ODIERNA, Giovan Battista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ODIERNA, Giovan Battista

Federica Favino

ODIERNA (Hodierna), Giovan Battista. – Nacque a Ragusa il 13 aprile 1597 da Vito Dierna, calzolaio o forse muratore, e da Serafina Rizo. Fu lo stesso Giovan Battista a scegliere, tra il 1619 e il 1622, di latinizzare il cognome paterno anteponendovi il prefisso ‘ho’, come manifesto del suo ‘hoggidismo’. La forma ‘Odierna’, che sopravvive nella toponomastica cittadina, è dovuta a una volgarizzazione successiva.

Sono indiziarie le informazioni sul suo primo itinerario formativo, come l’influenza del ricco parente don Giuseppe Orlandi, dell’erudito locale Mario Bocchieri, del convento ragusano dei francescani con i suoi molteplici legami con l’Università di Padova. È invece certa la sua precoce inclinazione per l’astronomia. Nel 1618, ispirato dalla lettura delle Meteore di Agostino Nifo e munito di un rudimentale quadrante costruito in base alla Sfera del mondo di Alessandro Piccolomini, si trasferì nel campanile della chiesa di S. Nicola, sul luogo più elevato di Ragusa, da dove poté osservare il transito delle tre comete visibili tra il 1618 e il 1619 (che descrisse però solo nel 1654, nel Cometarum Anni MDCXVIII brevis historia, Palermo, Bua, 1654).

Nel 1622 fu ordinato sacerdote, a conclusione di una formazione teologica avvenuta tra Ragusa e Siracusa. Dopo un pellegrinaggio giubilare a Roma (dove ebbe contatti con l’ambiente linceo) e a Loreto, dal dicembre 1625 fino all’aprile 1636 risiedette stabilmente a Ragusa, amministrando il sacerdozio nelle diverse chiese parrocchiali e svolgendo un magistero informale presso l’aristocrazia locale: tra i suoi allievi si annoverano soprattutto i fratelli Carlo e Giulio Tomasi, suoi futuri mecenati. Risale a questo periodo l’adesione alla prospettiva galileiana, dovuta, forse, all’influsso del linceo siracusano Vincenzo Mirabella.

Importanti letture sull’‘hoggidismo’ – dal De Constantia di Giusto Lipsio, all’Hoggidì di Secondo Lancillotti – unite alla conoscenza delle opere di Galilei, di Fortunio Liceti, di Giovanni Argoli e all’arrivo di un telescopio inviatogli da Roma dal botanico e sector Alessandro Rondanini, gli ispirarono nel 1628 la composizione del Nunzio del secolo cristallino, una celebrazione ispirata e profetica della superiorità dell’età presente inaugurata dal telescopio. L’invenzione dei ‘belgici strumenti’ avrebbe prodotto, secondo Odierna, una brusca cesura nella progressiva decadenza dell’umanità, giacché avrebbe permesso di raggiungere il colmo della verità svelando le leggi che regolano i moti celesti, ovverosia le forze e le influenze che determinano le azioni del regno inferiore. Chiaramente ispirato da Galileo, il Nunzio però professava un geocentrismo d’ispirazione tychoniana e una soteriologia mistica che ne facevano, più che l’opera di un «galileiano decentrato» (Nastasi, 1987, p. 509), quella di un intellettuale isolato «per ragioni dottrinali» prima che geografiche (Dollo, 1979, p. 242). Pur avendo già ricevuto l’imprimatur, l'opera rimase inedita, per difficoltà economiche, per incertezze teoriche o forse per la difficoltà di trovare un mecenate per un trattato, sì tradizionalista, ma che metteva comunque in discussione la subordinazione dell’astronomia alla metafisica e alla teologia (ibid.).

Forse perché più tecnica, Odierna riuscì invece a pubblicare un’altra operetta giovanile, l’Universae facultatis directionum physiotheorica (Palermo, Cirillo, 1625), in cui, cercando nella regola dei moti celesti quella latente nei moti della materia, determinava i ‘cerchi delle posizioni’ in ogni parte del mondo. Corredavano l’opera alcune Directionum tabulae sul modello di quelle di Giovanni Antonio Magini, composte entro il 1629 e rimaste inedite. Risalgono al periodo giovanile anche l’opuscolo Chronologia et historia anni civilis romani (1630-31) e la stesura dell’Almanacco delle doviziose grandezze del mondo sensibile ammirate, osservate e in diverse maniere spiegate (edito in Pavone, 1987, pp. 362-385). Come anche l’Almanacho omonimo completato nel 1646 (edito in Dollo, 1997), si tratta di un’opera apologetica e divulgativa, scritta in volgare e concepita per avvicinare anche il popolo indotto al possesso della verità intesa come manifestazione di Dio.

