BENCI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 8 (1966)

BENCI, Giovanni

Yves Renouard

Nato da Amerigo di Simone nel 1394 a Firenze, di famiglia della piccola borghesia, alla consueta età di quattordici anni fu messo al servizio di Giovanni di Bicci de' Medici il quale lo impiegò dapprima come giovane di bottega nella filiale che aveva da poco aperta a Roma (1409), ma poi, avendo il B. mostrato uneccezionale attitudine per gli affari, gli affidò, già anteriormente al 1420, il compito di tenere la contabilità a partita doppia della filiale romana. L'esperienza che egli acquistò in questo ufficio e la competenza di cui dette prova furono tali che nel 1424 fu scelto da Giovanni di Bicci per andare a Ginevra a prepararvi il terreno alla creazione di un'altra filiale, che fu realmente fondata due anni dopo, nel 1426, e affidata alla direzione del B. e di Michele di Ferro. In questo periodo il B. guadagnava, stando ai dati riportati dal catasto del 1427, ben 115 fiorini all'anno, somma già considerevole; rimasto, dal 1429, unico direttore della filiale ginevrina dei Medici, seppe assicurarle una notevole fioridezza.

Quando a Basilea si riunì il concilio ecumenico, non vi era tra i collaboratori dei Medici nessuno meglio qualificato del B., antico impiegato della succursale romana del banco e direttore di quella ginevrina, ad assicurare nella città del concilio quei servizi finanziari indispensabili ai prelati di tutta la cristianità raccolti sulle rive del Reno. Fu dunque il B. colui che Cosimo de' Medici scelse per aprire a Basilea un ufficio, bancum, tanto più necessario in quanto, dagli inizi del sec. XV, i Medici erano i banchieri dei papi. Lo stesso presidente del concilio, il cardinale Giuliano Cesarini, annunziò pubblicamente l'apertura a Basilea di questa nuova succursale dei Medici sotto la direzione del B. e chiese a tutte le potenze di concedere sia a lui sia ai suoi soci libertà di andare e venire nella città conciliare (22 marzo 1433).

Quando, nell'ottobre 1434, Cosimo de' Medici, dopo un anno di esilio, venne riammesso in Firenze, dovette riorganizzare i suoi affari, tenendo conto della parte preponderante che egli ormai avrebbe dovuto assumere nella vita politica della città; e poiché i Bardi, suoi parenti ed amici (sui quali egli, così come aveva fatto suo padre, si era sin'allora appoggiato per l'amministrazione delle sue attività commerciali), non gli avevano dato prova di una fedeltà incondizionata finché la sorte gli era stata avversa, egli si separò da loro. Il posto di direttore generale della compagnia Medici, che era stato tenuto da Lippaccio di Benedetto di Lippaccio de' Bardi, divenne pertanto vacante, e Cosimo chiamò il B. a occuparlo, insieme con Antonio di Francesco Salutati da Pescia, direttore della filiale romana del banco Medici; essi divennero allora soci della compagnia generale.

Il capitale sociale venne portato a 32.000 fiorini, Cosimo e suo fratello Lorenzo contribuendo ciascuno con 12.000 fiorini, il B. e il Salutati con 4000 (questi ultimi, tuttavia, in ricompensa della loro attività, non ricevettero ciascuno un ottavo dei profitti dell'impresa, ma un sesto). Aggiungendo al capitale sociale i profitti realizzati in sette anni di attività, esso nel 1439 venne elevato a 44.000 fiorini, cui il B. e il Salutati apportarono da questo momento in poi ben 6000 fiorini. Si andava così accrescendo la fortuna del B., il quale da Cosimo aveva anche ricevuto l'incarico di dirigere la Tavola di cambio che i Medici avevano in Firenze e di redigere inoltre i successivi "libri segreti" della compagnia, mastri nei quali venivano registrati tutti i contratti di associazione conclusi da Cosimo e tutte le relazioni finanziarie dei soci della compagnia principale con tali società.

Il B. aveva sposato nel 1431 Ginevra de' Peruzzi. L'atteggiamento francamente ostile a Cosimo assunto dai Peruzzi tra il 1433 e il 1434 avrebbe dovuto sconsigliare il Medici dal sostituire, al suo rientro in patria nel 1434, un Bardi poco fedele con un parente dei Peruzzi: se Cosimo invece lo aveva messo al posto che era stato di Lippaccio de' Bardi, ciò fu evidentemente perché egli nutriva la più grande fiducia nelle capacità del giovane B., di cui volle tuttavia limitare la libertà d'azione ponendogli accanto il Salutati. Ma alla morte di quest'ultimo, nel 1443, il B. aveva dato prove di una tale fedeltà e, insieme, di una tale competenza, che Cosimo lo lasciò unico direttore generale di tutte le compagnie Medici, posto che egli tenne sino alla morte, avvenuta nel luglio 1455.

