MARIOTTI, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARIOTTI, Giovanni

Carlotta Sorba

– Nacque a Parma il 1° maggio 1850 da Giuseppe, possidente, e da Amalia Scipioni; trascorse l’infanzia e l’adolescenza tra la casa di città e la villa di Montechiarugolo, sui terreni da cui la famiglia traeva la maggior parte delle proprie rendite.

Terminati gli studi classici, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, dove seguì con particolare assiduità le lezioni di F.S. Bianchi, futuro presidente del Consiglio di Stato e senatore, strinse amicizia con numerosi personaggi che avrebbero popolato la sua vita – come A. Nasalli Rocca, protagonista di una lunga carriera prefettizia, e G. Tommasini, futuro docente di scienze dell’amministrazione – e sviluppò un precoce interesse sia per gli studi storico-archeologici sia per la carriera politico-amministrativa. Poco interessato all’avvocatura, nel giovane M. l’apprendistato politico e quello scientifico procedettero affiancati, tra le fila di una borghesia locale di orientamento radical-progressista, spesso affiliata alla massoneria, sensibile alle sollecitazioni del progresso civile come di quello tecnologico. Così nel 1872, a 22 anni, il M. divenne sindaco del piccolo Comune di Montechiarugolo e nel 1876 entrò in Consiglio provinciale.

Nel frattempo sviluppava la passione per gli studi paleontologici sotto la guida di due figure di notevole spessore culturale come P. Strobel, paleontologo di fama, e L. Pigorini, futuro fondatore del Museo preistorico-etnografico di Roma. Proprio in occasione della chiamata a Roma di quest’ultimo, nel 1875, il M. fu incaricato di subentrargli nella direzione del Museo di antichità di Parma. Avrebbe mantenuto tale funzione per tutta la vita e non solo in modo onorifico, visto che procedette a rimodellare la fisionomia del museo facendone una raccolta di documentazione sul territorio parmense dalla preistoria all’Età moderna.

In quegli anni il M. pose le basi di un solido patrimonio di relazioni culturali e politiche a livello nazionale. Partecipò con propri interventi ai congressi storici italiani, alle sedute della Società italiana per il progresso delle scienze, alla fondazione del Club alpino italiano (CAI), in particolare occupandosi dell’organizzazione della sezione parmense. Alcuni importanti viaggi di istruzione lo condussero inoltre in Gran Bretagna, in Belgio, in Egitto, a Vienna nel 1873, a Parigi nel 1878, dove assistette all’inaugurazione del nuovo palais du Trocadero. In quegli anni assunse altresì la presidenza della locale Deputazione di storia patria di cui fu convinto animatore per tutta la vita.

Nel Consiglio provinciale, di cui sarebbe divenuto presidente dal 1889 al 1897, si occupò in particolare dei collegamenti ferroviari tra Parma e Brescia e tra Genova e Borgotaro. Acquisì nel corso di quell’esperienza un notevole riconoscimento politico, tanto da venire eletto deputato nel collegio di Parma in una tornata suppletiva del 1883. Rimase però alla Camera solo per tre anni, optando in seguito per la funzione di amministratore locale che dichiarava confacersi maggiormente al suo spirito pragmatico.

Come deputato affrontò alcuni problemi rilevanti per la politica culturale locale: in particolare il cosiddetto pareggiamento dell’Università di Parma alle Università di prim’ordine e la trasformazione dell’antica scuola di musica in regio conservatorio.

La scelta, decisa per un impegno prioritario sul fronte dell’amministrazione locale, avvenne in occasione delle prime elezioni amministrative a suffragio allargato che nel 1889 fecero seguito alle riforme crispine. Fu eletto infatti al ruolo di sindaco da una maggioranza radical-democratica che si era affermata con un programma di modernizzazione delle strutture urbane e di più audace politica di spesa. L’attività di sindaco fu per il M. un’esperienza decisiva, che mantenne, salvo brevi interruzioni, per un ventennio. Conferì al suo mandato una forte impronta personale, sia nelle strategie generali sia nelle scelte più minute.

