SPINOLA, Giovambattista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SPINOLA, Giovambattista

Stefano Tabacchi

– Nacque a Genova il 3 o il 4 agosto 1646 da Francesco Maria (1621-1661), senatore di Genova, e da Pompilia di Francesco Cattaneo.

Apparteneva al ramo degli Spinola detto di Luccoli, più recente di quello di San Luca, ma comunque appartenente alla fascia più alta dell’aristocrazia genovese.

Dopo aver trascorso l’infanzia a Genova, studiò presso il collegio dei gesuiti di Parma. Seguì poi a Roma lo zio, Giulio Spinola, prelato di Curia e – dal 1666 – cardinale e lo accompagnò nella sua nunziatura a Vienna (1665-67). Rientrato a Roma, rinunciò a un programmato matrimonio, vestì l’abito prelatizio e iniziò una carriera nell’amministrazione temporale dello Stato della Chiesa assumendo diversi governi: quello di Fano (1672-73), quello di Orvieto (1673-75), quello di Tivoli (1680-82). Fu in seguito richiamato a Roma e assunse l’incarico di commendatore dell’ospedale di S. Spirito in Sassia, uno dei principali enti assistenziali romani.

Con l’elezione al papato di Alessandro VIII, nell’ottobre del 1689, fu nominato a una carica prelatizia di grande rilievo, quella di segretario della congregazione della Consulta, che sovraintendeva all’amministrazione temporale dello Stato della Chiesa. La ormai robusta esperienza amministrativa dello Spinola portò poi Innocenzo XII a nominarlo, nel luglio del 1691, governatore di Roma, carica che mantenne fino al 1695.

In questa veste, Spinola dovette misurarsi non solo con i tradizionali e complessi problemi dell’ordine pubblico della città, ma anche con la questione delle immunità dei quartieri diplomatici delle potenze europee, che solo pochi anni prima aveva portato a un duro scontro tra Innocenzo XI e Luigi XIV. Nel suo governo, Spinola interpretò con rigore gli indirizzi politici di Innocenzo XII, che intendevano affermare la giurisdizione delle magistrature pontificie sui gruppi privilegiati e sui tribunali minori, guadagnandosi la fama di funzionario inflessibile ed efficiente.

Il 12 dicembre 1695 fu nominato cardinale. Dal febbraio 1697 al 1698 fu cardinale legato di Bologna. Nel corso della breve esperienza bolognese, avviò un risanamento delle dissestate finanze della città, che godeva di una larghissima autonomia amministrativa, per far fronte ai pesanti debiti che essa aveva con la Camera apostolica.

Rientrato a Roma, fu nominato cardinale camerlengo, alla morte del cardinale nipote di Clemente X, Paluzzo Paluzzi (giugno 1698). Il nuovo ufficio, che gli attribuiva la sovraintendenza sulla Camera apostolica, il massimo organismo finanziario della S. Sede, era vitalizio e veniva tradizionalmente ricoperto dai cardinali nipoti del pontefice regnante, che ne traevano ricche prebende. Spinola fu il primo cardinale a rivestire la carica dopo l’abolizione del nepotismo e ne rafforzò alcune competenze, in particolare in materia di beni demaniali e attività artigianali.

Nel luglio del 1700 Innocenzo XII nominò Spinola, insieme ai cardinali Fabrizio Spada e Giovanfrancesco Albani, in una congregazione speciale incaricata di approvare il testamento con cui Carlo II di Spagna destinava i suoi regni a Filippo di Borbone, che la corte spagnola aveva inviato al pontefice. La congregazione avallò il testamento di Carlo II, che morì di lì a poco, il 1° novembre 1700, aprendo la guerra di successione di Spagna.

Nel conclave del 1700 la sua candidatura fu posta con una certa forza dal partito degli ‘zelanti’, che propugnava una più forte autonomia del papato dalle potenze europee. Il 9 novembre 1700 il diarista Francesco Valesio (1977) riferì voci secondo cui «il numero dei voti concorsi in Spinola sia realmente per farlo pontefice, il che cagionaria gran dispiacere alla città, essendo a tutti esoso per il governo della medesima da esso tirannicamente essercitato» (I, p. 114). In quest’occasione ebbe tra i suoi oppositori il suo lontano parente Giovambattista Spinola di Santa Cecilia e, in generale, i cardinali più anziani. Il conclave si chiuse così, il 23 novembre 1700, con l’elezione di un candidato di compromesso, Giovanfrancesco Albani, con cui Spinola aveva un buon rapporto.

