GALBIATI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 51 (1998)

GALBIATI, Giovanni

Pier Francesco Fumagalli

Nacque a Carugo, nei pressi di Como, il 12 marzo 1881 da Giuseppe e Maria Colombo; il padre era fattore presso la famiglia Teruzzi. Compì gli studi classici e teologici nei seminari milanesi, avendo come maestro di ebraico A. Ceriani, prefetto dell'Ambrosiana; in occasione del giubileo sacerdotale di questo, nel 1902, conobbe personalmente Achille Ratti. Ricevuti gli ordini sacri nel 1905, nello stesso anno gli fu affidato dal Ceriani l'incarico di scrittore nella Biblioteca Ambrosiana. Qui ebbe modo di collaborare intensamente con il Ceriani, orientalista e siriacista, e col Ratti, che, nominato prefetto nel 1907, lo volle cooptato nel 1910 nel Collegio dei dottori dell'Ambrosiana, per gli studi della classicità greca e latina, nei quali aveva già mostrato elevate qualità.

Contemporaneamente proseguì gli studi sacri e profani, conseguendo prima la laurea in teologia, quindi quella in lettere e filosofia presso la Regia Accademia scientifico-letteraria in Brera, avendo quali maestri - tra gli altri - V. Inama, F. Novati, M. Scherillo e R. Sabadini. Frutto di questi studi fu il commento ciceroniano De M.T. Ciceronis in libris de re publica et de legibus fontibus (Aosta 1913; poi De fontibus M.T. Ciceronis librorum qui manserunt de re publica et de legibus quaestiones, Milano 1915).

Incoraggiato dal Ratti, compì soggiorni di studio nelle più rinomate sedi universitarie europee: in Francia, Germania, Svizzera, Austria e Belgio, apprendendo le principali lingue del continente, tra le quali sempre predilesse il tedesco. In Ambrosiana ebbe pure occasione di estendere l'orizzonte dei suoi studi verso l'Oriente, poiché in quegli anni il Ratti dava grande impulso agli studi orientalistici, e specialmente arabi, acquistando nel 1909 l'importante collezione yemenita di G. Caprotti, in collaborazione con E. Griffini, e nel 1910 il nucleo arabo cristiano antico da Monaco di Baviera.

Durante la guerra, tra il 1915 e il '18, prestò servizio militare per tre anni e mezzo, guadagnandosi due medaglie e godendo pure di un esonero che gli consentì di proseguire gli studi. Nel 1924, nominato prefetto dell'Ambrosiana, succedette a L. Gramatica, rimanendo ininterrottamente alla guida dell'istituto fino al 1951 e rivelando doti di abile organizzatore della vita culturale e di direttore imprenditoriale, assecondato dal sostegno che gli veniva da Roma da papa Pio XI, l'antico prefetto dell'Ambrosiana, che serbò per lui sempre profonda stima e benevolenza. Dedicatosi con determinazione a un progetto di imponente trasformazione edilizia, nel volgere di non molti anni mediante opere di ampliamento e ristrutturazione seppe riunire l'Ambrosiana in un isolato autonomo chiuso da piazza della Rosa (ora Pio XI), via dell'Ambrosiana, piazza S. Sepolcro e via Cardinal Federico.

Nel 1928, con la soppressione della parrocchia di S. Sepolcro e il ritiro degli oblati dalla loro sede, ottenne l'annessione degli edifici sui lati meridionale e occidentale, quindi pose mano alla trasformazione di quegli ambienti eterogenei, adattandoli, secondo un gusto dannunziano, a ospitare la continuazione della Pinacoteca e del Museo dell'Ambrosiana. Nel 1932 fu inaugurata la parte principale dell'opera, realizzata dagli architetti A. Annoni e A. Minali. Un'altra importante acquisizione fu, nel 1937, il Museo artistico Ludovicianum del S. Monte di Varese che L. Pogliaghi aveva lasciato in eredità alla S. Sede; in quel medesimo anno nel cortile dell'Ambrosiana, con l'inaugurazione del monumento a J.W. Goethe, ebbe inizio la creazione del "Convegno degli spiriti magni", che si arricchì presto di nuove statue dei massimi geni del pensiero e dell'arte. Accanto, sotto il loggiato a due ordini, venne disposta la Galleria epigrafico-archeologica. Finalmente, nel 1938, il piano di ampliamento si concluse con l'inaugurazione della sala di Leonardo. Anche il Museo Settala, che già il Ratti aveva riunito, venne ricomposto in una sala apposita, al piano terreno.

