INGHIRAMI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 62 (2004)

INGHIRAMI, Giovanni

Giuseppe Monaco

Nacque a Volterra il 26 apr. 1779 da Niccolò, patrizio volterrano, e da Lidia Venuti, nobile cortonese. Rimasto orfano di padre a soli sette anni, entrò nel collegio delle Scuole pie di Volterra e, più tardi, in quello, sempre degli scolopi, a Firenze. Presso questo collegio seguì gli studi teologici e, con più fervore, gli studi scientifici. L'11 dic. 1795 entrò nella Congregazione degli scolopi. Rientrato a Volterra, scrisse il suo primo saggio, Principi idromeccanici (Firenze 1803), e due anni dopo, nel 1805, La statica degli edifici (ibid.). Questi primi lavori furono molto apprezzati dai padri calasanziani S. Canovai e G. Del Ricco, che erano stati suoi insegnanti, i quali chiesero il ritorno dell'I. a Firenze affinché potesse loro succedere nella cattedra di matematica e astronomia.

L'Osservatorio fondato da L. Ximenes consisteva allora in una piccola sala con vecchi strumenti. Del Ricco, che ne era il responsabile, nel 1807 inviò il giovane I. a Brera per studiarvi gli strumenti e compilare le Tavole astronomiche, poi aggiunte a un lavoro degli stessi padri Canovai e Del Ricco (Elementi di fisica matematica…, I-II, Firenze 1809-10). L'anno seguente l'I., giudicando molto approssimata la carta militare del Regno di Etruria eseguita dai geodeti francesi, colse l'occasione della presenza a Firenze del barone F.X. von Zach, noto studioso ungherese, fornito di ottimi strumenti, per iniziare una nuova triangolazione della città.

Nel novembre del 1811, deceduto padre Canovai, l'I. assunse la cattedra di matematica superiore e tre anni dopo ottenne dal magistrato municipale di Firenze i fondi necessari per l'acquisto di due circoli ripetitori di Reichenbach, con i quali poté proseguire il lavoro iniziato con Zach estendendo la triangolazione fino a Pistoia e Prato (Della longitudine e latitudine delle città di Pistoia e Prato, in Memorie di scienze matematiche e fisiche dell'Imp. Accademia pistoiese per l'anno 1816, Pistoia 1816; Della latitudine e longitudine geografica delle città di Volterra, San Miniato e Fiesole, Firenze 1817). In questi anni assunse anche l'insegnamento dell'astronomia, sostituendo Del Ricco, ormai anziano, e sottoponendosi a un lavoro infaticabile per proseguire i rilievi geodetici su tutto il Granducato. Le nuove triangolazioni fecero rilevare notevoli discrepanze con quelle francesi della Corsica e l'I. partì allora da una base più estesa, dal campanile di S. Pietro in Grado al palazzo Stagno, ed eseguì forse la sua più valida campagna (Di una base trigonometrica misurata in Toscana nell'autunno 1817, ibid. 1817). Poco dopo il granduca Ferdinando III di Lorena gli affidò la direzione dell'osservatorio astronomico del Museo di fisica e lo incluse tra i membri della deputazione incaricata di redigere un nuovo catasto.

Tale incarico offrì all'I. l'occasione di eseguire una triangolazione generale per una nuova carta topografica della Toscana. Era necessario collegare la triangolazione toscana con quelle italiane e francesi per una verifica della loro attendibilità. Proprio in quel periodo, C. Brioschi, noto astronomo di Brera, stava effettuando una serie di misurazioni dell'Italia settentrionale e l'I. ottenne il congiungimento della sua triangolazione con quella del Lombardo-Veneto e dello Stato della Chiesa. L'imponente lavoro dell'I. (Di una triangolazione trigonometrica rimarchevole per più riguardi eseguita nel Granducato di Toscana, ibid. 1820), cui si collegarono anche i geodeti francesi, risultò estremamente preciso, ma mise in evidenza una notevole discrepanza tra i rilievi astronomici e quelli geodetici: Zach fu indotto ad attribuire le cause di tali discrepanze ad "attrazioni speciali" del sottosuolo, mentre i francesi insinuarono che si trattasse di errori. Con lo scopo di giungere a un chiarimento, l'I. intraprese nel 1821 una nuova campagna nella Maremma toscana, da cui scaturì l'ipotesi di una differenza di livello tra il mare Tirreno e il mare Adriatico. In difesa di questa sua ipotesi l'I. pubblicò (1818-23) numerose lettere nel periodico di Zach Correspondance astronomique, in cui difendeva con vigore il suo lavoro, entrando spesso in conflitto con le idee di L. Puissant, che gli replicò (1824) sulla Connaissance des temps. Dopo una lunga serie di polemiche, l'I. produsse una carta 1/200.000 basata sullo sviluppo dello sferoide di Boune.

