NICOTERA, Giovanni

Enciclopedia Italiana (1934)

NICOTERA, Giovanni

Mario Menghini

Patriota e uomo politico, nato a Sambiase (Catanzaro) il 9 settembre 1828. Fu discepolo di L. Settembrini nel collegio di Catanzaro, e assai per tempo s'immischiò nelle cospirazioni politiche, le quali in Calabria facevano capo ai Figli della Giovine Italia, società segreta fondata colà da Benedetto Musolino, zio materno del N. Durante la repressione borbonica in Calabria in seguito ai fatti del 15 maggio 1848, il N. fu costretto all'esilio a Malta, poi a Corfù. Tornata in Italia all'annunzio del trionfo del partito democratico, partecipò alla difesa di Roma, segnalandosi per ardimento nella giornata del 3 giugno 1849, durante la quale fu ferito. Rimase a Roma fino al 4 dicembre, quindi andò a Torino, occupato per più anni come copista nell'ufficio di P. S. Mancini. Strinse in quegli anni relazione col Mazzini, cooperando a combattere il murattismo, e nel 1857 partecipò con C. Pisacane e G. Falcone alla spedizione di Sapri, nella quale si condusse intrepidamente. Ferito in più parti del corpo, fu portato prigioniero a Salerno e condannato a morte con sentenza del 19 luglio 1858, poi graziato della vita e relegato in un'orrida prigione a Santa Caterina, presso Favignana. Colà rimase fino alla liberazione siciliana del maggio 1860, e, non appena rimessosi dei disagi sofferti, chiese di combattere a fianco di Garibaldi. Chiamato a Genova dal Mazzini, gli fu affidato il comando di quel corpo di volontarî adunati a Castel Pucci, presso Firenze, che avrebbe dovuto segretamente invadere gli Stati Pontifici; ma imbarcato coi suoi a Livorno, gli fu ingiunto di proseguire per Palermo (31 agosto 1860). Raggiunse subito dopo Garibaldi a Napoli. I dissensi partigiani dell'ottobre 1860 provocarono un duello tra lui e F. Petruccelli della Gattina. Nel giugno 1861 fu eletto deputato al parlamento per il collegio di Salerno. L'anno appresso seguì Garibaldi in Sicilia, ma non fu presente ad Aspromonte, poiché nel frattempo Garibaldi lo aveva incaricato di sollevare i patrioti di Cosenza e Catanzaro. Fu tra i più violenti nell'attaccare alla camera U. Rattazzi per i fatti di Aspromonte. Dimessosi nel 1863, fu rieletto l'anno dopo.

Prese parte alla guerra del 1866 tra i volontarî garibaldini e alla spedizione all'Agro romano (1867), ma giunto a Frosinone, avuta notizia che un corpo di spedizione francese si disponeva a combattere a fianco dell'esercito pontificio, ritenne prudente ritirarsi a Ceprano.

Quando (20 marzo 1876) cadde il governo della destra, il N. entrò nel gabinetto Depretis come ministro dell'Interno, e atti principali del suo ministero furono la riforma della legge elettorale e la rude repressione del brigantaggio in Sicilia. Per la sua politica autoritaria e spesso partigiana fu oggetto di fiere critiche e di violente polemiche. Dimessosi il 25 dicembre 1877, in seguito alla discussione sorta per un'interpellanza circa una violazione del segreto telegrafico, tornò al potere il 14 febbraio 1891, assumendo il portafoglio dell'Interno nel gabinetto Rudinì, e durò in carica sino al 4 maggio 1892. Prese parte a tutti gl'intrighi parlamentari che intristirono la politica italiana in quegli anni e, dimenticando troppo il suo passato, fu aspro avversario degli antichi amici repubblicani.

Morì a Vico Equense (Napoli) il 13 giugno 1894.

Bibl.: V. Giordano, La vita e i discorsi di G. Nicotera, Salerno 1878; M.A. Mauro, Biografia di G. Nicotera, Roma 1886; J.W. Mario, In memoria di G. Nicotera, Firenze 1894.