FRESCOBALDI, Girolamo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 50 (1998)

FRESCOBALDI, Girolamo

Oscar Mischiati

Nacque a Ferrara ai primi di settembre (fu battezzato il 13) del 1583 da Filippo e Lucrezia. La famiglia era di buona condizione: il padre acquistava infatti l'11 maggio 1584 da Alessandro Caldori una casa (costruita nel 1573), quella ancor oggi esistente e recante il nome della famiglia, contrassegnata con il numero civico 40 della via omonima (già Belvedere).

Per sua esplicita testimonianza (nelle dediche dei Capricci e delle Arie II), il F. ebbe come maestro Luzzasco Luzzaschi, cioè la personalità di maggior spicco nel raffinato ambiente musicale ruotante attorno al duca Alfonso II d'Este. La morte di questa straordinaria figura di principe musicomane nel 1597 fu un avvenimento decisivo per la storia della città: la mancanza infatti di eredi diretti fu invocata dalla S. Sede quale motivo per dichiarare decaduta la signoria degli Este su Ferrara e il suo territorio, che furono devoluti alla Chiesa.

È possibile che il giovane F. abbia assistito almeno a qualcuno degli eventi musicali che tra il 12 e il 18 nov. 1598 accompagnarono i festeggiamenti allestiti per la celebrazione delle nozze tra Margherita d'Austria e Filippo III di Spagna officiate da papa Clemente VIII (Aldobrandini) allora presente a Ferrara; fu quella infatti l'occasione per un singolare incontro tra alcune delle più agguerrite compagini musicali di allora: i cantori pontifici (sotto la guida di Ruggero Giovannelli) venuti al seguito del papa e la cappella musicale della corte di Mantova (sotto la guida di Claudio Monteverdi) che accompagnava il duca Vincenzo Gonzaga.

L'allontanamento della corte estense da Ferrara significava per il F., come per tanti altri artisti, il venir meno di prospettive di lavoro e di incentivo; restava l'alternativa di porsi al servizio di nuovi padroni: come Luzzaschi pubblicava a Roma, dedicandole al cardinale Pietro Aldobrandini (nipote del papa), proprio le pagine più esclusive della prassi musicale della corte estinta (vale a dire i madrigali destinati al "concerto delle dame"), così il giovane F. si poneva sotto la protezione dei Bentivoglio e fu probabilmente con Guido, avviato alla carriera ecclesiastica e divenuto nel dicembre 1599 cameriere segreto del papa, che egli si recò a Roma forse già nel 1601.

Secondo una fonte secondaria e tardiva (L. Rossi), il F. sarebbe stato aggregato alla Congregazione dei musici di Roma già nel 1603 come organista e nel 1604 quale cantore. Certa è invece la notizia del suo servizio di organista presso la basilica di S. Maria in Trastevere dal 1° gennaio al 31 maggio 1607; nel concistoro, tuttavia, celebrato il 7 di quello stesso mese di primavera, Guido Bentivoglio veniva designato nunzio apostolico in Fiandra e il F. era destinato a seguirlo; il viaggio iniziò l'11 giugno per terminare il 9 agosto a Bruxelles.

Non sono documentati, anche se possono facilmente immaginarsi, contatti tra il F. e i musicisti locali (tra i quali emergevano Pieter Cornet e Peter Philips). Di certo, durante l'anno scarso del suo soggiorno in terra fiamminga, il F. ultimò per la stampa le sue prime pubblicazioni, uscite tutte nel 1608: oltre alle tre canzoni strumentali (a 4, a 5 e a 8 voci) ospitate nell'antologia curata dall'editore veneziano Alessandro Raveri, furono queste il Primo libro di madrigali a 5 voci, con dedica al Bentivoglio e datata il 13 giugno da Anversa, città nella quale l'opera appariva per i tipi di Pierre Phalèse, e il Primo libro delle fantasie a 4 voci, con dedica a Francesco Borghese (duca di Regnano, fratello del papa allora regnante Paolo V) sottoscritta da Ferrara l'8 novembre, pubblicato a Milano da Tini & Lomazzo, città quest'ultima nella quale il F. sostò un paio di mesi (giugno e luglio) durante il viaggio di ritorno avendovi constatato di "esser molto desiderato" particolarmente dai monaci di S. Ambrogio e da "alcuni altri signori", come ebbe a scrivere lo stesso F. a due non specificati membri della famiglia Bentivoglio il 25 e 26 giugno (Newcomb, A documentary study, nn. 1 e 2).

Senonché, già il 21 luglio di quello stesso 1608, il capitolo dei canonici di S. Pietro in Vaticano, dietro fattivo interessamento degli stessi Bentivoglio e fors'anche del ricordato Francesco Borghese, eleggeva quasi all'unanimità organista della basilica il F., preferendolo ad Alessandro Costantini e quale successore di Ercole Pasquini (licenziato il 19 maggio precedente) con il modico stipendio di 6 scudi al mese.

Il F. accettava l'incarico e prendeva servizio suonando ai vespri della vigilia d'Ognissanti; non molti giorni più tardi, il 6 dicembre, Enzo Bentivoglio (fratello di Guido) giungeva a Roma quale ambasciatore della città di Ferrara presso la S. Sede e prendeva dimora nel palazzo Acquaviva-Sacchetti in via Giulia.

I rapporti con i Bentivoglio erano destinati a interrompersi bruscamente nel settembre dell'anno successivo in conseguenza di un episodio non del tutto chiaro, ma che vide vari componenti della famiglia e della casa farsi premura per far sposare una certa Angela, cantante al loro servizio, con il F. suo insegnante, che non ne volle sapere; secondo l'ipotesi del Newcomb si sarebbe trattato di un tentativo di nozze riparatrici di una prepotenza esercitata sulla cantante dal marchese Gaspare Martinengo fratello di Caterina moglie di Enzo Bentivoglio.

