GUADAGNINI, Giovanni Battista

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 60 (2003)

GUADAGNINI, Giovanni Battista

Guido Gregorio Fagioli Vercellone

Nacque a Esine, in Valcamonica, il 22 ott. 1723, primogenito dell'unione tra Oberto, agrimensore, e la di lui seconda moglie Antonia Zanotti. Svolse i primissimi studi nel paese natale; all'età di nove anni fu mandato alla scuola di grammatica e retorica nella vicina Borno. Studiò poi filosofia nel seminario di Lovere, sul lago d'Iseo, sotto la direzione di don O. Baglioni, il quale arricchì i corsi regolari con lezioni private fornendogli anche nozioni di geometria. Il maestro, molinista accanito, lo influenzò molto dal punto di vista teologico, spingendolo a considerare con ostilità il sistema tomistico, specialmente sul tema della grazia efficace. Intraprese successivamente gli studi di teologia nella casa degli oratoriani di Brescia con il domenicano Serafino Maccarinelli, che tentò con energia di smantellare le convinzioni moliniste del G., il quale resistette finché con l'approfondimento delle opere di s. Agostino non operò un radicale rovesciamento delle sue posizioni.

Completati precocemente gli studi e già munito degli ordini minori, nel 1740 il G. rientrò a Esine, dove aprì una scuola di lettere, filosofia e teologia. Nel 1746 fu ordinato sacerdote e iniziò una vivace attività di predicatore nelle diocesi di Brescia, Trento e Bergamo: in quest'ultima città si distinse particolarmente, guidando gli esercizi spirituali di circa 400 religiosi.

Queste attività non gli impedirono di approfondire lo studio delle Sacre Scritture e della storia ecclesiastica, cui aggiunse da autodidatta il greco, il francese e il tedesco, mentre nell'ebraico rimase ai rudimenti, a causa della distanza dai centri di studio. Aveva anche preso conoscenza del canto gregoriano ed esercitato dal 1748 al 1751 le funzioni di organista a Esine e a Borno. La vocazione per l'insegnamento lo spinse a proporsi per una cattedra nel seminario di Brescia (alcune fonti sostengono che per breve tempo vi insegnò), ma le circostanze e qualche intrigo impedirono questa soluzione.

Dopo quasi 10 anni di incarichi minori, (predicazione e un insegnamento a Breno, 1756) e dopo aver coadiuvato per due anni (1758-60) l'arciprete di Cividate Camuno, don G. Appolonio, inabile per età e per malattia, il G. venne finalmente nominato arciprete di quella pieve il 15 luglio 1760. Nello stesso anno ottenne anche la designazione a vicario foraneo.

Il vescovo di Brescia, G. Molin, gli impose di continuare l'insegnamento, che, unito alle cure della parrocchia e alla predicazione, costituì un impegno molto gravoso; tuttavia il G. lo portò diligentemente avanti fino alla morte, riuscendo anche a produrre una fittissima serie di pubblicazioni.

A causa però della sua crescente fama di giansenista, i rapporti con la curia bresciana conobbero momenti di tensione: già nel 1761 Molin aveva rifiutato di ammettere alla tonsura i seminaristi preparati dal G., ordinando perfino la chiusura della sua scuola di Cividate. L'episodio resta oscuro, perché Molin in quegli anni mostrava un atteggiamento di benevola tolleranza nei riguardi degli innovatori; infatti già nel novembre egli reiterò al G. l'autorizzazione a insegnare, e nell'agosto 1771 lo nominò vicario generale del S. Uffizio e inquisitore protempore nel reggimento della Valcamonica.

Il G. non intraprese mai grandi viaggi (è falsa la notizia che partecipasse al sinodo di Pistoia del 1786, sebbene fosse in contatto con S. de' Ricci). La sua vita in quegli anni appare tutta assorbita dagli studi eruditi e dalla predicazione (nella diocesi di Brescia come in quelle di Udine, Cremona, Trento, Bergamo e in Valtellina) e dalle fittissime corrispondenze di studio e amicizia, in gran parte conservate.