Nel 1637 partecipò, al seguito dei fratelli Tomasi, alla fondazione del Ducato di Palma nella Baronia di Montechiaro – un atto di legittimazione per una famiglia nobiliare ancora in ascesa – di cui resse la chiesa in qualità di cappellano curato dal 1637 al 1645, quando ne divenne parroco e arciprete. Tra gli studiosi non c’è accordo sulla reale portata del mecenatismo dei Tomasi nei suoi confronti: mentre alcuni, come Mario Pavone, riconoscono a questo intervento una forte valenza positiva, altri, come Filippo Garofalo e Corrado Dollo, invece lo ridimensionano sulla base della constatazione della cronica mancanza di fondi per la stampa che afflisse Odierna tutta la vita e che giustifica il numero prevalente di sue opere rimaste inedite.

A questo periodo risale la composizione di un gruppo di Opuscoli  in lingua volgare, editi a Palermo per i tipi di Domenico Cirillo nel 1644, che compendiano materie di argomento astronomico, meteorologico, ottico, microscopico. In ciascun trattato è possibile riscontrare quel misto di ‘nova et vetera’ che contraddistingue l’opera di Odierna (Dollo, 1979). Nel Nunzio della Terra, per esempio, usando metodi come l’occultamento con le corde o il telescopio, arrivava a stabilire diametri planetari ragionevolmente appropriati. Tuttavia, tenendo per ferme le tradizionali distanze planetarie e stellari, concludeva che la Terra è più larga di tutti i pianeti presi insieme tranne il Sole: una conferma sperimentale del geo-antropocentrismo oltre che dell’interpretazione letterale del testo sacro. La nuvola pendente trattava di alcuni fenomeni meteorologici e avrebbe dovuto essere il primo di quattro opuscoli dedicati rispettivamente al vento (poi edito a cura di  Angelo Licitra, 1902), al fulmine, alle acque ‘scaturienti’. Ne Il Sole del microcosmo, una trattazione pre-cartesiana dell’anatomia dell’occhio e una povera teoria delle lenti convivevano con considerazioni rimarchevoli sulla formazione delle immagini (condotta secondo la tradizionale analogia con la camera oscura) e la loro trasmissione al cervello; vi è già presente la teoria del raggi, nota a Odierna tramite i Photismi de lumine di Francesco Maurolico e Cristoforo Clavio, e la visione vi è ricondotta alle sole qualità primarie: la sensazione avverrebbe a causa della ‘trasmutazione’ prodotta nella sostanza atomica della retina dalla luce, mentre i colori non sarebbero altro che luce modulata «secondo diversi gradi d’intensione, e remissione» nella trasmissione dall’oggetto all’occhio (ibid., p. 30). L’occhio della mosca, infine, probabilmente ispirato dalla cultura naturalistica lincea, descrive un’indagine micro-anatomica dell’occhio della mosca (rivelandone la struttura multipla) e di altri insetti, condotta con un microscopio composto, a mille ingrandimenti; saggio di grande perizia microscopica, allora ancora estranea alla grande tradizione medica anatomico-comparatista, presenta una serie di osservazioni irrelate se non per la cornice apologetica, quella che domina anche nell’opera coeva l’Equità della natura nel distribuire diverse tuniche, corteccie e coprimenti a’ frutti delle piante per corroborazione del loro seme (poi parzialmente edita in Opuscoli... , 1759).

