GIOVENONE, Giuseppe, il Giovane

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 56 (2001)

GIOVENONE, Giuseppe, il Giovane

Simone Baiocco

Figlio del maestro Gerolamo e di Apollonia Bagnaterra, nacque a Vercelli dove fu battezzato il 21 apr. 1524 (Gaudenzio…, p. 186). La sua prima formazione artistica è tuttora di difficile definizione, ma certo dovette svolgersi nell'ambiente della fiorente bottega paterna. È invalso l'uso di definirlo "il Giovane" per evitare la confusione con l'omonimo zio paterno, una confusione che peraltro a lungo ha comportato scambi nell'attribuzione anche di alcune opere firmate.

Per un artista vercellese della sua generazione il riferimento formativo d'obbligo era quello della fase tarda di Gaudenzio Ferrari, riletto magari attraverso l'esperienza del più anziano cognato Bernardino Lanino (il quale sposò la sorella del G., Dorotea); di Gaudenzio si tornavano a studiare anche gli affreschi di S. Cristoforo a Vercelli, ciclo dal quale lo stesso G. trasse spunti che riutilizzò nel tempo.

Alcuni documenti indicano come la precoce fama del pittore avesse trovato apprezzamento da parte della corte sabauda, che lo chiamò a collaborare in varie occasioni: il 19 ott. 1553 risulta un versamento della Tesoreria ducale per la sua partecipazione agli apparati funebri per il defunto duca Carlo II; nel 1558 l'artista ricevette un pagamento per essersi recato a Biella "per servitio di Sua Altezza". Il 25 ag. 1559 il G. ebbe invece, da parte di Emanuele Filiberto, l'incarico di dipingere le armi ducali in tutto il territorio dello Stato sabaudo, insieme con Eusebio Oldoni e Bernardino Lanino (ibid., pp. 186-188). Quest'ultimo atto, se da un lato evidenzia la considerazione del duca per la scuola pittorica vercellese, dall'altro costituisce la sola documentazione diretta di un rapporto di collaborazione tra il G. e il cognato Bernardino Lanino; in realtà molte opere lasciano comunque intendere come il confronto fosse proceduto a lungo soprattutto nel comune studio dei dipinti e dei disegni di Gaudenzio Ferrari.

Ben presto giunsero anche le commissioni legate alla sede vescovile di Vercelli: nell'aprile 1564 vi è una attestazione che riguarda la decorazione del tabernacolo in legno dell'altare maggiore del duomo; mentre molto più tardi, nel 1581, egli ottenne dal vescovo monsignor Giovanni Francesco Bonomi l'incarico per una serie di affreschi sul portale e sulle mura del palazzo vescovile con Storie di s. Eusebio, in occasione della traslazione delle reliquie del santo (ibid., pp. 189 s.).

Alla seconda metà degli anni Cinquanta vanno probabilmente riferiti sia la pala con la Resurrezione di Cristo della Galleria Sabauda di Torino, sia il trittico, di soggetto analogo, della parrocchiale di Moncrivello che mostra indubitabili tracce della professionalità della bottega giovenoniana nella realizzazione architettonica e legnaria del complesso. Per la chiesa di Moncrivello il G. lavorò in più occasioni: vi lasciò anche la Maddalena portata in cielo dagli angeli (la cui aderenza al modello gaudenziano di S. Cristoforo è totale, pur se intenerita dall'accostamento alla mutata temperie religiosa), la pala della Natività con il donatore Cesare de' Majo, posta sulla parete del presbiterio dietro l'altare maggiore (circa 1565-70) e la Deposizione di Cristo con santi e donatore firmata e datata 1570.

Tra i numerosi documenti raccolti da padre V. Bruzza (Colombo) e poi da A. Baudi di Vesme (atti che spesso si riferiscono a semplici comparizioni come testimone oppure a vicende patrimoniali della famiglia: Gaudenzio…, pp. 186-191), ve ne sono alcuni che invece possono aiutare a comprendere il ruolo del G. all'interno della numerosa impresa familiare. Si può segnalare, per esempio, quello del 22 giugno 1560, con cui il maestro di legname Giovanni Pietro Giovenone di Vercelli promise al G., suo nipote, di realizzare un'ancona delle stesse dimensioni di quella fatta da Stefano, fratello di quest'ultimo, per l'altare di S. Cecilia in S. Marco a Vercelli (ibid., p. 188).

Ai primi anni Sessanta va collocata la tavola con la Madonna col Bambino, santi e donatore già in S. Maria del Tabbi a Bianzé (ripr. in Gaudenzio…, p. 183); e a poco dopo la Deposizione in S. Abbondio a Buronzo, che, sviluppando un tema rielaborato anche da Bernardino Lanino, tradisce ancora una volta il richiamo a un modello gaudenziano: la Deposizione nella Galleria Sabauda a Torino.