Se con l'abbandono dei Bentivoglio il F. perdeva una fonte di reddito probabilmente di poca entità (legata com'era soprattutto alla sua attività didattica), non dovevano tuttavia mancargli occasioni di ricevere donativi per sue esibizioni durante le serate musicali che si tenevano con discreta frequenza nei palazzi della nobiltà romana. Proprio dalle dediche che egli stesso premise alle sue opere a stampa apprendiamo che i dedicatari o i loro parenti ne apprezzavano le doti di clavicembalista: così era già stato con Guido Bentivoglio e Francesco Borghese, altrettanto stava accadendo con i cardinali Pietro Aldobrandini, Ferdinando Gonzaga, Antonio Maria Gallo. In effetti, intorno al 1611, il F. passava sotto la protezione degli Aldobrandini, più precisamente al diretto servizio del card. Pietro, allora arcivescovo di Ravenna e come tale presente a Roma soltanto saltuariamente, cui nel 1615 egli dedicherà il Primo libro dei ricercari e canzoni.

Qualche tempo dopo il F. si accasava: il 18 febbr. 1613 sposava infatti Orsola del Pino, dalla quale aveva già avuto un figlio, Francesco, nato il 29 maggio 1612; di lì a poco sarebbe nata Maddalena, che vide la luce il 22 luglio 1613; sarebbero poi seguiti Domenico (8 nov. 1614), Stefano (data sconosciuta) e Caterina (21 sett. 1619); a quel tempo il F. abitava in parrocchia di S. Eustachio, da dove si trasferiva in quella di S. Stefano del Cacco intorno al 1623.

Nel frattempo, come si è accennato, la fama del F. si andava consolidando nell'ambiente aristocratico romano e giungeva a lambire uno dei cardinali più autorevoli, Ferdinando Gonzaga (che di lì a poco avrebbe tuttavia abbandonato la porpora per la corona ducale di Mantova); a questo il F. dedicava il Primo libro di toccate e partite d'intavolatura di cembalo (la dizione additiva di organo comparirà soltanto nella quarta ristampa del 1628), con esplicito riferimento - nella dedica - al gradimento del principe prelato per "questo mio stile". Iniziava così la laboriosa gestazione - a un tempo compositiva e tipografica - di una delle opere capitali della letteratura per tastiera dell'età barocca, passata attraverso ben cinque tirature dalla prima (data della dedica: 22 dic. 1614) alla versione finale ampliata del 1637. Dalle scritture notarili - rintracciate e pubblicate da Arnaldo Morelli - sappiamo ora che il F. aveva commissionato all'allievo Niccolò Borboni il compito di incidere le lastre dell'opera fin dal 31 genn. 1614.

I preparativi dell'edizione si incrociarono con le trattative - condotte principalmente da Paolo Facconi, cantore pontificio in pensione, incaricato di reclutare in Roma virtuosi per conto del duca mantovano - tese a portare il F. al servizio diretto del Gonzaga presso la corte di Mantova; in effetti, proprio per coprire una parte delle spese di stampa del volume di Toccate il F. pretendeva 300 ducati in anticipo, cioè la metà dell'annuo stipendio, cui avrebbero dovuto aggiungersi altre condizioni: una casa per sé e la sua famiglia vita natural durante (per i primi due anni munita di arredi e utensili) e una parte del vitto (tre spese di pane e vino al giorno) per i primi quattro mesi di permanenza alla corte. Concluse positivamente le trattative, il F. partiva alla volta di Mantova, dove giungeva il 28 febbr. 1615, lasciando tuttavia la famiglia a Roma e senza troncare i suoi rapporti di dipendenza con il capitolo vaticano e con gli Aldobrandini. Il soggiorno mantovano fu tuttavia assai breve: "disgustato" perché "dopo il suo arrivo nessuno gli ha rivolto quattro parole e lo stesso duca dopo il primo giorno non si è più curato di lui", come il Facconi riferiva al segretario del duca il 14 marzo, il F., dopo appena due mesi, se ne tornava a Roma, da dove scriveva al duca il 16 maggio motivando le ragioni della sua partenza (Newcomb, A documentary study, pp. 145-156). D'altronde il Gonzaga era angustiato dall'incipiente guerra del Monferrato e non si trovava quindi nelle condizioni migliori per curare i suoi interessi culturali.

Negli anni seguenti il F. si limitò a curare le ristampe delle sue opere - le Toccate, i Ricercari e canzoni nel 1618 - e a pubblicare singole composizioni vocali in antologie curate da musicisti ed editori romani (Fabio Costantini, G.B. Robletti, e Francesco Sammaruco): Peccavi super numerum a 3 voci in Selectae cantiones excellentissimorum auctorum (Roma, B. Zanetti, 1616), Angelus ad pastores ait a 2 voci in Scelta di motetti di diversi eccellentissimi autori (ibid. 1618), Ego sum panis vivus a 3 voci in Lilia campi (ibid., G.B. Robletti, 1621), Alla gloria alli honori a 1 voce in Ghirlandetta amorosa (Orvieto, M.A. Fei & R. Ruuli, 1621), O bell'occhi che guerrieri a 1 voce in Giardino musicale di varii eccellenti autori (Roma, G.B. Robletti, 1621), Era l'anima mia a 2 voci in L'aurata Cintia armonica (Orvieto, Fei & Ruuli, 1622) e Iesu rex admirabilis a 3 voci in Sacri affetti contesti da diversi eccellentissimi autori (Roma, L.A. Soldi, 1625), tutte con basso continuo.

