CALVI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CALVI, Giovanni

Ugo Baldini

Nato a Cremona il 19 luglio 1721, parente da parte materna di Francesco Arisi, animatore della vita accademica cremonese, iniziò gli studi nella città natale, coltivando in modo specifico la filosofia naturale e la medicina. Si iscrisse poi alla facoltà di medicina a Pavia, seguendo particolarmente i corsi di P. Valcarenghi, ordinario di medicina pratica, e curando anche la fisica e la matematica, delle quali fu buon conoscitore. Laureatosi verso il 1745, iniziò ad esercitare la professione a Milano, recandosi poi a Firenze, ove si trovava già nel 1746 come medico astante pensionario nell'arcispedale di S. Maria Nuova. In questo stesso periodo il conte bresciano F. Roncalli Parolino, tipica figura di organizzatore culturale settecentesco, che stava elaborando il progetto di un'opera sullo stato della ricerca e della pratica medica in tutta Europa, cercava corrispondenti locali che l'informassero sulla situazione nei singoli Stati italiani ed all'estero; avendo accennato al Valcarenghi di tale sua necessità, costui gli propose per il lavoro riguardante la Toscana il Calvi. Questi accettò rincarico ed inviò al Roncalli una relazione intitolata De hodierna etrusca clinica commentarius, che fu inserita nell'opera complessiva (Europae medicina a sapientibus illustrata, Brixiae 1747, pp. 328 ss.) e che fu apprezzata dallo stesso A. Haller.

In essa il C. non si limita a delineare la situazione a lui contemporanea, ma rivelando un interesse storico, che gli sarà poi sempre consueto, traccia le grandi linee dell'evoluzione della medicina pratica in Toscana, dandone una valutazione nettamente positiva.

Frattanto nella pratica ospedaliera egli compiva molte osservazioni cliniche, che venne annotando fino a formare delle Decadi di osservazioni mediche;le Novelle letterarie di Firenze del 1747, nel darne notizia, auspicavano che tale materiale venisse ordinato e dato alle stampe, ma l'invito non ebbe esito. Probabilmente nello stesso 1747 il C. lasciò Firenze, nonostante che fosse ormai ben noto nei circoli culturali e fosse divenuto membro dell'Accademia fiorentina e di quella degli apatisti, e tornò a Cremona, dove si trovava ancora nel settembre 1748. Prima di lasciare Firenze, tuttavia, egli compì un atto di stima nei confronti di una personalità tra le più in vista nel mondo culturale toscano, il poligrafo G. Lami, in onore del quale fece coniare una medaglia descritta accuratamente nelle citate Novelle letterarie di quell'anno. Dopo il ritorno a Cremona e mentre era in attesa di una stabile sistemazione professionale il C. non cessò le osservazioni e gli studi. Sono di questo periodo due brevi scritti: uno è una Lettera contenente la storia delle angine epidemiche degli anni 1747 e 1748 (Cremona 1749), e l'altro è una comunicazione epistolare alle Novelle letterarie di Firenze (IX [1748], coll. 662-67) sul caso di due gemelli nati uniti.

Alla fine del 1748 o al principio del 1749 tornò a Milano, affermandovisi professionalmente: nel 1749 era già membro del Collegio de' nobili medici conti e cavalieri, e presto divenne medico della famiglia di Stefano Crivelli, governatore del Magistrato di Milano. Lavorò anche negli ospedali, tra gli altri in quello della Santa Corona. La molteplicità delle incombenze non gli lasciava molto tempo libero per la produzione scientifica; così, a parte una Lettera... sopra una superfetazione apparsa nelle Novelle letterarie del 1754, gli unici suoi scritti di questi anni sono una lunga Lettera... sopra l'uso medico interno del mercurio sublimato corrosivo e sopra il morbo venereo, inviata ad un suo amico cremonese, Martino Ghisi, e da questo pubblicata a Cremona nel 1762, ed una nota storico-critica da lui premessa alla sua edizione di Tre consulti fatti in difesa dell'innesto del vaiolo da tre dottissimi teologhi toscani viventi (Milano 1762).

