PRESTA, Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)

PRESTA, Giovanni

Mariangela Caffio

PRESTA, Giovanni. – Nacque a Gallipoli, nel Salento, il 24 giugno 1720, unico figlio maschio di Lazzaro Presta, proprietario terriero di estesi uliveti, e di Caterina Gargiulo.

Educato dal canonico penitenziere della chiesa cattedrale di Gallipoli Nicola Pirelli, fu avviato agli studi umanistici e retorici dal filologo e oratore Quintino Mastroleo di Alliste. Approfonditi per tre anni gli studi di fisica, geometria e scienze, all’età di sedici anni si iscrisse a Napoli alla facoltà di medicina, dove ebbe come docenti Nicola Lanzani, titolare della cattedra di medicina, e Mario Lama, lettore primario di astronomia e algebra. Negli ambienti colti di Napoli ottenne i favori di mons. Giuseppe Galiani, in quel periodo cappellano maggiore, e di Marcello Papiniano Cusani (maestro tra gli altri di Giuseppe Palmieri e di Antonio Genovesi), che lo prese sotto la sua protezione su raccomandazione del vescovo di Gallipoli Oronzo Filomarini. Allo stesso modo fu accolto nei salotti di Anna Pinelli, principessa di Belmonte, e di Costanza Santomango, duchessa di Minervino. Laureatosi nel 1741, nel 1743 fu affiliato all’Accademia Rossanese. Avrebbe avuto buone opportunità di carriera a Napoli, ma il padre lo richiamò a Gallipoli, dove intraprese la professione medica. Nominato medico cittadino nel 1742, medico chirurgo dei poveri nel 1757, medico della Deputazione nel 1760, presentò presto una supplica per essere esonerato dagli incarichi pubblici.

Respirò e partecipò dei fermenti riformistici del secondo Settecento, facendo proprio l’ideale genovesiano di proprietario terriero chiamato a sperimentare nelle sue terre pratiche di miglioramento colturale e innovazioni tecniche da disseminare poi attraverso istruzioni ben codificate. La fama provinciale di medico fu, perciò, presto superata da quella di economista e agronomo, interessato alle colture del tabacco e dell’ulivo, nei circuiti colti della provincia, sia ecclesiastici – dove ricevette amicizia e stima dal nuovo arcivescovo, Antonio Maria Pescatori, titolare di Efeso e insediatosi a Gallipoli nel 1741, dal suo successore, Serafino Brancane, che, fratello del ministro segretario di Stato, presentava Presta agli ospiti illustri della sua residenza, dal vescovo di Gallipoli Agostino Gervasio, cultore di scienze e di lettere, da Aurelio Petruccelli, vescovo di Nardò, dai due vescovi Orlandi (Giuseppe, vescovo di Giovinazzo e di Terlizzi, e Celestino, vescovo di Molfetta), dall’abate Leone Luca Rolli, da Guglielmo Camaldari arcivescovo di Rossano, da Andrea De Lucia, vescovo di Calvi e vicario a Gallipoli, da padre Appiano Bonafede, generale dei Celestini – sia laici, divenendo amico del giureconsulto Tommaso Briganti, del figlio Filippo Maria, del marchese Giuseppe Palmieri di Martignano, con i quali condivise l’interesse per i problemi sociali, economici e politici della provincia. Fu, non a caso, affiliato all’Accademia degli Speculatori di Lecce, rifondata da Palmieri nel 1775 sul modello delle società agrarie, già sorte in altre università del Regno.

Presta migliorò la qualità del tabacco nei suoi possedimenti, che divennero presto modello per tutta la provincia e per le principali piazze italiane ed estere, in Provenza come a Londra. Al miglioramento della coltura degli ulivi dedicò inoltre anni di studio e di sperimentazioni, a partire dal 1772 circa, subito dopo la morte del padre che, «amantissimo degli ulivi» tanto che «solea chiamarli secondi suoi figli» (Degli ulivi, 1871, p. 96), gliene aveva trasmesso la passione.