Spinola assunse dunque un ruolo di rilievo nel governo di Clemente XI e partecipò a diverse iniziative di riforma avviate dal pontefice, come la cosiddetta congregazione del Sollievo, istituita nel 1701 per rilanciare l’economia dei territori pontifici. Presiedette inoltre una congregazione speciale incaricata di verificare l’amministrazione delle dogane generali di Roma e la gestione del tesoriere generale, Lorenzo Corsini.

In qualità di camerlengo, Spinola promosse un’innovativa legislazione sui beni culturali, espressiva di una temperie culturale in cui si stava determinando una crescente attenzione per la tutela e la riscoperta del patrimonio archeologico. In questi ambiti egli poté giovarsi della collaborazione di alcuni eruditi di valore, come Pietro Santi Bartoli e il figlio Francesco, che si succedettero nella carica di commissario alle antichità, e probabilmente Francesco Bianchini, molto apprezzato da Clemente XI.

Un primo editto del 18 luglio 1701 si limitava in sostanza a riprendere più antiche disposizioni che vietavano l’esportazione di opere d’arte antica. Un più ampio e articolato editto del 30 settembre 1704 presentava alcune importanti novità, perché estendeva la tipologia dei beni tutelati e soprattutto perché a esso fu garantita una puntuale applicazione. Questo corpus di normativa fu poi completato da due ulteriori editti, uno del 14 maggio 1712, che aveva per oggetto la tutela di libri e manoscritti preziosi, e uno dell’8 aprile 1717, relativo all’esportazione di statue e reperti archeologici.

Negli anni a cavallo tra Sei e Settecento Spinola raccolse intorno a sé un cospicuo numero di letterati, tra cui il suo maestro di camera, l’accademico umorista Antonio Caraccio, barone di Corano, il segretario Giuseppe Paolucci, il poeta Benedetto Menzini, uno dei fondatori dell’Arcadia. Ad accomunare questi personaggi era soprattutto il legame con l’Accademia dell’Arcadia, che, specialmente durante il pontificato di Clemente XI, divenne il centro di elaborazione di una poetica fortemente sostenuta dalla Curia. Lo stesso Spinola fu, dal 1709, membro dell’Accademia con il nome di Temistio Argireo.

Il mecenatismo del cardinale Spinola fu pure di qualche importanza. Verso la fine degli anni Sessanta del Seicento dovette entrare in contatto con il pittore genovese Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccia, che realizzò un suo ritratto giovanile. Il rapporto con il pittore si rafforzò a partire dagli anni Novanta e il cardinale si adoperò per ottenergli importanti commissioni, come quella – che non andò a buon fine – per il palazzo ducale di Genova e quella per la volta della basilica dei Ss. Apostoli, a Roma. Dopo la morte del Baciccia, nel 1709, Spinola utilizzò soprattutto il suo allievo Giovanni Odazzi. Nell’ambito della scultura Spinola sostenne invece il genovese Francesco Queiroli, al quale procurò alcune commissioni in S. Maria Maggiore. Pur non dedicandosi particolarmente all’architettura, destinò un cospicuo lascito per il completamento della canonica di S. Maria maggiore, fece erigere a Genova una cappella gentilizia nella chiesa di S. Caterina a Luccoli e promosse, sempre a Genova, alcuni ampliamenti del palazzo di famiglia.

La collezione di dipinti del cardinale fu assai consistente, contando circa duecento dipinti nel palazzo della Pilotta e altri cinquanta in una villa che possedeva presso Albano. Il gusto di Spinola si orientava soprattutto al classicismo bolognese e ai quadri di genere, dalle nature morte, alle battaglie ai paesaggi, con una specifica attenzione per i soggetti sacri. Nel complesso il cardinale esprimeva dunque scelte piuttosto conservative e austere, lontane dal collezionismo militante che caratterizzava altre raccolte cardinalizie.

