Villani, Giovanni

Enciclopedia Dantesca (1970)

Villani, Giovanni

Giovanni Aquilecchia

È il maggiore cronista fiorentino del Trecento, la cui amicizia con D. è stata sostenuta, non senza obiezioni, sulla base di un accenno del nipote Filippo nel capitolo XXII della prefazione al suo Comento del canto I dell'Inferno (" Audivi, patruo meo Iohanne Villani hystorico referente, qui Danti fuit amicus et sotius, poetam aliquando dixisse... "), e la cui Cronica - che include la più antica biografia nota di D. (IX 136) - presenta delle affinità non solo tematiche ma anche espressive con la Commedia, tali da indurre a supporre un rapporto di dipendenza tra le due opere: ciò che risulta in parte almeno problematico, con riferimento ai primi libri della Cronica, in mancanza di un'edizione critica dell'opera, come pure nell'incertezza relativa all'epoca precisa in cui il cronista intraprese a compilarla.

Nato a Firenze nel 1280 circa, di famiglia popolana (il padre, Villano di Stoldo, fu dei priori nel 1300), agl'inizi del Trecento fece il tirocinio di mercante presso la banca Peruzzi, dopo una breve esperienza a Bruges come fattore, per uscirne formalmente nel 1308 (dopo la qual data continuò tuttavia a prestare la sua collaborazione alla compagnia fino al 1312). Contrariamente a quanto spesso ripetuto, egli non fondò la compagnia dei Buonaccorsi, " sia perché nel 1311, supposta data di nascita della società, egli partecipava ancora alla compagnia dei Peruzzi, sia perché quella dei Buonaccorsi era una società attiva almeno fin dal 1307 " (Luzzati). Solo a cominciare dal 1322 Giovanni V. risulta infatti direttamente cointeressato alla compagnia dei Buonaccorsi, con tutto che la sua famiglia vi fosse già da tempo inserita.

Alla politica comunale partecipò attivamente soprattutto nel decennio 1320-30 (ciò che gli avrebbe permesso di accedere a fonti statistiche e documenti ufficiali utili alla compilazione della Cronica) con varie cariche: ufficiale della moneta nel 1316; priore dal 15 dicembre 1316 al 15 febbraio 1317, e di nuovo dal 15 dicembre 1321 al 15 febbraio 1322; eletto nel settembre 1322 degli Otto per la conservazione dei privilegi commerciali fiorentini a Pisa; ufficiale delle Mura nel 1324 (Cron. IX 256); dei Dodici sull'ordinamento delle entrate durante la guerra con Castruccio nel 1325-26; membro della commissione per l'estimo nominata nell'ottobre 1327; nello stesso anno incaricato del calcolo delle spese sostenute per Carlo di Calabria (X 49); sovrintendente alla moneta d'oro e d'argento nel 1327-28; priore dal 15 agosto al 15 ottobre 1328 (X 86); nel 1329-30 fu tra i magistrati del comune che presero provvedimenti straordinari per fronteggiare la carestia di grano (X 121) e nell'estate dello stesso anno membro della commissione cittadina che trattò privatamente l'acquisto di Lucca (X 143); nell'ottobre fu ambasciatore a Bologna presso il legato Bertrando del Poggetto (X 148); visitatore delle fortificazioni fiorentine presso Montecatini nell'aprile 1330 (X 154); delegato quindi a trattare la resa di Lucca (X 172); tra il 1330 e il 1331 incaricato dall'Arte di Calimala di sovrintendere alla costruzione delle porte del battistero (X 177). Il declino della sua carriera politica ebbe inizio nel 1331, all'uscita dalla carica di camerlingo del comune per la nuova cinta di mura: poté allora dimostrare la propria innocenza a seguito di un'accusa di malversazione, ma il suo prestigio ne dové risentire. Infatti tra il 1332 (quando fu accolta la sua proposta di nominare Firenzuola il nuovo borgo fortificato dai Fiorentini: X 202) e il 1341 (quando fu inviato suo malgrado come ostaggio a Ferrara a seguito degli accordi con Mastino della Scala: XI 130) ebbe parte solo in affari di scarso rilievo. Nell'agosto del 1340, per una contesa amministrativa con il fratello Filippo in relazione a un accordo familiare del 1322, la decisione della Mercanzia gli fu avversa. Coinvolto nel fallimento dei Buonaccorsi, per i quali aveva condotto le trattative fallimentari, il 4 febbraio 1346 fu incarcerato alle Stinche, dove rimase recluso per alcun tempo. Morì, vittima della pestilenza, nel 1348.

