CANAVESIO, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CANAVESIO, Giovanni

Giovanni Romano

Se ne ignora la data di nascita, ma non deve cadere lontano dal 1425-30 perché il C. risulta già documentato a Pinerolo nel 1450 come "magister iohannes canavexii pinctor". Per oltre vent'anni se ne perdono poi le tracce fino a quando, il 28 genn. 1472, lo ritroviamo come "presbiter iohannis de canavexiis de Pinayrolo pinctor" in Albenga, dove si impegna per una grande pala di S. Giovanni destinata ad Oristano (l'opera è attualmente irreperibile). Il suo soggiorno ad Albenga dovette protrarsi a lungo poiché, oltre ad essere nuovamente ricordato in città il 10 nov. 1472, per affari col fratello Giacomo (in seguito documentato a Vence, nel 1491), il C. è senza dubbio l'autore di un affresco araldico sulla facciata del palazzo vescovile, datato 1477. Da questo momento in avanti le notizie sul suo conto si infittiscono e derivano tutte dalle firme e dalle date apposte alle opere sparse prevalentemente nella Liguria occidentale e nell'entroterra nizzardo; non possediamo documenti d'altro genere che lo riguardino e tanto meno ci sono prove della sua presenza a Nizza nel 1480 (è una semplice ipotesi del Cais de Pierlas).

È datata 2 apr. 1482 la Crocefissione affrescata nella sala capitolare del convento dei domenicani a Taggia che, per quanto non firmata, si può considerare sicuramente sua. Nello stesso anno, il 15 ottobre, il C. data e firma gli affreschi con i Dottori della Chiesa, gli Evangelisti, Storie della Passione e Giudiziofinale in S. Bernardo a Pigna, commessigli dalla comunità locale; cinque anni dopo, il 3 giugno 1487, esegue un affresco, ora perduto, in S. Siro a Virle (raffigurava il feudatario locale e la moglie in atto di oranti ed era firmato e datato).

È questa l'unica di una sua attività in Piemonte dopo il 1450, in quanto non esiste la firma del C., mal letta dall'Enaud (Baleison, p. 96), sulla Entrata a Gerusalemme del duomo di Susa (l'affresco, d'altro canto non è del maestro pinerolese), né può essere attribuita alla giovinezza del C. una Resurrezione in S. Pietro a Pianezza, perché di mano di un anonimo che, nella stessa chiesa, affresca un S. Gottardo datandolo 1517.

Ritornando ai dati sicuri ricordiamo che il 3 marzo 1491 il C. data e firma il polittico della Pinacoteca sabauda di Torino, acquistato in Liguria e forse in origine sull'altare di Nostra Signora del Fontano a Briga Marittima; in questa chiesa si conserva ancora un suo grandioso ciclo di affreschi con Storie della Passione e Giudizio finale:la firma e la data, 12 ott. 1492, ci sono note attraverso una trascrizione in loco del 1583. Le ultime notizie che ci sono pervenute sull'attività del C. arrivano alla fine del secolo: il 20 marzo 1499 firma e data il grande polittico per la comunità di Pornassio, ora trasferito nella parrocchiale di Verderio Superiore, e, nel gennaio del 1500, conclude e firma il polittico di S. Michele nella parrocchiale di Pigna.

A questi dati biografici si può aggiungere la sua presenza, in epoca verosimilmente anteriore al 1480, a Saint-Etienne-de-Tinée, dove è conservata la sua firma accanto a quella di Giovanni Baleison di Demonte (cappella di St.-Sébastien), e a Peillon, dove resta un ciclo di affreschi con Storie della Passione sicuramente suo (cappella di Notre-Dame-des-Douleurs). Alla sua attività iniziale dovrebbero appartenere anche il Calvario della loggia comunale di Albenga, un polittico della Vergine, già aDiano Castello e ora nei depositi di Palazzo Bianco a Genova, il polittico di S. Tommaso nel convento dei domenicani a Taggia e, nello stesso convento, la Crocefissione e santi affrescata nel refettorio, oltre ai tondi ad affresco nella antica biblioteca. Ai suoi ultimi anni andranno invece riferiti il Martirio di s. Cristoforo, conservato già nella collezione Spinelli e ora presso la Banca Toscana di Firenze, i polittici di S. Antonio da Padova e di S. Bernardo nella parrocchiale di Lucéram, forse anche, ma con largo intervento di bottega, il polittico di S. Michele al Musée Masséna di Nizza, proveniente proprio da Lucéram, e infine la Madonna col Bambino affrescata sulla facciata della parrocchiale di Pornassio. Assieme ad alcuni altri dipinti vaganti sul mercato antiquario, sono stati infine accostati al nome del C. un Battesimo di Cristo del Musée Masséna di Nizza, firmato e datato "... LXV die X juli J P J C de Nicia" (Enaud, J. Baleison, p. 108), un Giudizio finale in S. Bernardino a Triora (Castelnovi, 1970, p. 169)e un polittico nella Walters Art Gallery di Baltimora (Fredericksen-Zeri, p. 43).