Non fu un caso isolato: la nuova centralità, anche simbolica, che le riforme crispine attribuirono alla figura del primo cittadino favorirono infatti l’emergere di figure importanti di sindaci che sono rimaste nella storia non solo delle singole località e identificano un periodo di forte protagonismo municipale.

Localmente il M. inaugurò un decisa politica di intervento pubblico, i cui cavalli di battaglia furono il risanamento igienico della città, la dotazione delle principali infrastrutture tecniche a rete, la municipalizzazione dei principali servizi al cittadino e l’istruzione popolare. Tra Ottocento e Novecento Parma fu dunque coperta di cantieri di lavoro, che contribuirono a incrementare l’occupazione di manodopera locale.

Ciò che in modo particolare caratterizzò l’attività del M. come amministratore fu un lavoro costante e tenace di mediazione con il governo e con i singoli ministeri; fu un’opera di «contrattazione» affiancata a quella dei deputati locali nel perorare tenacemente le cause locali in termini di risorse, di provvedimenti legislativi ma anche nel tentativo di aprire margini di autonomia nelle strette maglie del sistema accentrato. Il M. faceva leva su uno sforzo costante di informazione e di aggiornamento circa le opportunità giuridiche offerte alle località e si appoggiava su quella rete di contatti con le burocrazie ministeriali che si era costruito negli anni, ben più che su un diretto appoggio governativo, che non gli venne né da F. Crispi (nella sua giunta sedevano esponenti del socialismo locale), né da G. Giolitti.

Tale impegno conobbe un importante salto di qualità a fine secolo, quando confluì in un’iniziativa di coordinamento nazionale delle rivendicazioni autonomistiche dei Municipi. I primi congressi dei sindaci, svoltisi nel corso degli anni Novanta, avevano individuato nelle «libertà» comunali dai vincoli finanziari e funzionali del centro il principale obiettivo. Fu solo in seguito all’iniziativa concorde della giunta di Parma guidata dal M. e di quella di Milano guidata da A. Mussi che si concretizzò il progetto dell’Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI). Il primo congresso si tenne a Parma nell’ottobre del 1901 e vide affermarsi la prospettiva conciliativa e gradualista del M., che ne era vicepresidente. Non dunque una «Lega» con propositi ostili o addirittura eversivi nei confronti del sistema amministrativo, spiegò il M. nel suo discorso, ma una «Associazione» che prendesse a modello l’Association of Municipal corporations inglese e il suo modo di vigilare e tutelare gli interessi dei Comuni.

Fu una scelta che non mancò di apparire a molti contraddittoria dato che l’omologo consesso inglese agiva all’interno di un quadro normativo del tutto diverso, improntato a una sostanziale autonomia delle corporations municipali.

Nel 1901, all’interno del cospicuo numero di nomine senatoriali fatte dal governo Zanardelli, anche il M., insieme con lo stesso Mussi, entrò in Senato.

La sede gli pareva particolarmente adatta a sostenere la battaglia in favore dei Comuni e dunque il suo primo impegno riguardò l’attuazione dell’articolo 272 della legge comunale e provinciale del 1889, ossia lo sgravio dei bilanci comunali da una serie di spese già riconosciute di competenza statale. Nel quadro del dibattito apertosi in proposito in Senato, il M. ebbe così l’occasione di precisare come dovessero intendersi le rivendicazioni espresse in proposito da lui stesso e dall’ANCI: «A torto – affermò – si parla di ribellione e di sovversivismo. Noi chiediamo il nostro buon diritto e lo chiediamo coi mezzi più strettamente legali […]; il nostro disegno di legge non vuole avere nessun aspetto d’iniziativa fiorentina, o milanese, o parmense, ma sarà la voce di Roma e di tutte le provincie e i comuni d’Italia, i quali credono che il solo modo di fare veramente grande la patria sia quello di far grandi le singole terre italiane» (Atti parlamentari, Senato del Regno, XXII legislatura, 1ª sess., 15 apr. 1905, p. 638). Fu su questa linea di coordinamento e di istituzionalizzazione della mediazione tra centro e periferia che il M. proseguì la sua attività di senatore, facendosi ingranaggio di trasmissione di una progettualità riformatrice che andava incentrandosi sempre più decisamente sulla politica sociale. Due temi che lo impegnarono più direttamente, a livello sia nazionale sia locale, furono lo sviluppo dell’insegnamento industriale e commerciale, su cui presentò un progetto di legge nel 1907, e la diffusione dell’edilizia popolare, a proposito della quale lavorò con L. Luzzatti al progetto di creazione degli Istituti autonomi delle case popolari, di cui fu relatore in Senato e che divenne legge nel 1903.