Il testo della redazione ‛ vulgata ' della Cronica - stabilitosi con l'edizione fiorentina del 1823 e basato essenzialmente, almeno per i primi 10 libri, sul così detto testo Davanzati (Riccardiano 1532) che si dichiara trascrizione ordinata da Matteo, figlio di Giovanni, nel 1377 - è diviso in 12 libri, di cui i primi sei conducono la narrazione dalle origini bibliche fino alla venuta di Carlo d'Angiò in Italia: i rimanenti sei libri protraggono la narrazione dall'anno 1265 al 1348.

La questione delle fonti dei primi libri può dirsi in parte almeno risolta. Essa interessa, indirettamente e parzialmente, anche per l'indicazione esemplificativa del materiale storico di cui poté servirsi Dante. Stando alle risultanze degli studi più recenti (L. Green), il V. utilizzò anzitutto una versione in volgare della Chronica de origine civitatis (Cron. I 2 - II 3); il rimanente del libro II, il libro III e i primi capitoli del libro IV sono basati sulla cronaca di Martino di Troppau, a eccezione di quanto concerne l'antica storia fiorentina, per la quale, oltre la Chronica de origine civitatis, la questione delle fonti villaniane s'intreccia con quella dell'autenticità della Storia fiorentina di Ricordano Malispini e con quella del rapporto tra la Cronica villaniana e la Commedia. In particolare si può tuttavia ritenere che i capitoli 6-7 del libro IV derivino da una definita tradizione fiorentina concernente la conquista di Fiesole e l'assorbimento della popolazione fiesolana da parte di Firenze. I capitoli 8 e 10-14, contenenti la descrizione della città e l'elencazione delle famiglie in essa residenti, sembra possano dipendere da una fonte smarrita o da tradizione orale.

I riferimenti alla storia fiorentina delle origini contenuti nella Commedia (es. If XV 61-62) non sono sufficientemente precisi ed elaborati da poter costituire la fonte villaniana (ciò non esclude peraltro che la redazione ‛ vulgata ' della Cronica possa denunciare fin dai primi libri una conoscenza diretta del testo dantesco da parte del compilatore). Piuttosto che voler far dipendere la narrazione del cronista a questo punto dalle sparse e parziali allusioni dantesche, sembra legittimo assumere che tanto la Cronica quanto la Commedia riflettano tradizioni correnti in Firenze al principio del sec. XIV riguardo all'antica storia cittadina.

Per il periodo 1080-1278 (Cron. IV 23-VII 55) il V. dové attingere principalmente ai Gesta Florentinorum (opera smarrita nella redazione originale ma ricostruita su fonti varie da B. Shmeidler, in Mon. Germ. Hist., Script., n.s., VIII 243-277), già dichiaratamente utilizzati da Tolomeo da Lucca. Parte del materiale sembra tuttavia derivargli dagli anteriori Gesta Florentinorum del Sanzanome, come mostrano aderenze verbali riscontrabili fin dal libro I della Cronica (es. cap. 38, sulla fondazione di Firenze), con tutto che, come notato dal Green, i Gesta seriori abbiano assorbito le notizie base fornite dal Sanzanome. Per lo stesso periodo il V. attinse ad altre cronache, tra le quali è possibile indicare con certezza la storia dei papi e degl'imperatori di Martino di Troppau, la cronaca dello pseudo Brunetto Latini (o una fonte di questa), ad esempio per quanto concerne l'inizio in Firenze della rivalità tra guelfi e ghibellini nel 1215 (Cron. V 38), e per varie altre notizie, non tutte precisabili data la lacuna per gli anni 1248-1285 nel manoscritto superstite dello pseudo Brunetto; Li Livres dou Trésor di Brunetto Latini, da cui non solo trasse notizie ma riecheggiò pure l'interpretazione morale dell'epoca anteriore, in particolare per quanto concerne le figure di Federico II e di Manfredi; il Liber Peregrinationis di Ricoldo di Monte Croce per il racconto dell'origine dei Tartari (Cron. V 29).

