ANSALONE, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ANSALONE, Giovanni

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Apparteneva ad un'antica famiglia messinese che prese stabile residenza a Catania a partire dal sec. XIV, e vi conquistò, particolarmente nel corso del sec. XV, un posto di notevole rilievo: venuti su con l'esercizio della medicina e del giure, gli Ansalone vennero consolidando la loro posizione con gli uffici, la cattedra universitaria e il possesso feudale, qualificandosi ben presto come tipici esponenti di quella "nobiltà civica", che doveva dominare incontrastata per secoli la vita catanese.

L'A., figlio del medico Guglielmo, ottenne il 20 luglio 1397 un sussidio quinquennale di sei onze annue per studiare diritto a Bologna (ma forse fu anche a Padova nel 1400) e uno di dodici onze il 1 sett. 1402 per addottorarsi.

Rientrato in Sicilia, emerse abbastanza presto come funzionario: il 23 dic. 1416 risulta giudice della Regia Gran Corte con un salario di ventiquattro onze. Nel 1420, sempre giudice, seguì il re, Alfonso V, in Sardegna, partecipando nell'agosto dello stesso anno ad un'ambasceria inviata da Alfonso a Napoli, alla corte di Giovanna II.

Della sua attività di giurista si hanno scarse notizie: giuristi e scrittori dei secoli XVI e XVII attribuiscono, non si capisce bene se a lui o al successivo Giovanni Ansalone, dei Consilia, un Tractatus de feudis delle allegazioni in causam Nafrisiae de Sancto Angelo; tutte opere di cui non resta altra traccia.

L'A. era signore feudale della tratta di denari dieci e mezzo sopra ogni salma di cereali estratta dal porto di Bruca e possedeva metà del feudo di Risichilla, che alla sua morte passò alla Regia Corte. Morì certo prima del 12 febbr. 1423: in tale data infatti di questa metà del feudo risulta investito un Giovanni Vitellino, dal quale la rivendicò a nome dei figli la vedova dell'A., Giovanna, riuscendo ad ottenerla con pagamento di venti onze in data 5 ott. 1423.

Girolamo Ansalone, primogenito di Giovanni, seguì in tutto e per tutto le orme del padre: studiò diritto civile a Padova, dove risulta già presente il 13 luglio 1435, e conseguì il dottorato il 25 luglio 1439, ricevendo le insegne da Paolo di Castro. Titolare della metà del feudo di Risichilla, ottenuta dalla madre, il 5 luglio 1440 la vendette a G. F. Platamone.

In Sicilia Girolamo si affermò anzitutto come giurista: nel 1452 fece parte del collegio arbitrale di una causa tra un Simone Calafato e un Thucia de Gaytano, nel 1454 stese, insieme a due altri giuristi catanesi, tre brevi sentenze che si conservano ancora trascritte in una "giuliana" dell'Arch. di Stato di Catania (Carte benedettine, v. 115, cc. 122v-123).

Girolamo ebbe stretti rapporti con lo Studio di Catania, dei quale curava gli interessi: da un documento del 25 giugno 1455 si rileva che doveva recarsi a Roma per ottenere la conferma papale di un privilegio dello Studio, e una sua lettera del 23 febbr. 1456 indirizzata a Giuliano Mayali, agente di Alfonso VI ce lo presenta a Napoli, forse già di ritorno oppure in procinto di recarsi alla corte papale, in veste di promotore dello Studio catanese, mentre chiede la riconferma, dell'ufficio, concesso in sua assenza ad altra persona, "contra iusticia et contra la forma di suy privilegii facti ammj sulu". L'intercessione del Mayali, del quale Girolamo doveva essere buon amico, ottenne certo l'effetto sperato, dato che il 26 febbr. 1458 risulta promotore del dottorato in diritto civile di un "Petrum Petri de Pada partiuni Regni Navarre". Nello stesso 1458 Girolamo fu lettore di diritto civile "de mane" nello Studio catanese.

In questi anni la sua posizione nella vita pubblica siciliana dovette raggiungere il massimo rilievo, se nel 1459 fu scelto a rappresentare la borghesia cittadina nell'importante deputazione inviata dal Parlamento a corte, per chiedere a Giovanni II d'Aragona forti garanzie autonomistiche per il Regno di Sicilia, con la prospettiva di riportarlo all'antica condizione dì indipendenza. I deputati prestarono giuramento in Barcellona nelle mani del re il 28 genn. 1460; la missione, legata agli ambiziosi disegni di don Carlos, primogenito di Giovanni, non ebbe, com'è noto, successo.

Altro esponente di rilievo della famiglia Ansalone è un secondo Giovanni, spesso confuso col primo. Dottore in legge, Giovanni II ricoprì importanti uffici nelle magistrature del Regno: a sentire il Mongitore, fu maestro secreto, vicario del Regno nel 1458, 1462 e 1495, giudice della Magna Regia Curia nel 1482, 1489 e 1493, mentre nel 1479 prestò a Saragozza insieme ad altri deputati giuramento di fedeltà a nome del Regno a Ferdinando d'Aragona, ottenendo la consueta riconferma dei capitoli e dei privilegi del Regno.