Come bibliotecario il G. dette impulso all'Ambrosiana ricostituendo, nel 1930, il Collegio dei dottori, secondo i criteri stabiliti nelle costituzioni federiciane, accogliendovi A. Saba e C. Castiglioni; inoltre, incrementò le raccolte provvedendo a creare nuove scaffalature per accogliere convenientemente i nuovi fondi librari.

A lui si deve la sistemazione della sala Conservatori e sala Araba, sala orientale Griffini e sala Ceriani. Promosse l'opera di catalogazione e istituì un gabinetto di restauro dei codici. Infine, mediante la pubblicazione di collane di valore, diffuse tra gli studiosi la conoscenza dei tesori manoscritti della Biblioteca. Nel 1926 dette inizio alla collana Fontes Ambrosiani, che in trentacinque anni raggiunse i ventisette volumi; in questa collana apparvero i volumi curati da A. Roncalli, con gli Atti della visita apostolica di s. Carlo Borromeo a Bergamo nel 1575. Nel 1928 ideò e diresse la Biblioteca dei santi, che faceva conoscere a un vasto pubblico le dottrine dei padri della Chiesa. Dal 1930 promosse le edizioni fototipiche di codici ambrosiani di raro pregio: il Virgilio di Petrarca, il Wulfila, epistolario paolino in gotico, il Codice irlandese dell'Ambrosiana (commento ai Salmi con glosse; C.301 inf.) e le edizioni critiche del palinsesto plautino e delle melodie trobadoriche del Codice provenzale (R.71 sup.). Nel 1940 dette inizio alla Collezione di fonti e di memorie di storia patria edite da A. Giuffrè in Milano. Nel corso della prefettura del G., la fama dell'Ambrosiana continuò ad attirare donazioni generose di fondi manoscritti e stampati e di collezioni artistiche: nel 1926 la libreria del nobile E. Casanova donata da donna Carlotta, nel 1927 le carte Bonomelli, nel 1929 la biblioteca del prof. C. Salvioni, nel 1932 il carteggio di C. Cantù, nel 1939 la raccolta Sinigaglia, dono di Leone e Alina Segre Sinigaglia, nel 1949 la libreria del conte G. Mellerio, in virtù del precedente legato del 1847.

Numerosi furono i campi di studio e di interesse del Galbiati. Fu epigrafista latino e italiano insigne, come attesta la sua Silloge epigrafica. Iscrizioni latine e italiane (I-IV, Milano 1960) che raccoglie epigrafi mirabili per ritmo, varietà di temi, ricchezza di sentimenti, importanza documentaria e storica. Come semitista e orientalista fece conoscere il Vergilius latine et graece apud Arabas iuxta antiquissimum codicem palimpsestum… (ibid. 1927) e la collezione di manoscritti etiopici (Cenno sui manoscritti etiopici della Bibl. Ambrosiana…, ibid. 1936); arricchì il fondo arabo, accogliendo nel 1926 la biblioteca araba di E. Griffini bey e procurandosi nel 1927 un gruppo di 42 manoscritti tripolini (donazione Noseda). Al valente C. Bernheimer volle fosse affidata la catalogazione del prezioso fondo di antichi codici ebraici, pubblicandone il catalogo in latino nel 1933 con una dotta prefazione. Si occupò anche di letteratura persiana, e a lui si deve la scoperta del vangelo apocrifo di s. Giovanni (Iohannis Evangelium apocryphum) in redazione araba di derivazione siriaca, di cui curò la pubblicazione con traduzione latina (ibid. 1957); incoraggiò agli studi arabi i giovani Enrico Galbiati e Sergio Noja, avvalendosi della loro assistenza nelle sue ricerche. Altri studi condusse con competenza in svariati campi scientifici, spaziando dalla paleografia alla storia, occupandosi dei manoscritti di Leonardo e compilando un importante Dizionario leonardesco (ibid. 1939). Attivo collaboratore in riviste straniere (Kölnische Volkszeitung, Sankt Wiborada), partecipò a numerosi convegni scientifici, recandosi a Basilea, Berlino, Coira, Friburgo in Brisgovia, Parigi e Zurigo. Nel 1926 prese parte al Congresso degli americanisti in Roma, e negli anni 1933, '35 e '38 ai Congressi internazionali orientalistici di Leida, Roma e Bruxelles. Di una vasta produzione letteraria danno testimonianza i quasi quattrocento titoli elencati nella Bibliografia del Galbiati, aggiornata al 1961.