Tra le fonti villaniane per gli anni 1278 e seguenti si può indicare almeno la continuazione dei Gesta Florentinorum nella redazione pubblicata dallo Hartwig, oltre alla cronaca dello pseudo Brunetto o una sua fonte. Per la narrazione dei Vespri siciliani ambiguo risulta il rapporto con la Leggenda di Messer Gianni di Procida (Rer. Ital. Script. XXXIV 1, 63-78). I Gesta pubblicati dallo Hartwig (di su un manoscritto mutilo, per cui la narrazione risulta interrotta al 1309) e la Cronichetta pubblicata dal Santini (la cui narrazione è condotta fino al 1321) antedatano la Cronica villaniana o dipendono da fonti che la antedatano per il periodo che va fino alla prima decade del secolo XIV.

Per gli anni 1300-1313, in particolare per gli eventi fiorentini degli anni 1300-1305 (Cron. VIII 39-43, 49-50, 59-60, 68-72, 74), come pure per gli avvenimenti fiamminghi degli anni 1302-1304 (VIII 55-58, 76-79), per i rapporti tra i pontefici e Filippo il Bello (VIII 62-64, 66, 80-81, 91-92) e per la discesa di Enrico VII in Italia (VIII 101-102; IX 1, 7, 9, 11, 14-15, 20-29, 31-53) la narrazione trascende di tal misura i fatti essenziali forniti dalle cronache superstiti, da indurre a ritenere che il V. debba aver utilizzato memorie personali e documenti formali a lui accessibili.

Per gli anni 1314-1319 è non più che congetturabile l'utilizzazione di cronache annalistiche, quali la smarrita continuazione dei Gesta nella redazione pubblicata dallo Hartwig: mancano infatti opere storiche che permettano d'indicare una definita dipendenza da parte del Villani.

Circa dal 1322 in poi - epoca che ovviamente trascende ormai del tutto la sfera storica e biografica dantesca - la narrazione del cronista dové dipendere soprattutto da proprie osservazioni e da testimonianze, anche epistolari, contemporanee.

Sotto l'anno 1321 s'inserisce nella Cronica la più antica biografia dantesca (IX 136: " Chi fu il poeta Dante Alighieri di Firenze "), di per sé notevole sebbene non priva d'inesattezze (la data della morte vi è indicata " del mese di luglio " anziché di settembre; il luogo del seppellimento è specificato " in Ravenna dinanzi alla porta della chiesa maggiore ", cioè della cattedrale, anziché nel cimitero della chiesa dei frati minori: equivoco che può spiegarsi per il fatto che quest'ultima era precedentemente nominata San Pier Maggiore; le peregrinazioni dell'esilio sono estese " allo studio a Bologna, e poi a Parigi, e in più parti del mondo "; l'interruzione del Convivio è attribuita alla " sopravvenuta morte ", e similmente l'interruzione del De vulg. Eloq.: va tuttavia osservato che l'intero brano concernente questi due trattati manca nel codice Davanzati su cui poggia l'edizione vulgata e va considerato come interpolazione tarda). Nel complesso notevole vi risulta il riconoscimento della levatura dell'uomo, del dotto e del poeta, non senza una sfumatura di antagonismo politico che riesce però a mantenersi nei limiti di una condiscendente formulazione (" Bene si dilettò in quella Commedia di garrire e sclamare a guisa di poeta, forse in parte più che non si convenia: ma forse il suo esilio gliele fece fare ").

Esauriente la sintetica rassegna delle opere, ivi incluse " in tra l'altre... tre nobili pistole ", di cui " l'una mandò al reggimento di Firenze dogliendosi del suo esilio senza colpa ": notizia che va accostata all'altra, fornita da Leonardo Bruni, circa le epistole indirizzate ai governanti e al popolo di Firenze (tra cui quella, perduta, che comincia Popule mi, quid feci tibi?).

