FARA, Giovanni Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44 (1994)

FARA, Giovanni Francesco

Antonello Mattone

Nacque a Sassari il 4 nov. 1543, in una delle più antiche e facoltose famiglie del patriziato cittadino, da Stefano, notaio. Nel novembre 1561 intraprese gli studi giuridici nell'università di Pisa; l'anno successivo si trasferì nell'ateneo bolognese, per ritornare poi a quello pisano, dove la sua presenza è attestata il 9 maggio 1566. Qui il 9 ag. 1567 conseguì il dottorato in utroque iure e pochi giorni dopo, il 13 agosto, terminò di scrivere la prefazione al Tractatus de essentia infantis, proximi infanti, et proximi pubertati, Florentiae, apud Iuntas, 1567 (ma finito di stampare l'anno successivo).

Presentato da un'epistola Ad benignum lectorem del suo maestro C. Plauzio Pezone, il Tractatus dei F. si colloca in quel filone dell'umanesimo giuridico che si avvicina alle fonti romanistiche attraverso una diretta e testuale esegesi, senza farsi condizionare dal filtro delle interpretazioni dei glossatori e dei commentatori medievali. Obiettivo del F. è individuare l'età dell'uomo ugualmente vicina sia all'infanzia sia alla pubertà al fine di delimitare l'attitudine ad ogni attività giuridica. Dopo aver confutato con precisi argomenti le interpretazioni dominanti (e criticato con affettuoso garbo le tesi del suo maestro), attraverso un'ampia esegesi delle fonti classiche e grazie ad una solida conoscenza del diritto romano-canonico, il F. giunge alla conclusione che l'età in cui i primi due stadi della vita umana combaciano è al compiersi del settimo anno. Il lavoro fu accolto favorevolmente; ristampato l'anno successivo, venne considerato un nuovo apporto su una materia scarsamente indagata. G. Ziletti lo inserì nella sua grande raccolta di trattati (Tractatus illustrium iurisconsultorum, VIII, 2, Venetiae 1584, ff. 388-405v) col differente titolo di Tractatus, sive nova opinio de essentia infantis, che sottolineava l'originalità dell'elaborazione. Forse anche l'opera intitolata Variarum resolutionum legalium, inedita ed oggi perduta, venne redatta dal F. durante il soggiorno toscano.

Nella primavera del 1568 il F. rientrò a Sassari, dove cominciò ad esercitare l'avvocatura; nell'autunno venne nominato assessore del locale tribunale ecclesiastico, designazione caldeggiata dai gesuiti e in particolare dal padre B. Pinyes, rettore del collegio di Sassari; il 6 dic. 1568, avendo deciso di abbracciare la carriera ecclesiastica, fu nominato arciprete del capitolo sassarese dall'arcivescovo G. Segria. La nomina, caratterizzata da un vizio di forma (la designazione dell'arciprete ere infatti riservata al pontefice) fu impugnata da un ricorso presentato alla rota romana dal canonico F. Figo.

La controversia si protrasse per circa otto anni. Per seguire meglio l'iter della causa, nel dicembre 1570 il F. partì alla volta di Roma. Nel 1572 ottenne un canonicato nella cattedrale di Alghero, con l'annessa prebenda della parrocchia del villaggio di Orani. Nel 1573 rientrò in Sardegna, per ripartire per Roma all'inizio del 1574: proprio in quei mesi venne pronunciata una prima sentenza a suo favore. La causa si concluse di fatto soltanto nel 1578 con la nomina del Figo ad arcivescovo di Oristano. Il F. poté così prendere possesso dell'arcipretura turritana con un beneficio annuo di 500 o 600 lire sarde: la sua presenza nelle riunioni capitolari è attestata per la prima volta l'11 apr. 1578 e il 1° dicembre presiedette la solenne processione per la posa della prima pietra della nuova sede del collegio e della chiesa dei gesuiti, con i quali il F. mantenne sempre stretti rapporti.

In questi anni il F. si dedicò intensamente allo studio della storia e della geografia della Sardegna, un interesse stimolato anche dalla vasta documentazione conservata nella biblioteca e nell'archivio vaticani e dall'aiuto del canonista maiorchino M. Thomás, che gli agevolò la consultazione delle fonti fornendogli rari manoscritti o indicandogli documenti originali. Tra il 1571 ed il 1578 il F. raccolse a Roma gran parte della documentazione per il suo ambizioso progetto storico-geografico, che ebbe una prima realizzazione nel volume De rebus Sardois liber primus (Calari, Cañellas, 1580), dedicato al viceré di Sardegna M. de Moncada.