Nel 1645 Odierna era di nuovo a Napoli diretto a Roma. A questo terzo soggiorno napoletano (il primo nel 1625, il secondo nel 1639) risalgono gli incontri con Francesco Fontana e con Marco Aurelio Severino: L’occhio della mosca influenzò le Novae observationes sull’occhio del ragno di Fontana (Napoli 1646), mentre Severino in quell’occasione commissionò  a Odierna l’osservazione microscopica dell’anatomia della vipera. Odierna pubblicò le sue osservazioni nel Dentis in vipera virulenti anothomia (Palermo, Decio Cirillo, 1646), che lo stesso Severino ripubblicò poi in forma assai rielaborata nella sua Vipera Phythia (Padova 1650), non prima di averlo messo in circolazione, via Cassiano dal Pozzo, nella respublica literaria. Anche in questo testo una sapiente osservazione microanatomica (la presenza di condotti di collegamento tra la cistifellea della vipera e le guaine dei denti veleniferi) convive con i presupposti del naturalismo rinascimentale, inducendo Odierna ad assegnare il potere venefico della vipera ai denti, in quanto canalicolati, in virtù della sola associazione fra organo e funzione (lo stesso finalismo che spiegava la struttura plurima dell’occhio degli insetti perché sprovvisti di collo; v. Trabucco 2002).

A pochi giorni di distanza dagli Opuscoli  vide  la luce, sempre per i tipi di Decio Cirillo, l’Archimede redivivo, con la stadera del momento, comprendente l’editio princeps della Bilancetta di Galileo, insieme alle annotazioni al testo di Benedetto Castelli (dal quale forse lo aveva avuto), a un trattatello comparativo sui pesi e le misure e al commento di Odierna al trattato pseudoarchimedeo De insidentibus in humidum.

L’ascesa sociale dei fratelli Tomasi nell’aristocrazia siciliana – Carlo era entrato nel monastero teatino di S. Giuseppe, Giulio aveva sposato una nobile palermitana – è forse all’origine dell’intensificarsi dei rapporti di Odierna con l’ambiente culturale palermitano: con Carlo Maria Ventimiglia e l’Accademia dei Riaccesi, con Francesco del Bene e Kaspar Schott, lettori presso il Collegio dei gesuiti. Odierna ricevette attestazioni di stima anche da parte di altri membri della Compagnia (Atanasius Kircher, Giovan Battista Riccioli) e questo malgrado le sue forti divergenze teoriche con l'aristotelismo, almeno sulla teoria della materia e sull'uniformità ontologica e fisica dell’Universo.

Nel 1651 – anno in cui si concluse il processo di nobilitazione dei Tomasi entro l’aristocrazia spagnola – Odierna indirizzò a Carlo Tomasi un’esortazione alla filosofia attraverso la contemplazione dell’opera di Dio (Lucerna mentis humanae, edita in Dollo, 1994). Nel 1656 fu nominato dal duca Giulio matematico di corte. A dispetto della forma, tuttavia, Palma restava una modesta enclave (Giarrizzo 2002) e la nomina arrivò per di più alla vigilia di una conversione spirituale del duca e della sua famiglia. Pur essendo molto prolifico, dunque, il periodo 1652-59 fu per Odierna accompagnato da una penosa consapevolezza del suo isolamento culturale e umano, che ebbe spesso a lamentare con i corrispondenti.

La ricerca condotta in quegli anni, polverizzata in una miriade di scritti solo in minima parte editi e spesso frutto di rimeditazioni dei medesimi temi (Pavone, 1997), può essere articolata intorno ad alcuni centri di interesse: la microanatomia, l'ottica, l'astronomia e l'astrologia. Al primo tema appartengono le ricerche microscopiche sull’anatomia delle api, dei fiori e dei loro sistemi riproduttivi complementari. Ne La scaturigine del miele (1658, inedito),  individuava nell’interno del fiore la fonte del nettare, mentre nel Floris, mellis et apis anathomes (1658), concepito come parte dell’Apicellarium (insieme all’Empedocle redivivo e inedito) fu il primo a ipotizzare che l’ape regina sia l’unico individuo fertile in una famiglia di api.