Del G. sono finora note 61 pubblicazioni e ben 243 inediti (123 lavori compiuti o quasi, 101 sermoni o abbozzi di prediche, 19 sonetti o poesie). Sono poi catalogati 46 gruppi di lettere a vari, mentre è già individuato un numero imprecisato ma elevato di altre corrispondenze in archivi di tutta Italia. Importante è quella con G.B. Rodella (segretario e collaboratore di G.M. Mazzuchelli), pubblicata nel 1989 (nell'appendice, a pp. 365-505, si trova un accurato lavoro bibliografico).

Tra i primi lavori pubblicati dal G., a parte qualche saggio di poesia in varie raccolte (1756-63), si possono ricordare l'Orazione in lode della signora Barbara Chizzola, moglie del signor conte G.M. Mazzuchelli…, Brescia 1766, e altri dello stesso filone dal 1777 al 1781.

Nel 1782 a Brescia diede alle stampe quella che è stata recentemente definita la sua "plus importante oeuvre polémico-historique", con cui, in opposizione alle tesi di L. Thomassin, si colloca "dans le climat de radicalisation du léopoldisme et du joséphinisme" (Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXII, col. 457): la De antiqua paroeciarum origine deque eximia clarissimorum episcoporum in parochos benignitate singularisque parochorum in episcopos observantia. Diatriba… in quaedam loca v. cl. Ludovici Thomassini de ecclesiastica disciplina, alla quale pare lavorasse fin dal 1774.

Il G. vi espone i temi del "parochismo giansenista" (già in parte svolti nel 1771 da G.A. Cornaro nel suo trattato De' parochi); in polemica con Thomassin riesamina la storia dei primi secoli della Chiesa, dimostrando l'esistenza e diffusione delle parrocchie già in quel tempo e concludendo che, accanto all'istituzione divina dell'ordine episcopale (che ha per capostipiti gli apostoli), vi è quella, anch'essa risalente direttamente a Cristo, dei parroci, in subordine all'episcopato ma non da questo fondato, in quanto deriva dai 72 discepoli di Gesù. L'opera, in due parti, contribuì moltissimo a diffondere la tendenza presbiteriana e "democratica" del giansenismo italiano.

La pubblicazione (resa possibile dalla sottoscrizione di 150 copie sulle 200 edite, promossa da G. Zola) proiettò di colpo il G. da una posizione defilata nel movimento giansenista italiano a una di primo piano, facendone una figura di riferimento. L'esplosione di polemiche e la dura reazione delle gerarchie ecclesiastiche non impedirono al G. di sostenere in lavori successivi le sue tesi, ventilando un modello di "democrazia ecclesiastica".

Nel 1786 a Venezia uscì un'altra sua opera che suscitò scalpore: Difficoltà sopra il pio esercizio della Via Crucis proposte… ad un padre lettore riformato suo amico, con dedica al vescovo di Pistoia e Prato S. de' Ricci, che aveva accolto nella propria diocesi le argomentazioni esposte da G.M. Pujati nel Pio esercizio della Via Crucis (Firenze 1782). Nel suo scritto il G. chiedeva l'eliminazione dalle 14 "stazioni" diffuse dai francescani osservanti di episodi dubbi, o anche falsi, come le cadute di Cristo sotto il peso della Croce, l'incontro con la Veronica o il pianto di Maria.

