GIOVANNI di Domenico da Gaiole

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 56 (2001)

GIOVANNI di Domenico da Gaiole

Francesco Quinterio

Nacque a Gaiole in Chianti nel 1407 circa da Domenico di Francesco, di cui non è nota la professione, probabilmente legata al commercio e alla lavorazione del legname, dato che la zona di provenienza era una delle più boscose (in particolare alberi di castagno, querce e cerri) dell'intera Toscana.

Non si è in grado di stabilire attraverso quali percorsi avvenne la formazione di G. come legnaiolo; non è improbabile un suo apprendistato presso le celebri botteghe lignarie di Siena, anche se Gaiole era all'epoca sotto la giurisdizione di Firenze. Si potrebbe giustificare tale ipotesi con il fatto che in questo centro artistico, confinante e antagonista della Repubblica fiorentina, si andavano elaborando autentici capolavori dell'arte lignaria, come il complesso interamente intarsiato della cappella dei Signori nel palazzo pubblico, realizzato negli anni tra il 1415 e il 1428 dal grande legnaiolo intarsiatore Domenico di Niccolò dei Cori, con l'ausilio di molti garzoni.

Le botteghe fiorentine non erano comunque da meno, in particolare quella facente riferimento a Manno di Benincasa Mannucci, detto Manno de' Cori, di cui sono noti gli stalli lignei realizzati per la cappella Strozzi in S. Trinita (dove avrebbe lavorato un celebre forestiero come Arduino da Baiso), per S. Maria Nuova, per il palazzo di Parte guelfa, per la cappella Acciaiuoli in S. Maria Novella; ma anche esecutore di modelli architettonici per la cupola del duomo di Firenze (1417), prima dell'incarico conferito a F. Brunelleschi. E a questo proposito - nell'ipotesi di una militanza del giovane G. presso la bottega - è importante considerare che Manno de' Cori, venne pagato nel marzo 1443 per un modello realizzato insieme con G. per un tabernacolo ligneo decorato con un motivo a gigli, destinato a incorniciare una tavola raffigurante una "Nostra Donna" per la sede dell'arte dei linaioli (legnaioli) e rigattieri in Firenze e da eseguirsi per mano di Domenico di Domenico Pagni da Prato (Archivio di Stato di Firenze, Arti, rigattieri linaioli e sarti, filza 20, c. 99v). Si tratta del primo lavoro documentato per G., anche se la sua iscrizione nei registri dell'arte dei maestri di pietra e legname risale a prima del gennaio del 1433, con la specificazione "legnaiuolo… con Ventura di Tuccio" (Haines, 1983, p. 138 n. 17). Quest'ultimo era un legnaiolo che produceva sia modelli lignei, sia oggetti d'arredo: in particolare un primo grande cassone per la sagrestia delle Messe del duomo di Firenze (dal 1435), a cui collaborò certamente Giovanni.

Dal 1445 circa iniziò l'attività di G. con l'Opera del duomo di Firenze; in particolare nel febbraio 1446 venne pagato per l'esecuzione del complesso apparato ligneo che copriva l'organo, nella cattedrale, composto da un palco, con un ricco sopracielo intagliato a tutto sesto sostenuto da colonne, dipinto e dorato, infine ornato con un giglio, due putti e un Agnus Dei di Andrea del Castagno (Poggi, p. 276 docc. 1387-1389; l'apparato, visibile in antiche vedute della cattedrale, è stato smembrato e al suo posto si trova ora la cantoria con l'organo neogotico, opera di G. Baccani). È probabile che G. fosse stato chiamato a sostituire il lavoro di un legnaiolo all'epoca molto noto come Antonio di Migliorino Guidotti. Nel febbraio del 1447 fornì tutto l'apparato liturgico per la cappella del Ss. Sacramento comprendente la cassa delle reliquie, il tabernacolo del Corpo di Cristo e due leggii. Uno dei fornitori della sua bottega, che sembra figurare in seguito come socio ("chompagno"), è il legnaiolo Nardo d'Antonio, padre di Giuliano e Benedetto da Maiano in futuro noti per la loro attività di legnaiolo architetto il primo e di scultore il secondo. Più tardi (1448) ancora G., mentre realizzava l'apparato per l'altro organo (quello sopra la sagrestia dei Canonici), fornì due paia di ali lignee dorate per una coppia di angeli di terracotta invetriata modellati da Luca Della Robbia.

