MANZUOLI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)

MANZUOLI (Mazzuoli, Manzoli, Manzolini), Giovanni

Mario Armellini

Il M. nacque a Firenze, nella parrocchia di S. Lucia sul Prato, il 22 giugno 1712, figlio "di Gio. Lorenzo di Giuliano Mazzuoli e di Angiola Caterina di Giuliano Ristorini", se la registrazione tra i battezzati nel duomo di Firenze è, con distorsione del nome familiare, riferibile al Manzuoli.

L'anticipazione dell'anno di nascita al 1712 - rispetto all'"um 1725" di Gerber e al "vers 1720" di Fétis - non solo si rivelerebbe coerente con l'inizio della carriera di cantante, altrimenti straordinariamente precoce, ma concorderebbe anche con la testimonianza di Ch. Burney, che nel settembre 1770 lo diceva di 57 anni (1969, p. 128).

Nulla è noto della sua prima giovinezza, né della sua formazione. Il fatto che i primi spettacoli d'opera cui partecipò siano fiorentini lascia però supporre che sia la castrazione - che ne avrebbe fatto un soprano - sia gli studi di canto, abbiano avuto luogo nella città natale: risale infatti al 1731 la sua interpretazione di parti secondarie in due drammi comici per musica dati nel teatro di via del Cocomero. Nel carnevale del 1735 lo ritroviamo, sia pur da quarto uomo del cast, tra gli interpreti di due drammi per musica andati in scena a Verona, Il Tamerlano e L'Adelaide di A. Vivaldi, sotto la direzione impresariale del compositore stesso. Nel 1736 era a Napoli al teatro dei Fiorentini, ove si esibì per l'ultima volta in ruoli comici, e al S. Bartolomeo, interprete della Gloria nel prologo musicato da F. De Majo, aggiunto all'Alessandro nell'Indie di J.A. Hasse. In quella città, dove forse si perfezionò anche nello studio del canto e dove si sarebbe esibito assai spesso, il M. fissò la residenza abituale per il successivo decennio. Dal giorno dell'inaugurazione, il 4 nov. 1737, il M. divenne fino al carnevale 1748 uno fra i cantanti fissi del teatro di S. Carlo, risalendo via via la gerarchia delle parti, fino a imporsi quale primo uomo assoluto. In quel decennio ebbe occasione di cantare anche a Roma, in parti da prima donna (carnevali 1739, 1742 e 1743), e a Venezia (primavera 1741). Risale almeno al 1749 la nomina a virtuoso di musica della Cappella reale di Napoli, titolo che esibirà almeno fino al 1758.

Dopo il debutto nel carnevale 1749 al Regio Ducal teatro di Milano, il M. lasciò l'Italia alla volta della Spagna, chiamatovi da C. Broschi (Farinelli), in quegli anni di stanza a Madrid con l'incarico, tra gli altri, di sovrintendente agli spettacoli di corte per conto di Ferdinando VI. Tra il settembre 1749 e l'ottobre 1751 - ben oltre il congedo, prorogato fino al luglio 1751, concessogli dalla Cappella reale di Napoli - il M. prese parte da primo uomo a drammi per musica, feste teatrali e serenate, per lo più su testi di P. Metastasio, messi in scena nel teatro del Buen Retiro.

Lasciata Madrid, dal 1752 si esibì a Lisbona, nel teatro di quella corte, in quattro, forse cinque, drammi metastasiani musicati da D. Perez (Siroe, incerto; Didone abbandonata; L'Olimpiade; L'eroe cinese e Adriano in Siria), trattenendosi nella capitale lusitana almeno sino a tutto il carnevale 1754. Rientrato in Italia, fu a Lucca, nell'autunno dello stesso anno, per un Demofoonte, quindi, nel carnevale 1755, per l'Alessandro nell'Indie e l'Olimpiade dati a Parma con musiche, rispettivamente, di B. Galuppi ed E.R. Duni.