In quello stesso anno 1622 si ha notizia di un suo progettato ingaggio come organista della basilica di S. Domenico a Bologna; ma la cosa non ebbe alcun seguito.

Era poi la volta, nel 1624, di un'altra opera centrale nella produzione frescobaldiana, il Primo libro di capricci, dedicati significativamente a un discendente di quella casa d'Este cui lo legavano tanti ricordi della giovinezza, il principe ereditario di Modena Alfonso. Anche in questo caso la gestazione del volume fu quanto mai laboriosa e alle penetranti osservazioni di Darbellay (Suppl. a Opere complete, II-IV) sul piano tipografico-editoriale fanno puntuale riscontro le saporose testimonianze epistolari di Francesco Toscani a Francesco Nigetti (in Hammond, 1983, e Giacomelli) che ci descrivono un F. estremamente meticoloso nel correggere a mano i singoli esemplari stampati, sì da farlo apparire "huomo tanto lungo nelli sua negoti che non lo potresti credere" (lettera del 28 giugno 1625, in Giacomelli, p. 107).

L'anno successivo (1626) si aprivano per il F. presso Alessandro Vincenti i più larghi orizzonti editoriali veneziani con la ristampa cumulativa dei Capricci e dei Ricercari e canzoni, che lo stesso editore riprendeva ancora nel 1628 e nel 1642.

Iniziava così un periodo particolarmente intenso e fortunato per l'attività compositiva frescobaldiana: nel 1627 apparivano infatti il Secondo libro di toccate (dedicate al vescovo Luigi Gallo, nipote del cardinale Antonio) e il Liber secundus diversarum modulationum a 2-4 voci (dedicato al card. Scipione Borghese che, nella sua qualità di arciprete della basilica vaticana, era in pratica il suo datore di lavoro; un "liber primus" di analoghi mottetti non risulta mai essere stato stampato).

Nel 1628 apparivano invece le "canzoni da sonare" a più strumenti in duplice veste: in partitura, presso l'editore Paolo Masotti, curata dall'allievo Bartolomeo Grassi e dedicata al chierico di camera Girolamo Bonvisi; in parti staccate, presso l'editore G.B. Robletti, dedicate al granduca di Toscana Ferdinando II. Contemporaneamente vedevano la luce le ricordate ristampe del Primo libro di toccate e dei Capricci (con i Ricercari e canzoni).

La dedica al principe mediceo è senz'altro da mettere in relazione alla visita da questo compiuta a Roma nel marzo di quell'anno, durante la quale egli fu ospite degli Aldobrandini a Roma e nella loro villa di Frascati; essa preludeva anche a un nuovo impiego dello stesso F., quale organista al servizio della corte granducale a Firenze, che doveva durare dal dicembre 1628 all'aprile 1634. Durante tale periodo apparvero, nello stesso anno 1630, i due libri di Arie musicali, dedicati il primo allo stesso granduca, il secondo al gentiluomo ferrarese Roberto Obizzi suo "cavallerizzo maggiore"; si ha anche notizia del coinvolgimento del F. in alcune manifestazioni musicali, quali quelle che accompagnarono le cerimonie celebrative della canonizzazione di Andrea Corsini nella basilica fiorentina del Carmine dal 1° all'8 luglio 1629. È possibile che in tale circostanza sia stata eseguita la Messa sopra l'aria di Fiorenza a 8 voci. Il 1° luglio 1630 il F. partecipò, insieme con cinque musicisti fiorentini, tra i quali Marco da Gagliano, alle cerimonie d'inaugurazione della cattedrale di Colle di Val d'Elsa; il 15 ottobre seguente veniva anche incaricato di suonare l'organo del battistero fiorentino per un anno. Tra i suoi allievi di tale periodo fiorentino vanno annoverati Valerio Spada e Francesco Nigetti.

Rientrato a Roma, il 1° maggio 1634 il F. riprendeva servizio presso la basilica vaticana - dove, durante la sua assenza, era stato surrogato da Giacomo Guidi e da Giovanni Giacomo Porro -, ricevendone un aumento di stipendio mensile di 2 scudi sotto forma di regalia e un posto di chierico beneficiato per il figlio Domenico. Al termine di quell'anno appariva, presso l'editore Vincenti di Venezia, un'edizione rielaborata delle "canzoni da sonare" a più strumenti, questa volta dedicata al card. Desiderio Scaglia (al frontespizio datato 1634 fa riscontro la dedica sottoscritta il 1° genn. 1635).

Nell'agosto 1635 usciva a Venezia presso lo stesso Vincenti un'altra delle opere capitali del F., i Fiori musicali di diverse compositioni, toccate, kirie, canzoni, capricci e ricercari in partitura a quattro utili per sonatori, opera XII, con dedica al card. Antonio Barberini (nipote del regnante pontefice Urbano VIII).

Doveva seguire, nel 1637, la ristampa dei due libri di Toccate, nella versione rimasta definitiva, e con una importante Aggiunta al primo libro, che testimonia la straordinaria maturazione stilistica nel frattempo intervenuta. Il frontespizio dello stesso Primo libro reca lo stemma del card. Francesco Barberini, tuttavia senza dedica, mentre quello del Secondo libro resta invariato.

