BURRINI, Giovanni Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)

BURRINI, Giovanni Antonio

Dwight C. Miller

Pittore nato a Bologna il 25 aprile del 1656, da genitori di modeste condizioni (Zanotti in una nota alla vita del B. scriveva che il padre "vendeva la trippa per la città").

Fu tra i pittori bolognesi più dotati e originali della generazione attiva nel periodo 1680-1720. La sua carriera è stata descritta dallo Zanotti che lo definisce "il nostro Cortona o il nostro Giordani" [Luca Giordano], in riferimento all'indirizzo pittorico del suo stile. In effetti la ricca fantasia pittorica, lo "spirito caldo e franco" (Zanotti) e il vigore impetuoso del suo stile costituivano quasi un'anomalia nell'ambito dell'erudita cultura artistica bolognese. Il B. fu all'avanguardia di quella che è stata definita la corrente neoveneziana della pittura tardo-secentesca a Bologna. Ma l'assimilazione e la trasposizione in chiave personale di valori coloristici e dinamici trassero origine non soltanto dal contatto diretto del B., nella fase formativa della sua carriera, con la cultura artistica veneziana, ma anche dall'ammirazione per l'opera dei maestri del barocco, Pietro da Cortona e Luca Giordano, dei quali il B. sembra conoscesse le imprese decorative di Firenze.

Il B. ebbe la sua prima istruzione artistica nello studio di uno dei più dotati pittori decorativi della tradizione bolognese, D. M. Canuti. Ben presto fu notato da un ricco mecenate bolognese, Giulio Cesare Venenti, incisore dilettante alla ricerca di chi gli fornisse disegni (Arfelli, p. 69 n. 5), che lo ospitò nella propria casa. Fu in questo periodo che il B. intraprese l'esercizio di prammatica per gli artisti bolognesi dell'epoca: la copia delle opere più celebri dei Carracci e degli artisti più importanti della loro cerchia, esistenti a Bologna. Nell'aprile del 1672 il Canuti partì per Roma e il B. passò allo studio di un altra personalità di primo piano della scuola bolognese, L. Pasinelli. È probabilmente di poco successivo il suo soggiorno a Venezia: "la maniera di quella scuola gli piacque al sommo e molto trasse dal Tintoretto e da Paolo" (Zanotti).

Poco dopo il suo ritorno a Bologna, il B. ricevette le sue prime commissioni indipendenti. Tra queste sono da menzionare una Adorazione dei Magi dipinta per monsignor Ratti e successivamente inviata a Roma dove secondo Zanotti fu molto lodata da Carlo Maratti, il capo della scuola romana dell'epoca. Mentre era ancora legato allo studio dei Pasinelli, il B. e il suo compagno G. G. dal Sole si trovarono a competere direttamente, essendo stato commissionato all'uno e all'altro dal duca di Mirandola un grande dipinto. Ciò dovrebbe essere avvenuto verso il 1681, perché il quadro del B., un Martirio di s. Vittoria, fu eseguito all'incirca all'epoca della collocazione dei resti di quella santa in una cappella del duomo di Mirandola (11 sett. 1683), in segno di gratitudine per la liberazione di Vienna (Arfelli, p. 73 n. 15). A metà del nono decennio del secolo il B. sembra aver acquistato una vasta fama come decoratore di eccezionale abilità.

Zanotti enumera tutta una serie di imprese decorative, eseguite di solito in collaborazione con quadraturisti come T. Aldrovandini o M. Chiarini; a Bologna, "dipinse col Chiarini in Casa Marchesini alcuni fregi bellissimi"; "nella Chiesa de' Celestini, nella cappella Franchi pinse graziose storiette in muro tra la quadratura" di E. Haffner: questi affreschi, commissionati il 23 dic. 1681, sono oggi distrutti, mentre restano quelli dei pennacchi e della cupola, terminati nel febbraio 1688 e ricordati anche dal Malvasia (p. 194).Zanotti e Malvasia ricordano ancora affreschi e opere mobili del B. in palazzo Ratta (Emiliani, in Malvasia, p. 254/2 nota: in casa Ratta nel sec. XIX c'erano ancora una Concezione con due vescovi e un S. Francesco con le stigmate, mentre è superstite la decorazione di un soffitto).

Le notevoli qualità decorative del B. possono essere tuttora compiutamente studiate nel ciclo di affreschi nella villa Albergati (ora Teodoli) a Zola Predosa: nel 1683 i lavori erano già ben avviati poiché abbiamo una ricevuta di pagamento per parte del lavoro datata 11 sett. 1683 (Bologna, Bibl. comun., Autografi, XI, n. 3422); l'opera doveva essere compiuta nel 1685 dato che in quell'anno, come riferisce Zanotti, il B. andò a Novellara per una "lunga dimora e nel palazzo di quel Conte dipinse alcune stanze di varie favole...". La data del soggiorno a Novellara - delle opere del B. quasi nulla rimane - è confermata dal Campori (p. 108). Sempre Zanotti dà la notizia che il B. "andò a Torino l'anno 1688 insieme con Tommaso Aldrovandini... e colà... dipinse una cappella nella chiesa de' Padri Scalzi" (S. Teresa, bombardata durante la seconda guerra mondiale: gli affreschi sono andati distrutti). E aggiunge: "in casa Bagnaschi pinse una sala e alcune stanze e da sé in casa del conte Graveri [Graneri] la volta pur di una sala...". Tornato a Bologna, "dipinse con Marc'Antonio Chiarini nella casa de' Bugami opere mirabilissime"; decorazioni di particolare interesse sono gli episodi della Storia di Fetonte (1690) in palazzo Pini (già Alamandini), come pure le volte di due stanze nel palazzo del Comune (già appartamento del gonfaloniere) affrescate, secondo lo Zanotti, nel 1688 insieme con il Chiarini.

