CASTIGLIONI, Giovanni Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 22 (1979)

CASTIGLIONI, Giovanni Giacomo

Franca Petrucci

Nacque da Branda, della nobile e illustre famiglia milanese, e da Dorotea Cusani nel 1471 circa.

Abbracciò la carriera ecclesiastica ed era suddiacono e abate commendatario dell'abbazia di S. Abbondio di Como, quando il 13 marzo 1493, ancora giovanissimo, successe nell'arcivescovato di Bari ad Antonio Aiello, per interessamento di Lodovico il Moro, cui premeva avere in quel ducato un pastore di sua personale fiducia. Il C. non raggiunse immediatamente la sua sede, ma solo agli inizi del 1495; quando Carlo VIII si impadronì del Regno, fu inviato dal Moro a Napoli presso il sovrano francese. Egli doveva ottenerne la restituzione del ducato di Bari e del principato di Rossano, confiscati allo Sforza da Alfonso II verso la metà del 1494, e inoltre il conferimento del principato di Taranto, promesso al duca di Milano da Carlo VIII durante il suo passaggio in Lombardia. Conseguito soltanto il primo scopo della missione, il C., ricevuti i privilegi regali, partì da Napoli diretto verso la sua diocesi. Bari non era ancora in possesso dei Francesi e il castellano, Bernardino Poderico, resistette fino alla fine del mese di aprile. Lasciato il castello nelle mani delle truppe francesi, il C. insediò quale viceduca Gaspare Visconti e cercò anche di occuparsi di alcune questioni relative all'amministrazione ecclesiastica.

Dopo aver affidato la sua sede arcivescovile a un vicario, il C. tornò in Lombardia e nell'agosto del 1496 fu uno degli eminenti personaggi che il duca di Milano inviò ad accogliere il cardinale. Bernardino Carvajal quando questi, inviato come legato apostolico presso il re dei Romani Massimiliano sceso in Italia, giunse a Milano. Salito sul trono, dopo l'abbandono del Regno da parte di Carlo VIII e la morte di Ferrandino (7 ott. 1496), re Federico, il C. venne inviato di nuovo a Napoli, per ottenere dal nuovo sovrano aragonese la conferma del possesso del ducato di Bari da parte di Lodovico il Moro. La missione fu coronata da successo poiché il re concesse al Moro quanto desiderava con un privilegio del 6 dic. 1496. Tornato poi a Milano, il C. nell'anno successivo ricoprì la carica di cappellano maggiore del duca.

Travolto nel 1499 il ducato di Milano dall'invasione francese, poco prima della partenza dello Sforza dalla città (2settembre) il C., insieme con Gerolamo Landriano, con Francesco Bernardino da Vimercate e con Antonio Trivulzio, fu creato da un'assemblea popolare membro del governo provvisorio, al quale il duca volle aggiungere altri otto deputati. Quando Lodovico il Moro, dopo la breve dominazione francese, riprese possesso del ducato, il C. fu eletto, il 15 genn. 1500, membro del Consiglio segreto.

Non si sa dove si rifugiò dopo il ritorno dei Francesi a Milano, e non si ha traccia né di un suo soggiorno nella città lombarda, né in Bari. Forse si recò subito a Roma, dove lo troviamo nel febbraio del 1505, quando impartì la benedizione al tumulo durante i funerali di Elisabetta, regina di Spagna. Mentre nel 1506 egli era sicuramente a Roma, qualche studioso congettura che l'anno successivo si recasse a Bari, traendo questa convinzionedal fatto che in quell'anno egli, quale arcivescovo, concesse la chiesa di S. Pelagia, sita nella città pugliese, agli eremitani di S. Agostino. Quando nel 1512Massimiliano Sforza riprese il possesso del ducato, il C. fu delegato a rappresentarlo presso Giulio II. Egli si assunse in questa occasione un compito non facile, poiché il pontefice era ostile allo Sforza principalmente a causa della sua decisione di non restituire al ducato Parma e Piacenza. In quello stesso anno il C. partecipò all'apertura e alle prime sessioni del V concilio lateranense, che il papa aveva promosso per controbattere le argomentazioni elaborate nel II concilio di Pisa, organizzato con intenti contrari a Giulio II dal re di Francia.

Circa la metà di febbraio dell'anno successivo il C., caduto ammalato, fu affiancato da un altro oratore milanese,Marino Caracciolo, che doveva coadiuvarlo.

Già il 30 aprile Gerolamo Morone, con il quale egli era stato in corrispondenza, appena arrivato in missione a Roma presso il nuovo pontefice Leone X, conl'incarico di restituirgli le due città contese, scrisse a Milano definendo gravissimo lo stato del presule. Morì a Roma il 16 maggio 1513; fu seppellito nella chiesa di S. Maria del Popolo, sede della Congregazione agostiniana lombarda, dove nel 1548 un nipote, Giuseppe, figlio di Filippo Castiglioni, lo ricordò in una lapide.

Con ogni probabilità fu un suo omonimo il C. lettore di diritto civile e del Digesto all'università di Pavia nel 1486 e nel 1487,ascritto nel 1489al Collegio dei giurisperiti di Milano.

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