Con ciò il F. aveva raggiunto l'apice della sua parabola creativa: in seguito dovevano apparire a stampa soltanto una Couranta (rielaborazione della Corrente I del Libro I di toccate) nella raccolta Deliciae studiosorum von allerhand Alemanden, Balleten, Serenaden, Intraden, Sarabanten und Coranten (Norimberga, J.F. Sartorius, 1640) curata da J.E. Kindermann - curiosa e rara testimonianza dell'incipiente diffusione dell'opera frescobaldiana Oltralpe -, la ricordata ristampa dei Capricci (1642) e, postumo, l'ultimo libro di Canzoni da sonare curato personalmente da Alessandro Vincenti nel 1645.

Il F. era infatti morto a Roma il 1° marzo 1643, dopo dieci giorni di "febbre maligna", nella sua abitazione alla salita di Magnanapoli, dove risiedeva dopo la parentesi fiorentina. Il giorno seguente, i principali musicisti di Roma gli tributavano solenni onoranze funebri nella basilica dei Dodici Apostoli.

Dopo la morte del F., la famiglia si trasferì in Borgo Vecchio, in una casa posta di fronte a palazzo Cesi d'Acquasparta; vi morirono successivamente il figlio Stefano (25 maggio 1649), celibe, la vedova Orsola (3 ott. 1651), più tardi la figlia Caterina (10 dic. 1687), nubile e demens, e infine Domenico (25 ag. 1688); quest'ultimo aveva continuato nelle sue mansioni al servizio della basilica vaticana conseguendo il 1° ag. 1655 un beneficio dotato di una rendita di 35 scudi mensili; compose una raccolta di poesie ed epigrammi in latino (conservata alla Bibl. apost. Vat., cod. Barb. lat. 1782: Carminum volumen Dominici Frescobaldi ad Beatitudinem Urbani VIII, di cc. 48) e alla sua morte lasciò una discreta libreria valutata 500 scudi e una quadreria (annoverante dipinti di Correggio, Giorgione, Ottavio Leoni, Raffaello, Ribera, Reni, Rubens) stimata 300 scudi.

La straordinaria qualità musicale delle sue creazioni pone il F. senz'ombra di dubbio tra i maggiori compositori della sua epoca, accanto cioè a Giovanni Gabrieli e a Claudio Monteverdi, con i quali condivise il ruolo di creatore del nuovo linguaggio musicale barocco. Nuovo linguaggio al quale peraltro, soprattutto nelle arti figurative, la città di Roma stava diventando, nella prima metà del '600, estremamente propizia; gli ultimi vent'anni della vita del F., infatti, coincidono con il pontificato di Urbano VIII (Maffeo Barberini) sotto il quale avvenne la pressoché incredibile assunzione di uno stile innovatore - quale quello barocco - ad aspetto emblematico di un'istituzione per tanti versi tradizionalista e conservatrice come la gerarchia cattolica. Si sviluppò così quella mirabile fioritura artistica che va sotto il nome di barocco romano e si ebbe la realizzazione delle straordinarie intuizioni scenografiche e spaziali di G.L. Bernini, di F. Borromini, di Pietro da Cortona, destinate a risuonare delle creazioni sonore di O. Benevoli, di D. e V. Mazzocchi, di M.A. Rossi, di S. Landi, di L. Rossi, di G. Carissimi.

È anche possibile, tuttavia, che il F. non ponesse particolare attenzione alle trasformazioni artistiche dell'ambiente ove egli operava. È però innegabile come la sua produzione musicale sia contrassegnata da quegli stessi caratteri antitetici tra tradizione e innovazione che ritroviamo nell'arte figurativa e architettonica coeve; l'opera frescobaldiana consta effettivamente di pagine concepite da un lato nel più severo stile delle forme contrappuntistiche (fantasie, ricercari, capricci e - in certa misura - canzoni) ereditato dalla tradizione rinascimentale, dall'altro nel più fantasioso e imprevedibile stile delle toccate, delle partite, delle danze stilizzate e variate, delle pagine insomma concepite in quello che già allora si definiva "stile concertato", caratterizzate cioè da tutti quei tratti che solitamente vengono assunti come tipici del nuovo modo barocco di fare musica.

Tale duplicità di stili era ben chiara alla mente dei musicisti del secolo XVII, tant'è che proprio allora vennero coniate le espressioni "prima pratica" (per indicare l'oggettività della tecnica contrappuntistico-imitativa dello "stile a cappella") e "seconda pratica" (per indicare le nuove risorse offerte dalla monodia, dall'elaborazione armonica e dallo "stile concertato" in favore della compiuta espressione degli "affetti delle parole"). È caratteristica appunto dell'età barocca la sopravvivenza dello "stile antico", impiegato non di rado in maniera creativa e tutt'altro che accademica e fossilizzata (l'esempio del F. trova perfetta corrispondenza in J.S. Bach).

Questa dicotomia stilistica non è certo esclusiva del F.: suo tratto peculiare è semmai quello di avere animato di una personalissima linfa il severo assunto contrappuntistico e di non aver mai fatto concessioni a quei generi musicali verso i quali si orientavano di preferenza i gusti del pubblico e della committenza: l'opera e la cantata. A ben vedere, anche la toccata frescobaldiana - additata quale sintesi dei caratteri salienti del nuovo stile barocco - non tradirà mai la sua derivazione dalla poetica degli "affetti", cioè in sostanza dall'estetica del madrigale artificioso e virtuosistico caratteristico della raffinata corte estense di Ferrara; non sarebbe altrimenti comprensibile, infatti, l'esplicito riferimento all'estetica madrigalistica che il F. stesso fa proprio all'inizio della versione definitiva degli avvertimenti premessi alle Toccate (cfr. Mischiati, Catalogo, sub 1 b); del resto, ben più di uno stilema ornamentale figura mutuato da quegli strordinari Madrigali per cantare e suonare a 1-3 soprani (Roma, S. Verovio, 1601) composti dal suo maestro L. Luzzaschi per il celebre "concerto delle dame" della corte ferrarese.

