DONATI, Giovan Battista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DONATI, Giovan Battista

Alberto Righini

Nacque a Pisa il 26 dic. 1826 da Pietro e Luisa Cantini. Compì, nella città natale, gli studi; all'università ebbe come maestri C. Matteucci e O. F. Mossotti, da cui apprese la fisica e l'astronomia. Con decreto del 5 ag. del 1852 fu aggregato all'osservatorio di Firenze presso il Regio Museo di fisica e storia naturale, diretto da G. B. Amici, ottico modenese, i cui interessi erano prevalentemente attratti dall'ottica e dagli studi di microscopia.

La strumentazione disponibile presso l'osservatorio non dava molte possibilità al giovane D. di applicarsi alle ricerche astronomiche più avanzate. Essa, comunque poteva essere fruttuosamente impiegata nella indagine su nuove comete e nella osservazione di quelle già scoperte, secondo una lunga tradizione dell'osservatorio fiorentino, usando le stelle presenti nel campo per ricavarne le coordinate astronomiche col metodo della differenza. Il D. si dedicò con impegno allo studio delle comete e pubblicò vari saggi dalle sue ricerche: Orbita della cometa del 4 giugno, in Annali del R. Museo di fisica e storia naturale di Firenze, V (1854), pp. 316 ss.; New Comet in the constellation Telescopium Herschelii, in Monthly Notices of the R. Astron. Soc., XV (1854-1855), pp. 209 s.; Observations of Comet III 1857, ibid., XVII (1856-1857), pp. 209 s.

È appunto a una cometa, precisamente a quella scoperta il 2 giugno 1858nella costellazione del Leone alle 10 di sera (Discovery of a Comet 'Comet V., 1858', ibid, XVIII [1858], p. 271; Entdeckung eines Cometen, in Astr. Nachr., XLVII [1858], p. 218), che il D. deve la sua fama di astronomo presso i contemporanei. Non era certo questa la prima cometa che egli aveva scoperto, ma sicuramente fu quella che, divenendo nel giro di pochi mesi tanto cospicua da occupare con la sua coda più di un terzo dell'emisfero visibile, rese il nome del suo scopritore noto al mondo. In seguito si dirà che questa cometa era stata più spettacolare di quanto lo fu la Halley nel suo passaggio, pur notevole, all'inizio del XX secolo.Intanto il 1º ott. 1854 il D. era stato nominato aiuto astronomo e il 29 sett. 1858 astronomo aggiunto. Dal 22 dic. 1854 aveva ricevuto il titolo di professore di astronomia nell'Istituto di studi superiori di Firenze.

Nel 1860 si recò in Spagna a Torreblanca. un piccolo villaggio vicino alla costa mediterranea tra Valencia e Tarragona, per osservare l'eclissi totale di Sole del 18 luglio. Erano con lui anche F. Carlini dell'osservatorio di Milano e E. W. L. Tempel. Scopo principale di questa spedizione era l'osservazione delle protuberanze solari.

Essa confermò che le protuberanze appartengono al Sole, e non alla Luna come qualcuno aveva ipotizzato, e soprattutto che esiste una correlazione tra la presenza delle protuberanze e l'esistenza di macchie negli strati sottostanti dell'atomosfera solare (tali conclusioni vennero presentate dal D. nell saggio Intorno alle osservazioni fatte a Torre Blanca in Spagna dell'eclisse totale di Sole del 18 luglio 1860, in Annali del R. Museo di fisica e storia naturale di Firenze, n. s., I [1865], pp. 21-35).

Già prima di partire per la spedizione il D. aveva pensato di dedicarsi agli studi di spettroscopia stellare, iniziati da J. Fraunhofer nel 1815 a Monaco nell'osservatorio di Bergenhausen.

Le difficoltà incontrate dal Fraunhofer per osservare glì spettri stellari furono confermate al D. da J. von Lamont, allora direttore dell'osservatorio di Bergenhausen, che il D. aveva conosciuto in occasione della spedizione per l'eclissi in Spagna.

Al suo ritorno a Firenze il D., dietro suggerimento di G.B. Amìci, modificò la struttura dello spettroscopio di Fraunhofer introducendo una lente collimatrice. In questo modo la visibilità delle righe, allora dette strie, non dipese più dalla vergenza deì raggi, che provenendo dal telescopio illuminavano la fenditura di ingresso dello spettroscopio. Diventò così possibile utilizzare dei telescopi-collettori di diametro notevole e di focale molto corta, come appunto la lente che Benedetto Bregans aveva lasciato nel 1690 al granduca Cosìmo III durante il suo passaggio per Firenze. Il D. inserì, cosa nuova per quei tempi, anche una piccola lente cilindrìca prima della fenditura dello spettroscopio per meglio utilizzare la debole luce stellare.

Le osservazioni degli spettri stellari confermarono che non tutte le stelle presentano lo stesso spettro di righe di Fraunhofer e sembrarono suggerire una relazìone tra il colore delle stelle e la posizione delle righe spettrali (Intorno alle strie degli spettri stellari, ibid., pp. 1-20; precedentemente: Intorno alle strie degli spettri stellari, in Nuovo Cimento, XV [1862], pp. 292-376; Mémoire sur les raies des spectres stellaires, in Ann. de chimie et de phy s., s. 3, LVIII [1862], pp. 247-263). Sappiamo adesso che questo effetto è dovuto alla diversa ionizzazione degli elementi prodotta dalla differente temperatura negli stratì esterni delle stelle.