Al periodo 1646-56 appartiene poi la gestazione di una delle sue opere fondamentali, la Nova scientia de obiecto visibili seu de natura visibilium, di cui sono attestate almeno cinque stesure tra il 1643 e il 1659, rimasta allora quasi interamente inedita (poi pubblicata in Dollo, 1984 e 1997). Al trattato appartengono idealmente, pur restando formalmente indipendenti, il Thaumantias Iunonis nuntia (1647) sull’iride, il Thaumantiae miraculum (Palermo, Niccolò Bua, 1652) e il De passionibus visus, vel de natura speculorum et de causis spectrorum optica. In questo syntagma, la trattazione geometrico-quantitativa dei fenomeni luminosi affonda le radici in una metafisica della luce, che giustifica il primato dell’ottica sulle altre scienze sulla base del primato ontologico della luce. Questa posizione, presente già nel Sole nel microcosmo, non è mai sconfessata da Odierna e si trova ancora alla base dell’ultima stesura dell’Empedocle redivivo, dedicato alla definizione della struttura generale dei moti dei corpi elementari. Anche nel caso dell’ottica, Odierna offre un’efficace e aggiornata base sperimentale a teorie preconcette e tradizionali. Attribuisce la causa della bianchezza alla struttura atomica delle sostanze bianche osservate al microscopio (ma i colori rimangono per lui un misto di luce e ombra). Grazie poi a un prisma di vetro (conosciuto grazie al gesuita Del Bene o forse già prima), introduce una distinzione tra colori ‘deboli’ e colori ‘forti’ separati dal bianco, ma è incuriosito dal loro apparire ai bordi degli oggetti piuttosto che alla traiettoria del raggio incidente (come sarà per Newton).

Particolarmente importante in questi anni è il suo impegno nel campo dell’astronomia osservativa. Oltre alle comete (La colomba volante, Palermo, Nicolò Bua, 1653; De systemate orbis cometici, ibid. 1654), che considerava corpi di materia terrestre, osservava le novae (Il nunzio pio della stella nuova recentemente comparsa nel cielo, nella via lattea…, ibid., 1659; La guida sicura per scoprire la stella nuova, ibid.), le costellazioni boreali e australi (inedito, descritto in Pavone 1987, pp. 226 s.) e soprattutto le nebulose. Ne scoprì fino a 24, più del doppio di quelle note fino a quel momento, interpretandole, modernamente, come ammassi di stelle, la cui posizione, per di più, risponderebbe a un ordine organizzato rispetto a un centro esterno al sistema solare.

D’altra parte, però, la perizia osservativa e lo sforzo di analizzare in termini di filosofia naturale (comunque tradizionale) gli influssi astrali sono gli unici elementi che distinguono Odierna da quelli che anch’egli reputava astrologi ‘volgari’. Nel corso della sua vita, fu autore almeno di cinque almanacchi astrologici e di uno astronomico. Particolarmente illuminante della sua impostazione è il De praemeditandis mundanis excessibus (1656, poi edito in Peste e untori, 1991), in cui spiega in termini aristotelici (potenza-atto) e tradizionali (influssi, irradiazione di forme specifiche) l’attivazione di un concetto allora ‘nuovissimo’ come quello di fermentazione.

Nel 1655 era pronto il testo definitivo della Theorica absolutissima, il suo vero ‘opus magnum’, ovvero le tavole astronomiche dei satelliti di Giove, i galileiani pianeti medicei. Per spezzare il suo isolamento, ne compilò intanto una sintesi, che dedicò al granduca Ferdinando II di Toscana (le Medicaeorum ephemerides, Palermo, Cirillo, 1656) con la richiesta di un diretto intervento del sovrano per un’eventuale pubblicazione della versione integrale. La lettera al granduca, peraltro inefficace e che ha sollevato molti dubbi sull’effettivo mecenatismo dei Tomasi, costituisce anche il documento principale del suo rapporto con la scuola galileiana, da cui Odierna risulta, per il resto, pressoché assente (Torrini 2002).

Aveva appena completato la stesura della Theorica absolutissima quando, grazie a Carlo Tomasi allora in missione a Roma, entrò in contatto con l’erudito prelato di Curia Juan Caramuel y Lobkowitz. Ai primi di marzo 1655, Domenico Plato, segretario di Caramuel, gli inviò 43 quesiti – Incidentes quaestiones de astrorum scientia, de sole, de luna, de terra, umbra, spheris – sull’apparenza del sole e della luna, sulle macchie solari e sulle eclissi, cui Odierna rispose con il De admirandibus phasibus in Sole et Luna visis (Palermo, Niccolò Bua, 1656). L’opera sembra fosse molto apprezzata dal Caramuel, il quale, qualche mese dopo, trasmise a Odierna l’anagramma esplorativo sul sistema di Saturno lanciato da Christian Huygens. Odierna affidò la sua soluzione a un’operetta – il Protei caelestis vertigines (ibid., 1657) – in cui supponeva Saturno simile a uno sferoide (un uovo o una prugna), con due macchie opache sui lati opposti della superficie. Tale corpo avrebbe ruotato in un anno saturniano attorno all'asse minore, perpendicolare al suo piano orbitale, e sarebbe apparso rotondo quando l'asse minore fosse rivolto verso la Terra, cioè due volte in uno spazio di 30 anni.