Ma c'è di più: anche i Capricci (non a caso dedicati a un principe di casa d'Este) e i Fiori musicali, con il loro estremo rigore formale e con la loro incontaminata sublimità e nobiltà dello stile, denotano la destinazione a un uditorio colto e raffinato. Può quindi sorprendere - ma potrebbe semmai essere una riprova del suo prestigio - il fatto che egli continuasse a trovare protezione presso quegli stessi mecenati (ad esempio il card. Antonio Barberini) che più apertamente gradivano o favorivano i nuovi generi musicali emergenti (l'opera e la cantata), viceversa trascurati dal compositore ferrarese; protezione che si concretava nella forma della dedica di un'opera a stampa: l'atto di omaggio trovava infatti il corrispettivo in una sovvenzione per coprire le spese della pubblicazione (è il caso documentato, come si è visto, per il Primo libro di toccate).

Va anche osservato come i ripetuti tentativi del F. - prima presso i Gonzaga di Mantova, poi presso i Medici di Firenze - di passare al servizio di una corte siano una spia significativa del suo desiderio di operare in un ambiente a lui più congeniale, se non culturalmente più elevato o comunque musicalmente più gratificante dell'ufficio secondario di organista della basilica vaticana. Il fallimento dei due tentativi dovette tuttavia convincerlo che le condizioni erano assai mutate rispetto a quelle della corte di Alfonso II d'Este verso la quale evidentemente egli avvertiva acuta nostalgia.

Non si creda, tuttavia, che la diversità di orientamento compositivo, rispetto agli indirizzi musicali di maggiore successo, abbia fatto del F. un isolato. Anche se la fama che lo accompagnò precocemente (quale è riflessa, ad esempio, dalle testimonianze di V. Giustiniani, A. Maugars, A. Superbi, P. Della Valle) doveva essere legata alle sue doti di esecutore e di improvvisatore (facoltà quest'ultima così intimamente connessa allo stile compositivo delle sue toccate), altrettanto presto il suo magistero compositivo destò interesse e imitazione. In questo senso la figura a lui più prossima è quella di Michelangelo Rossi, non tanto per un rapporto didattico non documentato e forse improbabile, quanto piuttosto per quelle singolari Toccate e correnti per organo o cembalo che non hanno riscontro nella letteratura tastieristica coeva e che denotano un assorbimento e al contempo uno sviluppo della concezione strutturale frescobaldiana impressionanti, quando si pensi anche alla loro precoce data di pubblicazione, che avvenne sotto l'egida del card. Antonio Barberini e quindi prima della morte di papa Urbano VIII (1643) che segnò il tracollo delle fortune di famiglia.

L'altra figura di compositore completamente imbevuto di stile frescobaldiano è quella di Johann Jacob Froberger, positivamente documentato come allievo del F. dalla fine del 1637 al 1641 grazie a una vera e propria borsa di studio concessagli dall'imperatore Ferdinando III. Cominciò così con Froberger la diffusione del linguaggio frescobaldiano Oltralpe, coadiuvata anche dalla circolazione degli esemplari stampati e da una traditio manoscritta singolarmente vivace e imprevedibile (come nel caso dell'intavolatura d'organo tedesca oggi conservata alla Biblioteca nazionale di Torino che già negli anni 1639-40 poteva attingere - a quanto sembra direttamente - ai manoscritti inediti frescobaldiani). Tra gli episodi salienti di questo interessante fenomeno di ricezione - paragonabile, giacché avveniva negli stessi territori, alla trasposizione danubiana dello stile architettonico di Borromini - vanno indubbiamente annoverati il compendio organistico di Spiridiona monte Carmelo (cfr. Lamott) vero e proprio vademecum frescobaldiano a giudicare dal sistematico saccheggio delle composizioni del F. riproposte come modello compositivo e improvvisativo, il consistente corpus di copie manoscritte di ambiente tedesco-austriaco indagate dal Riedel e, infine, la nota copiatura dei Fiori musicali personalmente eseguita nel 1714 da J.S. Bach; senza contare l'esplicito riferimento alle toccate frescobaldiane negli avvertimenti premessi all'anonimo Wegweiser (Augsburg 1689 e successive riedizioni sotto il nome di G. Carissimi fino al 1753) e da Georg Muffat al suo Apparatus musico-organisticus (Salisburgo 1690, c. 2v), nonché il paragone Frescobaldi-Buxtehude proposto da Martin Heinrich Fuhrmann nel 1706 (cioè l'anno prima della morte del compositore nordico) e sorprendentemente concluso a favore del primo.

È semmai da rilevare come in terra germanica la lezione frescobaldiana persistesse sia per l'aspetto fantasioso-toccatistico, sia per quello dotto e contrappuntistico. Ma anche in Italia è documentabile una circolazione dell'opera frescobaldiana non solo attraverso gli ex libris rilevabili sugli esemplari a stampa giunti sino a noi, ma anche attraverso copie manoscritte settecentesche, senza contare il persistente ricordo scritto.

