LAZZARELLI, Giovanni Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 64 (2005)

LAZZARELLI, Giovanni Francesco

Fiammetta Cirilli

Discendente di un antico casato, nacque a Gubbio il 5 apr. 1621 da Alessandro e da Gentile Crivelli. Fino ai quindici anni studiò nel seminario cittadino, retto dai gesuiti chiamativi da Ulderico di Carpegna, vescovo di Gubbio e cardinale dal 1633. Venutogli a mancare il padre, fu mandato a studiare nel collegio della Sapienza Vecchia a Perugia, dove, diciannovenne, si addottorò in diritto civile e canonico. Sotto la protezione di diversi prelati intraprese la pratica legale a Roma. Di lì a poco, il cardinale Carpegna lo nominò suo uditore; si adoperò inoltre perché il L. ottenesse un canonicato nella cattedrale della sua città natale senza obbligo di residenza, e gli concesse due benefici semplici di collazione, cui il L. in seguito rinunciò in favore di un fratello che aveva preso gli ordini sacri.

Su insistenza dei familiari che lo incitavano a dare un seguito al casato, ottenne a circa ventisette anni la dispensa dal canonicato e, tornato a Gubbio, sposò Francesca Maria Timotelli, di illustre famiglia del luogo.

Dal matrimonio nacquero due maschi e due femmine: di questi, solo il primogenito Giulio continuò il nome della famiglia, sposando Vittoria Becchetti da Gubbio e avendone un maschio, Alessandro, a sua volta ammogliatosi con l'eugubina Vittoria Ranghiasci. Con lui, nel 1747, si estinse il casato dei Lazzarelli. Degli altri tre figli del L., il maschio entrò nei monaci olivetani e le due femmine si monacarono.

Dopo il matrimonio, il L. fu nominato dal cardinale legato di Urbino Vincenzo Costaguti podestà della città e, nel 1649, segretario di giustizia nella Legazione di Pesaro. A dicembre del 1654 passò in veste di uditore di rota a Perugia; nel febbraio dell'anno successivo fu luogotenente generale in criminale a Perugia e Provincia umbra; all'inizio del 1658, infine, divenne luogotenente generale in civile nella Provincia picena e si trasferì a Macerata. Ritornato a Gubbio nell'aprile 1659, per qualche tempo vi esercitò i gradi della magistratura riservati alla nobiltà; ottenuto però il necessario breve di dispensa da Alessandro VII, già nel 1661 era uditore di rota a Macerata. Qui conobbe Bonaventura Arrighini da Lucca, il magistrato che, sotto lo pseudonimo di don Ciccio, venne da lui immortalato nei versi che avrebbero costituito La Cicceide, raccolta di circa quattrocento componimenti poetico-burleschi (in gran parte sonetti) equivoci e talvolta osceni, scritti dal L. a scherno del collega, senza avere tuttavia intenzione di destinarli alle stampe.

Addottoratosi a Pisa nel 1649, a 25 anni, l'Arrighini era vissuto a Roma e a Genova, città in cui aveva ricoperto per un triennio circa la carica di uditore di rota. Era poi passato nel 1661 a Macerata: qui, per il suo aspetto infelice, i modi goffi e lo scarso acume intellettuale, si era reso inviso al L., che, nel 1663, aveva steso il primo sonetto su di lui (corrispondente al XII della Cicceide legitima). Come è del resto testimoniato da una lettera indirizzata dal L. all'amico Valerio Diplovatazio il 16 febbr. 1669, i fatti descritti corrispondevano alla "pura verità istorica", dal momento che il malcapitato uditore appariva al L. "così ridicolo, che la mia Musa l'ha preso per soggetto perpetuo de' suoi componimenti" (Ranghiasci, pp. 21 s.).

Dalla biografia del Ranghiasci apprendiamo che nella primavera del 1664 il L. si recò a Venezia con un suo amico, rimanendo assente da Macerata per qualche tempo. Iscritto nel Collegio degli avvocati della città picena, all'inizio del 1666 fu poi inviato per conto di questo a Roma presso papa Alessandro VII. Tornò a Gubbio nell'aprile del 1667; il 28 dic. 1667, venne a mancargli la moglie. Nel giugno 1668 lasciò nuovamente Gubbio per passare a Bologna, dove pure fu uditore di rota; qui, essendo gonfaloniere il marchese T. Campeggi, fu chiamato a podestà il 1° luglio 1669.

