BRAGALDI, Giovanni Damasceno

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)

BRAGALDI, Giovanni Damasceno

Alberto Postigliola

Nacque a Castelbolognese il 15 nov. 1763 da Vincenzo e da Teresa Poggi.

Sulla data di nascita del B. fa fede la biografia di U. Da Como (III, 2, p. 24), che si basa sull'attendibile fonte costituita dall'iscrizione funebre al B. dedicata da Pietro Giordani e riportata da G. I. Montanari (p. XXX); ma con questi non concordano né il Rambelli, che lo dice nato nel 1764 (cfr. in E. De Tipaldo, p. 261), né M. Rosi, né T. Casini, per i quali la data sarebbe il 1765.

Rimasto orfano del padre all'età di tre anni, il B. restò in tutela della madre e dello zio paterno don Carlo e dopo la morte di quest'ultimo fu affidato al conte Alessandro Ginnasi e a don Francesco Contoli (lo stesso che ebbe allievo Vincenzo Monti), insegnante di retorica al seminario di Faenza. Qui il B. fu allievo anche del latinista Francesco Maccabelli e di Antonio Bucci, continuando poi gli studi a Roma, Firenze e infine a Bologna, ove conseguì la laurea in giurisprudenza ed entrò in rapporti di familiarità, tra gli altri, con Luigi Valeriani Molinari e Giuseppe Compagnoni. Tornato a Castelbolognese, partecipò dalla primavera del 1796 alle agitazioni del "partito bololognese", contrario all'aggregazione del paese alla legazione di Romagna, avvenuta nel 1794. Nel giugno del 1796, nella sua qualità di console del municipio, si recò a perorare la causa dell'annessione del suo paese a Bologna presso il Bonaparte, riuscendo nel suo intento e conquistando con la fierezza del suo carattere la simpatia di Napoleone (simpatia del resto ricambiata dalla sua sincera francofilia), che lo chiamò a far parte del Senato di Bologna, presso il quale prestò giuramento il 28 giugno, come deputato di Castelbolognese. Partecipò quindi ai congressi cispadani di Reggio (dicembre 1796-gennaio 1797) e Modena (gennaio-marzo 1797).

In quest'ultimo congresso, in particolare, fu strenuo assertore del più ampio liberismo economico, e si distinse per l'acceso anticlericalismo (anche in polemica col Compagnoni) oltre che per la profondissima fiducia nel popolo: "Noi facciamo torto a noi, alla nazione", esclamò ad es. nella XXII sessione, del 13 febbr. 1797, contro un altro delegato, "parlando con sì poco rispetto del popolo, ed abbiamo proclamato un gran cattivo sovrano quando arriviamo fino ad escludere dal popolo il buon senso. Cerchiamo che il popolo non sia sovvertito, lasciamo che sia libero nella sua scielta, e vedrete che non trascurerà d'accettare la Costituzione, da cui dipende la sua felicità" (C. Zaghi, p. 175).Fusesi la Cispadana e la Transpadana, il 10 giugno 1797pronunciò un'allocuzione "ai repubblicani bolognesi" nella quale prendeva aperta posizione contro le tendenze federaliste diffuse tra i giacobini emiliani: "Noi diremo, che la salvezza dell'Italia, che è quanto dire la Democratica indipendenza di essa in un solo corpo politico, è necessaria alla Francia medesima" (U. Marcelli, p. 204).Unitarismo e necessità dell'appoggio francese sono infatti le convinzioni di cui il B. fa mostra in tutta la sua attività politica.