A partire dal 1450 G. realizzò la prima serie di apparati lignei di cui era specializzata la sua bottega: si tratta di stalli per cori, ma anche sedili ribaltabili con schienali intarsiati per sale di udienza. La prima opera sono gli stalli per la sede dell'arte dei linaioli, panettieri e rigattieri. Del 1452 è la libreria per la canonica del duomo (Gaye, p. 172), nel locale adattato dalla precedente chiesa di S. Piero in Ciel d'Oro: tra i collaboratori il giovanissimo Giuliano da Maiano (Fabriczy). G. fornì anche materiale da costruzione come risulta dai libri contabili del palazzo di Cosimo de' Medici in via Larga (1448); così pure da quelli del cantiere servita della Ss. Annunziata (dal 1452 al 1455) per il quale realizzò arredi liturgici come un "lampanario" e stalli lignei per la biblioteca del convento.

Attorno alla metà del sesto decennio del Quattrocento gli interessi dell'ormai maturo legnaiolo sembrano indirizzarsi verso l'ambito edilizio: oltre che della fornitura di materiale da costruzione si occupava anche della realizzazione di modelli lignei e della conduzione del cantiere, come già stava facendo Antonio di Manetto Ciaccheri, suo probabile rivale anche in incarichi precedenti. Nel 1457 G. - come attesta la sua lettera a Giovanni de' Medici - venne aggredito da un sicario di Ciaccheri, in quanto ritenuto colpevole di avere realizzato un nuovo modello per l'erigenda cupola della chiesa di S. Lorenzo, in alternativa a quello in esecuzione dello stesso Ciaccheri. In realtà G. era stato interpellato dal Medici per un parere, che fu negativo nei confronti di Ciaccheri: di qui il clima di boicottaggio nei suoi confronti. Dallo spirito della lettera si deduce che G., insieme con altri, era alle dipendenze dei Medici ("dandoci Chosimo et sua famiglia guadagno…": Gaye, pp. 167 s. doc. LXIV).

Comunque G. riuscì a condurre un cantiere fiorentino importante come quello di S. Spirito, a partire dal 1461, subentrando a Giuliano Sandrini, che era a sua volta succeduto a Ciaccheri (morto l'8 nov. 1460). Non sappiamo per quanto tempo G. lavorò a questo edificio lasciato incompiuto da Brunelleschi: di certo più di dieci anni dopo forniva solo legname al cantiere della stessa chiesa (Luporini). È nell'ottica di questo itinerario tecnico ingegneristico, tipico dei legnaioli prima e dopo di lui, che si situa la perizia (insieme con Michelozzo e con l'antagonista Ciaccheri), fornita nel luglio 1460, per il progetto di una peschiera da farsi a Mantignano, per contenere le acque dell'Arno (Ferrara - Quinterio).

Quasi contemporaneamente (tra il 1462 e il 1464) la bottega lavorò a una nuova commissione per un coro ligneo, nella chiesa di S. Pancrazio, prendendo a modello quello che avevano fatto Bartolomeo di Nuto da Empoli e Manno - forse Manno de' Cori - nella chiesa di S. Trinita; il manufatto fu smontato nel secolo successivo e ricomposto nella chiesa di Vallombrosa (Milanesi). Seguì subito dopo l'esecuzione di un altro coro ligneo, quello per S. Miniato al Monte, assai simile al precedente, assistito da Francesco di Domenico, detto Monciatto, con cui è probabile avesse formato una sorta di sodalizio, dopo che quello con Nardo d'Antonio probabilmente per ragioni d'età, si era sciolto.