Nel 1915 il M. abbandonò infine il ruolo di sindaco per dedicarsi esclusivamente all’attività parlamentare all’interno di uno schieramento riformatore antigiolittiano. Nel 1917 fu tra gli aderenti al Fascio nazionale di difesa parlamentare, un gruppo minoritario e composito convinto della necessità di una riforma complessiva del sistema politico italiano, in cui emergeva la progettualità di L. Sturzo. Nel 1919 prese parte alla commissione di studio per la riforma del Senato presieduta da T. Tittoni. Partecipò, inoltre, ai lavori di alcune fra le principali commissioni di studio e di inchiesta del dopoguerra: la commissione presieduta da V.E. Orlando per il passaggio dallo stato di guerra a quello di pace, nonché la commissione di inchiesta sulle spese di guerra voluta da Giolitti nel luglio 1920.

Negli anni successivi avvenne il suo graduale ritiro dalla vita politica, ma ancora nel 1924, come riconoscimento del suo lungo impegno politico, ebbe la vicepresidenza del Senato. Negli ultimi anni della sua vita tornò a quegli impegni storico-culturali che avevano caratterizzato il debutto della sua attività pubblica, in modo particolare allo studio e alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale di Parma.

Il M. morì a Roma il 28 febbr. 1935.

Fonti e Bibl.: Il Fondo Micheli-Mariotti, conservato presso la Biblioteca Palatina di Parma, raccoglie l’archivio e la biblioteca del M. insieme con quelli del nipote, G. Micheli, noto uomo politico cattolico. Si tratta di una ricca documentazione, la cui inventariazione è quasi ultimata: del M. rimangono in particolare 117 cassette di documenti suddivisi secondo l’ambito di attività e 20 cassette di lettere inventariate per corrispondenti. Si vedano in proposito: A. Ciavarella, La raccolta Micheli-Mariotti alla Palatina di Parma, in Accademie e biblioteche d’Italia, XXXIII (1965), pp. 62-66 e I. Giuffrida, G. M. e i suoi corrispondenti (1866-1935), Parma 1984. Gli scritti del M. sono stati elencati da G. Sitti, Bibl. del senatore prof. G. M., in Aurea Parma, XIX (1935), pp. 53-57. Cospicua la produzione locale sul M., a partire da U. Benassi, G. M., Parma 1918; su aspetti specifici del suo operato nella vita culturale locale si vedano, per esempio, G. Micheli, Giuseppe Verdi, G. M. e il conservatorio musicale di Parma, Parma 1941, oppure G. Allegri Tassoni, G. M., in Centenario della Deputazione di storia patria per le province parmensi (1860-1960), Parma 1962, pp. 40-42; G. Capelli, G. M., un protagonista. Trasformazioni di Parma tra ’800 e ’900, Parma 2005. Per un inquadramento più ampio del personaggio nell’Italia di fine secolo si vedano: C. Sorba, Protagonisti dell’intervento pubblico: G. M., in Economia pubblica, 1997, n. 6, pp. 17-41; Id., L’eredità delle mura. Un caso di municipalismo democratico (Parma 1889-1914), Venezia 2001, pp. 119-138.

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