Le osservazioni del D. sugli spettri stellari sono i primi studi di carattere astrofisico che si compirono a Firenze e tra i primi nel mondo. È indubbio che nel successo del D. si riflette il felice incontro tra la scuola fisica pisana del Mossotti e la genialità dell'Amici.

Alla morte dell'Amici, avvenuta il 18 aprile 1864, il D. gli successe nella direzione dell'osservatorio. In questa veste egli si adoperò per far sopravvivere la piccola officina ottico-meccanica, fondata dall'Amici con glì artigiani che aveva portato con sé a Firenze, all'atto della sua nomina alla direzione dell'osservatorio. È da questa officina che venivano prodotti gli strumenti usati per microscopia presso il Museo di fisica. In breve tempo, grazie all'interessamento del D., con l'aiuto del Comune di Firenze, ma soprattutto con i capitali di A. Vegni e di G. Uzielli, nacquero a Firenze presso la nuova urbanizzazione delle Cure, con le maestranze formatesi alla scuola dell'Amici, le officine Galileo, nucleo dell'industria di precisione italiana.

Al D. si deve anche la fondazione e la costruzione del nuovo osservatorio di Firenze, sul colle di Arcetri a sud della città, su un'amena collina alta circa 100 m sul livello del fiume Arno. La costruzione dell'osservatorio fu voluta dal D. seguendo un antico suggerimento formulato nel 1790 dall'astronomo pisano T. Perelli.

Già nel 1862 il D. aveva fatto le prime proposte, ma un vero e proprio progetto formale per la costruzione del nuovo osservatorio non pote essere presentato al governo che nei primi giorni del 1864. Il 26 sett. 1869 il D. fu in grado di mostrare agli scienziati italiani, convenuti a Firenze per tre distinti congressi scientifici, le fondamenta del nuovo osservatorio.

Nonostante l'impegno profuso per il reperimento di finanziamenti il D. non abbandonò la ricerca. L'interesse per le comete e l'esperienza guadagnata negli studi di spettroscopia stellare lo indussero a studiare lo spettro delle comete. Con il suo spettroscopio e la lente di Bregans, osservava lo spettro della cometa 1864 I tra il 5 e il 6 ag. 1864. Fu questa la prima osservazione spettroscopica della radiazione cometaria. Lo spettro, diversamente da quelli stellari, appare in emissione, cioè scuro, solcato da strie (righe o bande spettrali) brillanti. Queste erano le bande di emissione della molecola C.

Il D. rivolse i suoi interessi scientifici anche alla spettroscopia solare; si fece costruire uno spettroscopio a visione diretta, composto di ben 25 prismi, per ottenere forti dispersioni, mediante il quale riuscì a vedere la riga C dello spettro solare (la riga Hα. a 6563 Å) in emissione sopra le macchie, osservando per la prima volta le facole cromosferiche (Osservazioni spettroscopiche di macchie solari fatte a Firenze, in Mem. d. Soc. spettrosc. it., I [1872], pp. 31-39).

Contemporaneamente alla costruzione del nuovo osservatorio veniva costruita a Firenze, su disegno del D., la "macchina equatoriale" per dare un'adeguata montatura all'obbiettivo dell'Amici e realizzare l'antico sogno del D. di avere a disposizione un telescopio i cui movimenti non fossero intralciati dai rudimentali sistemi meccanici della montatura provvisoria.

La notte tra il 4 e il 5 febbr. 1872 fu visibile una grandiosa aurora polare. Questo fenomeno attirò particolarmente l'attenzione del D., che ne fece oggetto della prima pubblicazione del nuovo osservatorio di Arcetri. Il D. riuscì in breve tempo, tramite i consolati italiani all'estero, a compiere un'indagine per valutare l'istante di inizio e del massimo della aurora.

Lo scopo era di accertare se il fenomeno aurorale risentisse della posizione del Sole rispetto all'osservatore. Lo studio dell'aurora suggerì al D. che il fenomeno potesse avere il Sole come causa indiretta e che il concetto di meteorologia dovesse essere esteso, introducendo una sorta di "meteorologia cosmica" in cui si sarebbe tenuto conto anche dell'influenza del Sole sulla Terra (Sulmodo con cui si propagarono i fenomeniluminosi della grande aurora polare, in Mem. d. Oss. astr. di Arcetri, I [1873], pp. 3-31). Fu questa una felice intuizione anticipatrice di quel particolare ramo della geofisica che si occupa dell'influenza del Sole sull'ambiente terrestre e a cui, nella sua storia più che centenaria, l'osservatorio di Arcetri ha dato un non piccolo contributo.

Il nuovo osservatorio fu inaugurato il 27 ott. 1872. Il D. non poté lavorarci per molto tempo: la morte lo colse in Arcetri, meno di un anno dopo, il 20 sett. 1873 al ritorno da un congresso di meteorologia a Vienna, dove era stato contagiato dal colera.

Fonti e Bibl.: Necr., in Boll. d. Soc. geogr. ital., X (1873), pp. 74-92; A. Abetti, L'osservatorio astron. di Arcetri, in Rivista di astr. e scienze affini, III (1909), pp. 281-88; A. Corsini, Le origini dell'osservatorio di Arcetri, in L'Universo, V (1924), pp. 2-11; M. L. Bonelli, Gli strumenti antichi al Museo di storia della scienza di Firenze, Firenze 1980, ad Indicem; A. M. Clerke, History of astronomy during the XIX Century, Edimburgh 1985, pp. 220-225.

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