Queste prese di posizione (il cui spirito il G. espresse in numerosi altri minori lavori) dimostrano il suo atteggiamento nei riguardi degli abusi (da lui definiti "rovinosi e vergognosi") nella concessione delle indulgenze e la sua insofferenza per certe forme esteriori e ingiustificate di pietà che escludono ogni profonda meditazione. Nel tentativo di sfrondare la dottrina degli errori accumulati nei secoli egli propose di riallacciarsi ai principî originari del cristianesimo, agli scritti dei Padri, alle tradizioni più antiche, ma anche allo spirito dei decreti tridentini. In tale direzione il G. pervenne a una delle sue opere più polemiche e contrastate, l'Esame delle riflessioni teologiche e critiche sopra molte censure fatte al Catechismo composto per ordine di Clemente VIII… Parere intorno ai cosiddetti atti di Fede, Speranza e Carità ed altre cristiane virtù (I-II, Pavia 1786-87), che venne messa all'Indice con decreto 9 dic. 1793 e condannata dal S. Uffizio il 14 genn. 1796. Il G. vi sosteneva che era lecito criticare e correggere il catechismo di Roberto Bellarmino, proponendo alcune regole per emendarlo. Il punto che suscitò le reazioni più violente (specie da parte dell'ex gesuita G.V. Bolgeni in Stato dei bambini morti senza battesimo… a confutazione di un libro del signor G.B. G. arciprete di Cividate, Macerata 1787, cui fece seguito una Risposta… del G., Pavia 1788) fu l'asserto (sulla scorta di s. Agostino) che quelle anime sono destinate all'inferno e alla pena del fuoco (sia pur attenuata), non al limbo. Tuttavia il punto di maggior interesse (il più vicino alle posizioni giansenistiche) fu la polemica contro gli "atti di fede, speranza e carità" cari ai gesuiti, "formules pieuses grâce auxquelles, quelquefois avec des engagements disproportionnés et de ridicules accords avec Dieu, on finit par masquer un engagement réduit dans l'exercice des bonnes oeuvres" (Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, col. 458). Importante è anche la presa di posizione del G. in difesa di alcune tesi del canonico L.S. Litta nella Appendice di alcuni testi del concilio di Trento relativi all'assoluzione dei casi riservati… (Pavia 1787), dove negò l'invalidità delle assoluzioni concesse senza l'approvazione vescovile (fu messa all'Indice con decreto 18 sett. 1789).

Nel 1790 a Pavia comparve l'Apologia di Arnaldo da Brescia, che resta l'opera più conosciuta del G. al di fuori dell'ambito dell'erudizione teologica; dei due tomi che la compongono, la Vita (che nell'edizione definitiva divenne un'appendice) uscì a parte nei primi mesi dell'anno, mentre l'opera completa vide la luce in dicembre: ma già con decreto del 2 agosto era stata messa all'Indice, accompagnata da violente critiche, dovute al suo chiaro intento di rappresentare il grande progetto giansenista d'una radicale riforma ecclesiastica servendosi della figura di Arnaldo, accusato d'eresia e ribellione per aver sostenuto la purità evangelica contro il potere temporale dei pontefici. Sulla duratura fortuna di questo lavoro del G. basta ricordare che, quando G.B. Niccolini pubblicò il suo dramma storico Arnaldo da Brescia (Firenze 1843, e in tutte le successive edizioni), vi premise il testo del Guadagnini.

Questi scritti e gli stretti rapporti del G. con P. Tamburini, Zola, Pujati e altri noti rappresentanti del giansenismo italiano portarono a incomprensioni molto gravi con il vescovo di Brescia G. Nani, eletto nel 1773. Ma soltanto dopo lo scoppio della Rivoluzione francese e la diffusione delle idee eversive giunte da Oltralpe furono presi provvedimenti punitivi nei suoi confronti. Già nel 1792-93 la censura veneta impedì la circolazione di alcuni suoi scritti, compresa l'Apologia di Arnaldo (cfr. M. Berengo, La società veneta alla fine del Settecento, Firenze 1956, p. 114). Nel 1800, infine, il vescovo Nani lo destituì da vicario foraneo, anche se il G. aveva dato inequivocabili segnali di riallineamento con le tradizionali posizioni cattolico-romane.

