BORGI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

BORGI, Giovanni (detto Tata Giovanni)

Giuseppe Pignatelli

Nacque a Roma il 18 febbr. 1732da Pierantonio e da Dorotea Mondei, nella parrocchia di S. Lorenzo in Damaso. Per le misere condizioni della famiglia e per essere rimasto orfano in tenera età non poté seguire gli studi, e fin da giovanetto fu avviato al mestiere di muratore. Dotato di una profonda religiosità e animato dal desiderio di esercitare la carità, il B. nelle pause del suo lavoro e, talvolta, anche durante la notte prestava la sua assistenza agli infermi negli ospedali romani, soprattutto in quello di S. Spirito in Sassia.

Dopo la morte della figlia diciottenne e della moglie, si accentuò in lui l'ansia di operare il bene: lo commoveva in modo particolare la vista dei fanciulli abbandonati che trascorrevano la notte dormendo sulle panche dei pollaioli in piazza della Rotonda e sui gradini del Pantheon. Perciò, per dare un tetto ad alcuni di essi, prese in affitto una spaziosa camera presso S. Maria della Vallicella, ove egli stesso abitava. Ma ben presto si accorse che ciò non era sufficiente: i fanciulli, infatti, cresciuti in mezzo alla strada, privi di un'occupazione, si avviavano a una vita disordinata e al vizio.

Decise quindi di occuparli presso botteghe artigianali cosicché potessero ricavare i mezzi per il loro sostentamento. Si interessarono poi all'opera caritatevole del B. gli abati Fortunato Maria Pinchetti e Michele Di Pietro, poi cardinale, con aiuti in denaro. Anzi, cresciuto il numero dei fanciulli, lo stesso Di Pietro pagò il fitto del palazzo Ruggia in via Giulia, ove si trasferirono i trovatelli; contemporaneamente si costituì una società di persone, presso la nobile Accademia ecclesiastica che si impegnò a versare 100 scudi mensili per le necessità del nuovo istituto (1784).Nello stesso anno Pio VI, informato dal Di Pietro, comperò l'edificio di via Giulia e divenne il principale protettore dell'ospizio.

Questo, che ebbe subito un rapido sviluppo (da quaranta, quanti erano all'ingresso nel palazzo Ruggia, il numero degli alunni salì in pochi anni a cento), fu diretto ancora dal B., coadiuvato in un primo tempo dal laico genovese Francesco Maria Cervetti, che poi, disapprovando i suoi metodi educativi, se ne staccò fondando l'ospizio della SS. Assunta (la riunione avvenne, per ordine del governo francese, durante il periodo napoleonico). Il B., infatti, era molto rigido e severo e talvolta per i suoi sistemi maneschi fu rimproverato dallo stesso Pio VI; ma nello stesso tempo sapeva accattivarsi la stima degli alunni che lo chiamavano affettuosamente Tata Giovanni (Tata volgarmente aveva il significato di padre). L'ospizio, finché visse il B., non ebbe un regolamento scritto (soltanto il suo successore, l'avv. Belisario Cristaldi, ne compilò il primo): i ragazzi, impiegati presso gli artigiani romani, trascorrevano la giornata fuori dall'istituto imparando un mestiere, i guadagni venivano consegnati al direttore e in parte restituiti quando i giovani lasciavano definitivamente l'istituto; la serata trascorreva nello studio sotto la guida di ecclesiastici e laici che prestavano la loro opera gratuitamente. Molto tempo era naturalmente dedicato alle opere di pietà: lo stesso B., benché analfabeta, spiegava il catechismo; nei giorni festivi tutti gli alunni, nel loro caratteristico saio rosso, andavano in processione all'oratorio del Caravita e a visitare il Sacramento. Indicativa di queste abitudini devozionali, che spesso sconfinavano nel bigottismo, la processione che si tenne durante il giubileo straordinario pubblicato da Pio VI all'avvicinarsi delle truppe francesi (1796): il B. (che secondo le testimonianze dei contemporanei era piccolo di statura, di carnagione olivastra, losco di un occhio e portava una parrucca disordinata e una veste cinerina fino ai piedi) procedeva, scalzo, con una corona di spine sul capo, una grossa corda pendente dal collo, brandendo una smisurata croce di legno; lo seguivano litaniando, anch'essi scalzi, i fanciulli.

Dopo l'occupazione francese di Roma, il B., colto da apoplessia, morì il 28 giugno del 1798.

Fonti e Bibl.: G. A. Sala, Diario romano degli anni 1798-99, a cura di G. Cugnoni, II, Roma 1882, pp. 1 ss.; C. L. Morichini, Di G. B. mastro muratore detto Tata Giovanni, Roma 1830; Id., in E. De Tipaldo, Biogr. degli Italiani illustri..., II, Venezia 1835, pp. 398-402; Id., Biografia di G. B. detto Tata Giovanni, Roma 1841; Id., Degli Istituti di carità per la sussistenza e l'educazione dei poveri e dei prigionieri in Roma, Roma 1870, pp. 519-534; D. Casassayas, Brevi notizie di G. B., Roma 1869; L. Lallemand, Histoire de la charité à Rome, Paris 1878, pp. 396-402; S. Fazzini, L'ospizio di Tata Giovanni dalla sua fondazione ad oggi (1784-1931), Roma 1932, passim;C. Pagani Pianca Incoronati, La chiesa di S. Nicola degli Incoronati in Roma, in Arch. della R. Dep. romana di storia patria, LXI(1938), pp. 220 s.; C. G. Boyer, Piccola storia di Tata Giovanni narrata agli alunni, Roma 1941; G.Moroni, Diz. di erud. stor.-eccl., XVII, p. 32;L, pp. 26 s.; Enc. Cattol., II, col. 1910.

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