Attivando i suoi contatti con la comunità internazionale, tramite Michelangelo Ricci e René-François de Sluse a Roma, Caramuel riuscì a far pervenire l’operetta a Huygens (febbraio 1658), il quale, attribuendone l’inesattezza all’inefficienza degli strumenti di osservazione in dotazione all’autore, la fece però a sua volta circolare tra i suoi corrispondenti (Jean Chapelain, John Wallis, Johannes Hevelius, Ismaël Boulliau). Odierna fece in tempo a ricevere la risposta di Huygens, anche con le istruzioni per costruire uno dei suoi orologi di precisione e la notizia dell’osservazione di Boulliau sulla P Cygni (ottobre 1658), ma non il Systema saturnium, che pure gli era stato inviato da Huygens tramite il gesuita Gregorio da S. Vincenzo.

Morì infatti a Palma il 6 aprile 1660. Fu sepolto nella chiesetta di S. Rosalia, senza lapidi né commemorazioni.

I suoi numerosissimi manoscritti furono subito richiesti da Caramuel ai fratelli Tomasi in vista di una pubblicazione presso qualche editore di Lione. Il progetto non si realizzò, probabilmente per un iniziale ritardo e poi per l’affievolirsi degli interessi scientifici del vescovo (Sabaino 2002). A dispetto dei giudizi degli astronomi italiani contemporanei – Alfonso Borelli, Geminiano Montanari, Gian Domenico Cassini – i quali lo giudicavano poco accurato nelle osservazioni e debole sul piano teorico, Odierna e la sua opera suscitarono una certa curiosità nella Royal Society e spinsero già Paolo Boccone, alla fine del Seicento, a progettare la ripubblicazione di quella che egli riteneva la sua opera omnia. Il disegno non andò a effetto, né allora né in seguito. Le opere manoscritte di Odierna (nel 1981 Pavone rinvenne il suo intero lascito tra le carte Caramuel presso l’Archivio capitolare di Vigevano) sono state oggetto da allora di edizioni parziali.

Il catalogo più completo degli inediti e delle opere a stampa di Odierna si trova in M. Pavone, La vita e le opere di G.B. Hodierna, Ragusa 1986 e in Id., La scienza nuova e assoluta: profilo biografico e scientifico e scritti inediti di G.B. Hodierna, Ragusa 1997. Cfr. inoltre: Il Nunzio del secolo cristallino - L'aria spirante. Opuscoli inediti pubblicati per cura del prof. A. Licitra, Ragusa 1902; Thaumantias Iunonis Nuntia - Nova scientia de obiecto visibili. Scritti inediti di ottica (1647-1650), a cura di C. Dollo, Catania 1984; Scritti di ottica inediti e rari, a cura di C. Dollo, Milano 1996.

