ASTORRI, Girolamo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 4 (1962)

ASTORRI, Girolamo

Mario Rosa

Conte lodigiano, noto soprattutto quale amico e corrispondente di Scipione de' Ricci, vescovo di Pistoia e Prato, collaborò attivamente alla diffusione delle idee e della pubblicistica giansenistico-regalistica nel corso dell'ultimo venticinquennio del sec. XVIII. Scarse le notizie biografiche: nel 1775 era a Roma, protetto dall'antigesuita cardinale M. Marefoschi, ma con il fratello abate Carlo risulta più propriamente legato ai circoli giansenisteggianti raccolti nell'"Archetto" intorno a P. F. Foggini, ai padri filippini della Chiesa Nuova e agli agostiniani Vazquez, generale dell'Ordine, e Giorgi: le sue lettere di questi anni (1777 e seguenti) al Baldovinetti, proposto di Livomo, già configurano temi, aspirazioni e ideali di riforma ecclesiastica che s'infittiranno nell'ampliarsi dei rapporti con il Ricci e con numerosi giansenisti italiani e stranieri. Passato nel 1781 a Vienna, nella segreteria del Dipartimento d'Italia (l'organo asburgico preposto dal 1775, nell'ambito della Cancelleria di stato, agli affari politico-amministrativi italiani), con un incarico procuratogli, come pare, dal Marefoschi, l'A. si trovò in una posizione chiave per divenire collaboratore del Ricci, conosciuto probabilmente a Roma anni prima, e tramite di uno scambio intenso di scritti dei teorici del giuseppinismo, che egli inoltrava in Italia, e di opere che gli giungevano dal Ricci e dai suoi fautori e simpatizzanti.

Il carteggio con il Ricci costituisce perciò una fonte di grande interesse sotto il profflo di questa impegnata e convinta propaganda. Così, tra l'altro, nel 1783,l'A. spediva al vescovo riformatore i Genuina totius Iurisprudentiae Sacrae principia, Vindobonae 1781,del cisterciense austriaco Curalt, opera di cui il Ricci curò più tardi una traduzione italiana (Prato 1787): così,ancora nello stesso anno, ricevette l'edizione delle opere del Machiavelli curata da R. Tanzini con l'appoggio del Ricci; ma soprattutto, come anche lo stesso Ricci ricorda in una lettera al Tamburini (in Carteggi bresciani...,p. 189), fuper il prelato toscano il prezioso e insostituibile informatore degli orientamenti del più diretto entourage imperiale e degli avvenimenti politico-religiosi connessi al massimo dispiegarsi del riformismo giuseppino (viaggio di Pio VI a Vienna; pubblicistica eybeliana, ecc.).

Tornato in Italia nel 1784, l'A. rinsaldò i vincoli di amicizia con il Ricci e il Baldovinetti, che ebbe occasione d'incontrare nel suo viaggio verso Roma, dove divenne direttore della I. R. Posta di Milano, altro incarico di grande importanza ai fini della capillare diffusione delle istanze anticuriali e riformatrici patrocinate dai gruppi giansenisti italiani.

Mentre un altro fratello, don Felìce, sembra piuttosto far da tramite tra il Tamburini e gli "amici" toscani, l'A. continuò a mantenere in particolare i rapporti tra il Ricci, F. de, Vecchi e i giansenisti liguri, come appare dalle lettere dei Del Mare e del Durazzo, e tra costoro e i giansenisti utrettini ("Per iscrivere in Olanda mi sono prevaluto del mezzo dei conte Astorri, che credo il più sicuro", comunicava il Del Mare al Ricci, il 26 [genn.] 1787;cfr. Carteggi di giansenisti liguri,I, p. 438).E lo stesso de' Vecchi si avvalse, in diverse occasioni, dell'A., tra il 1788-89,per comunicare con il Du Pac de Bellegarde, agente in Europa per conto della Chiesa di Utrecht.

