CALANDRA, Giovanni Battista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)

CALANDRA, Giovanni Battista

Ludovica Mazzola

Nacque a Vercelli nel 1586 dal sarto Francescoe da Andrietta Crevola; iniziò ben presto l'attività artistica, probabilmente sotto la guida del pittore Raffaello Giovenoni, amico di famiglia (Lumbroso, pp. 84 ss.). Dal suo testamento dell'"ultimo" di febbraio 1640 (Schede Vesme, pp.244 s.) risulta che nel 1602, dopo la morte del padre, si trasferì a Roma dove divenne amico e allievo del mosaicista Marcello Provenzali, collaborando ben presto col maestro nei suoi lavori in Vaticano e in S. Pietro.

La sua prima opera documentata è del 1618: come risulta dai pagamenti pubblicati dal Bertolotti, il C. eseguì in quell'anno "il musaico di S. Pietro e S. Paolo nel cortile nuovo appresso la porta principale del palazzo Vaticano… e restaurò la Madonna sopra la suddetta porta" (p. 201).I due santi, eseguiti su cartone di G. B. Ricci da Novara, erano collocati vicino ad una fontana in una specie di atrio progettato dal Ferrabosco nell'ambito del lavori di ristrutturazione dell'entrata ai palazzi vaticani in rapporto alla nuova facciata di S. Pietro (Egger, pp. 103 s.). L'anno dopo il C. lavorò per gli Aldobrandini nella villa di Frascati (C. D'Onofrio, La villa Aldobrandini, Roma 1963, p. 140): non risulta però se si tratti del mosaico pavimentale della stanza di Apollo o di altra decorazione.

Il C. si affermò nell'ambiente pontificio anche per la sua lunga attività come "soprastante" dei lavori in S. Pietro, come dimostrano i numerosi pagamenti firmati da lui dal 1623 al 1629, pubblicati dal Pollak. In questo periodo continuò a lavorare come mosaicista a S. Pietro, dove tra il 1625 e il 1626 (Pollak, p. 512) portò a termine quei S. Pietro e S. Paolo descritti dal Pascoli come sua prima opera eseguita "con proprio cartone… sotto il meraviglioso ciborio di quel luogo ascoso che si chiama il pozzo dei martiri"; ma lavorò anche per privati eseguendo, per esempio, nel 1627, per il cardinale Maurizio di Savoia, un quadro in mosaico rappresentante S. Maurizio di cui però non si ha più notizia.

Nel 1628 il C. terminò per un altare di S. Pietro il mosaico di S. Michele arcangelo, ilcui cartone fu tratto dal Cavalier d'Arpino dal quadro di Guido Reni, che venne così sostituito (come poi quasi tutti i quadri in S. Pietro) da una copia in mosaico per non essere rovinato dall'umidità. L'opera del C. si trova però ora nel duomo di Macerata e al suo posto c'è una copia del 1759 (Arch. della Rev. Fabbrica di S. Pietro, I piano, serie 3, pacco 14: Studio dei mosaici…[1811], c. 3). Il grande successo che ebbe questo mosaico fu probabilmente una delle ragiom per cui il C. fu designato, il 12 nov. 1629, curatore di tutti i lavori in mosaico della basilica di S. Pietro.

Dal 1630 al '35 lavorò alla decorazione dei timpani della cappella della Colonna, dove sono rappresentati S. Tommaso d'Aquino e S. Giovanni Donasceno, eseguiti su cartoni di A. Sacchi, e S. Bonaventura e S. Cirillo, su cartoni del Lanfranco. In questo periodo portò a termine anche un'altra importantissima opera: il restauro dell'antico mosaico del tempio della Fortuna Primigenia a Palestrina, giunto in possesso del cardinale Barberini nel 1630 "dopo esser stato levato in pezzi senza esserne preso prima pianta o disegno" (Lumbroso, p. 43).

Poiché il cardinale volle conservare presso di sé una parte del mosaico e cioè "l'historietta di quelli che mangiano all'aperto", il C. inseri al suo posto una copia eseguita da lui, imitando così bene la maniera antica che solamente col restauro del 1952, attraverso lo studio delle tessere e dello stucco, si è potuto stabilire con certezza che tale scena risale al XVII secolo. Il C. lo eseguì certamente prima del 1640, quando il mosaico venne portato a Palestrina (S. Aurigemma, Ilrestauro del mosaico, in Rend. della Pontif. Accad. di archeol., s. 3, XXX-XXXI[1957-59], pp. 42 ss.).

