CONTI, Giovanni Battista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 28 (1983)

CONTI, Giovanni Battista

Gianfranco Formichetti

Nacque il 22 ott. 1741 a Lendinara nel Polesine da una nobile famiglia; il padre era il conte Marino e la madre la nobildonna Elisabetta Zoja di Este.

Ebbe in casa per maestro Antonio Maria Griffi, che sarebbe poi diventato generale dell'Ordine degli olivetani. Studiò giurisprudenza a Padova, dove il 10 genn. 1766 consegui la laurea. Nell'ambiente patavino la vita culturale ruotava attorno a tre centri: il seminario, l'università e l'Accademia di scienze lettere ed arti. Poco interesse si nutriva per la cultura spagnola che pure nei due secoli precedenti aveva avuto valenti studiosi. In questo periodo il C. fece amicizia con il Cesarotti, elemento di primo piano nella vita culturale dell'Accademia, l'abate Lastesio, Gaspare Gozzi e l'abate Clemente Sibiliato, che era succeduto in università al filologo Giannantonio Volpi. Nel 1761 a Padova ebbe modo di conoscere lo spagnolo Casimiro Ortega, che si interessava professionalmente di botanica e scienze naturali ma che ben apprezzava gli studi letterari. Gli interessi del C. per la cultura spagnola nascono da questo incontro e si concretizzeranno, durante la lunga permanenza in Spagna, anche lì grazie all'aiuto dell'Ortega.

A Venezia, dove si era trasferito subito dopo aver conseguito la laurea, egli si dedicò, pare con successo, all'avvocatura. Intorno al 1769 si portò, per motivi familiari, in Spagna dove viveva il conte Tullio Antonio, fratello del padre, ufficiale nelle Guardias de corpos. Fece subito amicizia con Nicolás Fernandez Moratin, illustre e famoso poeta, coinquilino dello zio. Dopo un breve ritorno in Italia per la morte del padre, nel 1776, ripartì di nuovo per la Spagna. Lo accompagnava il fratello Silvio, che sarebbe divenuto ufficiale della marina spagnola. Nel 1780 sposò la cugina Sabina, figlia dello zio Tullio Antonio.

Fin dal primo arrivo a Madrid il C. era stato ben accolto negli ambienti culturali e politici della capitale spagnola, divenendo ben presto un elemento di primo piano. Erano suoi protettori gli ambasciatori veneziani Francesco Pesaro e Alvise Almorò Pisani; le aderenze nel mondo politico spagnolo avevano come riferimento in primo luogo il conte di Floridablanca per giungere poi fino al re Carlo IV in persona, che gli concesse una pensione.

Nicolás Moratin, che casualmente il C. aveva conosciuto non appena giunto in Spagna, lo introdusse nell'ambiente della cosiddetta "Fonda de S. Sebastián", dove ritrovò il suo amico Casimiro Ortega con più che mai vivi interessi per il mondo delle lettere. Alla morte di Nicolás Moratín, avvenuta nel 1780, il figlio Leandro continuò la tradizione del padre, e con lui il C. sviluppò rapporti di amicizia fino a divenirne consigliere e guida. I contatti con la "Fonda", le amicizie all'Accademia spagnola e all'Accademia reale di storia, il credito che aveva presso la corte consentirono al C. di studiare e approfondire la conoscenza della lingua e letteratura spagnola. Nel 1771 vedeva infatti la luce a Madrid il suo primo lavoro, un assaggio di quella raccolta dì poesia spagnola che lo renderà famoso. L'opera intitolata La célebre Ecloga primera de Garcilaso de la Vega con su Traducción Italiana, en el mismo metro Por El Conde D. Juan Bautista Conti: Con el Prólogo, Resumen de la Vida del Poeta, y alyunas observaciones El Dr. D. Casimiro Gómez Ortega, siavvaleva, come ben descrive il titolo, di un prologo nel quale l'amico conosciuto a Padova e rincontrato a Madrid tesse le lodi del C. prospettandogli una sicura fortuna. Seguiva la biografia di Garcilaso, quindi il sonetto del C. "Sopra la morte di Garcilasso" che l'Ortega aveva tradotto, e l'egloga con testo a fronte in italiano; le ultime pagine contenevano diciotto componimenti in italiano, spagnolo e latino, composti da tredici poeti (tra i quali l'Ortega, il Moratin e l'Yriarte) in onore del C. o di Garcilaso.