Oltre a quanto si è detto circa le ascendenze stilistiche frescobaldiane, occorre ricordare che possibili influssi sembrano essere venuti al F. dalla scuola organo-cembalistica napoletana (in particolare A. Maione e G.M. Trabaci) come ebbe a sostenere W. Apel, contraddetto negli ultimi tempi da F. Hammond (G. F. and the hypothesis). Tuttavia affinità più prossime è possibile oggi vedere nell'opera di E. Pasquini e, sorprendentemente, nella scrittura toccatistica per liuto e chitarrone del tedesco-romano G.G. Kapsberger, del reggiano P.P. Melli e del bolognese-ferrarese A. Piccinini (tra l'altro, collega del F. quale musico al servizio, insieme coi fratelli Filippo e Girolamo, dei Bentivoglio e degli Aldobrandini).

Sotto il profilo analitico-formale, l'originalità frescobaldiana non viene vista soltanto nelle grandi toccate, sciolte da qualsiasi schema ritmico e strutturale, ma anche nelle forme severe: Teepe ha messo in luce come le Fantasie non abbiano riscontro per il tipo di scrittura imitativa serrata e strettamente "tematica". Anche i Capricci costituiscono una sorta di genere a sé stante, dove la tecnica della variazione si sposa alla scrittura imitativa e agli "obblighi" e artifici di varia natura. Nelle canzoni - sia in quelle basate su un unico, come in quelle su più temi - è caratteristica la multisezionalità, regolarmente sottolineata da momenti di scrittura fiorita di gusto toccatistico a mo' di cadenza alla conclusione di ogni singola sezione.

Nelle pagine della maturità si notano sensibili elementi di sviluppo innovativo: l'abbinamento, ad esempio, di toccata e ricercare (come nei Fiori musicali, dove figura anche un esempio senza soluzione di continuità nella Toccata cromatica per l'elevazione della Messa della domenica) o toccata e canzone (come nel manoscritto vaticano Chig., Q. IV. 25), quando addirittura questi ultimi due generi non risultino compenetrati, come nelle tre grandi toccate che concludono lo stesso manoscritto chigiano, nelle quali più segmenti in stile di canzone si alternano alla scrittura fiorita e "passaggiata" e si presentano anche uniti tematicamente tra loro ma di volta in volta ritmicamente variati. Questa contaminazione dei due tipi di scrittura verrà subito fatta propria da M.A. Rossi e J.J. Froberger e sarà destinata a caratterizzare la toccata organo-cembalistica nordeuropea fino a J.S. Bach.

Anche la forma della variazione alla maniera tradizionale, legata cioè al susseguirsi di più "partite" isolate e indipendenti, tende a semplificarsi e a risolversi in un'unità continua e compatta, come può vedersi nelle Cento partite sopra passacagli contenute nell'Aggiunta al Primo libro di toccate, impressionante monumento sonoro in anticipo sui tempi e prototipo delle grandi composizioni analoghe (ciaccona, passacaglia) che verranno create da B. Storace, J.K. Kerll, J. Pachelbel, D. Buxtehude e J.S. Bach.

Da notare infine come il F. si trovi a suo agio sia nella composizione libera (o, secondo l'accezione di Kircher, nello "stylus phantasticus", comprensivo di toccata e forme contrappuntistico-imitative), sia nell'elaborazione di "arie" e bassi tradizionali: Aria della Monica, Aria di Fiorenza, Bergamasca, Girometta, Fra Jacopino, Bassa fiammenga (propriamente Almande Bruynsmedelijn, elaborata oltre che nel Capriccio quinto anche nella Canzone dopo l'epistola della Messa della Madonna dei Fiori musicali), Follia, Romanesca, Ruggero, Spagnoletta, oppure di formule convenzionali (esacordi ascendente e discendente, La sol fa re mi) od onomatopeiche (Battaglia, Cucù) quando addirittura - come nel caso del Capriccio sopra la pastorale - non ci si trovi di fronte alla prima attestazione di un genere destinato a notevole fortuna. Né sono da dimenticare le elaborazioni di melodie gregoriane, come negli inni e nei magnificat del Secondo libro di toccate e, soprattutto, nei mirabili versetti dei Kyrie delle tre messe (della domenica, della Madonna e degli apostoli) dei Fiori musicali.

Per diffondere le sue opere a mezzo della stampa il F. si avvalse di tutti i procedimenti tipografici e di tutti i tipi di notazione allora normalmente in uso: da un lato l'incisione su lastra (di rame) e la composizione a caratteri mobili, dall'altro l'intavolatura, la partitura e le parti separate (dove ogni singolo fascicolo corrisponde a una "voce" o "parte" musicale). In intavolatura (del tipo organo-cembalistica italiana) incisa su lastra apparvero i due libri di Toccate; sono in netta maggioranza le opere stampate in partitura: si tratta delle composizioni in stile contrappuntistico, per le quali questo tipo di notazione è pressoché congeniale: si va infatti dalle Fantasie del 1608 alle Canzoni postume del 1645 attraverso i Ricercari e canzoni del 1615, i Capricci del 1624 (e rispettive ristampe del 1618 e cumulative del 1626, 1628 e 1642), le Canzoni del 1628 e i Fiori musicali del 1635; appartengono a questo tipo anche i due libri di Arie musicali e l'antologia Giardino musicale del 1621. Sono infine stampate in parti separate i Madrigali, il Liber secundus diversarum modulationum e le due edizioni delle Canzoni a più strumenti del 1628 e 1634, nonché le composizioni pubblicate in antologie.