Notevole in questo senso è lo scritto Sul celibato ecclesiastico. Lettera parenetica… al suo caro amico Vincenzo Rosa… (Brescia 1798, ristampato con modifiche a Bergamo nel 1801; il Rosa aveva abbracciato il nuovo ordine politico), dove il G. sostenne con l'usuale erudizione il celibato dei preti; col medesimo atteggiamento pubblicò anche l'Antidoto contro il pestifero libro del Ranza sopra la segreta confessione (Cremona 1800), che ebbe vasta eco, perché il libro del vercellese G.A. Ranza contro la confessione auricolare aveva sollevato vive polemiche. Gli eccessi rivoluzionari di quegli anni, considerati dal G. pernicioso effetto dell'ateismo illuministico, lo spinsero a chiarire con forza che la sua rivolta si era sempre svolta nell'ambito della Chiesa, della quale aveva invocato una riforma dall'interno.

Emblematico è l'ultimo suo lavoro di rilievo, pubblicato postumo a Breno nel 1862, a cura di un pronipote: Riflessioni sopra la caduta del temporale principato del romano pontefice e della corte ecclesiastica di Roma, opera inedita… scritta a tranquillizzare la coscienza del popolo, con prefazione di S. W., in cui ravvisava negli sconvolgimenti politici del tempo un risvolto positivo, poiché l'abbattimento del potere temporale avrebbe fornito alla Chiesa l'opportunità di ritornare alla povertà delle origini.

Nel 1804 il G. venne colpito da una grave infermità che lo rese incapace d'intendere, tanto che il 4 apr. 1805 gli fu affiancato come vicario un nipote omonimo. Morì la notte fra il 21 e il 22 marzo 1807 a Cividate e venne sepolto nella sua chiesa.

Qualcuno ha avanzato per lui vaghe ipotesi di appartenenza alla massoneria, fondate solo sulla circostanza che nel suo ritratto conservato nella sacrestia della parrocchiale di Esine figurano un compasso e una squadra: ma è quasi certo che quei simboli si riferiscono solo ai giovanili studi di geometria, per i quali aveva composto anche dei manualetti.

Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, Instrumenta miscellanea, 6659, nn. 20, 21, 92, 93, 98, 99, 172, 173, 174 (originali di lettere a G.M. Pujati); 6660, ff. 109-127 (copie di lettere dello stesso); Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 9287, cc. 1-3 (Catalogo informe delle opere del sig. arciprete G.B. Guadagnini), 1203-1212 (Notizie di alcune opere… coi sommari…), 1509-1513 (Catalogo tumultuario delle opere…), 1515-1520 (Catalogo cronologico delle stesse); Brescia, Biblioteca civica Queriniana, Mss., I.VIII.18, m. 5 (Ducos III): J. Gussago [ma probabilmente dello stesso G.], Notizie sulla vita, scritti e persecuzioni di G.B. G. arciprete di Cividate; Ibid., ms. già Fondo Sina 30/6, ora provvisoriamente Fondo Sina 1.1.31 (Cividate) e 1.3.3. (Guadagnini), autografo di A. Sina, importante per la bibliografia delle opere del G.; Cividate Camuno, Archivio parrocchiale, faldone Guadagnini; Esine, Archivio parrocchiale (residui del materiale relativo al G. ivi esistente fino al 1953 circa, poi in gran parte scomparso); Ibid., Biblioteca comunale, Fondo parrocchiale (contiene ciò che si è potuto recuperare della ricca biblioteca del G., dispersa).