Il legame con la stessa bottega sembra mantenersi dato che G. lavorò in importanti commissioni dove figura responsabile Giuliano figlio di Nardo d'Antonio. Fra queste, a partire dal 1463, il completamento del rivestimento a tarsie lignee della sagrestia delle Messe nel duomo di Firenze: in particolare le pareti orientale, e occidentale (occupate rispettivamente dal finestrone e dalla porta di accesso); per G. si trattava di fare solo "el sedere di sotto a detta faccia colle spalliere…" (Haines, 1983, p. 139). Ricordiamo come il primo nucleo fosse stato realizzato dal 1439 al 1442 e comprendeva il completo rivestimento con pannelli e ante lignee intarsiate, della parete sud eseguito da Angelo di Lazzaro d'Arezzo, avendo a collaboratori Francesco di Lucchese da Poggibonsi, Francesco di Giovanni di Guccio e Giovanni di ser Giovanni Lo Scheggia; nonché quello della parete opposta (lato nord) affidato ad Antonio Ciaccheri.

Sempre a Firenze altro incarico a G. fu quello conferito dagli Operai del palazzo dei Signori (palazzo Vecchio) per la realizzazione degli immensi palchi lignei destinati a coronare la sala dell'Udienza (ora dei Gigli); i documenti partono dal 1475, ma è certo che l'ormai ultrasessantenne G. intervenisse in una prima fase dei lavori dal 1471. Stavolta erano impegnati nell'impresa ben quattro titolari: oltre a G. e a Francesco di Domenico Monciatto (forse ancora suo socio), i più giovani e noti Francesco di Giovanni, detto il Francione, e Giuliano di Nardo da Maiano, probabilmente responsabile ciascuno di un settore distinto (quali struttura portante, tarsie, intagli, stalli). Di fatto G. viene nominato una seconda volta per la fornitura di panche da impiegarsi nella stessa sala; ma l'aneddotica popolare ricorda certi atteggiamenti di rozza arroganza del legnaiolo (Borsi - Morolli - Quinterio).

Intanto la carriera di costruttore di G. si concluse, con un altro nulla di fatto: la curiosa e nel contempo spiacevole questione della tribuna della Ss. Annunziata. Nella primavera del 1471 sull'onda di un risentimento diffuso da parte dei più o meno "intendenti di architettura" di Firenze circa la ripresa dei lavori della tribuna circolare della Ss. Annunziata - iniziata nell'ormai lontano 1444 da Michelozzo, lasciata incompiuta e ripresa da Ciaccheri e infine "ritoccata" da L.B. Alberti, sempre e comunque su commissione del finanziatore dell'impresa: il marchese Ludovico Gonzaga di Mantova -, G. inviò un suo modello, eseguito in alternativa a quello dello stesso Alberti, che a sua volta si era espresso in termini sfumati ("parvegli non si potere altro fare…": ibid., p. 285). Tale offerta venne motivata dallo stesso G. "perché essendovi obbligato per beneficii ricevuti, fatti a Giovanni mio genero" (Braghirolli). Per il marchese si trattava dell'ultimo di una serie di spiacevoli imprevisti che rischiavano di compromettere i suoi rapporti con la Repubblica fiorentina, con le conseguenze di interrompere le erogazioni previste. Così venne respinta la proposta di G. perché "havendo a fabricare a casa d'altri non pare honesto… che dobia dispiacere a quelli vostri citadini" (Brown, p. 365) e quindi fu mantenuto il progetto albertiano.

Negli ultimi registri dell'arte dei maestri di pietra e legname G. risulta iscritto dal 1465 fino al 1476, anno certo della sua morte.

Nella portata al Catasto del 1469 aveva dichiarato di tenere bottega "nei fondamenti di S. Maria del Fiore". Si era sposato con Monna Tita figlia di Francesco Ciai (i cui beni rimasero accatastati a nome degli eredi della madre), da cui ebbe cinque figli: Brigida (che sposò Bernardo di Bartolomeo da Parma, battiloro), Andrea, Nanna (che divenne pinzochera), Domenico e Francesca. Il penultimo ereditò la bottega di legnaiolo e redasse pochi anni dopo (1479) testamento (pubblicato da Gaye) a favore della figlia Agnoletta, lasciando a carico la disposizione per una pala dipinta da collocare nella pieve di S. Giusto a Cignano.