L'attività creativa del F., tuttavia, non si esaurì nel pur consistente complesso delle edizioni stampate; fonti antiche e autorevoli ci attestano un notevole numero di composizioni rimaste manoscritte. Già nel 1628 l'allievo Bartolomeo Grassi, nel mandare alle stampe l'edizione in partitura da lui curata delle Canzoni a più strumenti, scriveva: "Il signor Girolamo ha fatto infiniti altri volumi & continuamente ne va formando di nuovi, perché è così eminente in comporre che alla sprovista, come vede continuamente Roma, fa cose maravigliose; ma la fatica & spesa delle stampe non permette che si vedono in luce"; alcuni decenni più tardi, nel 1664, la Nota delli musei, librerie, galerie di Roma attestava: "In casa Frescobaldi vi sono compositioni d'intavolatura sopra il cembalo scritte a mano e non impresse dal famoso Girolamo Frescobaldi padre di Gio: Domenico benefiziato di S. Pietro". Rimasta pressoché negletta sino a pochi anni addietro, tale traditio manoscritta si è rivelata assai articolata e complessa, sì da costituire ancor oggi e per il futuro un campo aperto per l'indagine volta ad accertare autenticità di attribuzione e genuinità di lezione; non potendosi qui dare conto in dettaglio della situazione, ci si limita necessariamente a una elencazione sommaria delle fonti in ordine alfabetico di città dove esse sono conservate: Ancona, Bibl. comunale "L. Benincasa": ms. Mus. 41; Berlino, Deutsche Staatsbibliothek, Mus. Hss. 40316 (oggi a Cracovia, Bibl. Jagiellonska), 40335 e 40615; Ibid., Hochschule der Künste, ms. IV. 8244; Bologna, Bibl. Musicale "G.B. Martini", AA 360 e Q 43 (cc. 7-10: Lectio IIIª - Feria Vª in Coena Domini: Iod - Manum tuam misit [in 4 sezioni] 1 voce e basso continuo); Bruxelles, Bibl. royale, ms. II 3908 (Fétis 2005); Cologny (Ginevra), Bibl. Bodmeriana, ms. Musik T. II 1; Londra, British Library, Add. Mss. 23623, 36661 e 40080; Ibid., Bibl. privata Guy Oldham: ms. autografo di L. Couperin; Monaco di Baviera, Bayerische Staatsbibl., Mus. Hss. 1581 e 5638; Parigi, Bibl. nat., Rés. Vm7 675 (ms. Bayun); Ravenna, Bibl. Classense, ms. 545; Roma, Bibl. musicale di S. Cecilia, ms. A. 400; Ibid., Archivio musicale di S. Giovanni in Laterano, mazzo XI, n. 8 (cc. 1-8: messe sopra l'aria della Monica e di Fiorenza); Torino, Bibl. nazionale, intavolatura d'organo tedesca Giordano-Foà, voll. I (Giordano 1), XIV (Foà 6) e XVI (Foà 8); Bibl. apost. Vaticana, Chig., Q. IV. 24-29; Q. VIII. 205; Venezia, Bibl. naz. Marciana, ms. 11068; ms. già in possesso di Carlo Giorgio e Marcello Garofalo oggi in proprietà privata negli Stati Uniti; oltre alle copie già ricordate di Bologna, Verona e Vicenza cui sono da aggiungere Assisi (Sacro Convento, ms. 617), Trento (Bibl. comunale, M 1092) e quelle di area germanica elencate da F.W. Riedel, Quellenkundliche Beiträge, p. 55.

È da ritenere indice significativo del prestigio raggiunto dal F. il fatto di essere stato ritratto, e più di una volta; in particolare da un artista affermato e di notevole valore quale Claude Mellan, cui si devono sia un disegno (conservato a Parigi, École nationale supérieure des beaux-arts: D. Masson 1077), sia l'incisione da lui stesso realizzata. L'altra effigie è dovuta all'agostiniano Jean Saillant (Io. Salianus), incisa da Christian Sas. Le due incisioni hanno un singolare elemento in comune: nell'iscrizione, pressoché identica, che figura entro la cornice di contorno dell'immagine, è indicata l'età di 36 anni del raffigurato; il che, preso alla lettera, corrisponderebbe al 1619, data altamente improbabile perché allora il Mellan era ancora a Parigi. Secondo il parere degli studiosi, il disegno (e di conseguenza l'incisione che ne dipende) del Mellan non può essere stato realizzato prima del 1626-27 (e certo non più tardi della partenza del F. nel 1628 per il lungo soggiorno fiorentino); considerazione che, pressappoco, vale anche per il ritratto del Saillant, che venne giusto pubblicato nella prima edizione del Secondo libro di toccate (1628).

Edizioni e ristampe recenziori. Le riedizioni di composizioni frescobaldiane iniziano virtualmente con la Nova Instructio (1669-83) di Spiridion a Monte Carmelo e, dopo un secolo, proseguono con le opere storiche generali di Hawkins, Ambros, Ritter, Pirro (L'art des organistes) tutte ospitanti una o più composizioni al completo o ampi squarci di esse. La prima antologia musicale a ospitare pagine frescobaldiane fu quella di M. Clementi, Selection of practical harmony for the organ or piano forte, II, London 1802, cui seguirono - tra le numerose altre - A. Farrenc, Le trésor des pianistes, XIII e XVII, Paris 1868 e 1870; L. Torchi, L'arte musicale in Italia, III, Milano 1898; M.E. Bossi - G. Tebaldini, Metodo teorico-pratico per lo studio dell'organo moderno, Milano 1893.