Dopo aver partecipato alle congregazioni speciali, costituite nel 1708-09, per stabilire mezzi per finanziare la costituzione di un esercito necessario a difendere lo Stato della Chiesa dagli sconfinamenti di truppe imperiali impegnate nella guerra di successione spagnola, Spinola rimase un autorevole cardinale di Curia. Ancora nel 1713 l’ambasciatore veneto sottolineava il suo ruolo, definendolo «soggetto di mente e saviezza, portato dal suo temperamento al vigore» (Relazioni..., 1935, p. 231). Oltre a esercitare il camerlengato, partecipò, in questa fase, a diverse congregazioni speciali costituite per affiancare il papa nella trattazione delle questioni di politica internazionale.

Progressivamente, però, il suo ruolo fu ridimensionato dalla crescita del potere dei nipoti di Clemente XI, e in particolare di Annibale Albani, che gli sarebbe succeduto come camerlengo. Nel 1716 fu ancora membro di una congregazione speciale incaricata di promuovere un intervento militare contro i turchi e di una nuova congregazione su materie economiche e finanziarie.

Da tempo ammalato di gotta, morì a Roma il 19 marzo 1719.

Fonti e Bibl.: L’unica monografia dedicata specificamente a Spinola è M. Di Penta, G.B. S. cardinal San Cesareo (1646-1719), collezionista e mecenate di Baciccio, Roma 2007, alla quale si rimanda per ulteriore bibliografia. Si vedano inoltre Notizie istoriche degli arcadi morti, II, Roma 1720, pp. 197-199; M. Guarnacci, Vitae et res gestae pontificum romanorum et S.R.E. cardinalium a Clemente X usque ad Clementem XII, I, Romae 1751, coll. 455-458; Recueil des instructions données aux ambassadeurs et ministres de France, dépuis les Traités de Westphalie jusqu’à la Révolution française, XVII, Rome, II, a cura di J. Hanotaux, Paris 1911, pp. 199, 242, 333; L. von Pastor, Storia dei papi nel periodo dell’assolutismo, XIV, 2, Roma 1932, pp. 5, 12, 17, 48, 62, 102; XV, Roma 1933, ad ind.; Relazioni di ambasciatori sabaudi, genovesi e veneti durante il periodo della grande alleanza e della successione di Spagna (1693-1713), a cura di C. Morandi, Bologna 1935, pp. 218, 231; Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, V, a cura di R. Ritzler - F. Sefrin, Patavii 1958, p. 20; N. Del Re, Monsignor governatore di Roma, Roma 1972, pp. 110 s.; F. Valesio, Diario di Roma, I-II, a cura di G. Scano, Milano 1977, ad ind., III, 1978, pp. 30, 40, 121, 163, 186, 196, 222, 410, 422, 450, 611, 805, 809, IV, pp. 169, 249, 955; Ch. Weber, Die ältesten päpstlichen Staatshandbücher: elenchus congregationum, tribunalium et collegiorum Urbis (1629-1714), Rom-Berlin-Wien 1991, p. 155; Id., Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), Roma 1994, pp. 236, 323, 361, 405, 928; S. Tabacchi, Cardinali zelanti e fazioni cardinalizie tra Sei e Settecento, in La corte di Roma tra Cinque e Seicento ‘teatro’ della politica europea, a cura di G. Signorotto - M.A. Visceglia, Roma 1998, pp. 146-148, 150; Ch. Weber, Die päpstlichen Referendare 1566-1809. Chronologie und prosopographie, Stuttgart 2003-2004, p. 922; M. Di Penta, Un’inedita “Addolorata” di Carlo Maratta: prolegomena al collezionismo di G.B. S. iuniore, cardinale di San Cesareo, in Ricerche di storia dell’arte, 2006, n. 88, pp. 105-109; D. Martín Marcos, Roma ante el cambio dinástico en la monarquía española. La consulta de Carlos II a Inocencio XII sobre la sucesión, in Hispania, LXVII (2007), pp. 255-270 (in partic. p. 265); S. Tabacchi, Il Buon Governo. Le finanze locali nello Stato della Chiesa, Roma 2007, pp. 220, 385; Storia di Bologna. Bologna nell’età moderna (secoli XVI-XVIII), I, a cura di A. Prosperi, Bologna 2008, pp. 85, 89.

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