Il tono della biografia villaniana di D., per quanto rispettosamente obiettivo, non lascerebbe intuire la portata delle analogie non pure tematiche ma altresì espressive tra la Commedia e la Cronica. La questione del rapporto tra le due opere si pone, com'è ovvio, solo rispetto alla prima porzione della Cronica: a rigore tale questione neppure può dirsi problematica se considerata sulla base della redazione vulgata. Su tale base le conclusioni del Neri, pur fondate su una serie limitata di passi corrispondenti, sono certamente valide: esse rivelano un rapporto di dipendenza della Cronica dalla Commedia. Alcune riserve vanno tuttavia avanzate, non già perché sia possibile capovolgere quel rapporto che, sulla base suddetta, è davvero irreversibile, quanto per lamentare ancora la mancanza di un'edizione critica della Cronica, la quale sola - come pure mostrano alcune formulazioni sospette delle stesse concordanze invocate dal Neri - potrebbe fornirci la guida a una migliore comprensione filologica della stratificazione compilatoria dell'opera e conseguente possibilità di stabilire il rapporto originario tra Cronica e Commedia. La tesi di una fonte comune, già sostenuta dal Cipolla e dal Rossi sulla base e nel dichiarato ambito di limitati luoghi critici, non sembra davvero estensibile all'intero arco delle analogie pur con riferimento ai soli primi libri della Cronica.

Le risultanze della critica più recente (L. Green) permettono di prospettare una cronologia relativamente tarda della redazione vulgata. A non tener conto della possibilità che alcuni luoghi critici rappresentino in realtà delle interpolazioni seriori, questa dové essere fissata nella quarta o quinta decade del secolo: ogni discussione di rapporto tra Cronica e Commedia in termini problematici risulterebbe perciò, su tale base, perfino oziosa. Ciò che non esime dal tener conto della dichiarazione dello stesso V., secondo cui l'idea di scrivere una storia compiuta della propria città gli sarebbe occorsa nel 1300, in occasione della sua visita giubilare a Roma. Tale dichiarazione si trova, cronologicamente, al giusto posto nel corso della narrazione (VIII 36 " Come papa Bonifazio ottavo diè perdono a tutti i cristiani ch'andassono a Roma, l'anno del giubileo 1300 "), e rivela spunti di chiara ispirazione dantesca. A parte il motivo dell'anno giubilare come incipit ispiratorio dell'opera (motivo ripetuto nel titolo vulgato), va notato che le stesse formulazioni etiche implicano una preoccupazione per il futuro di Firenze non dissimile da quella espressa da D. nella Commedia. Quel che importa rilevare è che la formulazione stessa risulta esemplata su un preciso passo dantesco (" Ma considerando che la nostra città di Firenze, figliuola e fattura di Roma, era nel suo montare e a seguire grandi cose, siccome Roma nel suo calare, mi parve convenevole di recare in questo volume e nuova cronica tutti i fatti e cominciamenti della città di Firenze "; cfr. Pd XV 109-111 Non era vinto ancora Montemalo / dal vostro Uccellatoio, che, com'è vinto / nel montar sù, così sarà nel calo).