Tali edizioni dipendono tutte indistintamente dalle edizioni a stampa originali frescobaldiane, direttamente o indirettamente copiate; fanno eccezione le tre fughe - ospitate da Clementi nella Selection citata - erroneamente attribuite al F. ma in realtà opera di Gottlieb Muffat (cfr. Vienna, Minoritenconvent, ms. XIV. 712: canzoni 7, 8 e 11) e una serie di Praeambula, Praeludia, Toccate e un Ricercare (in tutto 13 pezzi) desunti dal citato ms. IV. 8244 di Berlino (Hochschule der Künste) per primo da A. Reissmann, Allgemeine Geschichte der Musik, II, München 1864 (un pezzo) e poi tutti da F. Commer, Collection de compositions pour l'orgue des XVIe, XVIIe et XVIIIe siècles, Leipzig 1866, II, dal quale dipendono tutte le antologie organistiche promosse nell'ambito del cosiddetto "movimento ceciliano": Repertorio economico di musica sacra (App. alla rivista Musica sacra, I [1877]); R. Remondi, Gradus ad Parnassum, Milano s.d.; L. Bottazzo - O. Ravanello, L'armonium quale strumento liturgico - Metodo teorico-pratico, ibid. 1901, fino a Laus decora - Rivista di musica liturgica, trascrizione e revisione di L. Picchi (Como 1954 ss.).

Edizioni moderne: Canzoni a due canti col basso continuo da sonare con ogni sorte di strumenti, a cura di H. David, Mainz 1933; Fiori musicali…, a cura di F. Germani, Roma 1936 (in partitura); Toccate e partite d'intavolatura di cembalo et organo, I, Toccate (del Primo libro) con l'aggiunta de "L'arte organica" di C. Antegnati ed altri scritti dell'epoca, a cura di F. Germani, ibid. 1937; II, Toccate (dal Secondo libro), a cura dello stesso, ibid. 1951; XIV Composizioni inedite… tratte dal codice Chigiano (Q. IV. [25]) della Bibl. apost. Vaticana, a cura di A. Santini, ibid. 1939; Orgel- und Klavierwerke - Gesamtausgabe nach dem Urtext, a cura di P. Pidoux, I-V, Kassel 1948-53; Fiori musicali, Versi d'hinni e magnificat, a cura di S. Dalla Libera, Vicenza 1957; Arie musicali, a cura di H. Spohr, Mainz 1960; Nove toccate inedite, a cura di S. Dalla Libera, Brescia 1962; Toccata per spinettina e violino, a cura di F. Cerha, Vienna 1962; Toccata per spinettina sola, a cura dello stesso, ibid. 1962; Canzoni per canto solo, per basso solo, a cura dello stesso, ibid. 1966; Canzonas, a cura di R.P. Block, London 1969; Keyboard compositions preserved in manuscript, a cura di W.R. Shindle, s.l. 1968, 3 voll.; Seventeenth century keyboard music in the Chigi Manuscripts of the Vatican Library, a cura di H.B. Lincoln, I-III, s.l. 1968; Opere complete, I, Due messe a 8 voci e basso continuo - Messa sopra l'aria della monica - Messa sopra l'aria di Fiorenza, a cura di O. Mischiati - L.F. Tagliavini, Milano 1975; II, Il primo libro di toccate d'intavolatura di cembalo e organo 1615-1637, a cura di E. Darbellay, ibid. 1977; III, Il secondo libro di toccate… 1627-37, a cura dello stesso, ibid. 1979; IV, Il primo libro di capricci fatti sopra diversi soggetti e arie 1624, a cura dello stesso, ibid. 1984; VI, Il primo libro delle fantasie a quattro voci1608, a cura di A, Bellasich, ibid. 1995; VII, Il primo libro di madrigali a 5 voci, a cura di L. Bianconi - M. Privitera, ibid. 1996; Toccate, libro I (II) (1637), a cura di K. Gilbert, Padova 1978 (1979); Il primo libro de madrigali a 5 voci (Antwerp 1608), a cura di Ch. Jacobs, University Park, PA, 1983; Mottetti a 2 e 3 voci e basso continuo, a cura di L. Ghielmi - M. Valsecchi, Bergamo 1983 (si tratta delle composizioni pubblicate nelle antologie stampate nel 1616, 1618, 1621 e 1625); Fioretti del Frescobaldi (London British Library, Add. Mss. 40080), a cura di A. Gaus - A. Marcon, Zimmern ob Rottweil 1993; Fiori musicali, a cura di Ph. Lescat, Courlay 1994 (facsimile inspiegabilmente e arbitrariamente ritoccato).

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F. - Darstellung seines Lebensganges und Schaffens auf Grund archivalischer und bibliographischer Documente, in Kirchenmusikalisches Jahrbuch, II [1887], pp. 67-82, contiene un'ottantina di scritti di vario genere, dei quali mette conto ricordare quello di N. Bennati, Notizie inedite intorno alla famiglia di G. F. e alla sua casa in Ferrara, pp. 37-43); F. Waldner, Zwei Inventarien aus dem 16. und 17. Jahrhundert über hinterlassene Musikinstrumente und Musikalien am Innsbrucker Hofe, in Studien zur Musikwissenschaft, IV (1916), pp. 128-147; E. Righini - N. Bennati, La casa di F. in Ferrara, in Orifiamma, Ferrara 1917; Id. - Id., Sulla casa diG. F., lettere due, in Atti e mem. della Deput. ferrarese di storia patria, XXIV (1919), pp. 115-129; G. Pannain, Tra due anacronismi, in L'arte pianistica nella vita e nella cultura musicale, VII (1920), 6, p. 6; Id., Le origini e lo sviluppo dell'arte pianistica in Italia dal 1500 al 1730 circa, Napoli 1919, pp. 66-119; J. 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Schipperger); Ricercar (Ch. Wolff). Per ulteriore bibliografia si vedano A. Newcomb, in The New Grove Dictionary of music and musicians, VI, ad vocem e Diz. encicl. univ della musica e dei musicisti, Le biografie, III, ad vocem.

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