CONCOREGIO, Giovanni de

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 27 (1982)

CONCOREGIO (Concorreggio, Concoreggio, Concorezzo), Giovanni de

Federico Di Trocchio

Figlio di Gabriele, nacque a Milano intorno al 1380 (il colophon della prima edizione del Lucidarium sembra attribuire alla famiglia un titolo comitale): tra i suoi antenati, il beato Rinaldo da Concoregio, che fu vescovo di Vicenza dal 1296 al 1303 e poi arcivescovo di Ravenna, professore di diritto a Lodi nel 1286. Non ci è noto, per il silenzio delle fonti, in quale ambiente si sia compiuta la formazione del C.; pare in ogni caso accertato che egli abbia iniziato l'insegnamento accademico nel 1404 (nel 1405, secondo il Mazzetti), a Bologna.

Sembra certo, inoltre, che egli sia stato per qualche tempo professore a Montpellier (J. Astruc, Mémoires pour servir à l'histoire de la faculté de médecine de Montpellier, Paris 1767, pp. 211 s.), sebbene il suo nome non figuri in alcun documento contenuto nel cartulario di quella università. Il 6 ag. 1413 fu cooptato nel Collegio dei medici di Milano. A parte queste poche notizie biografiche, tutta la cronologia relativa alla vita e alle opere del C. presenta notevoli incertezze. Il testo a stampa del Lucidarium attribuisce infatti a questo medico milanese trentaquattro anni di insegnamento presso lo Studio di Bologna, circostanza che non risulta dai rotuli di quella università, mentre è certo che il C. dal 1421 al 1448 insegnò a Pavia. Di scarsa attendibilità paiono le notizie fornite dalla letteratura storica, che lo vogliono professore a Firenze e a Milano; addirittura infondate, quelle relative al luogo e alla data della morte: a Firenze o a Milano; il 1440, secondo lo Sprengel e il De Renzi; prima del 1438, secondo il Brambilla, il Douglas e il Tiraboschi; nel 1488, infine, secondo l'Argelati. Gli studi condotti dal Robolini sui rotuli dell'ateneo pavese ci accertano infatti che il C. era ancora vivo nel 1447-1448.

Del C. sono pervenute sino a noi dueopere: l'Opus de aegritudinibus particularibus "Flos florum" vocatum, terminata a Pavianel 1422, secondo il colophon della primaedizione a stampa (nel 1438, invece, secondo il Robolini), e la Summula de curis febrium secundum hodiernum modum et usum compilata, composta nel 1437. Comparveroper la prima volta in edizione a stampa aPavia, nel 1485, riunite in un unico volumepubblicato da Antonio Carcano (L. Hain, Repertorium bibliographicum, I, n. 5615). L'Opus de aegritudinibus, che fu noto anche come Lucidarium e Practica nova medicinae (la seconda edizione a stampa, apparsa a Venezia nel 1501 presso Simon Bevilacqua, recava infatti il titolo Practica nova medicine Iohannis de Concoregio, Lucidarium et Flos fiorum medicine nuncupata, mantenuto anche nelle successive edizioni di Pavia 1509, di Venezia 1515 e 1521), inizia con la trattazione di alcune malattie del capo: crosta lattea, tigna, scabbia. Per esse si propongono cure fondate essenzialmente su diete adeguate, e sull'applicazione locale di medicamenti quali l'unguento di cerussa, il litargirio, la fuliggine di galle, l'aceto con fecce d'olio vecchio. Vengono poi analizzate diffusamente le malattie dell'occhio, in particolare la cataratta, che nei casi resistenti alle cure mediche si propone di trattare chirurgicamente (le diverse fasi dell'intervento vengono descritte dall'autore nei minimi dettagli). Si illustrano quindi le malattie del naso, della bocca e dello stomaco; particolare attenzione è dedicata alle emorroidi (che il C. si propone di curare con astringenti), al sudore, all'epistassi, al vomito ed alla diarrea. Nella Summula il C. prende in esame le febbri, che suddivide, secondo la metodologia dell'epoca, in "effimere", "putride" o "umorali", ed "etiche". Secondo l'autore, in generale la febbre è un calore che si accende nel cuore e negli spiriti animali e si comunica quindi a tutto il corpo. Le passioni dell'animo possono far insorgere le febbri "effimere", che durano poco più di ventiquattro ore e possono venir agevolmente curate con diete apposite, distrazioni ed allegria. Causa delle febbri "putride", che procedono dalla putrefazione del sangue, sarebbe principalmente la bile. Come cure per l'emorragia nasale, che viene pure trattata diffusamente, si propongono la sudorazione, il vomito ed il flusso di ventre. Le due opere rivelano, nel complesso, scarsa originalità; la conoscenza dell'anatomia e fondata essenzialmente sul testo del Mondino. Di scarso rilievo appaiono gli influssi della scienza araba.

Fonti e Bibl.: Codice diplom. dell'università di Pavia, II, Pavia 1913, ad Indicem; J. Douglas, Bibliographiae anatomicae specimen sive catalogus, Lugduni 1734, p. 245; F. Argelati, Bibl. script. Mediolanensium, Mediolani 1745, I, coll. 2, 451; II, col. 1978; G. A. Brambilla, Storia delle scoperte fisico-medico-anatomico-chirurgiche fatte dagli uomini ill. italiani, Milano 1780, pp. 128-136; K. Sprengel, Storia prammatica della medicina, III, Napoli 1825, pp. 58 s.; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., II, Milano 1833, p. 122; G. Robolini, Notizie appartenenti alla storia della sua patria, V, 2, Pavia 1834, pp. 130, 218; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, II, Napoli 1845, pp. 352, 377, 399; G. Mazzetti, Repert. di tutti i professori della famosa università e del celebre istituto di scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 98; Mem. e docum. per la storia dell'università di Pavia, I, Pavia 1878, p. 190; F. La Torre, L'utero attraverso i secoli, Città di Castello 1917, pp. 175 s.; A. Sorbelli, Storia dell'università di Bologna, I, Bologna 1940, p. 245.

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