ABBARBAGLIATI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960)

ABBARBAGLIATI, Giovanni

Raoul Manselli

Nato negli ultimi anni del Duecento da Dietaiuti, di nobile famiglia di Borgo S. Sepolcro, entrato tra i camaldolesi, è testimoniato a Pisa come monaco del monastero di S. Michele in Borgo dal 18 ag. 1323 e come abate dal 1327.

Durante la lotta tra Ludovico il Bavaro e Giovanni XXII l'A., in Pisa ghibellina; fu costretto ad aderire all'antipapa (Niccolò V), incorrendo nella scomunica, da cui fu assolto solo il 13 febbr. 1330, dopo il ritorno dell'imperatore in Germania. Nel 1343, sorta l'università di Pisa, fu tra coloro che dal papa Clemente VI ebbero l'incarico di sorvegliare l'andamento della vita universitaria; tre anni dopo (1346) dallo stesso pontefice riceveva l'incarico di risolvere una controversia tra il vescovo di Lucca e la comunità di Boiano. Il 18 ott. 1347 partecipò al capitolo generale della congregazione camaldolese, che si tenne a Faenza per decidere sulle accuse rivolte al priore generale Bonaventura e su varie questioni interne dell'Ordine. L'A. fu tra i definitori del capitolo, che pienamente assolsero il priore generale.

Morto Bonaventura ed eletto l'A. come suo successore il 15 luglio 1348, convocò un capitolo a Volterra, con l'intento di provvedere ad una profonda riforma dell'Ordine. Vi furono disposte, tra l'altro, una serie di decisioni dirette ad impedire assenze arbitrarie dall'eremo, ad assicurare la regolare elezione degli abati nei vari monasteri e l'accoglimento dei novizi e novizie, ed infine furono comminate pene severe per i monaci violatori della disciplina monastica. L'A., notificando all'Ordine tali decisioni (lettera dal monastero di S. Frediano di Pisa del 21 maggio 1351), aggiungeva disposizioni finanziarie rivolte a migliorare la situazione economica dell'Ordine.

Si dedicò quindi alla sistemazione dei rapporti con altri monasteri per varie ragioni in contrasto coi camaldolesi. Nel marzo 1355, al momento del passaggio per Pisa di Carlo IV di Boemia, l'A. riuscì ad ottenere un diploma che riconosceva e confermava i diritti dell'Ordine (mentre un secondo privilegio particolare l'imperatore concedeva al convento di S. Michele in Borgo a Pisa). Nel capitolo generale convocato nello stesso anno, nella pieve di S. Maria di Bagno, lo si ringraziò solennemente. L'A., dopo essersi recato nel 1357 a compiere la sua visitatio ad limina,radunò a Fontebona un altro capitolo generale, il 19 giugno 1360, in cui vennero prese decisioni di carattere prevalentemente liturgico; fu inoltre deciso che il nuovo capitolo venisse tenuto tre anni dopo.

Nel 1361 partecipò allà commissione, voluta dagli Aretini, che doveva risolvere l'annosa controversia relativa al posto dove eran conservate le reliquie di S. Donato.

Riunì un nuovo capitolo generale solo il 29 maggio 1366, a Faenza: tra l'altro vi fu deciso l'incorporamento di monasteri (fra tutti importante quello di Vincareto presso Bertinoro).

Il 12 ag. 1370 gli fu concesso - e la concessione valeva anche per i suoi successori - di assumere, nelle cerimonie liturgiche solenni, sia a Camaldoli sia negli altri monasteri, le insegne della dignità vescovile. Presiedette un capitolo del 1371 e un altro del 1378, dove fu deciso di accentuare la devozione dell'Ordine verso la Madonna, con particolare solennità nel giorno dell'Immacolata Concezione (8 dicembre).

All'inizio dello scisma d'Occidente l'A. aderì all'obbedienza di Urbano VI, cui restò sempre fedele, accettandone le direttive anche nei riguardi della riforma dell'Ordine, di cui l'A., nonostante l'impegno e il molto denaro, anche suo, profuso, non era riuscito ad arrestare la decadenza. Dopo alcune visite ai monasteri da parte di vari cardinali, che notarono la persistenza di gravi abusi, il pontefice, anche per l'età ormai tarda dell'A., il 24 maggio 1382, delegò ogni potere nell'Ordine a un vicario generale, nominato nella persona di Giacomo da Padova.

Rientrato nel silenzio dell'eremo,. l'A., tre anni dopo, incaricò Giacomo da Padova, come suo procuratore, di ottenere la fusione coi camaldolesi del monastero di S. Pietro di Camaiore (Lucca), antico e importante centro dell'Ordine forense. Nel 1385 sembra che riacquistasse in pieno la sua autorità; ma poco dopo morì, nel gennaio del 1386.

Bibl.: Mancando un lavoro monografico sia sull'A, in particolare (che non è ricordato neppure nei più importanti dizionari ecclesiastici), sia sulla storia dei camaldolesi nel sec. XIV, rinviamo al fondamentale lavoro erudito di J. B. Mittarelli-A. Costadoni, Annales Camaldulenses,V, Venetiis 1760, coll. 333, 382, 397, 398, 401 e n. 333 a col. 578; VI, ibid. 1761, coll. 1 ss., 30s., 33, 40s, 49-51, 54, 61, 64, 68, 78, 80, 82, 91s., 103, 106, 110, 113-115, 121, 123s., 127, 129, 131, 137, 140-142, 150, 152, 156s., 158. Per i suoi rapporti con Ludovico il Bavaro e Giovanni XXII, si veda S. Riezler, Vatikanische Akten...,Innsbruck 1891, n. 1267 alle pp. 441-447.

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