Annali ecclesiastici di Firenze, 1782, n. 31, pp. 123 s.; 1786, n. 43, pp. 171 s.; 1787, n. 2, pp. 7 s.; 1789, n. 4, pp. 13-16; n. 12, p. 44; n. 29, pp. 65-67; 1790, n. 38, pp. 153-156; Progressi dello spirito umano nelle scienze e nelle arti, 1784, t. XLVII, coll. 687-693; t. XLVIII, coll. 1621 s.; Giornale letterario di Milano, 15 maggio 1786, pp. 44-51; 30 ott. 1787, pp. 86-89; Giornale ecclesiastico di Roma, II (1786-87), 29, pp. 156 ss.; V (1790), 49, pp. 193 s.; 50, pp. 197 s.; 51, pp. 201-203; VI (1791), 51, pp. 202 s.; Continuazione degli Annali ecclesiastici, IX (1789), 9, pp. 33-36; 11, pp. 41-43; Giornale ecclesiastico universale, 25 luglio 1800, coll. 332-334; La Gazzetta del Serio, 3 giugno 1807 (necr.); F. Caldani, Memorie sulla vita e le opere di G.B. G. arciprete in Val Camonica, Padova 1808 (dal ms. Gussago-Guadagnini della Queriniana); V. Peroni, Biblioteca bresciana, II, Brescia 1823, ad vocem; P. Bocca, Diario del 1798, in Le cronache bresciane inedite dal sec. XV al XIX, a cura di P. Guerrini, II, Brescia 1927, pp. 421 ss.; G.B. Guadagnini, Lettere a Giambattista Rodella [1763-94], a cura di O. Franzoni - G. Morelli - L. Santini, [Breno] 1989; V. Gioberti, Il gesuita moderno, Losanna 1846, pp. 422 ss.; A. Sina, L'opera di G.B. G., in Brixia sacra, V (1914), pp. 120-132 (e, a parte, Pavia 1914); G. Zadei, I giansenisti bresciani sulla fine del secolo XVIII, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, CXXVI (1927), pp. 56-77; A.C. Jemolo, Giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, pp. 336-341; G. Natali, Il Settecento, I, Milano 1936, pp. 278, 348; D. Federici, Echi del giansenismo in Lombardia e l'epistolario Pujati-Guadagnini, in Arch. stor. lombardo, LXVII (1940), pp. 109-158; A. Frugoni, Lettura del giansenista G. (1723-1807), in Ricerche religiose, XIX (1948), 2, pp. 107-133; A. Aquarone, Giansenismo italiano e Rivoluzione francese prima del triennio giacobino, in Rass. stor. del Risorgimento, XLIX (1962), pp. 559-624; A. Vecchi, Correnti religiose nel Sei-Settecento veneto, Venezia-Roma 1962, pp. 452 ss.; Storia di Brescia, III, Brescia 1964, pp. 194-199; T. Bonettini, I Guadagnini, in El Carobe, 1967; M. Rosa, Riformatori e ribelli nel '700 religioso italiano, Bari 1969, ad indicem; O. Ameraldi, G.B. G. giansenista bresciano, numero speciale di El Carobe, dicembre 1972, n. 6-7 (rist. in appendice a M. Comini, G.B. G. un sacerdote giansenista in Val Camonica, Brescia 1995); G. Signorotto, G. e la fortuna del "Pio esercizio", in Immagini, arte, cultura e poteri nell'età di B. Simoni e oltre, Brescia 1983; O. Franzoni - G. Morelli - L. Santini, Bibliografia delle opere edite ed inedite di G.B. G., in Quaderni camuni, VII (1984), 27, pp. 285-331; O. Franzoni, L'anima non violenta di G.B. G., in Mille voci, 1987, n. 13, pp. 22-28; Id., Nuovi materiali di G.B. G., in Quaderni camuni, XII (1989), 47, pp. 206-244; Pietro Tamburini e il giansenismo lombardo. Atti del Convegno internazionale, Brescia… 1989, a cura di C. Corsini - D. Montanari, Brescia 1993, p. 369 e passim; V. Volpi, Una "libraria" nel turbine della storia: giansenismo, classicismo e Risorgimento nella Biblioteca parrocchiale di Esine, Milano 1996; Id., Oberto Ameraldi. Una vita di fede per la scuola, Brescia 2000, pp. 19 n. 10, 20 nn. 11 e 12; Enc. cattolica, VI, col. 1192; Enc. bresciana, VI, pp. 109-112 (A. Fappani); Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXII, coll. 457-460 (G. Signorotto).

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