È un'opera concepita e abbozzata nel clima culturale romano, caratterizzato da un astratto umanesimo di stampo controriformistico e gesuitico. Il F. aveva ben presenti i grandi modelli della storiografia erudita di Flavio Biondo e di C. Sigonio e dell'annalistica latina, né gli era ignoto il tentativo di tracciare una storia generale della Sardegna annunciato nel 1550 da S. Arquer nella Sardiniae brevis historia et descriptio. La pubblicazione, dal 1562 al 1580, dei volumi degli Anales de la Corona de Aragón di J. Zurita aveva inoltre sollevato tutta una serie di interrogativi sul peso della Sardegna nell'espansione catalano-aragonese e nella formazione della monarchia di Spagna. Per l'impianto complessivo e per l'articolazione dell'opera il F. si ispira apertamente alle De rebus Siculis decades duo del domenicano T. Fazello, edite a Palermo nel 1558, ripetendone la divisione in due sezioni (la prima dedicata alla descrizione geografica dell'isola; la seconda agli eventi storici, ordinati cronologicamente, dalle origini "usque ad haec nostra tempora") e il taglio annalistico, ma anche l'acrisia nei confronti delle fonti utilizzate. Il volume abbraccia un ampio arco cronologico che va dai tempi più remoti sino al 759 dell'era volgare. Sulle origini il F. si limita a riportare senza obiezioni tutte le leggende sui coloni più antichi dell'isola e attinge soprattutto ai classici latini per il periodo punico e romano. Più interessante il contributo del F. sull'affermazione del Cristianesimo nell'isola (forse tratto in parte da un suo manoscritto perduto, De vitis Sardorum omnium sanctorum), grazie anche alla conoscenza della letteratura agiografica conservata nella Biblioteca Vaticana. Spesso emergono ingenuità sul gran numero dei martiri sardi e sulla presunta predicazione in Sardegna degli apostoli Pietro e Paolo, talvolta il controllo delle fonti appare superficiale, ma nel complesso il F. traccia un quadro incisivo dei primi secoli della Chiesa in Sardegna.

Indubbiamente più originali sono i libri II-IV allora rimasti inediti, in cui la sintesi tra letteratura storiografica e documentazione locale è particolarmente felice e convincente. Nel libro II, dedicato al Medioevo, il F. ricostruisce, grazie ai "condaghi" (cartulari monastici) e al Libellus iudicum Turritanorum, le genealogie giudicali sarde. Sulla falsariga dei cronisti toscani egli accoglie l'opinione dell'origine pisana dei Giudicati. Della discussa sovranità pontificia il F. tenta di dare una giustificazione storica, basandosi sull'autorità di Sigonio e sostenendo l'originaria appartenenza dell'isola al "Patrimonium Beati Petri". Nei libri III e IV relativi agli Aragonenses Sardiniae reges, il F. descrive le vicende della conquista, la costituzione del Regnum Sardiniae e l'origine del feudalesimo sardo. La narrazione si arresta al 1556, anno dell'abdicazione di Carlo V. Ricalcando gli Anales dello Zurita, integrati dalle fonti locali, il F. si identifica con la lettura filoaragonese dello storico di Saragozza, mostrando anche una piena e convinta adesione agli ideali tipici dell'età di Filippo II.

Tra il 1580 e il 1585 il F. compose la sua seconda opera storico-geografica, In Sardiniae chorographia libri duo, destinata anch'essa a restare inedita sino al sec. XIX.

L'opera è divisa in due libri: nel primo tratta dei diversi nomi della Sardegna, della sua posizione astronomica, della distanza dalle terre circostanti, delle isole che la circondano, della sua superficie, della fertilità e feracità del suolo, della flora, della fauna, delle acque, dei fiumi, del clima, della produzione mineraria, dei mari pescosi, dei costumi e dell'indole degli abitanti, delle cariche e delle magistrature del Regno; nel secondo analizza le città e i villaggi, suddividendoli per diocesi. Rispetto ai quattro libri del De rebus Sardois inficiati talvolta da un pesante e spesso acritico apparato erudito, la Chorographia, secondo il metodo tolemaico basata soprattutto sulla osservazione diretta piuttosto che sulla matematica e sull'astronomia, mantiene ancor oggi freschezza ed efficacia narrativa: l'autore stesso dichiarava che l'opera era il frutto di lunghi viaggi all'interno dell'isola e della verifica concreta di ogni luogo.

