MARI, Giovanni Antonio. – Nacque a Roma, all’incirca nel 1630-31, da Baldassarre e Caterina Masetti, in una famiglia di scultori e restauratori di statue antiche operanti tra il 1628 e il 1676. La sua formazione avvenne all’interno della bottega paterna; la sua attività, concentrata negli anni tra il 1650 e il 1660, si svolse tutta nell’orbita di G.L. Bernini. Il 25 apr. 1656 ricevette la nomina ad accademico di S. Luca; fu anche socio dell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon.
La nascita di Baldassarre va fissata intorno al 1596. Nel 1625 fu nominato accademico di S. Luca e nel 1641 socio dell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon. La sua fama è legata soprattutto alla lunga attività come restauratore. Le prime notizie risalgono agli incarichi da parte dei Borghese per la reintegrazione di marmi antichi (1628-32). A partire dal 1645 lavorò per i Pamphili, sotto la direzione di A. Algardi, restaurando le sculture destinate al casino del Bel Respiro nella villa Doria-Pamphili. Nel 1651-52 e nel 1657 ricevette pagamenti per restauri e reintegrazioni da parte della famiglia Colonna. Dal 1662 al 1672 svolse un’intensa attività per conto del cardinale Flavio Chigi: reintegrazioni e acquisti di sculture antiche sono documentati da numerosi pagamenti (Sparti). Tra le antichità individuate o note attraverso incisioni si possono citare una Venere con putto che sormonta un delfino, ora alla Skulpturensammlung di Dresda, un gruppo di Apollo e Marsia, una Talia, una Tuccia, un’Agrippina. Frutto di un vero e proprio pastiche è il Commodo-Amazzone nella sala degli Animali dei Musei Vaticani, già nella villa Mattei sul Celio, composto con diversi frammenti antichi tra il 1653 e il 1655 (Spinola). Parallelamente all’attività di restauratore Baldassarre ebbe incarichi come scultore, anche se sempre in opere collettive che non permettono di attribuirgli alcun lavoro indipendente. A partire dal 1645 prese parte, sotto la direzione di Bernini, alla decorazione plastica dei pilastri interni della basilica di S. Pietro; all’impresa, terminata nel 1649, collaborarono 41 scultori, che realizzarono 56 medaglioni con le effigi di papi santi e martiri, 192 angeli e putti, 104 colombe dello stemma Pamphili (il compenso per ogni pilastro fu fissato in 500 scudi); i rilievi seguono complessivamente il disegno berniniano e i modelli al vero predisposti da G.U. Abbatini; la realizzazione presenta evidenti difformità stilistiche, ma non è comunque possibile identificare i realizzatori (Tratz). Sempre Bernini lo coinvolse nei lavori nella cappella Cornaro (Corner) in S. Maria della Vittoria (1647-53), ordinata dal cardinale Federico; il ricco complesso decorativo berniniano fu realizzato con largo impiego di collaboratori: Baldassarre con il M., il marmoraro G. Renzi e gli scultori I.A. Fancelli, L. Morelli, A. Raggi. I documenti rinvenuti (Napoleone) attestano, per lavori non specificati, i seguenti pagamenti a Baldassarre: 20 scudi in giugno e 20 in settembre nel 1649; 25 scudi in marzo e 15 in giugno nel 1650; 35 scudi nel febbraio del 1651. Si tratta probabilmente di compensi legati alla sua collaborazione ai rilievi laterali con i membri della famiglia Cornaro, eseguiti insieme con Fancelli, Morelli e Raggi. Proprio con Raggi collaborò nello stesso periodo (1647-50) alla realizzazione dell’insegna del cardinale Giulio Mazzarino sulla facciata dei Ss. Vincenzo e Anastasio in Trevi: a Baldassarre spettano i due puttini nell’atto di sorreggere il cappello cardinalizio e suonare le trombe della Fama. Negli anni successivi si occupò esclusivamente del restauro e commercio di marmi antichi. Morì a Roma il 14 ott. 1673, lasciando erede universale il figlio Domenico; fu sepolto in S. Lorenzo in Lucina.