Il lungo periodo di tempo che intercorre tra il primo documento del 1450e la più antica opera certa a Pigna, del 1482, ha fatto sospettare l'esistenza di due pittori di uguale nome, magari in rapporto di parentela, visto che ambedue risultano pinerolesi; l'ipotesi è però da scartare in quanto l'intera attività del C. è caratterizzata da un orientamento stilistico prevalentemente determinato dagli avvenimenti pittorici verificatisi tra Piemonte, Liguria e Provenza proprio intorno al 1450;anche quando la situazione culturale si modifica e una nuova generazione di pittori prende il sopravvento (Brea, Foppa, Braccesco), il C. si mantiene fedele alla sua formazione primitiva, conservandole il prestigio di unsa accurata esecuzione se non di una inesauribile inventività. L'aspetto monotono e ripetitorio dell'ultima produzione del C., l'unica che conosciamo con certezza, ha fatto sì che la critica gli riservasse un posto assai mediocre nella scala dei valori che contano per la pittura franco-ligure-piemontese tra il 1450 e il 1480, mentre sembra più corretto riconoscere al C. l'importante ruolo di chi seppe far sopravvivere a lungo in quella zona le grandi innovazioni moderne (vaneyckiane e pierfranceschiane) affermatesi, in modo ancora misterioso, sulle coste mediterranee. Il ricordo mediato di Van Eyck e di Piero della Francesca conta molto per il C. frescante di Pigna, soprattutto per le volte con i Dottori della Chiesa e gli Evangelisti, e il tentativo di togliere al pittore questa parte del ciclo, per attribuirla magari al modesto Baleison, ha il solo merito di riconoscervi dei caratteri distintivi rispetto alle pareti. Sembra però più convincente un'ipotesi meno drastica, che indichi nelle vele della volta il momento più alto della produzione del C. (insieme con il polittico di Taggia) e forse anche il più precoce: da non datare automaticamente al 1482, come le pareti, ma da far piuttosto regredire a una data di qualche tempo precedente. Per quegli studioli spaziosi e gremiti, dove oggetti innumerevoli proiettano sui loro piani di appoggio minute ombre trasparenti, e dove i manti, i cartigli, i filatteri offrono ampie zone di riposo alla intensa luce meridiana, i termini di confronto si trovano solamente presso pittori in vario modo toccati dalla pittura fiamminga (tra Van Eyck e il maestro di Flémalle): Donato de Bardi, ad esempio, Giusto d'Alemagna, il maestro della Madonna Cagnola (che è ligure, non lombardo); ma agli apporti di cultura ligure ne vanno aggiunti altri, reperibili solo in Provenza, presso il Maestro d'Aix e in certi protagonisti della scuola nizzardo-provenzale che, se toccare i vertici di Enguerrand Charonton, divulgano nel contado e su per le valli alpine una versione quietamente illuminata della poetica pierfranceschiana: i maestri dell'Incoronazione della Vergine a Carpentras e del trittico di s. Stefano a Gréolières, il nizzardo Giacomo Durandi, verosimile maestro del C., dopo le prime esperienze piemontesi. Il Battesimo di Cristo, datato 1465, al Musée Masséna di Nizza è opera intermedia tra il Durandi stesso e il primo C. di Pigna, ma per la sua esemplare preziosità di esecuzione, in specie nelle figure degli angeli, potrebbe ancora appartenere al maestro più anziano. Nelle figure del Battista e del Cristo affiora invece una tipologia ferina ed eccitata che piacerà molto al C. migliore; qualcosa del resto in questa direzione l'artista doveva aver imparato dalla tradizione jaqueriana, particolarmente vitale e feconda nella zona di Pinerolo, dove Jaquerio e la sua cerchia erano stati ampiamente attivi. Nel Museo civico di Pinerolo si conserva ancora una tavoletta frammentaria con una figura di Vescovo che potrebbe costituire l'opera più antica a noi nota del C., prima del suo passaggio all'area ligure-provenzale.