Certo il F. ha un debito verso la Sardiniae brevis historia et descriptio di S. Arquer (ma questi non viene nominato: nel 1571 era stato giustiziato come eretico), cui attinge abbondantemente; tuttavia sembra eccessivo considerare la Chorographia come "un vero e proprio plagio" (Laneri) e se rispetto alle acute osservazioni dell'Arquer l'opera del F. è senz'altro più conformista, tuttavia essa è assai più organica, più ricca di dati e sicuramente più meditata.

Pur rimaste largamente e a lungo inedite, le opere storico-geografiche del F. ebbero ampia circolazione e influenza tra i cultori di cose sarde del XVII e XVIII secolo. Il primo libro del De rebus Sardois fu riedito da P. Burmann e J. G. Graeve nel Thesaurus antiquitatum et historiarum Siciliae, Sardiniae et Corsicae, XV, Lugdum Batavorum 1725. L'esigenza di una organica pubblicazione degli scritti del F. maturò nel sec. XVIII: nel 1758 l'arciprete sassarese G.B. Simon divulgò gli inediti attraverso numerose copie manoscritte. Queste copie costituirono la base dell'edizione, assai scorretta, preparata nel 1778 dal carmelitano A. Solinas Nurra, mai pubblicata. Nel 1801 l'abate G. F. Simon annunciava la stampa delle opere del Fara. Ma gli inediti videro la luce soltanto nel 1835 con un'edizione della Chorographia e del De rebus Sardois curata da L. Cibrario e basata sullo scorretto manoscritto del Solinas Nurra: De chorografia Sardiniae libri duo; De rebus sardois libri quatuor, Torino 1835.

Altrettanto scorretta e lacunosa l'edizione curata da V. Angius: De chorographia Sardiniae libri duo. De rebus Sardois libri quatuor, Calari 1838.

Sono disponibili ora in accettabile edizione critica le opere storico-geografiche e il catalogo della biblioteca del F., Opera, a cura di E. Cadoni, Sassari 1992, in due volumi, da cui peraltro sono esclusi gli scritti giuridici.

Principale collaboratore dell'arcivescovo di Sassari A. Lorca sia per l'applicazione dei decreti tridentini sia per i rapporti con le autorità politiche, nel dicembre 1583 il F. partecipò a Cagliari ai lavori del Parlamento, in qualità di rappresentante del capitolo turritano nella giunta dei "trattatori" per discutere col viceré Moncada l'importo e la destinazione del donativo ordinario del Regno. Da esperto canonista il F. ebbe certamente un ruolo importante nel concilio sassarese convocato il 26 ott. 1585, di cui infatti riproporrà numerosi capitoli nel sinodo bosano del 1591.

Negli anni pisani e bolognesi e durante il soggiorno romano il F. aveva acquistato un gran numero di volumi e diversi manoscritti (tra cui un prezioso codice membranaceo miniato della Commedia dantesca, risalente alla seconda metà del XVI secolo, conservato ora nella Bibl. univ. di Cagliari, ms. 76). L'8 apr. 1585 compilò un dettagliato catalogo della biblioteca da sottoporre alla censura dell'Inquisizione, preoccupandosi di raggruppare per materia i 1.006 titoli dei suoi volumi, di premettere all'inizio di ciascuna sezione un sottotitolo e di indicare quasi sempre il luogo e l'anno di edizione.

Si tratta di una biblioteca eminentemente giuridica (oltre il 60% dei volumi). Il catalogo si apre con la sezione dedicata alle Sacre Scritture ed ai testi di argomento religioso. Seguono i libri di diritto canonico, di diritto civile, di diritto processuale civile e penale, i formulari, le decisiones dei tribunali supremi, i trattati giuridici di vario argomento, i consilia in materia civile, criminale e feudale, gli statuti e le fonti di diritto municipale, i repertori. Ne risulta l'immagine di un giurista dotato di una solida conoscenza delle fonti del diritto comune e delle opere dei glossatori e dei commentatori medievali, ben aggiornato sulle diverse tendenze del diritto del suo tempo, dall'umanesimo giuridico alla scuola dei "pratici", dalle autorevoli raccolte di giurisprudenza dei grandi tribunali sino ai testi di ambiente scolastico-canonistico dell'area spagnola.