L'accoglienza fatta all'opera stimolò il C. a intraprendere un piano di lavoro che doveva riguardare la traduzione in italiano di una scelta antologica della poesia spagnola del periodo d'oro: dal Boscán fino al 1650 circa, non escludendo di poter continuare fino ai contemporanei. L'opera doveva essere divisa in tre parti, nella prima sarebbero state comprese le poesie liriche, nella seconda l'epica con appendice per i poemi didattici e giocosi, nella terza la poesia drammatica. Gli autori sarebbero stati disposti in ordine cronologico e una breve biografia avrebbe preceduto le opere. Ogni volume sarebbe stato accompagnato da "Riflessioni", una sorta di commento critico sulle opere trattate.

Nel 1782 veniva pubblicato a Madrid il primo volume dell'opera che prendeva il titolo di LaColección de poesiascastellanas traducidas en verso toscano y ilustradas. Iltesto è formato dal prologo diviso in due parti, nella prima delle quali sono compresi i paragrafi "Poesia Castigliana in generale", "Bellezza della lingua Castigliana" e il "Disegno della presente opera"; seguono nella seconda parte quattro capitoli riguardanti l'influenza della poesia sulla pittura, musica, eloquenza e sul "Costurne delle Nazioni". Si chiude cosi il prologo. Prima delle poesie di Boscán, che occupano l'ultima parte del volume, ci sono alcuni capitoli dedicati alla storia della poesia castigliana dal sec. XII fino all'inizio del XVI e a tre saggi: il primo sul poema Lodi di Nostra Signora di Gonzalo di Berceo, il secondo sui Proverbi di Ignigo López di Mendoza e il terzo su IlLaberinto di Giovanni di Mena. Dopo la biografia di Boscán seguono dello stesso due canzoni, sei sonetti e un'epistola.

Il secondo volume dell'opera, uscito dopo pochi mesi, è completamente dedicato alla poesia di Garcilaso. Si apre con il "Compendio della vita di Garcilasso" al quale segue l'"Epistola latina del Cardinal Bembo in lode di Garcilasso". Seguono le poesie e appare molto interessante l'epistola di Garcilaso indirizzata a Boscán che chiude il volume; infatti, trattando dell'amicizia, il poeta spagnolo riporta l'intero capitolo terzo dell'ottavo libro dell'Etica aristotelica. Nel 1783 appariva il terzo volume: una vera e propria antologia comprendente biografia e poesie di Sà de Miranda, Diego Hurtado de Mendoza, Hernando de Herrera, Hernando de Acuna e Luis de León.

Per l'uscita del quarto volume passeranno alcuni anni e l'opera vedrà la luce nel 1790. Il C. dirà di averci lavorato per lo più in Italia dove l'anno prima aveva fatto ritorno. La prima parte è dedicata alle "Notizie intorno a' migliori poeti Castigliani" e contiene una scelta di autori che giunge fino al contemporaneo Bartolomeo d'Argensola. Nelle "Riflessioni" che, come di consueto, chiudono il libro, il C., in linea con i suoi presupposti estetici d'impronta classicista, introduce la poetica oraziana come guida di ogni scrittura poetica.

Nemmeno la prima parte del lavoro progettato con tanto entusiasmo e ottimismo era stata fino a quel punto ultimata; già nella prefazione al quarto volume l'autore aveva rimandato infatti alcuni poeti del sec. XVI al volume successivo. L'opera del C., nata sotto il benestare regio (significativamente nel frontespizio italiano si legge "D'ordine della Corte"), come impresa editoriale di Stato dunque, entrava in crisi, così come entravano in crisi i rapporti del C. con la stessa corte. La perdita del suo sussidio reale e la partenza dalla Spagna, quasi certamente in conseguenza di esso, segnarono la fine dei suo vasto programma letterario. Sarebbero dovuti passare alcuni lustri prima che il C. potesse riprendere in considerazione la poesia spagnola a scopi editoriali.

Nel settembre 1794 il C. rivede Leandro Moratin in visita in Italia: accompagna l'amico spagnolo per un tratto di viaggio e si premura che venga ben accolto nell'università di Padova. Nel 1795 vedeva la luce a Padova un poema sacro di quattro canti in terza rima intitolato Incoronazione della Immagine di Maria Vergine, detta del Pilastello, venerata a Lendinara:era l'omaggio reso dal C. alla cittadina che gli aveva dato i natali, un carme secolare a carattere religioso, molto di moda in quel tempo. Il C. aveva già composto nel 1763, allorché venne rimodernata la chiesetta che ospitava l'immagine, un Capitolo in lode di Maria Vergine (Lendinara 1763) che aveva dedicato al suo maestro l'abate Griffi.