Nella seconda Lettera il C. si schiera decisamente a favore dell'uso del sublimato corrosivo nella cura delle malattie veneree, che allora era oggetto di molte polemiche. L'iniziativa dell'ultima pubblicazione fu dovuta al fatto che in Italia la pratica della inoculazione del vaiolo era appena ai suoi inizi e soggetta a forti opposizioni sul piano medico e su quello teologico-morale. In particolare a Milano, secondo l'attestazione dello stesso C., la vaccinazione non era mai stata tentata prima del 1761, e quindi la pubblicazione dei pareri ad essa favorevoli dei teologi toscani G. L. Berti, Veraci e Adami poteva rappresentare un primo passo per spezzare le resistenze passatistiche. La nota introduttiva, un'accurata cronistoria degli inizi e della diffusione della pratica della vaccinazione antivaiolosa in Europa ed in Italia, serba un notevole interesse documentario.

Mentre era in corso la pubblicazione di quest'ultimo opuscolo, il C. ricevette la nomina a professore ordinario di medicina teorica nell'università di Pisa. In questa città trascorse tutto l'ultimo periodo della sua vita, esplicando una notevole attività didattica e letteraria. Sul piano didattico va osservato che il Micheli (Storia dell'Univ. di Pisa..., Pisa 1877, ad Indicem)lo colloca tra i docenti della scuola medica di Pisa di maggior prestigio nei secoli XVIII e XIX. Quanto ai suoi scritti del periodo, il primo, il discorso Della morte di Socrate (Pisa 1763) considera originalmente la questione dal punto di vista medico; il secondo, De medicamentis pro nosocomiorum levamine moderandis (Pisa 1763), steso in forma epistolare, si schiera contro l'eccessivo ricorso ai farmaci e caldeggia la loro parziale sostituzione con opportune diete. Ma il più importante degli scritti del periodo è il Commentarium inserviturum historiae pisani vireti botanici (Pisa 1777).

Si tratta di un'accurata storia del giardino botanico dell'università di Pisa, divisa in due parti: nella prima si tenta di dimostrare che esso, fondato nel 1544, fu il primo orto botanico universitario in quanto quelli di Padova e di Bologna sarebbero stati formati successivamente; nella seconda è contenuto l'elenco dei direttori del giardino con le principali modifiche ad esso apportate nella sua storia. L'operetta si diffonde anche a trattare il contributo dei singoli scienziati alla storia dell'istituzione, come il Cesalpino, sul quale fornisce notizie e giudizi di un certo valore.

Dalle fonti non è ricavabile alcun dato relativo agli anni pisani. In particolare ignoriamo se il C . si fosse formato una famiglia e se partecipasse, come in gioventù, alla vita accademica e culturale toscana; rimase titolare della sua cattedra fino alla morte, avvenuta a Pisa nel 1780.

Fonti e Bibl.: Novelle letterarie di Firenze, VII (1746), coll. 698-703;VIII (1747), coll. 145-47, 673-76; IX (1748), coll. 662-67, 678; X (1749), coll. 311, 589 s.;XII (1751), col. 245; XV (1754), coll. 722, 807; XIX (1758), col. 182; XXI (1760), col.821; XXIII (1762), col. 731; XXX (1769), col. 428;Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 9263: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, ff. 263-264r; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, I, Firenze 1805, pp. 200 s.;V. Lancetti, Biografia cremonese, III, Milano 1822, p. 68; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., III, Milano 1833, p. 538;F. Salveraglio, Le odi dell'abate G. Parini, Bologna 1881, p. 207; L. Thorndike, A History of magic and experimental Science, VI, New York 1941, p. 331; Biografia universale antica e moderna, IX, Venezia 1823, p. 153.

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