Il B. - che era stato priore per il bimestre settembre-ottobre 1439, e gonfaloniere di giustizia nel sett-ott. 1443 - diresse il complesso delle compagnie Medici nel momento in cui esse toccarono il limite massimo della loro espansione e prosperità. Se, da un lato, abbandonò la direzione della Tavola di cambio fiorentina sin dal 1441, dall'altro rimase insieme socio della compagnia generale e delle tre compagnie filiali di Ginevra, di Londra (dal 1446 al 1454) e di Venezia (dal 1450): infatti il suo nome figura nella ragione sociale di queste tre compagnie. E allo stesso modo controllò da vicino l'andamento di tutte le altre: proprio quando Piero, il figlio di Cosimo, si andava interessando sempre di più all'andamento degli affari di famiglia, il direttore della filiale di Bruges, Angelo Tani, gli poteva scrivere, il 6 giugno 1448, di non avere più nulla da dirgli, avendo appena inviato una lettera al Benci.

La fortuna del B. continuò ad accrescersi in proporzione alla prosperità che la sua opera assicurava agli affari dei Medici. Il 24 marzo 1451, alla chiusura del "libro segreto" della compagnia generale, "libro" che egli aveva tenuto per quindici anni, il capitale sociale della compagnia era salito a 9o.000 fiorini, di cui 72.000 di Cosimo de' Medici e 18.000 del Benci. Dopo il 1451 l'attività commerciale di questo cominciò a diminuire; almeno nel 1455 Cosimo si vide costretto ad affiancargli degli assistenti: è questo il significato della lettera che egli inviò alla filiale romana, ingiungendo di far eseguire tutti gli ordini che vi giungessero, fossero stati scritti di loro pugno dal B., da Francesco Inghirami, da Tomaso Lapi. E proprio l'Inghirami succederà al B. come direttore generale della compagnia.

Il catasto del 1457 ci fa conoscere le fortune che il B. aveva progressivamente ammassato, grazie agli utili delle compagnie Medici da lui dirette. Aveva lasciato ai suoi eredi considerevoli beni immobili: un palazzo sito nel quartiere di Santa Croce, di fronte a quello dei Peruzzi, lungo la strada chiamata d'allora "via de' Benci", una serie di case d'abitazione in Firenze e numerose fattorie nel contado. I suoi beni mobili, inoltre, comprendevano un grosso deposito al Monte "Commune" e un secondo, di 7400 fiorini, presso il banco de' Medici. Il complesso era stato stimato 26.338 fiorini e costituiva la maggiore fortuna di Firenze dopo quella dei Medici.

Il B. lasciò questa fortuna agli otto figli che aveva avuto da Ginevra de' Peruzzi, morta nel 1444; egli aveva tuttavia già fatto entrare il figlio maggiore, Amerigo, nella filiale ginevrina della compagnia Medici, dove il giovane succedette al padre nella qualità di socio, prima di diventame direttore nel 1455; il secondogenito Francesco sostituì nella filiale Medici di Avignone il cognato del B., Verano Peruzzi. Oltre agli otto figli legittimi, il B. ne ebbe altri due illegittimi.

Il B. lasciò per testamento un considerevole legato alla Congregazione delle Murate, nella cui chiesa, davanti all'altar maggiore, volle essere seppellito. L'equilibratezza nella ripartizione dei patrimonio, la famiglia numerosa, i figli illegittimi, la donazione stessa a un convento di umili suore, la cui chiesa viene eletta come luogo di sepoltura, tutti questi sono alcuni tratti caratteristici che la sua personalità ebbe in comune con la maggior parte degli uomini d'affari fiorentini del Quattrocento; fra questi ultimi, tuttavia, l'abilità e la competenza fecero del B. il tipo più compiuto. La sua brillante e fortunata carriera, dovuta alla eccezionale competenza, offre uno dei migliori esempi dell'ascesa di un tecnico di valore sia nell'ambito di una grande compagnia mercantile, sia in quello della società fiorentina del sec. XV.

Fonti e Bibl.: Delizie degli eruditi toscani, XX, Firenze 1785, pp. 228, 244; A. Grunzweig, Correspondance de la filiale de Bruges des Médicis, Bruxelles 1931, pp. 13, 16, 40; G. Camerani Marri, I documenti commerciali del fondo diplom. mediceo nell'Archivio di Stato di Firenze, Firenze 1951, pp. 44, 46, 63, 75. 76; H. Sieveking, Die Handlungsbücher der Medici..., Wien 1905, p. 22 e passim; L. Einstein, The Italian Renaissance in England, New York 1907, pp. 242 ss.; C. Gutkind, Cosimo de' Medici il Vecchio, Firenze 1940, pp. 234, 253, 270, 323; R. de Roover, The rise and decline of the Medici Bank (13971494), Cambridge Mass. 1963, v. Indice; Id., The Medici Bank. New York-London 1948, pp. 11, 39, 73.

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