La sezione dedicata alla storia rivela i modelli storiografici che hanno ispirato il F. e le opere e le cronache utilizzate per la composizione del De rebus Sardois (Flavio Biondo, O. Panvinio, C. Sigonio, il Platina, T. Fazello, J. Sepulveda). Anche nella sezione dedicata ai libri di cosmographia è possibile cogliere alcuni itinerari di lettura (Tolomeo, Pomponio Mela, B. Bordone, T. Porcacchi, L. B. Alberti) sottesi alla sua opera geografica. Ai volumi di grammatica, retorica, letteratura seguono quelli di agricoltura, architettura, dialettica, filosofia, geometria, medicina e i trattati "de honore et cavalleria". Si tratta dunque di una biblioteca coerente con i modelli dell'età della Controriforma, che riflette "il trionfo di una teologia controversistica, di una pastorale normativa, di un'ecclesiologia giuridica", che, lasciando alle spalle i dubbi e le inquietudini della generazione precedente, è ormai in grado, "senza più dubbi, incertezze, esitazioni", di trasferire "la sua rafforzata autocoscienza storica" nell'ambito "di un rigoroso efficientismo pastorale e negli obiettivi di un combattivo e orgoglioso universalismo cattolico" (Firpo).

Alla morte del F. la biblioteca fu acquistata dal magistrato della Reale Udienza Monserrat Rossellò e da lui passò poi al collegio gesuitico cagliaritano: numerosi volumi fanno ora parte del fondo antico della Biblioteca universitaria di Cagliari.

Il 6 dic. 1588 con una lettera-memoriale (Carta que embiò a monseñor don Alfonso Lorca arcobisco de Sacer por la causa del primado, conservata in una redazione successiva nella Bibl. universitaria di Sassari, ms. 55) il F. esprimeva un suo parere storico-giuridico sul controverso titolo di primate di Sardegna e di Corsica rivendicato dall'arcivescovo di Cagliari e tornò più ampiamente sul tema - presumibilmente nel 1589 - con il trattato De primatu Ecclesiae Calaritanae (Bibl. univ. di Cagliari, ms.85; Londra, British Library, Add. Mss. 28468). Il 20 maggio 1590 le sue argomentazioni in favore dell'uguale dignità delle sedi di Cagliari e Sassari vennero accolte favorevolmente dalla congregazione dei Vescovi incaricata da Sisto V di dirimere la controversia.

Nell'autunno del 1589 Filippo II presentò la candidatura del F. alla sede vescovile vacante di Bosa; il 14 genn. 1591 veniva emanata la bolla pontificia di nomina. Consacrato il 21 aprile nel duomo di Sassari, il F. fece ingresso nella sua diocesi il 28 dello stesso mese. Nell'estate-autunno di quell'anno fu impegnato in un'intensa attività pastorale: dopo aver visitato tutte le parrocchie, il 10-12 giugno celebrò nella cattedrale il sinodo diocesano, le cui costituzioni furono pubblicate nello stesso anno (Constitutiones synodales sanctae Ecclesiae Bosanensis, Cagliari, apud Ioannem Mariam de Galcerin, 1591): di particolare interesse sono quelle che tentavano di modificare radicate usanze locali, come gli sconvenienti costumi dei parroci dei villaggi, dediti sovente al concubinaggio, alla caccia, alla "crapula", all'ubriachezza nelle taverne, come l'abitudine di cantare, danzare e dormire nelle chiese nel corso delle feste, come i pianti delle prefiche durante i funerali.

Nella relazione ad limina inviata a papa Gregorio XIV il 28 ag. 1591 il F. esponeva un ambizioso programma pastorale che prevedeva l'istituzione a Bosa del seminario e di un lettore di grammatica, l'obbligo della residenza per i beneficiati, il restauro della cattedrale e la creazione di un archivio diocesano.

Questi progetti furono vanificati dalla morte del F., avvenuta a Sassari il 15 nov. 1591.