La lettura delle Istruzioni sulla nuova manifattura dell’olio introdotta nella Calabria dal sig. marchese Domenico Grimaldi (Napoli 1773), in cui notò, accanto a spunti interessanti, asserzioni non riscontrabili nella realtà salentina, stimolò in lui il bisogno di «rivedere il tutto da capo, con la scorta dell’esperienza, quanto era stato dagli antichi e dai moderni scritto sopra gli ulivi, sopra le ulive e sulla maniera di cavar l’olio» (p. III), soprattutto in riferimento alla questione più dibattuta sulla resa e sulla qualità dell’olio in rapporto alle diverse qualità di olive e al loro grado di maturazione.

Così, dedicando sempre più ore agli studi e alla pratica agronomica, tra il 1781 e il 1783 sistemò al piano terreno della sua casa tre trappeti alla genovese, per migliorare le tecniche d’estrazione dell’olio, divenuti subito meta di persone appassionate di olivicoltura. Come scrisse in una lettera del 10 aprile 1783 al preposto Marco Lastri dell’Accademia dei Georgofili di Firenze, con cui intrattenne una pluriennale corrispondenza epistolare, non avrebbe potuto «dipendere alla cieca dai libri», ma avrebbe dovuto «rivilicar tutto nel Gran Libro della Natura» e dare credito alla sola «osservazione e alla iterata e reiterata esperienza» (D’Astore, 2001, p. 102). Lastri gli offrì la propria collaborazione inviandogli un modello in legno della macina solcata alla fiorentina, tre ‘ulivini’ da trapiantare e informazioni sulle tecniche fiorentine per la spremitura.

Non fu il solo: nelle sue sperimentazioni, che spesso lo portarono a viaggiare tra gli uliveti della provincia, Presta fu sostenuto da molti amici che gli fornirono notizie sulle varietà di ulivo del Salento e gli spedirono mazzette da innesto (tra questi, il cavaliere Ignazio Marrese, amministratore generale delle dogane di Lecce, don Francesco Maresco di Palagiano, l’avvocato Tommaso Luperto, il barone di Scorrano, il duca di Martina Franca). Ricevette, inoltre, rametti da innesto lucani da Giuseppe Zattara marchese di Novi, campani, da Pietro Battiloro marchese di Rocchetta e da Domenico Diodati di Ercolano e, ancora, di ulivi di oltre settecento anni da Gianvito Savio, nipote del vescovo di Venafro, di ulivo ‘maschio’ da Filippo D’Aprile vescovo di Teano, dal medico Giuseppe Maria Bellisario, da Luigi d’Uva, agente del marchese di Serracapriola, da Emanuele Pepe, avvocato di Mola. Fu grazie a questa fitta rete di interscambi che Presta riuscì a descrivere nel suo ultimo trattato cinquanta qualità diverse di ulivi.

In genere ebbe l’abitudine di spedire saggi di oli diversi per qualità o per maturità delle olive a Roma, Firenze, Milano, riportando dappertutto consensi. L’imperatrice di Russia, Caterina II, cui nel 1788 ne sottomise alcuni, li apprezzò a tal punto da donargli, per il tramite del ministro di Pietroburgo della corte napoletana, il duca di Serracapriola, un medaglione d’oro con l’effigie della sovrana e, sul rovescio, l’immagine dello zar Pietro il Grande, e 500 fiorini di Olanda. Nel 1789 spedì 65 saggi di olio anche al re Ferdinando IV di Napoli, insieme con una memoria, per il tramite di Palmieri, meritando un secondo medaglione e una rendita vitalizia di 25 ducati mensili.

In quegli stessi anni scrisse la memoria Se sia o no l’ulivo soggetto al kermes e qual rimedio adoprar si possa, s’egli ha la rogna, dedicata a Francesco Acquaviva di Aragona dei conti di Conversano, «amico e protettore delle arti utili», pubblicata postuma nel 1805 da Giambattista Gagliardi nella sua Biblioteca di campagna. In essa Presta rispose a una questione sollevata da Giuseppe Maria Giovene, abate di Molfetta e vicario generale della diocesi di Lecce e di Otranto, sulla presenza di casi di kermes tra gli ulivi del Salento, avendoli egli riscontrati nella provincia barese. Per Presta l’ulivo era soggetto a malattie diverse in base al luogo di coltura: così nel Salento alla brusca, non riscontrabile altrove, in Spagna al vischio e nella provincia barese al kermes.