L'emigrazione di un pinerolese fuori dei confini non deve stupire perché dal 1388 icontadi di Nizza e di Ventimiglia considerarono i Savoia come propri signori e privilegiarono gli scambi commerciali e culturali col Piemonte. Nel 1410 Giovanni Francini da Pinerolo lavora per i francescani di Nizza, nel 1443il nizzardo Durandi è attivo a Taggia, nel 1451l'anonimo maestro della cappella del cimitero a Lusernetta (nel Pinerolese) lavora in St.-Erige a Auron (subito al di là dello spartiacque alpino). Altre opere, non datate, completano il quadro degli scambi: il trittico dell'avignonese Jacques Iverny, eseguito per Ceva e ora alla Pinacoteca sabauda di Torino, il Calvario del Musée Arbaud di Aix, che ha rapporti con affreschi di Pecetto in Piemonte; vanno considerate a parte le Madonne delle collezioni Coray ad Erlenbach e Incisa della Rocchetta a Roma, oltre a due tavole con coppie di Santi nel Museo Borgogna a Vercelli, opere tutte che riesce difficile collocare con certezza in Provenza, in Liguria o in Piemonte (e sono indubbiamente tra le più vicine alla produzione nota del Canavesio).

Da un punto di vista iconografico l'opera del C., specie nei cicli ad affresco, trova parallelismi sorprendenti con quella del maestro frescante di Lanslevillard (attivo anche in Val di Susa, a Giaglione, Jouvenceaux, Susa stessa, con puntate nella piana torinese) e con l'autore misterioso di un ciclo di Storie della Passione nella cappella del castello dei Malingri a Bagnolo Piemonte (dono dei Savoia a un fedele feudatario di famiglia savoiarda). L'interpretazione brutalmente drammatica delle vicende di Cristo è confrontabile inoltre, per la parte francese, con le opere di Nicolas Froment, con la Pietà di Tarascona e con il tardo Calvario di Venasque, e riporta quindi il discorso sulle infiltrazioni fiamminghe nell'area tra Piemonte e Provenza. Già il Troescher ha segnalato come il C. a Briga mostri di conoscere il Giudizio finale di Jan Van Eyck (Metropolitan Museum di New York) o un'opera similare, ma è un indizio ancora troppo limitato. È forse necessario ipotizzare la presenza in Piemonte, "in Savoia, o nel Nizzardo di una grande pala" scomparti con storie cristologiche di ambito vaneyckiano, oppure di un drap-de-Carêne non molto diverso dal Fastentuch della parrocchiale di Gurk, eseguito nel 1458 da Konrad von Freisach. Il contatto con esperienze fiammingo-renane può essere avvenuto anche attraverso incisioni o miniature, sebbene queste vie, più private, non sembrino poter giustificare da sole l'ampiezza e la diffusione del fenomeno (per la zona prossima al C. si conosce attualmente un solo esempio esplicito nel campo della miniatura, cioè il manoscritto 95della Biblioteca municipale di Tolosa).

Alla grande apertura mentale che dovette, caratterizzare la produzione giovanile del C. succede, negli anni più noti, una certa pratica routinière (tanto che è difficile ordinare cronologicamente le opere non datate dallo stesso pittore); tuttavia anche per questi prodotti di minor genialità il C. non trascura di seguire con attenzione la produzione figurativa a lui contemporanea, in Liguria come in Provenza. Negli ultimi due polittici infatti (quello ora a Verderio e quello a Pigna) notiamo un mutamento nell'ambientazione delle scene cristologiche delle predelle: alle prospettive chiuse ed empiricamente funzionali dei cicli ad affresco si sostituiscono ampie e serene aperture paesistiche, verosimilmente ispirate a quelle rese note in Liguria da Nicolò Corso e, in Provenza, dall'ultimo Froment e dall'autore anonimo del retablo dei Peruzzi, ora conservato nel Metropolitan Museum di New York.

L'eventuale produzione scultorea del C. si potrà forse ricostruire prendendo come base il S. Michele ligneo celato dietro la tavola principale del polittico nella parrocchiale di Pigna, mentre andrà escluso il S. Bernardo di ubicazione ignota attribuitogli dalla Griseri, essendo opera di un anonimo scultore che era ampiamente attivo nell'alta Valle di Susa.

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