Nulla vieterebbe comunque di ritenere valida l'affermazione villaniana quanto al termine originario della concezione, se non proprio della compilazione, della Cronica. La cronologia dell'elaborazione potrebbe ben essere quella in tre stadi suggerita dal Green: 1) poco dopo il 1300, inizio del lavoro preparatorio per la composizione dell'opera; 2) nel 1322 circa, inizio della registrazione più o meno sistematica degli eventi compresi tra il 1280 e il 1339 (stile fiorentino); 3) tra il 1333 e il 1341, stesura dell'opera nella redazione vulgata, continuata poi fino all'anno di morte del cronista. Stando a tale indicazione del progresso cronologico dell'opera - indicazione consistente sia con la dichiarazione del cronista (VIII 36) che con l'evidenza interna della redazione vulgata - risulterebbe che il V. avesse iniziato a porre mente e mano all'opera in epoca che potremmo definire predantesca, ove si badi alle documentate date cronologiche e topiche della graduale divulgazione della Commedia. Che a tale fase preparatoria dell'opera sia poi seguita una fase di composizione a-dantesca (contemporanea o immediatamente posteriore alla documentata divulgazione delle prime due cantiche fuori di Firenze), lo si può inferire da un confronto tra il citato capitolo giubilare della Cronica - capitolo in cui l'impostazione dantesca è fin troppo evidente - e il capitolo proemiale (I 1), il quale pur nella redazione vulgata sembra riflettere l'originaria ispirazione a-dantesca dell'opera: in particolare va notata l'assenza di qualsiasi preoccupazione per il futuro del comune; nessun biasimo per gli eccessi comunali. Per contro va notato l'orgoglio cittadinesco dell'uomo di parte, il quale " considerando la nobiltà e grandezza della nostra città a' nostri presenti tempi ", si è indotto a " raccontare e fare memoria dell'origine e cominciamento di così famosa città, e delle mutazioni avverse e felici, e fatti passati di quella... per dare esemplo a quelli che saranno delle mutazioni e delle cose passate, e le cagioni, e perché; acciocch'eglino si esercitino adoperando le virtudi e schifando i vizi, e l'avversitadi sostengano con forte animo a bene e stato della nostra republica ". Tanto che, a paragone, il capitolo giubilare si direbbe rappresentare una sorta di secondo proemio alla Cronica, inteso a rilevarne ormai la scoperta suggestione dantesca. La quale a sua volta si sviluppa parallelamente a una tipica preoccupazione etica mercantilesca - che si esprime mediante le rituali formule della morale e della superstizione cristiana - il cui significato ideologico non sembra possa venire intaccato dalle pur sconcertanti rivelazioni circa i procedimenti affaristici dell'uomo quali risultano dai recenti studi del Luzzati.

La ricorrenza di espressioni, motivi e temi danteschi è rilevabile, s'intende, pur nella sezione dell'opera precedente al capitolo giubilare (sempre nella redazione vulgata per le stampe). Non sarebbe possibile fornire qui un elenco esauriente di tali occorrenze pur nei limiti dell'arco cronologico che giunge al 1321 (in mancanza di rigorosi strumenti comparativi, ricorso va ancora fatto ai marginalia delle Selections from the first nine books of the Croniche Fiorentine of G.V. a c. di Selfe e Wicksteed, sebbene non esaurienti e in parte oziosi, ove la coincidenza non risulti caratteristica). A non dire del comune clima culturale e linguistico che sottese alla composizione sia della Cronica che della Commedia e cui pure si richiamò il Neri nel suo studio comparativo. Occorrerebbe comunque sapere di più, dopo l'ormai centennale lavoro preparatorio per l'edizione critica, circa la stratificazione cronologica e testuale nella composizione della Cronica.

V. anche MALISPINI, Ricordano; Sanzanome.

Bibl. - La prima edizione a stampa della Cronica del V. fu pubblicata nel sec. XVI: i libri I-X da Iacopo Fasolo (Venezia, Bartolomeo Zanetti, 1537), i libri XI-XII, come sembra probabile, da Ludovico Domenichi (Firenze, Lorenzo Torrentino, 1554). La seconda edizione, a c. di Remigio Nannini, fu stampata a Venezia da Niccolò Bevilacqua per Filippo e Iacopo Giunti nel 1559. Una seconda giuntina fu edita da Baccio Valori (Firenze 1587). L'edizione muratoriana (Rer. Ital. Script. XIII, Milano 1728) dipende dalla giuntina del 1559, ma tiene anche conto di un codice lasciato da G.B. Recanati alla Marciana, nonché di un codice Ambrosiano. Il testo Muratori fu riprodotto nell'edizione pubblicata a Milano da Giusti Ferrario e Co. nel 1802-1803. Seguì la pubblicazione della Cronica di G. V. a miglior lezione ridotta coll'aiuto de' testi a penna, Firenze, Magheri, 1823, in 8 volumi, che va considerata come edizione ‛ vulgata ' dell'opera: secondo F. Sambrini, Le opere volgari a stampa, ecc., Bologna 1884², col. 1048, il curatore della vulgata fu Gioacchino Antonelli e non, come generalmente ritenuto, I. Moutier. Per questa edizione, fondata sul Riccardiano 1532 (che contiene i libri I-X e si dichiara trascritto per conto di Matteo, figlio di G. V., nel 1377), furono consultati e utilizzati anche i Riccardiani 1534 e 1533 (che contiene l'intera opera), il Magliabechiano i 114 per i libri I-X, integrato dal Magliabechiano Class. XXV 122 per i libri XI-XII, il Marucelliano 368, e un manoscritto del secolo XIV (prestato all'editore dal canonico Moreni), comprendente i libri I-VI e parte dei libri VII-X. Mentre l'edizione a c. di A. Mauri (Milano, N. Bettoni e Co., 1834) riproduce ancora il testo Muratori tramite l'edizione milanese del 1802-1803, tanto l'edizione fiorentina del 1844 (Sansone Coen) quanto la milanese del 1848 (Borroni e Scotti) riproducono il testo della fiorentina del 1823: quest'ultimo è anche riprodotto, tramite l'edizione 1844, da A. Racheli (Trieste, Lloyd Austriaco, 1857) e generalmente dai curatori di edizioni parziali della Cronica.