La sua fama di agronomo oltrepassò i confini italiani, giungendo in Inghilterra, per il tramite del cavaliere Edward George Clarke e del cavaliere Henry Swinburne – che, durante il suo viaggio nelle province napoletane, ebbe modo di incontrarlo a Gallipoli e di apprezzarne gli esperimenti, efficaci sia nell’incremento della quantità sia nel livello della qualità del prodotto finale –, in Grecia, tramite i cavalieri Antonio e Giovanni Barbante di Zante, e in Svizzera, tramite il conte Carlo Ulisse De Salis Marschlins che, nel suo viaggio nel 1789 nelle province del Regno, visitò Gallipoli solo per conoscerlo.

L’amico Palmieri scrisse che l’opera di Presta «fatta di osservazione e di esperienze […], i veri mezzi con cui si sono acquistate tutte le scienze rendeva la Nazione […] obbligata verso di lui» (1788, p. 91). A sua volta Presta dedicò a Palmieri, «vero amico degli uomini», due varietà di ulivo, Angelica Palmieri e Palmierina, per ringraziarlo di essere stato per lui «lume nel disastroso arduo assunto […] intrapreso», ovvero nel percorso di studi empirici pluriennali che ebbe come naturale conclusione il trattato Degli olivi, delle olive e della maniera di cavar l’olio, iniziato nel 1789, terminato nel 1792, ma pubblicato postumo nel 1794 presso la Stamperia Reale di Napoli, soddisfacendo una richiesta espressa dall’autore in una lettera spedita con il manoscritto al re. Prima della pubblicazione, nel 1793, aggiunse in appendice al trattato 23 paragrafi, per meglio esporre le sue asserzioni contestate dal padre Bartolomeo Gandolfi, professore di fisica sperimentale nell’Archiginnasio romano della Sapienza, nel Saggio teorico-pratico sopra gli ulivi l’olio i saponi (1793).

Nelle tre parti in cui articolò il trattato – una prima, sulla storia naturale dell’ulivo, sulle sue varietà, sui modi di coltivarlo e sulle sue malattie; una seconda, sui suoi frutti; una terza sulle tecniche di estrazione dell’olio – non si limitò ad analizzare le problematiche socioeconomiche e agronomiche della provincia, ma ne ricostruì le cause storiche e avanzò soluzioni fattibili per migliorare la qualità dell’olio, perfezionando la coltura degli ulivi, intensificando il lavoro dei contadini e modificando la struttura della proprietà terriera con recinzioni e abolizione dei diritti di pascolo.

L’opera, subito recensita nel Giornale dei letterati d’Italia, venne apprezzata non solo dai conterranei Palmieri, Filippo Briganti, Natale Cimaglia, Giuseppe Maria Giovene, Michele Torcia, che lo definì «il Columella dei tempi nostri», ma anche dagli ambienti accademici italiani, favorendone l’affiliazione, tra le altre associazioni, all’Accademia nazionale dei Georgofili di Firenze e alla Società patriottica di Milano.

Morì per una febbre violenta il 18 agosto 1797, poco dopo avere incontrato, il 19 aprile, il re Ferdinando IV in visita a Gallipoli. Fu sepolto nella cattedrale di Gallipoli nella cappella dei confratelli della Venerabile reale Congregazione delle anime.

L’agronomo tarantino Giambattista Gagliardi, direttore generale della Coltivazione de’ terreni e boschi dell’Intendenza generale dei siti reali, lo annoverò nella sua Biblioteca di Campagna (1807) tra gli scienziati di agronomia tardosettecenteschi più significativi. Nel 1844 nella casa dell’orto agrario della Società economica di Terra d’Otranto gli si dedicò un ritratto e nel discorso inaugurale il socio Francesco Saverio Lala (1845) definì le sue opere «ricche d’immensa erudizione, di profonde vedute, di minute ricerche, di osservazioni interessantissime: opere che ogni proprietario dovrebbe aver per le mani, e consultar sempre, essendo esse tanto più per noi preziose, in quanto che riguardano non stranieri, ma il nostro clima, territorio e prodotti» (p. 11).