Il rientro in Italia fu tuttavia fugace: il 23 sett. 1755 il M. era di nuovo a Madrid per prendere parte - sembrerebbe a seguito d'un ingaggio quadriennale con il teatro di corte - a un ennesimo Demofoonte, questa volta di Galuppi, in scena per i consueti festeggiamenti del genetliaco di re Ferdinando. In terra di Spagna si trattenne comunque poco: preso da gelosia, si disse, per l'arrivo di un'altra stella del momento, il soprano castrato G. Conti (Gizziello), giunto a Madrid dalla Lisbona distrutta dal terremoto del 1° novembre, il M. rientrò in Italia, dove già a fine gennaio 1756 poté nuovamente esibirsi al S. Carlo di Napoli. Nell'aprile 1756 inaugurò anche la serie di scritture che con poche eccezioni (1757, 1760, 1763) ne avrebbero fatto sino al 1764 una presenza fissa nell'opera allestita a Reggio Emilia per la fiera primaverile (in genere dalla fine di aprile a giugno inoltrato).

Concluse le esperienze a Madrid e a Lisbona, il M. continuò a essere oggetto delle offerte delle maggiori corti europee. E dovevano esserci ottimi motivi se una missiva napoletana, inviata a Vienna il 13 luglio 1756, informava che "per verità non si è sentita più ad ora una voce più delicata, più chiara e più melodiosa di questa, né una maniera di cantare più facile, più naturale e che nello stesso tempo maggiormente diletti" (Maione, p. 295 n.). Tra il 1756 e il 1758 furono le corti di Napoli e di Vienna a contenderselo; all'inizio del 1758 scese in campo anche quella di San Pietroburgo, con un invito evidentemente declinato. Tali contese non impedirono tuttavia al M. di esibirsi, tra il 1757 e il 1760, in singole opere o stagioni anche a Firenze, Verona, Venezia, Padova e Milano.

Nell'estate 1760, terminate le recite napoletane de Il trionfo di Camilla - in quell'occasione fece parte della "congiura" dei cantanti volta a rinnovare l'apparato di arie composte dall'ormai vecchio N. Porpora - il M., ingaggiato per i festeggiamenti in occasione delle nozze dell'arciduca erede al trono Giuseppe con Isabella di Borbone Parma, partì alla volta di Vienna, facendo tappa, almeno fino al 23 agosto, a Firenze e quindi a Bologna dove avrebbe incontrato G.B. Martini.

Giunto a Vienna, a partire dall'8 ottobre fu protagonista assoluto di una serie di drammi e composizioni celebrative prodotti da tre fra i più affermati compositori del momento: Hasse, Chr.W. Gluck e T. Traetta.

Metastasio, testimone d'eccezione dei primi due spettacoli (il suo Alcide al bivio, e la serenata Tetide, musicati rispettivamente da Hasse e da Gluck), ne racconta così lo straordinario successo: "il nostro Manzoli è divenuto l'idolo del paese e per la voce e per l'azione, e per il suo docile e savio costume, col quale si distingue da' suoi pari non meno che per l'eccellenza nell'arte" (p. 167: lettera del 13 ott. 1760).

Esibitosi in Vienna fino a tutto il carnevale 1761, verso metà marzo il M. riprese la via dell'Italia, per fermarsi dapprima a Modena, quindi a Reggio per l'opera della fiera. Nella primavera 1763 fu a Bologna, per Il trionfo di Clelia, la splendida produzione con musiche di Gluck prevista per l'inaugurazione del nuovo teatro Pubblico, prima e ultima sua esibizione nella città emiliana. L'opera, che debuttò con qualche ritardo il 16 maggio, non incontrò tuttavia il successo sperato, nonostante il dispendio di mezzi e la presenza del M., che si fece ricordare per aver imposto all'orchestra un'accordatura più grave rispetto all'uso bolognese. Il successivo importante ingaggio venne dal teatro Regio di Torino per il carnevale 1764: tale fu la soddisfazione del pubblico da farlo definire "forse il miglior soprano che si ha ancora udito sul teatro: si potrebbe paragonar nella voce a ciò che era Somis nel violino" (Butler, 2001, p. 188).