Sensibile ingegno politico (tanto da avvertire per tempo il rifluire del dispotismo illuminato su posizioni conservatrici e il fallimento delle riforme giuseppine e leopoldine), alieno da interessi teologici e dottrinali, l'A. è tutto in questa sua capacità di strumentalizzare l'ansia più illuministica che giansenistica della propaganda, contribuendo efficacemente, nella convergenza di presupposti diversi nel generale moto riformatore settecentesco, a dare un volto dinamico e "moderno" ad una concezione di riforma ecclesiastica che si presentava in complesso permeata di caratteri arcaizzanti e fortemente tradizionalistici. Ma nel clima del dispotismo illuminato l'opera dell'A. trova insieme il suo Funite: nel rapido mutarsi delle prospettive politiche, una lettera del Palmieri al Baldovinetti del gennaio 1792 lo sorprendeva in Roma "inclinato alquanto al malinconico". Nel maggio successivo era a Lodi, dove riprese la sua attività di propaganda ricevendo e inoltrando ancora libri. Dopo il 1794 mancano sue notizie.

Il fratello Carlo, di cui un nutrito carteggio è conservato nella corrispondenza dei Ricci, pur nel suo fervore pratico di propaganda appare più dell'A. avvertito degli aspetti dottrìnali del movimento giansenista. Abbonato alla raccolta ricciana degli Opuscoli interessanti la Religione, è di continuo intermediario tra il Ricci e i circoli romani, in particolare con i padri della Chiesa Nuova; è in corrispondenza con il Serrao, vescovo di Potenza (dal 1783),facilitando i rapporti e i legami, nella comune aspirazione di riforma, tra questo e il Ricci, del quale divulgò spesso a Roma e altrove scritti e lettere pastorali. In qualità di agente in Roma del granduca Leopoldo, s'impegnò nella difesa dei caposaldi delle riforme ricciane, come avvenne tra il 1786-87, quando tentò invano di bloccare la condanna dell'Ordo divini Officii della diocesi di Pistoia, apparso nel 1781, il calendario ecclesiastico annuale ispirato al Ricci direttamente dagli orientamenti rigoristici e giansenistici dell'arcivescovo di Lione Montazet. Anch'egli, e forse più a lungo del fratello, in corrispondenza con il Tamburinì e con il Bellegarde, condivise con i riformatori del tempo l'ostilità alla nuova devozione al S: Cuore di Gesù e al clero regolare (ma i toni antifrateschi che appaiono nella sua corrispondenza con il Ricci si distinguono per una sobria sostenutezza); approvò la nazionalizzazione dei beni ecclesiasticì quale naturale portato dei rivolgimenti politici della Francia nel corso del 1789 (dei quali colse però presto le conseguenze negative nel settore della politica ecclesiastica del dispotismo illuminato, come appare dalle lettere indirizzate al Baldovinetti); ma si pronunciò infine contro una memoria del Ricci favorevole alla Costituzione civile del clero (lettera al Ricci, 21 luglio 1791, cit. in N. Rodolico, Gli amici e i tempi...,p. 156). L'episodio, se segnò l'inizio della crisi dei gruppi giansenisti italiani, sembra indicare il distacco dell'A. dal Ricci e il suo approdo su posizioni caute e moderate.

Fonti e Bibl.: La corrispondenza dei fratelli A. con il Ricci è in Arch. di Stato di Firenze, Carte Ricci, Lettere diverse, agli anni; la loro corrispondenza con il Baldovinetti, e ibid., Fondo Bigazzi. In particolare, per Girolamo A. cfr.: Carteggi bresciani inediti sulla vita e i tempi di Pietro Tamburini (1737-1827),in Bollett. d. Soc. pavese di storia patria,XXVII (1927),fasc. III-IV, p. 189; Carteggi di giansenisti liguri, a cura di E. Codignola, 1-11, Firenze 1941, passim; Il giansenismo toscano nel carteggio di Fabio de, Vecchi,a cura di E. Codignola, I-II, Firenze 1944, passIm.Per Carlo A., cfr.: N.Rodolico, Gli amici e i tempi di Scipione de' Ricci,Firenze 1920, pp. 117 s., 128, 133, 156, 190(da correggere, secondo le indicazionì del Codignola, la notizia che i fratelli A. abbiano fatto parte del gruppo giansenista ligure), G. Cigno, Giovanni Andrea Serrao e il giansenismo nell'Italia meridionale,Palermo 1938, pp. 54, 128 , 132, 133, 305, 382, 405;B. Matteucci, Scipione de' Ricci. Saggio storico-teologico sul giansenismo italiano,Brescia 1941, pp. 121, 300;E. Dammlg, Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del sec. XVIII, Città del Vaticano 1945, passim.