Fonti e Bibl.: In aggiunta alle fonti manoscritte descritte nella bibliografia, si segnala una lettera latina autografa a Kircher conservata in: Roma, Archivio della Pontificia Università Gregoriana, ms. Kircher 568, c. 95r. Tra la bibliografia Sette-Novecentesca ripercorsa da R. Salemi, Sulla bibliografia intorno a G.B. Hodierna, in La scuola galileiana. Prospettive di ricerca, Atti del convegno…1978, Firenze 1979, pp. 235-240, si segnala: A. Mongitore, Bibliotheca sicula, sive de scriptoribus siculis, I, Palermo 1708, pp. 330 s.; G. Piazzi, Della Specola astronomica de’ Regi Studi di Palermo, I, Palermo 1712, pp. XXII-XXV; Opuscoli di autori siciliani, II, Catania 1759, pp. 3-24; J.-B. Delambre, Histoire de l’astronomie, II, Paris 1821, pp. 327-332; F. Garofalo, Discorsi sopra l’antica e moderna Ragusa con una biografia di G.B. Hodierna, Palermo 1856, pp. 107-138; F. Napoli, Della vita e delle opere di G.B. Hodierna, Palermo 1881; R. Caverni, Storia del metodo sperimentale in Italia, II, Firenze 1892, pp. 428 s.; A. Licitra, Studio su la vita e su le opere di G.B. O., astronomo-matematico e naturalista ragusano, Ragusa 1899; A. Favaro, Precisazione, in G. Galilei, Opere, I, Firenze 1900, p. 213; G. Abetti, Don G.B. Hodierna astronomo e naturalista siciliano della città di Ragusa, in Celebrazioni siciliane, p.te II, Urbino 1940, pp. 379-406; C. Pighetti, G.B. O. e il suo discorso su ‘l’occhio della mosca’, in Physis, III (1961), pp. 309-335; C. Dollo, Astronomia e profetismo nel Nunzio del secolo cristallino di G.B. Hodierna, in La scuola galileiana, cit., pp. 241-253; Id., Filosofia e scienze in Sicilia, Padova 1979, passim; M. Pavone, Introduzione al pensiero di G.B. Hodierna, I-II, Modica 1981-2; G. Foderà-Serio - L. Indorato - P. Nastasi, Light, colors and rainbow in G.B. Hodierna (1597-1660), in Annali dell’Istituto e Museo di storia della scienza, VIII (1983), 1, pp. 59-75; Id., G.B. Hodierna's observations of nebulae and his cosmology, in Journal for the History of Astronomy, XVI (1985), pp. 1-36; M. Pavone, Il contributo di J. Caramuel Lobkowitz alla riscoperta dell’opera filosofia e scientifica di G.B. Hodierna, in Pagine del sud, settembre-ottobre 1985, pp. 30-33; Id., Gli inediti di Hodierna, in Le edizioni dei testi filosofici e scientifici del '500 e del '600: problemi di metodo e prospettive di ricerca, Atti del seminario di studio…1985, a cura di G. Canziani - G. Paganini, Milano 1986, pp. 145-166; C. Dollo, Astrologia e astronomia in Sicilia da Francesco Maurolico a G.B. Hodierna, 1535-1660, in Giornale critico della filosofia italiana, s. 6, LXV [LXVII] (1986), 6, 3, pp. 366-398; G. Baroncelli, L'astronomia a Napoli al tempo di Galileo, in Galileo e Napoli, a cura di F. Lomonaco - M. Torrini, Napoli 1987, pp. 218-220; P. Nastasi, Galilei e la Sicilia, ibid., pp. 504, 508-515; M. Pavone, I Tomasi di Lampedusa nei secoli XVI e XVII, Ragusa 1987, passim; Peste e untori nella Sicilia Spagnola. Presupposti teorici e condizionamenti sociali, a cura di C. Dollo, Napoli 1991, passim; C. Dollo, Un inedito protrepticon di G.B. Hodierna, in Regnum Dei, L (1994), pp. 133-87; Id., Lux, lumen, ubi spirituale: l’ottica fra fisica e teologia nella Sicilia del XVII secolo, in Filosofia e scienze in Sicilia nei secoli XVI e XVII, Catania 1996, pp. 169-182; Id., Una enciclopedia minima per i rudes: l'Almanacho delle grandezze del mondo sensibile di G.B. Hodierna, in Siculorum Gymnasium, n.s., L (1997), 1-2, pp. 157-247; G.B. Hodierna e il secolo cristallino. Atti del Convegno…1997, Firenze 2002 (in particolare: G. Giarrizzo, Nuovi orientamenti della storiografia sul Seicento in Sicilia, pp. 1-6; A. Ottaviani, G.B. Hodierna e l'ambiente scientifico messinese, pp. 65-83; D. Sabaino, Juan Caramuel Lobkowitz enciclopedista scienziato e corrispondente di G.B. Hodierna, pp. 95-122; M. Torrini, G.B. Hodierna e la scuola galileiana, pp. 171-184; O. Trabucco, Ricerca anatomica e repubblica delle lettere: i rapporti fra G.B. Hodierna e Marco Aurelio Severino, pp. 149-169); M. Pavone, G.B. Hodierna, Ragusa 2003; C. Dollo, Galileo Galilei e la cultura della tradizione, a cura di G. Bentivegna - S. Burgio - G. Magnano San Lio, Soveria Mannelli 2003, passim; Id., Filosofia e medicina in Sicilia, a cura di G. Bentivegna - S. Burgio - G. Magnano San Lio, Soveria Mannelli 2005, passim; I. Chinnici, G.B. Hodierna e l'astronomia, in Giornale di astronomia, XXXIV (2008), 2, p. 10-17; C. Dollo, La cultura filosofica e scientifica in Sicilia, a cura di G. Bentivegna, Catania 2012, passim.

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