Dopo la consueta primavera reggiana, il M. partì per Londra, ingaggiato per la stagione autunno-primavera 1764-65 dal King's theatre. Nella capitale inglese - ove, per stringere rapporti con la buona società degli amatori di musica, si appoggiò all'amico e collega G.F. Tenducci, lì residente dal 1758 - il M. fu attivo nella vita concertistica già dal 16 sett. 1764.

A teatro si esibì dal 24 novembre nell'Ezio e dal 1° genn. 1765 nella Berenice, entrambi pasticci con musiche di diversi autori, raccogliendo i più entusiastici consensi; quindi dal 26 gennaio nell'Adriano in Siria, espressamente composto da J.Chr. Bach. Burney, che ebbe modo d'ascoltarlo, ne ricorda la voce come "the most powerful and voluminous soprano that had been heard on our stage since the time of Farinelli; and his manner of singing was grand and full of taste and dignity", e tale da assicurare il successo a opere dall'esito altrimenti incerto (1935, pp. 868, 911).

A Londra nei primi mesi del 1765 il M. ebbe modo di conoscere Leopold Mozart e i suoi due enfants prodiges, Maria Anna e Wolfgang Amadeus, con i quali, molto probabilmente, partecipò il 13 marzo a un concerto di musiche varie tenutosi in casa Clive. A Wolfgang, in quei mesi, avrebbe inoltre dato lezioni di canto e insegnato a scrivere per la voce.

Oggetto di venerazione da parte del pubblico e strapagato - tanto da suscitare le invidie di L. Mozart -, il M. si sarebbe trattenuto in Inghilterra anche per la stagione successiva, se gli impegni già presi con il Regio di Torino per il carnevale 1766 non gli avessero imposto di rientrare in Italia. Come attesta la dedica di F. Giardini, che, coinvolto nell'impresa del King's theatre, nel giugno 1765 gli dedicò "nella partenza che siete per fare da Londra e dal mio fianco" i suoi Musicali divertimenti colà stampati quale pegno tra "persone che si amano dadovero", il M. lasciò la città tra giugno e luglio 1765, quasi di certo dopo l'ultima recita del pasticcio Il Solimano, avvenuta il 22 giugno.

Di nuovo in Italia - in ottobre era a Firenze -, tra l'autunno 1765 e quello del 1766 si esibì a Verona, Torino, Milano, Treviso e Venezia. Nel 1767 era ancora sull'Arno, ove prima del 5 dicembre ricevette la nomina a virtuoso di camera del granduca Pietro Leopoldo.

Dato l'addio alle scene, dopo aver cantato a Milano per il carnevale nel 1768, il M. si ritirò a Firenze, ove partecipò da interprete all'esecuzione di oratori, di opere in forma di concerto e di musiche sacre e da camera, dedicandosi inoltre all'insegnamento del canto. Il 3 apr. 1770 ricevette una seconda visita degli amici Mozart, padre e figlio (nelle loro lettere i due accennano anche a una sua possibile scrittura, poi sfumata, per l'opera commissionata a Wolfgang da Milano per il carnevale successivo).

Nonostante l'annunciato ritiro, il M. si esibì a teatro ancora in due occasioni: al teatro delle Dame di Roma, nell'Ezio di F.L. Gassmann (carnevale 1770), e al Regio Ducale di Milano, ove tra ottobre e novembre 1771 interpretò il Ruggiero, o vero L'eroica ingratitudine di Hasse e l'Ascanio in Alba di Mozart, allestiti per festeggiare il matrimonio dell'arciduca Ferdinando Carlo d'Asburgo con Maria Beatrice d'Este.