Secondo fonti più attendibili, Giovanni, giudice della Magna Regia Curia, fu inviato insieme ad un collega, il 26 maggio 1462, commissario straordinario a Sciacca, per "delicta et facinora gravia et atrocissima... adeo ut rey puplice statum delinquentes ipsi quetum non faciunt persistere".

L'anno dopo (7 nov. 1463), Giovanni, "docturi di ligi advocatu dila universitati… di Catania", presentò i capitoli della città all'approvazione del viceré per notificargli l'avvenuta elezione, tra violentissimi contrasti e conflitti di fazioni,  dell'amministrazione civica.

Giovanni ebbe fama di colto e valente giurista: il 28 genn. 1484 fu, insieme ad altro giurista, arbitro in una causa feudale. Sullo scorcio del secolo ebbe dal viceré Giovanni de Lanuça l'incarico di raccogliere e curare, insieme a G. Appulo, la prima edizione dei capitoli del Regno. Nel proemio di tale edizione (Capitula et constitutiones regni Siciliae.., Messanae apud Andream de Bruges 1497), steso da G. P. Appulo, si legge di lui: "natu majorem, libris et ingenio, et longa rerum experientia pollentem…".

Giovanni costituì una solida posizione patrimoniale acquistando alcuni feudi: comprò il 12 ott. 1482 il feudo e castello di Tavi (se ne investì il 20 genn. 1484, lo restituì assai presto al precedente possessore), il 25 febbr. 1485 i feudi di Scala e Russo (se ne investì il 30 ott. 1486) e il 19 ott. 1493 il feudo di Migaido con il marcato di Agliastro (se ne investì il 26 sett. 1494).

Morì prima del 25 maggio 1504, quando il figlio Francesco, barone di Pittineo, s'investì del feudo di Migaido.

Fra gli esponenti minori della famiglia Ansalone si ricordano ancora: un Giovanni, sussidiato per studiare medicina nel 1415-1421, da identificare forse col Giovanni che si addottorò in Padova il 14 apr. 1426; un Nicola che ottenne due sussidi per studiare medicina (in data del 22 febbr. 1420 e del 28 apr. 1421), si può identificare col Nicola dottore in medicina che il 19 giugno 1438 fu testimone a Padova alla laurea di F. Asmundo, e fu poi lettore di medicina "de sero" nello studio catanese nel 1455 e 1456 e quindi riformatore dello Studio nel 1457 e nel 1462; un Francesco infine che studiò diritto a Bologna e a Padova, per addottorarsi a Ferrara nel 1431, fu testimone a un atto di permuta della gabella del vino a Palermo nel 1438 e scrisse dei Consilia.

Bibl.: Per tutta la famiglia in generale, cfr: I capibrevi di Giovan Luca Barberi, a cura di G. Silvestri, I, Palermo 1879, pp. 40, 227; II, ibid. 1886, pp. 213, 265, 284; III, ibid. 1888, pp. 290-292, 372; R. Sabbadini, Storia documentata della R. università di Catania, I, Catania 1898, passim; L. Genuardi, Giuristi siciliani dei secoli XIV e XV anteriormente all'apertura dello Studio di Catania, in Studi storici e giuridici dedicati e offerti a Federico Ciccaglione, I, Catania 1909, pp. 416, 421, 424; M. Catalano-Tirrito, Storia documentata della R. università di Catania nel secolo XV, Appendice, Catania 1913, pp. 56, 66; F. San Martino de Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia, IV, Palermo 1926, p. 300; V, ibid. 1927, p. 27; VII, ibid. 1931, pp. 43-44; M. Catalano, L'università di Catania nel Rinascimento, in Storia della università di Catania, Catania 1934, pp. 59, 63, 64, 76; F. Marletta, I siciliani nello studio di Padova nel quattrocento, in Arch. stor. per la Sicilia, II-III (1936-1937), pp. 156 s., 178, 183, 187, 191; M. Gaudioso, Genesi ed aspetti della "nobiltà civica" in Catania nel secolo XV, in Bollett. stor. catanese, VI (1942), pp. 36, 39, 41 ss.; per Giovanni I in particolare, cfr.: Codice diplomatico di Alfonso il magnanimo, I, a cura di F. Lionti, Palermo 1891, p. 105; N. F. Faraglia, Storia della regina Giovanna II d'Angiò, Lancianoo 1904, p. 179; per Girolamo: F. Giunta, Fra Giuliano Mayali agente diplomatico di Alfonso il magnanimo (1390?-1470), in Arch. stor. siciliano, s.3, II (1947), p. 191; J. Vicens Vives, Fernando el católico príncipe de Aragón, rey de Sicilia. 1458-1478, Madrid 1952, p. 88; per Giovanni II, A. Mongitore, Bibliotheca sicula, I, Panormi 1708, p. 318; C. Giardina, Le fonti della legislazione siciliana nel periodo dell'autonomia, in Arch. stor. per la Sicilia, I (1935), pp. 73 s.; M. Gaudioso, Il castello Ursino nella vita pubblica catanese del sec. XV, in Bollett. stor. catanese, V(1940), p. 212; C. Trasselli, La "questione sociale" in Sicilia e la rivolta di Messina del 1464, Palermo 1955, p. 113.

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