L'esame del ricchissimo epistolario permette di avvicinarsi a un altro aspetto della personalità del G.: risalenti al solo periodo compreso tra il 1924 e il '42 sono conservate in Ambrosiana ventiduemila lettere a lui indirizzate, cui è stato aggiunto un Indice compilato da M. Cogliati. I molteplici interessi e contatti internazionali del G. si espressero anche nella sua partecipazione come membro attivo di numerose società scientifiche e letterarie e nei rapporti di amicizia che seppe coltivare con altri studiosi, primo fra tutti E.A. Lowe, con il quale collaborò nella preparazione dei Codices Latini antiquiores.

Né il G. trascurò mai l'insegnamento: alla facoltà di teologia tenne corsi di ebraico dal 1924 al '43, e presso l'Università cattolica corsi di lingua tedesca (1922). Conseguita nel 1924 la libera docenza in letteratura latina, in questa Università fu docente di paleografia greca e latina, quindi di letteratura latina (1925-26). Passò successivamente alla cattedra di lingua e letteratura araba, incarico che tenne dal 1926 al '43, insegnando anche, nel 1936, storia e istituzioni musulmane.

Ma su questo intenso lavoro in settori di studio e in campi tanto vari, venne ad abbattersi il disastro della guerra: messi al sicuro i manoscritti, anche il G. dovette rassegnarsi a rifugiarsi fuori Milano, nell'Amaltheon in Cannobio, sulle sponde del lago Maggiore. Là fu raggiunto dalla dolorosa notizia della rovina provocata all'Ambrosiana dai bombardamenti alleati di Milano, nella notte del 15 ag. 1943. Terminata la guerra dovette pertanto dispiegare ogni energia per procedere faticosamente a una seconda sofferta ricostruzione. Per attirare l'attenzione pubblica sulle urgenti necessità in cui versava l'istituzione venne organizzata a Lucerna nel 1946 una mostra dei tesori manoscritti e artistici dell'Ambrosiana, successivamente esposti anche a Zurigo (1948-49) e a Parigi (1950). Grazie al sostegno di molti benefattori, il G. poté raccogliere fondi che, rigorosamente amministrati, gli permisero di riorganizzare la galleria d'arte, pur se con dimensioni più modeste rispetto all'anteguerra. Per sua disposizione nel 1945 l'Ambrosiana accolse la sede dell'associazione Pro cultura, diretta da A. Stocchetti, divenendo così cattedra di maestri insigni che vi tenevano lezione ogni domenica.

Esperto di museografia il G. curò anche il volume descrittivo Itinerario per il visitatore della Biblioteca Ambrosiana… (Milano 1951) nel quale fornì un resoconto della sua trentennale gestione e delle riforme compiute. Anche la pubblicazione di preziosi codici ambrosiani in facsimile venne ripresa, principiando dall'Omero dipinto del V secolo.

Purtroppo le ferite dell'Ambrosiana erano anche di altra natura: croniche difficoltà finanziarie aggravate dalla svalutazione, incomprensioni interne fra membri del Collegio, avanzata età del G., furono causa di un'azione volta a ottenere le dimissioni del prefetto. Una lettera - alla stesura della quale non fu estraneo il card. G. Mercati - in data 11 giugno 1951 ne sollecitava le immediate dimissioni, anche facendo menzione dell'uscita dall'Ambrosiana di codici senza il previo consenso pontificio.

A seguito di questo "curioso documento romano" (Paredi) il G. si dimise, trascorrendo gli ultimi anni in operosa attività scientifica.

Il G. morì a Milano il 15 maggio 1966.

Fonti e Bibl.: Milano, Bibl. Ambrosiana, Catal. delle lettere dirette a mons. G. G. prefetto dell'Ambrosiana(ottobre 1924 - dicembre 1942), a cura di M. Cogliati (manoscritto); A. Stocchetti, Mons. G. G. e gli anni della prefettura, in Miscellanea G. G., I, Milano 1951 (Fontes Ambrosiani, XXV), pp. XXXI-L; Fronde sparte. Fragmenta dierum et vitae. Bibliografia di mons. G. G. cronologicamente disposta dal 1911 al 1961, Milano 1961; Per un raduno di fronde sparte. In onore di G. G., Milano 1963; E. Galbiati, Mons. G. G., in Annuario dell'Univ. cattolica del S. Cuore, 1966-67, pp. 494-496; A. Paredi, Storia dell'Ambrosiana, Milano 1981; F. Ruggeri, in Diz. della Chiesa ambrosiana, III, Milano 1989, pp. 1356 s.

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