Manca un'edizione critica della Cronica. La preparazione ne fu affidata nel secolo scorso dalla Regia Deputazione di Storia Patria a Vittorio Lami, alla cui morte (1892) più di cinquanta manoscritti risultarono collazionati: cfr. V. Lami, Di un compendio inedito della Cronica di G. V. nelle sue relazioni con la Storia Fiorentina Malispiniana, in " Arch. Stor. Ital. " s. 5, V (1890) 5 (dell'estratto); C. Schiaparelli, Dichiarazione di alcuni capitoli della Cronaca di G. V. relativi alla storia di Banî Hafs (Hafsiti) in Tunisi, in " Rendic. R. Accad. Lincei " s. 5, I (1892); il rapporto di P. Villari, in " Bull. Ist. Stor. Ital. Medio Evo " XIII (1839) pp. XVI ss.; Cenno necrologico, ibid., p. XXV; F. Neri, D. e il primo V., in " Giorn. d. " XX (1912) 1-31 (partic. p. 5). Nel 1895 il lavoro venne intrapreso da D. Marzi, il quale poté collazionare 112 manoscritti (cfr. F. Neri, cit.), ma neppur egli poté completare il lavoro. Al Marzi seguì il Luiso (cfr. F.P. Luiso, Le edizioni della Cronaca di G. V., in " Bull. Ist. Stor. Ital. Medio Evo " XLIX [1933] 279-315; R. Palmarocchi, Cronisti del Trecento, Milano 1935, 837-838). Alla morte del Luiso, il lavoro rimaneva interrotto (cfr. A. Mancini, in " Giorn. stor. " CXXXII [1955] 651-652). Da ultimo l'Istituto Storico affidò il lavoro ad Arrigo Castellani. Sulla questione dell'edizione critica cfr. anche V. Imbriani, Sulla rubrica dantesca nel V., in Studi Danteschi, Firenze 1891, 1-175; R. Morghen, in " Bull. Ist. Stor. Ital. Medio Evo " XL (1921) 111 (dove erroneamente è detto che il Riccardiano 1532 fu trascritto da un nipote di G.V.); L. Magnani, La Cronaca figurata di G. V.: Ricerche sulla miniatura fiorentina del Trecento, Città del Vaticano 1936, 10 (sul Chigiano L VIII 296).