L'attività dell'I. era frenetica: nel 1820 pubblicò a Firenze le Effemeridi planetarie di Venere, Giove e Marte per uso della navigazione. Nel 1825 l'Accademia di Berlino proponeva di redigere un atlante celeste con stelle fino alla 10ª magnitudine (da 15° boreale a 15° australe): l'I., insieme con il confratello P. Tanzini, stilò la mappa del 18° definendo la posizione di 3750 stelle (cfr. Mappa uranografica rappresentante la posizione dell'ora XVIII compresa tra i paralleli XV boreale e XV australe, ibid. 1829). Al 1826 risale, invece, lo studio intitolato Metodo e tavole per costruire un efemeride di occultazioni delle fisse sotto la luna (ibid.).

L'I. fu membro di numerose accademie, fra cui quelle della Crusca, dei Quaranta e le accademie geografiche di Berlino e di Londra.

Nel 1827, eletto provinciale delle Scuole pie del Granducato, si prodigò per ampliare il Collegio e fondare una nuova Casa di istruzione per i giovani. Introdusse un corso regolare di insegnamento della geografia e pubblicò gli Elementi di geografia ad uso delle Scuole pie (I-II, ibid. 1827-28), con un atlante e un trattato esemplare della sfera armillare.

Gli Elementi di matematiche (ibid. 1833) furono il suo ultimo lavoro prima che la vista lo abbandonasse quasi del tutto. Ma il suo carattere tenace non gli fece trascurare l'insegnamento, che proseguì chiamando alla lettura e allo sviluppo dei calcoli i suoi allievi.

Nel 1839 i confratelli lo convinsero a sottoporsi a un intervento chirurgico alle cateratte che gli ridiede, almeno in parte, la vista; poco dopo prese la decisione di rinnovare il gabinetto astronomico delle Scuole e, in occasione della terza riunione degli scienziati italiani, poté mostrare un osservatorio astronomico e meteorologico del tutto rinnovato, con un nuovo strumento dei passaggi e una parallattica di Reichenbach, nuovi cronometri, barometri, termometri e soprattutto un grande equatoriale di nove piedi di focale di T. Gonnella.

L'I. non tralasciò comunque il suo mandato apostolico e si prodigò anche per ampliare e sistemare la cappella delle reliquie con le nuove donazioni. Dopo l'elezione a vicario generale degli scolopi nel 1844 fu costretto a stabilirsi a Roma, ma la lontananza dai suoi studi scientifici gli rese insopportabile la vita romana, tanto che dopo un anno chiese udienza al papa per rassegnargli le dimissioni. Il papa acconsentì che tornasse in Toscana ma volle che conservasse l'incarico fino al 1848, anno della scadenza. La decisione del pontefice non era priva di motivazioni: l'I., infatti, portò avanti egregiamente il suo mandato riuscendo tra l'altro a ottenere la riapertura delle Scuole pie in Russia e in Polonia.

Non era ancora scaduto il mandato papale, che nel 1846 il granduca Leopoldo II lo chiamò a far parte della commissione incaricata del riordinamento delle scuole pubbliche.

Anche se il suo entusiasmo non era scemato, al compimento del settantesimo anno decise di lasciare ogni incarico, ma non abbandonò del tutto la sua specola, da dove osservò l'eclissi di Sole del 28 luglio 1851.

L'I. si spense a Firenze due settimane dopo, il 15 ag. 1851.

Fonti e Bibl.: G. Antonelli, Sulla vita e sulle opere di G. I., Firenze 1854; T. Viñas, Index bio-bibliogr. cc.rr.pp. Matris Dei Scholarum piarum, III, Romae 1911, pp. 307-311; G. Giovannozzi, Biografia e bibliografia, in A. Mieli, Gli scienziati italiani dall'inizio del Medioevo ai nostri giorni. Repertorio bibliografico…, I, 2, Roma 1923, pp. 188-196; Un secolo di progresso scientifico italiano, 1839-1939, I, Roma 1939, p. 489; L. Rombai, P. G. I.: astronomo, geodeta e cartografo…, Firenze 1989.

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