Nello stesso periodo, il G. lavorò frequentemente per confraternite di laici del Vercellese: il trittico della parrocchiale di Balocco, raffigurante la Madonna in trono fra s. Michele Arcangelo e s. Margherita, per esempio, fu commissionato dalla locale Confraternita del Rosario; per quest'opera il pittore scelse di recuperare ancora materiali gaudenziani, studiati attraverso i disegni preparatori (Torino, Accademia Albertina, inv. 334 e 353). Nel caso della Madonna col Bambino della tavola centrale, in particolare, è necessario ricordare che il richiamo alla pala di Gaudenzio destinata alla chiesa di S. Maria di Piazza a Casale, ora nella Galleria Sabauda di Torino, venne sfruttato dal G. ancora molto più tardi, nella pala di Casalvolone. Negli stessi anni la ricerca di modelli ormai datati, ma aulici, il cui composto afflato devozionale corrispondeva al nuovo clima religioso, non solo vercellese, portò il G. a misurarsi anche con la cifra di Cesare da Sesto, come si riscontra nella Madonna col Bambino e due sante già nella collezione Arborio di Gattinara (ora di ubicazione ignota: Romano, 1964, p. 78 n. 6). Di poco successiva, verso il 1570, è invece la pala firmata del Museo Borgogna di Vercelli con la Madonna col Bambino tra i ss. Antonio Abate e Francesco, gli arcangeli Raffaele e Michele, due donatori e l'Eterno benedicente, il cui cartone preparatorio è conservato all'Albertina di Torino (Gaudenzio…, pp. 216-218).

Nel 1570 il G. appose firma e data sulla già citata Deposizione di Cristo con santi e donatori della parrocchiale di Moncrivello. Stilisticamente affine a essa è la pala di analogo soggetto eseguita per la chiesa di Mongrando San Lorenzo; qui però la composizione, accuratamente studiata dall'artista in un cartone presso l'Albertina di Torino (ibid., pp. 224-226), mostra la volontà di proporre una nuova iconografia, staccandosi da quella proposta da Gaudenzio e tante volte replicata (un modello che soggiace ancora all'opera datata). Tra il 1575 e il 1580 circa si possono scalare la Deposizione donata dalla famiglia Olgiati al Museo Borgogna di Vercelli che riprende il già citato modello gaudenziano, il Commiato di Cristo dalla Madre della parrocchiale di Caresanablot, l'Andata al Calvario nel palazzo dell'arcivescovado di Vercelli e il cartone per un'Assunzione (Torino, Accademia Albertina, inv. 320), quest'ultimo sfruttato per una serie di repliche di bottega: a Robbio Lomellina, in S. Lorenzo a Vercelli, nella parrocchiale di Salussola. Gli slittamenti qualitativi individuati dalla critica nelle opere finite, a confronto con i cartoni, lungo l'intero suo percorso, sono probabilmente da addebitare alla collaborazione di bottega, nella quale con molta probabilità lavorarono i fratelli: sia Amedeo, che risulta sempre accanto al G., sia il più giovane Giovanni Paolo. È forse possibile riconoscere tale collaborazione nel già citato caso di Robbio Lomellina, ma anche, per esempio, nella pala con la Madonna col Bambino e santi della parrocchiale di Castelnovetto Lomellina, nella quale la bottega del G. mise in opera un cartone da ritenere autografo (Torino, Accademia Albertina, inv. 355) e da datare ormai agli anni Novanta.

L'opera che agevola la ricostruzione della fase ultima del pittore, portando iscritta la data del 1589, è la citata pala con la Madonna col Bambino, santi e confratelli nella parrocchiale di Casalvolone, attribuita già da Bruzza al G. (Schede Vesme, p. 1363; Gaudenzio…, p. 190). La corrispondenza stilistica con l'opera datata permette di ricondurre a questi stessi anni la Madonna col Bambino e santi realizzata per la chiesa di S. Francesco a Vercelli (con un intenso ritratto del committente) e la più debole opera ora al Museo Leone di Vercelli, proveniente dall'Opera pia S. Silvestro, che ne deriva. In seguito diviene sempre più difficile riconoscere la sua mano in opere di qualità; ma possono essere considerate autografe la Madonna col Bambino, santi e donatore dell'orfanotrofio di Biella (già nella chiesa di S. Caterina), la pala della parrocchiale di Palestro e la Consegna delle chiavi a s. Pietro del duomo di Torino.

La partecipazione della bottega è decisamente preponderante nelle pale per le chiese vercellesi di S. Lorenzo e S. Giuliano, nel Martirio di s. Caterina dell'arcivescovado di Vercelli, nella Madonna del Rosario di Pomaro e in quella di Lu, tutte opere che si avvicinano ormai alla fine del secolo.

La data di morte del G. è da ritenere di poco precedente il 25 ag. 1608.

In tale giorno fu infatti redatto l'inventario dei suoi beni, non rintracciato ma citato in un documento successivo (5 dic. 1609) con cui il nipote Gerolamo, figlio del fratello del G., Paolo, dichiarava di avere ricevuto mobili, denaro, gioie e altre cose, e di avere ritirato anche i disegni trovati nella casa dello zio defunto (Gaudenzio…, p. 191).

Fonti e Bibl.: G. Colombo, Documenti e notizie intorno agli artisti vercellesi, Vercelli 1883, p. 319; A. Griseri, I gaudenziani, in Mostra di Gaudenzio Ferrari (catal., Vercelli), Milano 1956, pp. 69-86; G. Romano, La tradizione gaudenziana nella seconda metà del Cinquecento, in Boll. della Società piemontese di archeologia e belle arti, n.s., XVIII (1964), pp. 76-94; G. Galante Garrone, in Opere d'arte a Vercelli e nella sua provincia. Recuperi e restauri 1968-1976 (catal.), Vercelli 1976, pp. 33 s.; Gaudenzio Ferrari e la sua scuola. I cartoni cinquecenteschi dell'Accademia Albertina (catal.), a cura di G. Romano, Torino 1982, pp. 91-122, 183, 186-191, 208-212, 216-218, 224-226, 228-232; Schede Vesme. L'arte in Piemonte, IV, Torino 1982, p. 1363; C. Spantigati, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, pp. 732 s.

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