riteneva nella teoria e nella composizione "senza pari", dal doge erudito Marco Foscarini, che lo chiamò "famoso restauratore della musica". Lo stesso V. Galilei, il quale lo ebbe maestro, ma che si trovò con lui a fare aspra polemica in materia teorica, con accuse di plagio e nebulose e pedantesche dissertazioni, non mancò di ammirarlo, chiamandolo "huomo essemplare di costumi di vita et di dottrina".

I suoi concittadini lo desideravano vescovo, ma il doge e il senato vollero che non fosse distolto dall'arte sua.

Allo Z. si deve la codificazione della scienza musicale nel Cinquecento.

Egli è a cognizione del fatto acustico: i suoni sono prodotti da vibrazioni e le vibrazioni dànno la serie armonica naturale da cui discende l'accordo maggiore:

Nel 15° cap. del 1° libro delle Institutioni afferma che dentro le relazioni di numero 1 : 2 : 3 : 4 : 5 : 6 sono le determinazioni di tutte le consonanze. Musica è scienza che considera i numeri e le proporzioni. Le parti del numero senario contengono in atto e in potenza tutte quelle consonanze che può l'uomo immaginare per servire la musica. Tutte le armonie mostrano due ordinamenti e la diversità armonica riposa sulla consonanza della terza.

"... la uarietà dell'Harmonia", scrive lo Z. nel 31° cap. del 3° libro sopra citato, "non consiste solamente nella uarietà delle Consonanze che si troua fra due parti ma nella uarietà anco dell'Harmonie, la quale consiste nella positione della chorda che fà la terza... Onde ouer che sono minori et l'Harmonia che nasce è ordinata o s'assomiglia alla proportionalità o mediatione Arithmetica: ouer sono maggiori et tale Harmonia è ordinata, ouer s, assomiglia alla mediocrità Harmonica et da questa varietà

dipende tutta la diuersità et la perfettione dell'Harmonie; conciosiache è necessario... che nella Compositione perfetta si ritrouino sempre in atto la Quinta et la Terza ouer le sue Replicate, essendo che oltra queste due consonanze l'Udito non può desiderar suono, che caschi nel mezo, ouer fuori de i loro estremi, che sia in tutto differente et uariato da quelli...".

Nell'accordo maggiore (divisione armonica), l'armonia è chiara, in quello minore (divisione aritmetica) è scura. Quando si pone la terza maggiore nella parte grave l'armonia si fa allegra, quando si pone nell'acuto si fa mesta. La terza minore sta anche nell'accordo maggiore. Non si oppone la diversa grandezza della terza ma se ne determina il posto nell'accordo. Dalla posizione diversa delle terze, che si pongono nel contrappunto tra gli estremi della quinta, nasce dunque la varietà dell'armonia. Le consonanti si classificano in piene e vuote o più vaghe. Sono piene quelle che hanno maggior potere di occupare l'udito con diversi suoni. La quinta è più piena dell'ottava, perché i suoi estremi interessano maggiormente, e con più diletto e con diversi suoni, il nostro udito, mentre gli estremi dell'ottava sono equisonanti e s'assomigliano l'un l'altro. Gl'intervalli suonano più vuoti quanto più s'allontanano dai suoni principali, dalla serie dei suoni naturali delle due divisioni armonica ed aritmetica. La consonanza è il nucleo dell'armonia, laddove la dissonanza si produce "per accidente". Le composizioni si fanno primieramente di consonanze. Il rilievo della dissonanza rende più bella la consonanza, la quale immediatamente la segue. Le consonanze che si faranno una dopo l'altra debbono essere di specie diversa. Si potrà sopportare qualche eccezione, come due terze minori ascendenti o discendenti per grado. Volendo usare due consonanze perfette una dopo l'altra si dovranno muovere una per salto l'altra per grado. Nel contrappunto nota contro nota le dissonanze sono rigorosamente escluse. Sono ammesse dissonanze di passaggio nel tempo debole e per grado e, talora, in sincope. Questa dissonanza non dispiace, mentre prestamente se ne passa, facendo meglio udire la risoluzione. La sincope è sospensione, "taciturnità"; ivi la voce si tiene in una maniera di ritardo. Ogni contrario maggiormente si scopre e si fa al sentimento più noto per la comparazione del suo opposto. Si possono usare nella stessa percussione la semidiapende (quinta diminuita) e, alle volte, il tritono.