All'epoca di questa rentrée il registro vocale del M. s'era però abbassato e non era più quello sopranile d'un tempo: per la composizione delle opere da cantarsi a Milano fu il M. stesso a richiedere che la sua "parte non vada molto negli acuti, ma si tenga fra un mezzo soprano, o contralto sfogato" (Rice, p. 87). E anche Burney, che lo aveva udito cantare a Firenze il 9 sett. 1770, aveva ricevuto l'impressione che la voce fosse meno potente rispetto a quella udita a Londra pochi anni prima (1969, p. 114).

L'ultima sua attestata partecipazione attiva a un evento musicale data al 1782, quando fu Mosè nell'oratorio La liberazione d'Israele dalla schiavitù d'Egitto, mentre l'ultima in assoluto, da maestro di canto, avrebbe avuto luogo il 18 febbr. 1788, quando nell'Accademia degli Armonici si esibì una giovine cantante sotto la sua direzione.

Il M. morì molto probabilmente a Firenze dopo il 1790, anno in cui risulta ancora iscritto nel ruolo dei pagamenti del granduca di Toscana. Attestazione che sembra concordare con il Lexikon di Gerber (1790), ove pare se ne parli come di persona vivente.

Il M. fu, nei decenni centrali del Settecento, tra i più acclamati dal pubblico, in concorrenza con i più eccellenti soprani castrati del momento. Burney che lo paragonava nientemeno che a Farinelli, trovava in lui doti di "good actor", e nel suo canto una "native strength and sweetness" (1935, p. 868). Ciò che, in contrasto con Burney, sembrano invece rimproverargli alcuni contemporanei è un canto troppo tecnico e pertanto privo d'espressione. A Roma nel febbraio 1770 gli spettatori dell'Ezio, nonostante gli riconoscessero ancora "tutta la sua voce", "trovano che non canta al cuore, e che sa poco di musica, e che non ha stile" (P. Verri - A. Verri, p. 188: lettera del 14 febbr. 1770); mentre Sara (o, forse meglio, Ange) Goudar asseriva che "Manzoli chanta beaucoup, mais ce ne furent que des notes. Après trente ans de théâtre il n'a laissé que des sons sur la scène". La lenta ma inesorabile ascesa, tra il 1736 e il 1748, a ruoli vocali sempre più importanti, sembra tuttavia deporre in tal senso e attestare nel M. più la determinazione nel raggiungimento di una eccellenza vocale grazie a una sempre maggiore padronanza tecnica, che una innata e talentosa facilità.

Il suo stile dovette tuttavia essere assai personale, se Mozart, il 7 genn. 1770, scriveva da Verona che P. Potenza, colà impegnato nel ruolo eponimo del Ruggiero di P. Guglielmi, "canta un po' manzolish" (Mozart, Briefe, I, p. 301). Benché destinate a un'interpretazione di fine carriera, le quattro arie dell'Ascanio in Alba per lui composte proprio da Mozart - che, come altre destinate al cantante, sono lunghe, elaborate e ricche di ornamenti e fioriture volte a valorizzare il virtuosismo tecnico dell'esecutore - sono una chiara testimonianza di tale stile.

Vocalmente il M. possedeva un registro sopranile che negli anni dei trionfi madrileni e londinesi si estendeva per due ottave abbondanti (Si bemolle2 - Do5) e che successivamente si abbassò a quello contraltile (La2 -Re4). La quasi esclusiva interpretazione di drammi per musica metastasiani ne fece, come moltissimi suoi colleghi, uno specialista di alcuni ruoli di primo uomo, tra cui quelli di Timante (Demofoonte), Megacle (L'Olimpiade), Alceste (Demetrio), Ezio (Ezio), Scitalce (Semiramide riconosciuta) e Poro (Alessandro nell'Indie). Quanto alla persona, ne conosciamo le sembianze della tarda maturità grazie a un ritratto inciso eseguito a Firenze da G.B. Betti a Firenze intorno al 1770.

Tra i suoi allievi di maggior grido si ricordano Celeste Coltellini e i castrati A. Monanni, che per aver studiato con lui fu detto il Manzoletto o il Manzolino, e A. Martini (il Senesino), tutti soprani.

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