La prima segnalazione dell’attività del M. riguarda il lavoro compiuto accanto al padre nell’arma cardinalizia dei Ss. Vincenzo e Anastasia nel cantiere berniniano della cappella Cornaro in S. Maria della Vittoria: a suo favore si registra un solo pagamento, di entità modesta (12 scudi), versato nel luglio 1651 per lavori imprecisati. Nello stesso anno si avviava la travagliata vicenda del completamento della fontana, oggi detta del Moro, di fronte a palazzo Pamphili in piazza Navona.
La realizzazione del gruppo marmoreo fu affidata al M.: il Moro è certamente la sua opera più celebre, anche se il suo apporto fu piuttosto limitato.
Subito dopo Bernini affidò al M. la realizzazione della statua di S. Barbara per il duomo di Rieti. La cappella di S. Barbara (la quarta della navata sinistra) fu decorata per lascito testamentario di don Antonio Petrollini, scrittore apostolico, morto a Roma il 10 marzo 1650; per adempiere al lascito fu nominata una congregazione di dodici cittadini. Il progetto della cappella fu disegnato da Bernini e i lavori iniziarono nell’agosto 1653; due anni dopo, il 13 apr. 1655, la congregazione deliberò di spendere 150 scudi per la statua della santa.
Dopo l’elezione di Fabio Chigi, pontefice Alessandro VII, nell’aprile 1655, Bernini fu incaricato di dirigere il cantiere di abbellimento della chiesa di S. Maria del Popolo. Nella navata centrale, sugli arconi che fanno da collegamento con le navate laterali, furono disposte otto coppie di sante vergini e martiri in stucco; all’impresa collaborarono, oltre al M., G.F. De Rossi, P. Naldini, Morelli, Raggi e G. Peroni; il M. è autore della coppia sulla terza campata a destra, con S. Cecilia e S. Orsola, per le quali ricevette un acconto il 24 ag. 1655 e fu pagato a saldo il 5 ottobre successivo (Cugnoni).
I lavori in S. Maria del Popolo proseguirono con gli interventi nel transetto.
Nello stesso periodo vanno collocati i lavori per il Monumento sepolcrale del cardinale spagnolo Domenico Pimentel in S. Maria sopra Minerva, realizzato su progetto di Bernini nella cappella a sinistra dell’abside adibita a passaggio verso l’esterno.
Il M. è presente un’ultima volta nel 1660 in un lavoro di restauro: in luglio ricevette 69,50 scudi per «accomodare, e resarcire l’Angelo di marmo, che stà posto sul maschio di Castel S. Angelo» (Sparti, p. 114); quello stesso anno la statua di Raffaello da Montelupo (ora nel cortile d’onore) era stata gravemente danneggiata durante i lavori per disfare il pennone dello stendardo: al M. fu dato il compito di ricomporre i pezzi staccati e rifare il braccio destro, parte dell’elmo e del panneggio.
Il M. morì a Roma nel 1661 (De Lotto).
Domenico nacque a Roma il 28 febbr. 1643 (De Lotto). Si formò nella bottega paterna e con lui collaborò al restauro di statue antiche; nel 1663 risulta infatti a Formello impiegato nel completamento di una statua di imperatore nella villa dei Chigi, dove lavorava anche il padre. A soli ventitré anni fu coinvolto, come il fratello, nella grande impresa berniniana del colonnato di S. Pietro: tra l’agosto e il dicembre 1666 eseguì una statua ricevendo un compenso di 100 scudi. Morì a Roma il 2 nov. 1674 e fu sepolto in S. Lorenzo in Lucina (ibid.).