Dopo la costituzione della Repubblica cisalpina, il 9 nov. 1797 il B. fu chiamato, in quanto esperto giurista, a far parte del Corpo legislativo, nel Consiglio dei iuniori, ove rimase fino alla caduta della Repubblica stessa. Fu pure segretario del Corpo legislativo, nel luglio del 1798, e pronunciò alcuni discorsi coi quali si fece tra l'altro promotore, in campo finanziario, di leggi democratiche. Durante la reazione austro-russa del 1799 si tenne in disparte, ma, ricostituitasi dopo Marengo la Cisalpina, fu nominato commissario del governo per le municipalità del Santerno e si distinse nella repressione dei reazionari che, fin dal luglio del 1796, di tanto in tanto vi avevano provocato disordini. Si batté pure per ottenere un ospedale civile per il paese natio.

Dal 29 dic. 1801 partecipò, come rappresentante della guardia nazionale del Reno, alla consulta di Lione per la costituzione della Repubblica italiana. Ma il suo entusiasmo per Napoleone (che nella lettera a un amico da Lione, del 30 dicembre, ancora definisce come "l'ammirazione del secolo", pensando che "non si può da un eroe attendere che la generosità"; cfr. U. Da Como, II, 2, p. 820) venne sostituito gradualmente da una crescente diffidenza. Comunque il 26 genn. 1802 fu nominato membro del Collegio elettorale dei possidenti, del quale farà parte fino alla caduta del Regno italico (1814). Sotto la Repubblica italiana, dal 1802 al 1805, fu pure viceprefetto della provincia di Imola, dopodiché tornò a Castelbolognese dove ricoprì cariche municipali (come podestà inaugurò il nuovo ospedale il 15 agosto del 1813).

Dopo la Restaurazione visse lontano dalla vita pubblica, dedito all'agricoltura, alle lettere, alla beneficenza e ai viaggi, curando di farsi perdonare i "trascorsi politici", come li chiamò egli stesso, e di cattivarsi la benevolenza di Pio VII.

Alla memoria del figlio Vincenzo Vittorio, morto il 25 maggio 1817, il B. dedicò il Pianto paterno (Faenza 1822), una raccolta di sonetti riecheggianti immagini e accenti foscoliani, e ristampati, aumentati, nell'anno seguente.

Il B. morì a Castelbolognese il 17 febbraio del 1829.

Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. Com. d. Archiginnasio, A. 1937: Della Origine Morale e della Fondazione dell'Ospedale di Castelbolognese,Discorso inaugurale pronunciato a suoi Amministrati dal Podestà Presidente Giovanni Damiano B. il Giorno Onomastico di S. M. I. e R. 15 agosto 1513 (sic)...; G. I. Montanari, Necrologio, in Giornale arcadico di scienze,lettere ed arti, XLII (1829), pp. 268-269; Id., Della vita di G. D. B. Commentarietto latino ed italiano, a cura di G. F. Rambelli, Forlì 1832; E. De Tipaldo, Biografie degli Italiani illustri, III, Venezia 1836, pp. 261-264; T. Casini, I deputati al Congresso cispadano (1796-1797), in Rivista storica del Risorgimento italiano, II (1897), 2, pp. 140, 158; V. Fiorini, Catalogo illustrativo dei libri,docum. ed oggetti esposti dalle prov. d. Emilia e d. Romagne..., Bologna 1897, II, 1, pp. 503, 504, 566; U. De Maria, Letterati,scienz.,art. e patrioti di Romagna (1750-1860), in La Romagna, s. 2, IV (1907), p. 222; G. Ricci, La vita e le opere dell'architetto G. Mengoni Bologna 1930, pp. 9-10; U. Da Como, I comizi naz. in Lione..., I, Bologna 1934, pp. XLIX, 419, 453; II, ibid. 1935, 1, p. 243; 2, p. 820; III, 1, ibid. 1938, p. 109; 2, ibid. 1940, pp. 24-25; C. Zaghi, Atti d. terzo Congr. cispad. di Modena, Modena 1935, pp. 37, 105, 116, 175, 184; U. Marcelli, Un'allocuzione giacobina, in Convivium, XXXI (1963), pp. 202-206; Diz. del Risorg. nazionale, II, pp. 399-400.

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