Il periodo trascorso a Bologna fu per il L. denso di incontri: appassionato conoscitore di lettere e di arti figurative, divenne amico di letterati e pittori, tra i quali D.M. Canuti. Mise inoltre insieme, oltre ad alcune raccolte di minerali, pietre, conchiglie ecc., una cospicua collezione di dipinti. La sua fama di esperto gli valse la fiducia del nobiluomo lucchese Francesco Paolini che, dovendo procurare opere d'arte ai reali di Francia, si avvalse della sua consulenza (Ranghiasci, pp. 23-27).

Negli stessi anni, il L. fu invitato da Alessandro (II) Pico duca di Mirandola come uditore generale del suo Ducato, dove si trasferì nel 1671, rimanendovi per circa tre anni, allorché, nel 1674, gli fu conferito a Ferrara l'incarico di uditore. Il L., che svolgeva contemporaneamente il ruolo di agente generale del duca Alessandro, rimase a Ferrara fino al 1681, allontanandosene nei mesi autunnali per raggiungere il duca Pico in villeggiatura alla Concordia.

Uditore generale della Legazione di Ferrara dal 1678, venne nel 1681 definitivamente richiamato a Mirandola, dove il duca lo elesse suo primo consigliere e segretario. Di lì a poco, nel giugno del 1682, gli conferì la prepositura della collegiata della Mirandola, la più prestigiosa carica ecclesiastica del piccolo Stato; ottenne infine per lui dal pontefice la nomina a protonotario apostolico senza residenza: due ruoli che il L. fu in grado di sostenere, dal momento che lo stato vedovile gli aveva consentito di abbracciare nuovamente il sacerdozio. Nell'ottobre dello stesso anno, infatti, poté celebrare la sua prima messa.

Frattanto, morto l'Arrighini, il L. ne lamentò la scomparsa in una lettera a tal priore Antenusio del 27 sett. 1685: "Il doloroso avviso della perdita di d. Ciccio l'ho parimenti dal sig. Breni, e la riconosco veramente perdita lagrimevole, come quella, che fa restarmi senza il giocondo trattenimento del poetare" (Ranghiasci, p. 33). Ben più amara dovette però essere per il L. la notizia che lo stesso L. Breni gli diede a distanza di circa tre anni: la Cicceide, che circolava in forma manoscritta da tempo presso amici e conoscenti del L. (tra gli altri F. Redi, che ne diede a sua volta notizia a G. Valletta), era stata infatti pubblicata nella seconda metà del 1688 all'insaputa dell'autore, con il falso luogo di stampa di Cosmopoli e senza anno.

Il volumetto comprendeva 259 componimenti e 12 indovinelli (poi espunti nelle edizioni seguenti), oltre a una prefazione e un'avvertenza al "Virtuoso lettore". Responsabili dell'operazione erano, secondo Ranghiasci, uno stampatore, Poletti, e un prete lucchese residente a Venezia, Francesco Coli, figura con qualche probabilità nota al L., che gli dedicò due sonetti presenti sia nell'edizione abusiva sia in quella legittima, di pochi anni successiva.

Fortemente contrariato dalla pubblicazione, il L. scrisse contro il Coli un sonetto violentissimo, e si disse pronto a fare del prete il protagonista di una nuova Cicceide, ma il contrasto fu sanato grazie all'intervento di terzi. Inutilmente si tentò di bloccare la circolazione dell'opera: in meno di un mese il libro era infatti esaurito e, prima che il L. potesse provvedere a una nuova edizione autorizzata, Coli e Poletti avevano probabilmente ristampato la loro, aggiungendovi quattro brevi madrigali (Parenti, p. 20). Il successo della raccolta, se da un lato sollecitò il desiderio di altre ristampe, dall'altro spinse il L. a sostenere il decreto del 29 maggio 1690, con cui la Cicceide di Cosmopoli fu messa all'Indice.