G. rientra in quella categoria dei legnaioli fiorentini del Rinascimento la cui presenza e influenza sono state rese note dalla celebre novella del Grasso legnaiolo, attribuita ad Antonio Manetti, che aveva tra i protagonisti lo stesso Brunelleschi. Potrebbe essere identificato con G. (oltre che con il più noto A. Ciaccheri) anche il personaggio (il "Gaiuola legnaiuolo e architetto" dall'atteggiamento caparbio) che appare più di una volta nelle Facetie, pubblicate nel secolo successivo da M.L. Dominici. Mentre per il suo contributo di legnaiolo, poco viene specificato circa la sua responsabilità nella decorazione (tarsia o più sicuramente intaglio), si potrebbe osservare la costante presenza di G. sul fronte della costruzione di stalli e quindi alle prese con problemi strutturali più complessi. Per ciò che riguarda il suo contributo all'architettura, invece, tutti i casi qui ricordati si risolsero in un nulla di fatto.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Arte dei maestri di pietra e legname, filza 4, cc. 55 s.; filza 6, cc. 93v, 103v; Ibid., Catasto, filza 929, n. 613 (anno 1469); filza 1023, cc. 90 s.; Ibid., Notarile antecosimiano, A.597.622 (Not. Alessandro da Cascese); G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, p. 480; M.L. Dominici, Facetie, motti et burle di diversi signori et persone private, Venezia 1574, pp. 131, 134, 139; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine, III, Firenze 1755, p. 321; VI, ibid. 1757, p. 91; G. Gaye, Carteggio inedito d'artisti dei secoli XIV, XV, XVI, I, Firenze 1839, pp. 167-174; G. Berti, Cenni storico-artistici per servire da guida ed illustrazione alla insigne basilica di S. Miniatoal Monte, Firenze 1850, pp. 81, 83; W. Braghirolli, Die Baugeschichte der Tribuna der S. Annunciata in Florenz, in Repertorium für Kunstwissenschaft, II (1879), pp. 271, 363 doc. XI; G. Mancini, Vita di L.B. Alberti, Firenze 1892, pp. 467-478; G. Milanesi, Nuovi documenti per la storia dell'arte toscana…, Firenze 1901, pp. 114 s.; C. von Fabriczy, Giuliano da Maiano, in Jahrbuch der K. Preussischen Kunstsammlungen, XXIV (1903), p. 137; G. Poggi, Il duomo di Firenze (1909), a cura di M. Haines, Firenze 1983, I, pp. 27, 220, 276, docc. 1041, 1097, 1387-1389; II, doc. 1587; D.F. Tarani, La basilica di S. Miniato al Monte. Guida storico-artistica, Firenze 1910, p. 83; P. Voit, Una bottega in via dei Servi, in Acta historiae artium Academiae scientiarum Hungaricae, VII (1961), 3-4, pp. 189, 193; E. Luporini, Brunelleschi: forma e ragione, Milano 1964, p. 217 n. 228; I. Hyman, Fifteenth century Florentine studies: The palazzo Medici and a ledger for the church of S. Lorenzo, tesi di dottorato (New York University, 1968), University Microfilms Int., Ann Arbor 1970, p. 277; P. Roselli, Coro e cupola della Ss. Annunziata a Firenze, Pisa 1971, p. 33 doc. 46; M. Haines, The intarsias of the North sacristy of the cathedral of Florence, tesi di dottorato, Courtauld Institute of Art, University of London, 1975, III, pp. 72-83; F. Borsi - G. Morolli - F. Quinterio, Brunelleschiani, Roma 1979, pp. 34-45, 277-287; B.L. Brown, The tribuna of Ss. Annunziata in Florence, tesi di dottorato (Northwestern University, 1978), University Microfilms Int., Ann Arbor 1980, pp. 354-357 doc. 58, 365 doc. 64; I. Hyman, Ciaccheri, Antonio, in Diz. biogr. degli Italiani, XXV, Roma 1981, pp. 76-78; M. Haines, La sagrestia delle Messe del duomo di Firenze, Firenze 1983, ad indicem; M. Ferrara - F. Quinterio, Michelozzo di Bartolomeo, Firenze 1984, ad indicem; F. Quinterio, Giuliano da Maiano "grandissimo domestico", Roma 1996, ad indicem; D. Biffino - C. Burresi, Sulla tecnologia dei "palchi" di palazzo Vecchio. Gli esecutori, le circostanze e la cronologia dei lavori per la costruzione, in Quasar, 1996, nn. 15-16, pp. 83-103; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 115.

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