Opere. Memoria su i saggi diversi di olio, e su della ragia di ulivo della penisola salentina messi come in offerta a Sua Maestà imperiale Caterina II la Pallade delle Russie da G. P., Napoli 1786; Memoria intorno a i sessantadue saggi diversi di olio presentati alla Maestà di Ferdinando IV […] ed esame critico dell’antico frantoio trovato in Stabia, Napoli 1788; Degli ulivi, delle olive, e della maniera di cavar l’olio, o si riguardi di primo scopo la massima possibile perfezione o si riguardi la massima possibile quantità del medesimo. Trattato di G. P. consacrato alla Maestà di Ferdinando IV re delle Due Sicilie (Napoli 1794), Lecce 1871; Se sia o no l’ulivo soggetto al kermes e qual rimedio adoprar si possa, s’egli ha la rogna, in Biblioteca di campagna, ossia Raccolta di memorie, osservazioni ed esperienze agrarie, IV, Napoli 1805, pp. 33-42.

Fonti e Bibl.: G. Palmieri, Riflessioni sulla pubblica felicità relativamente al Regno di Napoli, Napoli 1788, p. 91; H. Swinburne, Travels in the Two Siciles in the years 1777, 1778, 1779 and 1780, the second edition, II, London 1790, pp. 273- 277; B. Gandolfi, Saggio teorico-pratico sopra gli ulivi, l’olio e i saponi, Roma 1793; L. Franza, Serie di fatti relativi alla vita di d. G. P. […] , in segno di grata e sincera amicizia, Lecce 1797.

G.B. Gagliardi, Dell’ulivo, sua utilità, suoi pregi, e sua storia naturale, in Biblioteca di campagna, ossia Raccolta di memorie, osservazioni ed esperienze agrarie, XIII, Napoli 1807, pp. 163-182; G.M. Giovene, Descrizione e storia della cocciniglia dell’ulivo, Modena 1808; L. Franza, G. P., in Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli […] compilata da diversi letterati nazionali, V, Napoli 1818, pp. 104-105; G.M. Olivier-Poli, Continuazione al Nuovo Dizionario Istorico degli uomini che si sono renduti piu’ celebri per talenti, virtu’, scelleratezze, errori, ec., la quale abbraccia il periodo degli ultimi 40 anni dell’era volgare, VII, Napoli 1825, pp. 151 s.; A. Lombardi, Storia della letteratura italiana nel secolo XVIII, I, Modena 1827, libro II, pp. 339 s.; B. Ravenna, Memorie istoriche della città di Gallipoli, Napoli 1836, pp. 555-562; F.S. Lala, Per l’inaugurazione del ritratto di G. P. di Gallipoli nella sala della casa dell’orto agrario della Società Economica della provincia di Terra d’Otranto, estratto da Giornale di economia rurale, V (1845), pp. 1-12; G. Carano Donvito, Economisti di Puglia, Firenze 1956, pp. 266-274; G. Donno, G. P.: medico ed olivicoltore del Settecento, in Annali della facoltà di agraria dell’Università di Bari, XXIII (1969), pp. 113-142; F. Venturi, Illuministi italiani, V, Riformatori napoletani, Napoli-Milano 1971, pp. 1092, 1094-1108; G. Donno, Su uno scritto poco noto di G. P. olivicoltore illustre del Settecento, in Annali della facoltà di agraria dell’Università di Bari, XXVIII (1976), pp. 589-599; G. Rizzo, Settecento inedito fra Salento e Napoli, Ravenna 1978, pp. 30 s., 69; A. Vallone, Illuministi e riformatori salentini. Tommaso e Filippo Briganti e altri minori, I, Lecce 1983, pp. 471-507; G. Presta, Opere, a cura di H.A. Cavallera, I-II, Lecce 1988-1989; F. D’Astore, G. P. e M. Lastri: «Della maniera di cavar l’olio», in Dall’oblio alla storia: Manoscritti di salentini tra Sette e Ottocento, Lecce 2001, pp. 43-51, 102-109; A. Montaudo, L’olio nel Regno di Napoli nel XVIII secolo: commercio, annona e arrendamenti, Napoli 2005, pp. 26-28; F. Natali, Gallipoli nel Regno di Napoli. Dai Normanni all’unità d’Italia, I, Lecce 2007, pp. 388-390, 416.

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