Nel frattempo il C. lavorò ai mosaici per la cappella Filomarino nella chiesa dei SS. Apostoli a Napoli; si tratta di un'Annunciazione e Quattro Virtù eseguite su cartoni di G. Reni, terminate nel 1636, come si legge nell'iscrizione. Il Celano pensa che anche in questo caso si tratti di una copia in mosaico di un precedente dipinto donato dal Filomarino a Filippo IV, ma la notizia è errata poiché il viaggio del cardinale in Spagna risale al 1626 né si hanno notizie di un'Annunciazione del Reni in quel paese (Strazzullo). Dal 1637 al 1639 il C. tornò a lavorare in S. Pietro per la decorazione dei timpani della cappella di S. Michele, dove sono rappresentati S. Leone Magno su cartone di A. Sacchi, S. Bernardo su cartone di C. Pellegrini, Dionigi l'Areopagita su cartone di Guido Abbatini e S. Gregorio Taumaturgo su cartone del Romanelli.

Del 1641-42 sono i due ritratti del Filomarino, eseguiti per la cappella napoletana su cartoni di Guido Reni, secondo l'attribuzione del Bologna (1954, pp. 105 s.). Questo genere fu molto richiesto al C., come testinioniano, i ritratti che ornano i monumenti funebri di Ottavio Ubaldini in S. Maria sopra Minerva a Roma e del cardinale Fausto Poli e di Paolo Frenfanelli nella collegiata di S. Maria a Cascia.

Nel 1643 il C. divenne principe dell'Accademia di S. Luca di cui era membro già dal 1630 (Archivio dell'Accad., Libri de' decreti delle Congregationi, vol.43, f. 54v). In quello stesso anno riprese la decorazione della cappella della Colonna in S. Pietro, ma iniziò appena il mosaico delle lunette su cartoni del Romanelli.

Morì a Roma il 27 ott. 1644 e fu sepolto in S. Maria in Traspontina (Schede Vesme, p.245).

Il C. fu attivo in un periodo di riscoperta del mosaico, soprattutto a Roma, sia,come decorazione architettonica, sia per quadri di piccole dimensioni. I mosaicisti però non erano "autori" dell'opera, in quanto lavoravano quasi sempre su cartoni preparati da pittori; né si può parlare di collaborazione, perché il mosaico era apprezzato soprattutto come imitazione perfetta della pittura, quando cioè riproduceva con numerosissime piccole tessere effetti tipici di altri mezzi artistici, come per esempio lo sfumato. Il C. fu certo un grande mosaicista in questo senso e con la sua grande abilità tecnica aderì al gusto del tempo godendo di molto favore durante tutta la sua vita.

Fonti e Bibl.: Documenti riguardanti la vita e l'attività artistica del C. sono stati pubblicati in A. Bertolotti, Artisti subalpini in Roma nei secc. XV, XVI, XVII, Mantova 1884, pp. 200 s.; O. Pollak, Die Kunsttätigkeit unter Urban VIII., II, Die Peterskirche in Rom, Wien 1931, ad Indicem; Schede Vesme, I, Torino 1963, pp. 240-245. Altre notizie e spunti critici sono stati tratti da G. Ciampini, Vetera monimenta in quibus praecipue musiva opera sacrarum profanarum que aedium, I, Romae 1690, p. 80; L. Pascoli, Vite de' pittori, scultori, ed architetti moderni, Roma 1736, II, pp. 23 s. (ampia biografia); G. P. Chattard, Nuova descrizione del Vaticano ossia della sacrosanta Basilica di S. Pietro, Roma 1757, I, pp. 1, 34, 64, 94 s.; C. Celano, Delle notizie del belloGiornata I, Napoli 1758, p. 187; G. Revelli, Le avventure di G. B. C. pittore vercellese, Vercelli 1810 ("scipito romano" secondo Vesme, p. 245); S. Pieralisi, Osservazioni sul mosaico di Palestrina, Roma 1858, pp. 9 s.; G. Lumbroso, Notizie sulla vita di Cassiano dal Pozzo, in Miscell. di storia ital., XV(1875), pp. 50 s., 84-89; I. Ciampi, Un periodo di cultura in Roma nel sec. XVII, in Arch. della Soc. rom. di storia patria, I(1878), p. 452; C. Dionisotti, Not. biograf. dei vercellesi illustri, Vercelli 1882, p. 204 s.; M. Gerspach, Le mosaique, Paris s.d., pp. 191, 194, 196 s., 206 s.; H. Egger, Der Uhrturm Paulus V, in Mededeelingenvan het Ned. Hist. Institut te Rome, IX(1929), pp. 103 s.; F. Bologna, Mostra del ritratto storico napoletano (catal.), Napoli 1954, pp. 23, 105 s.; F. Strazzullo, La chiesa dei SS. Apostoli, Napoli 1959, pp. 62 s.; D. Roccia, Le avventure di G. B. C., mosaicista vercellese alla corte di Urbano VIII, in La Sesia (Vercelli), 14 dic. 1962; U. Thieme-F.Becker, Künstlerlexikon, V, p.372 (con bibliografia).

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