Indubbiamente gli anni 1680-95 furono il periodo più felice e produttivo della carriera del B., ma Zanotti tende ad esagerare il calo qualitativo riscontrabile, secondo lui, nelle opere dell'ultimo quinquennio del secolo (affreschi nella cappella di S. Gaetano nella chiesa dei teatini a Bologna) e attribuibile, a suo giudizio, alle preoccupazioni finanziarie dell'artista in seguito al tardivo matrimonio e alle esigenze di una crescente famiglia. Per questo, secondo il biografo, il B. era portato a dipingere "con minore studio" di prima, e a dedicarsi ad affari che lo distoglievano dalla sua professione. In verità un calo di produttività sembra esservi stato e questa tarda fase della sua carriera è ancora poco nota soprattutto a causa della scarsità di sue opere sicuramente riferibili a questo periodo. Tuttavia il notevole Martirio di s. Caterina, nella chiesa di S. Caterina di Saragozza a Bologna, una delle sue ultime opere, dimostra assai chiaramente che il B. era ancora capace di dipingere all'occasione con tutto, o quasi, il suo passato vigore.

Zanotti descrive il B. come "uomo timido di natura e quanto ardito parea e pieno di vivacità e di prontezza nell'opere suo altrettanto pusillanimo e da poco nel rimanente..." (p. 326). Fu tra i membri fondatori dell'Accademia Clementina di Bologna (1709), di cui fu il settimo principe (1723-24). Tra i suoi numerosi figli, il B. predilesse particolarmente Barbara (nata il 3 dic. 1700), alla quale insegnò a dipingere. Questa giovane - narra Zanotti - fuggì dalla casa paterna a causa della troppo stretta sorveglianza cui era sottoposta dal padre, il quale non doveva più riprendersi da un tale colpo. Una lettera con una annotazione autografa del B. "copia della lettera di mia figlia inviata a sua madre" (Bologna, Bibl. comunale, Autografi, XI, n. 3424) costituisce una patetica testimonianza della veridicità del racconto. Barbara scriveva: "la lettera del Sig.r Padre mi sia resa veramente una grandissima aflizione in sentire come egli dice che del ora che parti di casa mai non ha avuto quiete ne giorno ne notte...".

Il B. morì a Bologna il 5 genn. 1727.

Fonti e Bibl.: Forlì, Bibl. com., Autografi Piancastelli, cart. 422(due lettere datate 28apr. 1722 e 28 dic. 1723);Bologna, Bibl. com., Autografi, XI, nn. 3422-3424(due lettere datate 16gennaio e 1º maggio 1723;copia della lettera di Barbara, senza data, sul retro di una lettera del B. del 1º maggio 1723;una ricevuta del B. al marchese Girolamo Albergati, datata 11 sett. 1683);C. C. Malvasia, Le pitture di Bologna [1686], a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, ad Indicem; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 50(Antonio Burino); G. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina, Bologna 1739, I, pp. 319-331(vedi anche la copia con annotazioni autografe nella Bibl. comun. di Bologna, ms. B 11-12);Bologna, Bibl. com., ms. B 130:M. Oretti, Notizie de' professori del disegno…, pp. 79-90 (con ulter. bibl.); L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Firenze 1834, V, pp. 137, 144;L. G. Albergati Capacelli, Descrizione del palazzo Albergati Capacelli e delle pitture, Bologna 1837, passim;G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, pp. 107 s., 151, 446;S. Muratori, Il "Martirio di s. Eufemia" del B. e un Giudizio artistico di C. Cignani, in Felix Ravenna, III (1930), pp. 32-43;A. Arfelli, G.A.B., in Comune di Bologna, XXI (1934), n. 11, pp. 67-75;R. Longhi-G. Zucchini, Mostra del Settecento bolognese (catal.), Bologna 1935, pp. 5 s; A. E. Popham, Catal. of drawings in the coll. ... T. Fitzroy Phillipps Fenwick…, London 1935, p. 130; C. Volpe, Antefatti bolognesi e origini di G. M. Crespi, in Paragone, VIII (1957), n. 91, pp. 25-37;O. Kurz, Bolognese Drawings at Windsor Castle, London 1955, pp. 81 ss.; M. Calvesi, in Pittura del Seicento emiliano (catal.), Bologna 1959, pp. 191 s.;E. Riccomini, G. A. B., in Arte antica e moderna, 1959, pp. 219-227; R. L[onghil, Catal. della Mostra di pittori ital. a Varsavia 1956, in Paragone, XV (1964), n. 173, p. 55(un Giuseppe che spiega i sogni attribuito all'Assereto è in via ipotetica assegnato al B.); A. G[hidiglia] Q[uintavalle], La Maddalena, in Bollettino d'arte, XLIX (1964), p. 408(dipinto acquistato per la Pinacoteca di Parma e attribuito al B.); H. Brigstocke, A. B. Diana and Endymion at York, in The Burlington Magazine, XCII (1970), p. 760(indicata da Zanotti in casa Ranuzzi; disegno nella Royal Library del castello di Windsor); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 272; Encicl. Ital., VIII, p. 150.

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