Dopo quest'opera il suo prestigio, già vivo presso i concittadini, crebbe notevolmente. La sua attiva partecipazione alla vita politica si concretizzò quando i Francesi, il 15 maggio 1797, posero in Lendinara la sede della municipalità dell'Adigetto ed egli fu eletto giudice civile, incarico confermato l'anno seguente dal governo austriaco, a dimostrazione di quell'abilità che certamente la vita di corte aveva affinato in lui. Nel 1801 fu tra i notabili designati alla Consulta di Lione, da dove riportò la nomina a elettore per i possidenti dei dipartimento del Basso Po nel Corpo legislativo della Repubblica italiana; lo stesso anno diveniva presidente di quella stessa municipalità e nel 1802 venne nominato viceprefetto del Polesine, suscitando entusiasmo e ammirazione tra i suoi concittadini: per l'occasione fu stampata in suo onore una raccolta di poesie di amici e ammiratori.

Due anni più tardi le viceprefetture furono soppresse. Nello stesso 1904 divenne membro della Corte di giustizia in Ferrara dove si trasferì e visse gli ultimi anni della sua vita. Dopo la morte della moglie Sabina e dell'ultima di otto figli, circondato dall'affetto di amici e stimatori, morì il 7 dic. 1820.

L'anno prima aveva pubblicato a Padova un'antologia della poesia spagnola che riprendeva quanto già edito in Spagna (con l'aggiunta di nuovi autori). L'opera intitolata Scelta di poesie castigliane del sec. XVI tradotte in lingua toscana dal conte Giambattista Conti e opere originali del medesimo, era priva dei testi spagnoli e delle parti introduttive. Il primo volume si apre con un capitolo intitolato "Notizie intorno alla poesia castigliana del sec. XII fino a' principi del XIV", ed è un vero e proprio riassunto di quanto il C. aveva pubblicato nella edizione madrilena; nel secondo volume si aggiungono nuovi testi di Cervantes, Lope de Vega, Andrea Rey de Artieda e altri.

Restavano tra le opere inedite del C. i volumi quinto e sesto della Colección, il primo dei quali già pronto per la stampa. Carlo Gozzi esaltò anche in versi il poeta di Lendinara presentandolo come salvatore della poesia corrotta dei suoi tempi; analogamente lo ebbero in stima poeti e scrittori suoi contemporanei.

Esemplare per la comprensione della poetica del C. è senza dubbio l'opuscolo Per il solenne ingresso di S.E. il N.H. Alvise Pisani Kr. alla dignità di Procurator di S. Marco:si tratta di una raccolta di dieci sonetti (senza data e senza luogo di edizione), sei dei quali magnificano il Pisani lungo le tappe dei viaggi da lui compiuti in Europa e i restanti quattro celebrano alcuni suoi familiari. La deferenza e l'ossequio manifestati in occasione del suo ritorno a Venezia erano certamente segno di benefici trascorsi, allorché il C. aveva conosciuto Alvise Pisani, ambasciatore veneziano a Madrid.

La maggior parte delle poesie che il C. aveva pubblicato in varie raccolte finirono poi nell'appendice alla seconda edizione della Scelta (Padova 1819). Tutte le composizioni risentono dei classicismo accademico del quale si era nutrito. E appare coerentemente in sintonia, tutto questo, con la scelta che aveva operato all'interno della letteratura spagnola, privilegiando gli autori del periodo classico-italianeggiante.

Fonti e Bibl.: G. Moschini, Della lett. vereziana dal sec. XVIII fino ai nostri giorni, I, Venezia 1806, p. 181; V. Bozzio, Elogiofunebre del nobile signor G. C. nel giorno delle di esso esequie, Padova 1821; P. Perolari Malmignati, Oraz. in morte del chiarissimo G. B. C., Lendinara 1821; A. Lombardi, Storia della lett. ital. nel sec. XVIII, V, Venezia 1832, p. 115; G. Polcastro, Opere, III, Padova 1832, pp. 91-103; D. M. Silvela, Obras póstumas de D. Leandro Fernandez de Moratin, III, Madrid 1867. pp. 237 ss.; V. Cian, Italia e Spagna nel sec. XVIII. G. C. e alcune relaz. letter. tra l'Italia e la Spagna, Torino 1896; A. Farinelli, V. Cian, Italia e Spagna nel sec. XVIII, in Giorn. stor. della letteratura italiana, XV (1897), pp. 276-90; Id., La Spagna il C. e altri italiani del 700, in Italia e Spagna, II, Torino 1929, pp. 287-327; A. Cappellini, IlPolesine intellettuale, Genova 1954, pp. 38 s.; G. Natali, Il Settecento, I-II, Milano 1960, ad Indices;M. Di Pinto - R. Rossi, La lett. spagnola dal Settecento a oggi, Firenze 1974, pp. 42, 82, 86, 139; F. Meregalli, Presenza della letteratura spagnola in Italia, Firenze 1974, pp. 45 s., 56, 95.

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