Eletto membro dell'Arcadia con il nome di Altemone Sepiate il 18 sett. 1691 (insieme con C.M. Maggi e F. de Lemene), il L. si dedicò quindi a una ristampa dell'opera: verso la fine del 1691 vide così la luce La Cicceide legitima, recante l'indicazione di Parigi, presso Claudio Riud, 1692.

Il volumetto, che manteneva l'anonimato dell'autore, era in realtà opera dello stampatore G.G. Hertz di Venezia (Parenti, p. 33). Se confrontato con la Cicceide di Cosmopoli (della quale espungeva circa 40 testi), risultava maggiorato di un nutrito numero di componimenti, che diventarono nel complesso 397; si apriva inoltre con una prefazione A chi legge ed era diviso in due parti denominate, rispettivamente, Le Testicolate e Le Sghignazzate. Sempre presso il medesimo stampatore sarebbe uscita, a breve distanza di tempo, una seconda e ultima impressione autorizzata dal L., ulteriormente accresciuta (ibid., pp. 48-50).

Alla comparsa della Cicceide legitima il favore del pubblico si rinnovò, incoraggiando la diffusione di numerosissime contraffazioni, sempre anonime, molte delle quali provenienti da tipografie veneziane: tra queste, la principale è forse costituita dall'appendice di 163 sonetti realizzata da Poletti e Coli, o solo dal primo, recante sempre la data di Parigi, presso Claudio Riud, 1692 (ibid., p. 26).

Frattanto, il 2 febbr. 1691, era scomparso il duca Alessandro, innescando un processo di rapido sfaldamento della corte della Mirandola; il L., tuttavia, continuò a vivere nella città padana, dove lavorò alacremente alla Cicceide.

A Mirandola il L. si spense, il 4 apr. 1693.

Membro di numerose accademie, il L. lasciò materiali inediti (versi d'occasione, prologhi e intermezzi a tematica mitologica e religiosa, un dramma per musica, La Passione per Nostro Signore ecc.), di cui un nucleo rilevante si trova presso la Biblioteca comunale di San Severino Marche. Non infrequenti sono i suoi contributi in raccolte poetiche e prosastiche del tempo, come il sonetto in morte di Maria Pico, antologizzato nei Fiori poetici stampati a Bologna nel 1684. Un idillio mitologico intitolato Narciso fu infine pubblicato da Ranghiasci in appendice alla sua biografia.

La Cicceide legitima conta due edizioni settecentesche, entrambe anonime e con falso luogo di stampa: Haja 1765 e Amsterdam 1771. Modernamente è stata edita a Roma nel 1885 (su cui è stata esemplata un'edizione Piacenza 1915) e per l'"Ufficio della biblioteca di un curioso", ibid. 1886; Gl'indovinelli della Cicceide illegittima, a cura di M. Daniele, ibid. 1983.

Fonti e Bibl.: G.M. Crescimbeni, Notizie istoriche degli Arcadi morti, Roma 1720-21, pp. 17-22; S. Ranghiasci, La vita di G.F. L. autor della Cicceide con un suo idillio inedito, Perugia 1779; F. Ceretti, Dei podestà, dei luogotenenti, degli auditori e dei governatori dell'antico Ducato della Mirandola, Mirandola 1898, pp. 96-107; I. Carini, L'Arcadia dal 1690 al 1890. Memorie storiche, Roma 1891, pp. 450-453; G. Pantanelli, G.F. L. e la sua podesteria a Bologna (1669-71), in L'Archiginnasio, XXVII (1932), pp. 313-320; M. Parenti, De "La Cicceide legitima" di G.F. L., Firenze 1957; A. Pegorari Chiarloni, Goethe e L., in Belfagor, XXIX (1974), pp. 455-463; G.F. Bandini, G.F. L. e "La Cicceide illegittima", in L'Esopo, I (1979), pp. 41-51; U. Casari, Intellettuali e corte dei Pico alla fine del Seicento, in Mirandola e le terre del basso corso del Secchia, Atti del Congresso, Mirandola 1983, II, Modena 1984, pp. 7-24; Id., "La Cicceide legitima" di G.F. L., in Studi secenteschi, XXIX (1988), pp. 163-180.

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