Per la biografia, a parte quel che si può apprendere dalla Cronica, cfr.: F. Gherardi Dragomanni, Cenni biografici di G. V., in Cronaca di G.V., I, Firenze 1844, IX-XX, 556-558; G. Milanesi, Documenti riguardanti G.V. e il palazzo degli Alessi in Siena, in " Arch. Stor. Ital. " n.s., IV (1856) 3-12; P. Fanfani, Instrumento dell'accordo e compagnia fatta fra G. V. e Filippo, Francesco e Matteo suoi fratelli il primo di maggio 1322, in " Il Borghini " III (1865) 520-525; N.F. Farsaglia, Alcune notizie intorno a G. e Filippo V. il vecchio, ed a Persio di ser Brunetto Latini, in " Arch. Stor. Prov. Napoletane " XI (1886) 554-561; I. Sanesi, Di un incarico dato dalla Repubblica Fiorentina a G. V., in " Arch. Stor. Ital. " s. 5, XII (1893) 366-369; G. Arias, Nuovi documenti su G.V., in " Giorn. stor. " XXXIV (1899) 383-387; A. Della Torre, L'amicizia di D. e G.V., con documenti inediti su case di D. e su G.V., Firenze 1904 (rist. dal " Giorn. d. " XII [1904] 133-144); F.P. Luiso, Mercatanti lucchesi dell'epoca di D., Lucca 1936; ID., Indagini biografiche su G.V., in " Bull. dell'Ist. Stor. Ital. Medio Evo " LI (1936) 1-64; P. Guidi, Inventari di libri nelle serie dell'Archivio Vaticano (1287-1479) Città del Vaticano 1948, 29; M. Luzzati, Ricerche sulle attività mercantili e sul fallimento di G.V., in " Bull.dell'Ist. Stor. Ital. Medio Evo " LXXXI (1969) 173-235; ID., G.V. e la compagnia dei Buonaccorsi, Roma 1971.

Un'ampia monografia villaniana è fornita da E. Mehl, Die Weltanschaung des G. V., Lipsia 1927 (vedi anche la recensione di F. Chabod, in " Nuova Rivista Storica " XIII [1929] 336-339, e di N. Carotti, in " Riv. Stor. Ital. " XLVIII [1930-31] 102-110). Una trattazione generale della Cronica in G. Lisio, La Storiografia, Milano 1904-1910, 435-462. Una valutazione letteraria dell'opera in N. Sapegno, Il Trecento, Milano 1948, 577-580.

Per la questione delle fonti: O. Hartwig, Quellen und Forschungen zur Ältesten Geschichte der Stadt Florenz, I, Marburg 1875; II, Halle 1880; P. Santini, Quesiti e ricerche di storiografia fiorentina, Firenze 1903 (I. Leggende e cronichette che hanno relazione coi ‛ Gesta Florentinorum ', col volgarizzamento di Martino da Troppau e con la ‛ Cronaca ' del V., pp. 7-78); E. Sicardi, Due Cronache del Vespro in volgare siciliano del secolo XIII, in Rer. Ital. Script.², Città di Castello 1917, CXVI-CXLVII; N. Rubinstein, The Beginnings of Political Thought in Florence, in " Journal of the Warburg and Courtauld Institutes " V (1942) 198-227; A. Del Monte, La storiografia fiorentina dei secoli XII e XIII, in " Bull. Ist. Stor. Ital. Medio Evo " LXII (1950) 175-282; J.K. Hyde, Medieval descriptions of cities, in " Bull. of the John Rylands Library " XLVIII (1966) 308-340; ID., Italian social Chronicles in the Middle Ages, ibid., XLIX (1966) 107-132; L. Green, Chronicle into History: an essay on the interpretation of history in Fiorentine fourtheenth-century chronicles (Appendix I: The sources of G. V.'s ‛ Chronicle '), Cambridge 1972, 155-164.

Per il rapporto fra la Cronica e la Commedia, in particolare: C. Cipolla-V. Rossi, Intorno a due capi della Cronica malispiniana, in " Giorn. stor. " VIII (1886) 231-241; C. Cipolla, Studi danteschi, Verona 1921, 314-315; F. Neri, D. e il primo V., in " Giorn. d. " XX (1912) 1-31; R. Morghen, D., il V. e Ricordano Malispini, in " Bull. Ist. Stor. Ital. Medio Evo " XLI (1921) 171-194; E. Mehl, G.V. und die D.C., in " Deutsches Dante- Jahrbuch " X (1928) 173-184; G. Aquilecchia, D. and the Fiorentine Chroniclers, in " Bull. of the John Rylands Library " XLVIII (1965) 30-55; C.T. Davis, D., V. e Ricordano Malispini, in D. and the Idea of Rome, Oxford 1957, 244-262; ID., Il buon tempo antico, in Florentine Studies: Politics and Society in Renaissance Florence, a c. di N. Rubinstein, Londra 1968, 45-69.

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