Fonti e Bibl.: F. Titi, Studio di pittura, scoltura, et architettura, nelle chiese di Roma (1674-1763), a cura di B. Contardi - S. Romano, Firenze 1987, ad ind.; L. Pascoli, Vite de’ pittori, scultori ed architetti moderni (1730-36), Perugia 1992, ad ind.; A. Bertolotti, Artisti belgi ed olandesi a Roma nei secoli XVI e XVII, Firenze 1880, pp. 213 s.; G. Cugnoni, Appendice al «Commento della vita di Agostino Chigi il Magnifico», in Arch. della Soc. romana di storia patria, VI (1883), pp. 524 s., 535-538; A. Bertolotti, Artisti francesi in Roma nei secoli XV, XVI e XVII, Mantova 1886, pp. 165-167; A. Riccoboni, Roma nell’arte. La scultura nell’Evo moderno dal Quattrocento ad oggi, Roma 1942, pp. 196 s.; A. Sacchetti Sassetti, Gio. Lorenzo Bernini a Rieti, in Archivi, XXII (1955), 3, pp. 214-227; A. Nava Cellini, L’Algardi restauratore a villa Pamphilj, in Paragone, XIV (1963), 161, pp. 31, 36; M. Fagiolo - M. Fagiolo dell’Arco, Bernini, una introduzione al gran teatro del barocco, Roma 1967, ad ind.; U. Schlegel, Die italienischen Bildwerke des 17. und 18. Jahrhunderts, Berlin 1978, pp. 34 s.; J. Montagu, Alessandro Algardi, New Haven-London 1985, pp. 31, 98, 252, 469; C. D’Onofrio, Le fontane di Roma, Roma 1986, pp. 440-448; Le statue berniniane del colonnato di S. Pietro, a cura di V. Martinelli, Roma 1987, ad ind.; M.T. De Lotto, ibid., p. 215 (s.v. Domenico Mari e s.v. Francesco Mari); J. Bernstock, La tumba del cardenal Domingo Pimentel de Bernini, in Archivo español de arte, LX (1987), 237, pp. 2 s.; S. Ciofetta, in L’angelo e la città (catal.), Roma 1987, p. 162; R. Wittkower, Gian Lorenzo Bernini. Lo scultore del barocco romano, Milano 1990, ad ind.; J. Montagu, La scultura barocca romana, Torino 1991, pp. 134-140; H. Tratz, Die Ausstattung des Langhauses von St. Peter unter Innozenz X., in Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana, XXVII-XXVIII (1991-92), pp. 361, 371; S. Zanuso, in A. Bacchi, Scultura del ’600 a Roma, Milano 1996, pp. 819 s. (s.v. Francesco Mari e s.v. Giovanni Antonio Mari); G. Spinola, Il Commodo-Amazzone della sala degli Animali, in Boll. dei monumenti, musei e gallerie pontificie, XVI (1996), pp. 66-73, 78 s., 88-91; O. Ferrari, Il secondo tempo della cappella Caetani, in Antologia di belle arti, 1996, nn. 52-56, pp. 73-79; D.L. Sparti, Tecnica e teoria del restauro scultoreo a Roma nel Seicento, con una verifica sulla collezione di Flavio Chigi, in Storia dell’arte, 1998, n. 92, pp. 60-131 (v. pp. 106-114 e passim); C. Napoleone, Bernini e il cantiere della cappella Cornaro, in Antologia di belle arti, 1998, nn. 55-58, pp. 172-186; O. Ferrari - S. Papaldo, Le sculture del Seicento a Roma, Roma 1999, ad ind.; Bernini regista del barocco (catal.), a cura di M.G. Bernardini - M. Fagiolo dell’Arco, Milano 1999, pp. 381-384 (schede 119-122); A. Valeriani, in Alessandro VII Chigi (1599-1667) (catal.), a cura di A. Angelini - M. Butzek - B. Sani, Siena 2000, pp. 244 s.; S.F. Ostrow, I pilastri della navata centrale e la loro decorazione, in La basilica di S. Pietro in Vaticano, a cura di A. Pinelli, Modena 2000, pp. 801-805; N. Marconi, Cantiere e maestranze nel Seicento romano: la facciata longhiana dei Ss. Vincenzo e Anastasio in piazza di Trevi 1646-1660, in Bulletin de l’Association des historiens de l’art italien, 2001-02, n. 8, pp. 107 s.; Bernini: the modello for the fountain of the Moor, a cura di A. Butterfield, New York 2002, pp. 24, 38, 46, 72 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, pp. 90 s.