Fonti e Bibl.: Al F. dedicò cinque sonetti P. Delitala, in Rime diverse, Cagliari 1595; P. Tola, Diz. biogr. degli uomini ill. di Sardegna, II, Torino 1837, pp. 79-88; P. Martini, Biogr. sarda, II, Cagliari 1838, pp. 124-138; G. Siorto Pintor, Storia lett. di Sardegna, II-III, Cagliari 1843, ad Ind.; R. Turtas, G.F.F. Note biografiche, in Umanisti sassaresi nel '500. Le "biblioteche" di G.F.F. e Alessio Fontana, Sassari 1988, pp.9-27, ripubbl. in I. F. Fara, Opera, a cura di E. Cadoni, I, Sassari 1992, pp. 233-249, che resta il profilo biogr. più preciso ed esauriente. Sulle opere del F. di fondamentale importanza è ancora lo studio di B. R. Motzo, Su le opere e i manoscritti di G. F. F., in Studi sardi, I (1934), pp. 5-36; D. Gribaudi, La "Chorographia Sardiniae" di G. F. F., in Atti dell'XI Congresso geografico ital., II, Napoli 1930, pp. 2-12; O. Baldacci, Sulla "Chorographiá Sardiniae" di G.F.F., in Arch. stor. sardo, XXII (1939-40), pp. 50-96; L. Balsamo, La stampa in Sardegna nei secoli XV e XVI, Firenze 1968, pp. 150 ss., 165; E. Cadoni, Umanisti e cultura classica nella Sardegna del 1500, in Res Publica literarum, XI (1988), pp. 59 ss.; Id., Lingua latina e lingua sarda nella "In Sardiniae Chorographiam" di G. F. F., in Seminari sassaresi, II (1990), pp. 99 ss.; M.T. Laneri, Il ms. S.P. 6.3.33 della In Sardiniae Chorographiam libri duo di G. F. F., il ms. S.P. 6.5.62 (Cagliari, Bibl. univers.) e le ediz. di Cibrario e Angius, ibid., pp. 125-145; Id., Sigismondo Arquer: una fonte umanistica della "Chorographia Sardiniae" di G. F. F., in Quaderni bolotanesi, XVII (1991), 17, pp. 367-392. Sulla biblioteca del F.: E. Cadoni, La Bibliotheca di G.F.F., in Umanisti sassaresi, cit., pp.29-53. Sull'edizione I.F. Fara, Bibliotheca, a cura di S. Frasca, Cagliari s.d. [ma 1989], cfr. le critiche di E. Cadoni in Sandalión, 12-13, 1989-90, pp.286-293. Importanti considerazioni in M. Firpo, Umanisti sassaresi del Cinquecento, in Seminari sassaresi, II (1990), pp. 27-32. Sulla biblioteca del F. nel quadro della diffusione del libro nel sec. XVI: P. Maninchedda, Note su alcune biblioteche del XVI secolo, in Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell'Univers. di Cagliari, n.s., VI (1987), 3, pp. 3-15; E. Cadoni, Libri e circolazione libraria nel '500 in Sardegna, in Seminari sassaresi, I (1989), pp. 85-95; T. Olivari, Libri e lettura nella Sassari del Cinquecento, in La stampa in Italia nel Cinquecento, a cura di M. Santoro, II, Roma 1992, pp. 843-852. Sull'attività pastorale del F.: G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia cattolica…, III, Monasterii 1923, p. 137; P. Martini, Storia ecclesiastica di Sardegna, II, Cagliari 1840, pp.299- 302, 321 ss.; V.A. Arullani, Di Pietro Delitala e della sue "Rime diverse", in Arch. stor. sardo, VII (1911), pp. 45 s., 86-90; D. Filia, La Sardegna cristiana, II, Sassari 1913, pp. 237, 256; Id., G. F. F. il profilo spirituale, in Libertà, 25 luglio 1947; E. Costa, Sassari, IV, Sassari 1956, pp. 94-98; O. Alberti, La Sardegna nella storia dei concili, Roma 1964, pp. 210-213; M. G. Ruiu, La Chiesa turritana nel periodo post-tridentino (1567-1633), Sassari 1975, pp. 5563; A. Virdis, Per una introduzione alla storia delle fonti del diritto canonico sardo, in Dottrina sacra. Problemi di teologia e di storia, Cagliari 1977, pp. 103 s. Sul sinodo bosano il contributo più importante è quello di G. Mastino, Un vescovo della riforma nella diocesi di Bosa (1591). L'opera legislativa di G. F. F., Cagliari 1976.

CATEGORIE
TAG

Diritto processuale civile

Biblioteca vaticana

Sigismondo arquer

Fonti del diritto

Bolla pontificia