Lo Z. scende a minuziosi particolari nell'esposizione delle sue teorie, dal monochordo alle cadenze, cadenze stravaganti o evitate (fuggir la cadenza), all'imitazione, al contrappunto doppio (all'ottava, alla dodicesima, per moto contrario), al canone (Fuga obligata), al doppio canone (all'unisono, all'ottava, alla quinta superiore e inferiore), al libero fugato (Fuga sciolta, Ricercare), diffondendosi specialmente sui movimenti vietati, il seguito di parallele, ecc., in tutto ciò che darà qualche noia alle "purgate orecchie".

Si deve variar sempre il contrappunto sopra il soggetto, e, potendo far molti passaggi, si eleggerà quello che sarà il migliore, che tornerà più in proposito, che farà il contrappunto più sonoro e meglio ordinato, lasciando da un canto gli altri. La natura ha in odio le cose senza proporzione e senza misura e si diletta in quelle che hanno convenienza fra loro. Il compositore si sforzerà di fare che la parte più acuta della sua cantilena (affidata al soprano) abbia bello, ornato ed elegante procedere. Come la Terra è posta a fondamento degli altri elementi, così il basso ha tal proprietà da sostenere, stabilire e fortificare le altre parti, e dar loro accrescimento, essendo fondamento dell'armonia: procederà per movimenti alquanto tardi e lontani più di quelli che si pongono nelle altre parti, mentre le mezzane possono andare con movimenti eleganti e congiunti. Il tenore, per quanto sostituito come importanza dal soprano, regge e governa la cantilena, mantiene il modo e il tono, osservando di far le cadenze ai luoghi proprî e con proposito. Le quattro parti sono paragonate ai quattro elementi: il basso è la Terra, il tenore è l'Acqua, l'alto la Luce, il soprano il Fuoco. Quanto alla monodia e ai chromatisti, i quali volevano il parlar familiare nel proferir le parole delle cantilene, usando qualsiasi intervallo, lo Z., che pure è incline alle melodie a una sola voce accompagnate dagli strumenti, e convinto dell'aridità di parecchie composizioni polifoniche del suo tempo, e che, animato sotto altri aspetti da rigido conservatorismo e fedele al Willaert, aveva protestato contro l'uso e l'abuso della sovrapposizione delle parti, oppone che altro è il parlar comune e altro è il parlar modulando, ossia cantando; e insomma vuole il canto.

Nuova come termine tecnico, secondo H. Riemann, che dedica un capitolo della sua Geschichte der Musik-Theorie al dualismo dell'armonia e a Z., è la denominazione del soggetto (tema), cioè quella parte, originale o presa da altri, sulla quale il compositore cava l'invenzione di fare nuove parti. Lo Z. convenne sull'estensione fino a dodici del numero dei toni ecclesiastici, ma pose "logicamente", come anche rilevò il Riemann, l'ionio davanti al dorico e l'eolio dopo il missolidio, applicando costantemente la sua tabella. È noto inoltre che lo Z. aspirava già alla divisione dell'ottava in dodici parti uguali e che egli contribuì alla formazione della teoria dei rivolti.

Ai suoi meriti per lo sviluppo dell'armonia, dell'insegnamento del contrappunto, della pratica strumentale, si deve aggiungere la sua attività di compositore. Il suo stile, che è stato anche chiamato "fiammingo-veneziano" (ed a questo forse lo stesso Z. aspirava), non si discosta fondamentalmente da quello tradizionale. Egli non mostrò di accorgersi né della scuola romana contemporanea, né dell'opera dei Gabrieli, specialmente di Andrea, il primo maestro, in realtà, della scuola veneziana. I compositori da lui citati nelle opere teoriche sono il Willaert, Josquin Des Prés, Pierre de la Rue, Cyprien de Rore, e così via. F. J. Fétis e A. W. Ambros elogiano, quasi con le stesse parole, l'antifona a 6 voci Virgo prudentissima, costituita sulla base del motivo del Magnificat, con un canone a tre, sviluppato anche in movimento retto e contrario, in cui le altre voci fanno un elegante contrappunto. Si vedano i due mottetti pubblicati da L. Torchi, di cui qui si riproduce l'inizio del primo:

Lo Z. non è conosciuto come disegnatore e incisore. La Vergine della Navicella qui riprodotta, fu da lui intagliata su legno nel 1579, per una storia in ottava rima scritta dal Malombra, come si rileva dal quaderno della cessata Procuratia segnato E (carte 15, 140, 145, ecc.). Una copia di questa immagine è nel libro di Fra Iacopo da Venezia, Chioggia in pericolo. L'incisione appare ben composta e inquadrata; gli elementi secondarî in specie, per quanto racimolati, sembrano messi bene in fuoco; il segno, il panneggiamento, la decorazione, rammentano inoltre i Ferraresi.

Lo Z. è il teorico del Cinquecento e la sua influenza, anche dopo, sarà grande, tanto sui teorici quanto sui musicisti, particolarmente per l'applicazione e lo sviluppo della doppia natura dell'armonia da lui affermata. Egli non considerò il solo aspetto teorico ma ebbe comprensione anche per l'estetica e per la storia (si veda specialmente la trattazione della musica greca nella 2ª parte delle Istituzioni) e inoltre il senso dell'unità della sapienza con l'espressione. Il suo contributo mediato e prudente, nella continuazione degli studî, si dilata e si perfeziona nel tempo, segnando la fine del dominio dei toni ecclesiastici e aprendo la via alle future conquiste, dalla stessa pratica del Basso continuo (per quanto il periodo delle Nuove musiche incominci col dimentieare lo Z.), all'interpretazione moderna dell'armonia.

Bibl.: Dialogo di Vincentio Galilei, ecc., Firenze 1581; V. Galilei, Discorso intorno alle opere di messer G. Z. di Chioggia, Firenze 1589; G. M. Artusi, Imprese del R. P. G. Z. da Chioggia, ecc., Bologna 1604; G. B. Martini, Esemplare ossia saggio fondamentale pratico di contrappunto, 1774-75, I, pp. 45-46; G. Ravagnan, Elogio di G. Z. da Chioggia, celebre restauratore della musica nel sec. XVI, Venezia 1819; G. Caffi, Narrazione della vita e delle opere di G. Z., ivi 1836; id., Storia della musica sacra nella già Cappella di San Marco, ivi 1854, pp. 129-61; F. J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, Parigi 1864; P. Molmenti, Storia di Venezia, cap. 15°, p. 2; A. W. Ambros, Geschichte der Musik, IV, Lipsia 1881, pp. 407-30; V. Bellemo, G. Z., Chioggia 1884; L. Torchi, L'arte musicale in Italia, I, Milano 1897, pp. 69-86; M. Brenet, Deux traductions françaises inédites des institutions harmoniques de Z., Parigi 1911; H. Riemann, Geschichte der Musiktheorie im IX. XIX. Jahrhundert, Berlino 1920, pp. 389-424; F. Hoegler, Bemerkungen zu Zarlinos Theorie, in Z. f. Musikwiss., IX-X (1927); G. Pannain, Lineamenti di storia della musica, Napoli 1928; S. Chiereghin, Z., in Rivista musicale italiana, 1930; Un lettore, Lettera, ibid., 1930; H. Zenck, Z. Ist. Har. als Quelle zur Musikanschauung der ital. Renaissance, in Z. f. Musikwiss., IX-X (1930); G. Benvenuti, Andrea e Giovanni Gabrieli e la musica strumentale in San Marco, in Istituzioni e monumenti dell'arte musicale italiana, I, Milano 1931; F. Fano, La Camerata Fiorentina, ibid., Milano 1934; I. Tiozzo, Tra i maestri della Cappella di San Marco, in Rivista di Venezia, dic. 1934.

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